Sguardi beati
L10,21-24
(…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Cosa avranno mai visto di tale importanza da accendere la luce della beatitudine nei loro occhi? La beatitudine viene dal fatto che, alla scuola del Maestro, i discepoli imparano a guardare il mondo e la storia con gli occhi stessi di Dio e a scorgervi in essa i segni della crescita del Regno.
Beato non è chi “guarda” il mondo e la storia con avidità, quasi che il mondo fosse un terreno di conquista, un terreno dato in premio al più “forte”, al più “meritevole”.
Beato è colui che sa guardare con gli occhi del Padre questo mondo vecchio, fragile, sporco ma capace di far germinare i semi del Regno.
Beato è colui che sa percepire nell’intricato disegno, a prima vista indecifrabile, dei sentieri percorsi dall’umanità in cerca di se stessa il sentiero tracciato dal passo silente e amoroso del Padre che chiede incessantemente a ciascuno: “Dove sei?”. Beato è lo sguardo di chi non entra nel mondo da padrone, ma da servo: servo dell’umanità, di quell’umanità che aspira a realizzare il progetto della creazione.
Beato è lo sguardo di colui che sa vedere le mani del Maestro all’opera nel mondo per “sanarne le ferite, per fasciarne il cuore, per sostenere il ginocchio traballante”.
Beato è lo sguardo di chi sa vivere con il “capo alzato”, in attesa di una liberazione definitiva che farà splendere la bellezza della misericordia gratuita su tutte e su tutti.
Beato è lo sguardo di chi sa cogliere la novità continua del Dio-con-noi, di chi non si fossilizza in trite e ritrite tradizioni, ma invita sempre ad andare oltre, a “levare il capo”.
Noi oggi siamo i suoi discepoli. Il nostro sguardo è davvero beato?
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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