Dal merito alla grazia
Mt 20,1-16
"Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?".
Questo "invidioso" non è del tutto corretto, per quanto ci possa stare. Il padrone chiede se "il tuo occhio è malvagio", che nella Bibbia indica la taccagneria, l'avarizia, il "braccino corto" insomma. La parabola invita ancora un volta, e in maniera forte, ad abbandonare la categoria del merito per entrare in quella della gratuità (detto in altri termini, a passare dalla religione alla fede). Davanti al "padrone della vigna", una volta accettato l'invito a lavorare, non possiamo vantare alcun merito (merito ha la stessa radice di meretricio, e qui la cosa si fa divertente... se penso a tutte le parole udite in questi anni nelle nostre chiese a proposito del "meritarsi" l'amore di Dio!). Il Maestro invita i suoi, cioè noi, a uscire da quella religiosità "do ut des" tanto mortificante e avvilente per la nostra dignità di uomini e donne (come può essere mortificante e avvilente qualsiasi forma di meretricio) e a entrare nella libertà che nasce dalla gratuità e dalla coscienza di lavorare con il Padre alla realizzazione del suo sogno, del suo progetto. Proviamo a cambiare i nostri sguardi, spesso rivelatori dei nostri supposti “meriti”, e chiediamo in dono gli stessi occhi e lo stesso sguardo del Padre sull’umanità che ogni giorno incrocia la nostra storia e i nostri occhi.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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