Semplicemente servi
Lc 17,7-10
“Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
La traduzione della CEI è possibile, ma non rende, a mio avviso, giustizia al testo. Può essere un servo “inutile”? Stando alla pratica credo sia possibile, e lo vediamo lì dove chi dovrebbe essere a servizio non lo è di fatto, preferendo servirsi piuttosto che servire. In questo caso il “servo è inutile”. Ma non penso che Gesù volesse andare in questa direzione. Credo piuttosto che una traduzione diversa ( e più attenta ai termini usati dall’evangelista) ci permetta di capire meglio: “Siamo semplicemente servi”. È in questo modo che occorre comprendere il senso delle parole di Gesù. Il riconoscersi “semplicemente servi” non è una dichiarazione di piccolezza o insignificanza, magari colorata di quella umiltà che tanto piace ai superiori e caldamente consigliata da tanti “maestri spirituali” (ma non era Uno solo il Maestro?). Al contrario, è ribadire la propria identità, il proprio essere “a immagine e somiglianza” di un Dio che, in Gesù, si presenta a noi indossando il grembiule del servo. Vivere la nostra esistenza al servizio del Regno, camminare dietro al Maestro per imparare da Lui l’arte preziosa del servizio reso all’uomo per umanizzarlo, questo costituisce il nostro essere e identifica le nostre persone. Questa diviene pure la caratteristica delle nostre comunità cristiane, laddove il servizio reso all’altro è denuncia di ogni forma di potere e annuncio, al contempo, della realizzazione storica del Regno, spazio dell’incontro con l’altro e con l’Altro. A questo punto resta un’ultima domanda circa le parole che precedono l’essere servi. Cosa ci è stato ordinato? Quale ordine dobbiamo eseguire? L’unica cosa che, in effetti, non può essere comandata: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Vivendo così, allora potremo dire: “Siamo semplicemente servi”.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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