Servi senza meriti
In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Un piccolo ma significativo testo quello di oggi, una pericope che definisce l'identità del discepolo. "Arare, pascolare il gregge": sono le attività del Signore, che si occupa dei suoi campi e del suo gregge. I discepoli, camminando dietro al Maestro, sono associati alle sue stesse attività e con le stesse modalità: si entra nella storia dell'umanità come servi e non come padroni.
E siccome il Maestro vuol essere chiaro, non vuol lasciare possibili scappatoie al sottile fariseo che ci abita ed è sempre equipaggiato di distinguo, specifica: servi "inutili".
Si può tradurre certamente così l'aggettivo greco, ma che senso avrebbe un servo "inutile"? Un'altra possibile accezione della parola indica "che non fa profitto" e questa possibilità è forse più illuminante e attinente al messaggio del Maestro. In parole povere: siate servi che non vantano meriti, che non esigono di essere "pagati", che non svolgono il loro servizio in cambio di qualcosa. Se riflettiamo un momento possiamo comprendere meglio. Il "lavoro" del Maestro non è infatti fondato sulla gratuità e sul dono? Ecco allora il senso dell'essere "servi inutili": uomini e donne che non guardano al merito, alla ricompensa, ma vivono come e con il Padrone del campo e Pastore del gregge il loro servizio nella gratuità più totale. Non dimentichiamo che la parola "merito" ha la stessa radice di "meretricio": è la logica del "do ut des", logica che inaridisce ogni relazione con Dio e rende infernale quella con l'altro.
Sorella, fratello: siamo semplicemente servi che gioiscono del "lavoro" condiviso con il Maestro. Non abbiamo contratti a ore, non pretendiamo riconoscimenti, non esigiamo il "dovuto": per noi, come diceva Bernanos, "tutto è grazia". Non siamo possessori della gratuità di Dio: con Lui e come Lui siamo dispensatori felici di questa gratuità che passa attraverso il nostro farci servi con Lui e che ci porta a dire alla sera di ogni giorno: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". E se qualcuno ce ne chiederà il motivo, noi risponderemo: perché il nostro Maestro si è fatto servo e noi abbiamo scelto di essere tali con e come Lui.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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