“…poiché non vi era posto per loro nell’alloggio”.
A causa di una decisione amministrativa del
potente di turno, un censimento, Gesù nasce in quella “stanza” che era adibita
a magazzino (ma anche ricovero per animali) nella quale normalmente le donne di
casa partorivano (paradossalmente, la luce di una nuova vita era il momento di
massima impurità per la donna: meglio non contaminare tutta la casa, sai poi le
abluzioni e le pratiche da fare per rimettere tutto a posto!). Ma si tratta,
per l’appunto, di Gesù… e qui Luca
strizza l’occhio per dirci: guardate che tutta la storia sarà sotto questo
segno.
E infatti, per festeggiare la nascita accorrono poi
i pastori, gente maledetta, di quelli che noi oggi non esiteremmo a gettare in
galera e poi buttare la chiave.
Con i criteri che caratterizzano oggi la nostra
cultura, anche quella spacciata in quel “social
club” che è diventato il nostro mondo, come minimo noi avremmo ingaggiato un team
di influencers per presentare la nascita, (possibilmente nel “cloud”), del nostro
Gesù: un piccolo palestinese che raccoglie e organizza la protesta dei pastori
(non quelli sardi… ma comunque sempre della categoria).
Notizia di un giorno (anche troppo, per i social,)
e poi si passa ad altro.
Ma Luca descrive l’evento in funzione del dopo:
ci vede lungo, Luca. Lui non ha lo sguardo piccolo e miope del potente che vede
solamente il suo orticello.
La nascita posta nella “stanza dell’impurità” è
la cifra per comprendere chi è e cosa farà quel neonato: darà un volto di carne
al Volto che fino ad allora nessuno poteva vedere; permetterà di pronunciare il
Nome che fino a quel momento nessuno osava pronunciare. Egli incarnerà la più
fragorosa bestemmia su Dio: ci dirà che Dio osa contaminare la sua purezza con
la nostra fanghiglia: diventa uno di noi.
Già, un Dio così mica te lo aspettavi, di’ la
verità. Avresti preferito qualcuno più a tua immagine, qualcuno che risponda ai
tuoi desideri, soprattutto quelli di potenza, di ricchezza, di splendore.
Insomma, un “Dio” fatto a misura delle tue aspettative.
Ma insomma, quanto “pesa” un Dio di cui nemmeno
Cesare Augusto si è accorto? Quanto conta un “Dio” che “non conta”, non ha “peso”,
non ha le giuste entrature, non va a spasso con i potenti (vabbé, Erode s’è
preso un po’ di strizza, ma, ragazzi, quanto “conta” Erode all’epoca, quanti “followers”
ha? Suvvia… intendiamoci!).
Giusto per non tediare più del necessario, il mio
augurio per questa Memoria del Natale, va nella direzione del caro Luca: se
vuoi incontrarti faccia a faccia con Colui che disvela il Volto, non cercarlo
dove si trovano quelli che pensano di contare, gli “importanti”, quelli che
credono di avere il potere.
Dio, questa notte e tutte le altre notti, non è
lì, non lo trovi in mezzo a loro. Non lo trovi neppure in quelle solenni e “belle
celebrazioni” che, per un momento (possibilmente breve) ti spalmano una mano di
buonismo, ti fanno sentire un po’ buonista anche te che poi alla tastiera ti
sfoghi spaccando il presepio in testa a chi non fa parte dei tuoi.
Dio, il Dio che è Gesù, se lo vuoi trovare e
salutare, devi cercarlo nelle “stanze impure” della storia. Quelle “stanze”
dove vivono quelle e quelli che ogni giorno invadono la corsia della tua storia
e che tu scansi con fastidio, quelle e quelli che volentieri aiuteresti a casa
loro, purché lontani dai tuoi occhi; dove stanno quelli e quelle che ti rendi
conto esistono solo quando vedi i parcheggi loro riservati e che non sempre rispetti;
quelle e quelli di cui tu compri i corpi per sfogare i desideri di cui ti vergogni
o per avere i pezzi di ricambio per continuare a vivere solo perché “tu puoi”; quelle
e quelli che scappano da guerre che tu hai finanziato per poter sfoggiare “l’ultimo
modello”; quelli e quelle che ogni sera accedono al dormitorio perché “non c’è
posto per loro” nelle nostre case pure; quelle e quelli che, beh, cosa vuoi, se
la sono cercata (chissà perché invece tu te la sei trovata?!).
Se vuoi davvero festeggiare il Natale di questo Dio,
ecco, lo troverai lì, immerso nei rivi fangosi e maleodoranti della nostra storia.
Solamente lì comprenderai cosa significa nascere in una mangiatoia e non vivere
nella mangiatoia che genera disumanità.
Natale è cosa seria. Natale è per le “stanze
impure” della storia.
Le luminarie… beh, che siano le nostre vite a
illuminare di vita la storia quotidiana.
I panettoni… beh, che siano le nostre vite dei
buoni pani fragranti che sfamano e ridonano vita.
Buon Natale, sorella, fratello. Buon Natale,
Popolo della Senape. E, come sempre, con Lui e come Lui, Buona vita.
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