Una fede che si fa vita
Mc 8,27-33
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».
La domanda che Gesù pone non è rivolta soltanto i suoi primi seguaci. È la questione fondamentale a cui dobbiamo rispondere sempre, noi che ci confessiamo cristiani. La nostra prima reazione può consistere nel trovare rapidamente una risposta dottrinale e confessare in modo automatico che Gesù è il “Figlio di Dio incarnato”, il “Redentore del mondo”, il “Salvatore dell’umanità”. Titoli, questi, senza dubbio tutti molto solenni e ortodossi, che però possono essere pronunciati senza avere alcun contenuto vitale.
Gesù non chiede semplicemente la nostra opinione. Ci interpella, soprattutto, sul nostro atteggiamento verso di lui. E questo non si riflette solo nelle nostre parole, ma soprattutto nel nostro modo concreto di seguirlo. Come ha scritto qualcuno: “La breve proposizione: “Io credo che Gesù è il Figlio di Dio”, assume un significato completamente diverso se pronunciata da Francesco d’Assisi o da un dittatore presente nel mondo. Il Dio di questi uomini non è lo stesso o, almeno, non è lo stesso Dio invocato da ciascuno per orientare la propria condotta”. Le parole di Gesù richiedono un’opzione radicale. O Gesù è per noi un personaggio come molti altri della storia, oppure la Persona decisiva che ci fornisce la comprensione ultima dell’esistenza, dà l’orientamento decisivo alla nostra vita e ci offre la speranza definitiva. La domanda “Chi dite che io sia?” acquista dunque un contenuto nuovo. Non è più una questione su Gesù, ma su noi stessi. Chi sono io? In chi credo? In base a cosa oriento la mia esistenza? A cosa si riduce la mia fede? Tutti dobbiamo ricordare sempre che la fede non si identifica con le formule che pronunciamo. Per comprendere meglio la portata di “quello che io credo” è necessario verificare come vivo, a cosa aspiro, in cosa mi impegno. Per questo, la domanda di Gesù, più che un esame sulla nostra ortodossia, dovrebbe essere la chiamata a uno stile cristiano di vita. Evidentemente non si tratta di dire o credere qualcosa su Cristo. Ma non si tratta neanche di fare solenni professioni di fede ortodossa per vivere poi molto lontani dallo spirito che questa stessa proclamazione di fede esige e comporta. Rende tristi osservare l’atteggiamento di settori cattolici, la cui unica ossessione sembra quella di “conservare la fede” come “un deposito di dottrine” da saper difendere contro l’assalto di nuove ideologie e correnti. Marcel Légaut scriveva questa frase dura ma vera: “Questi cristiani ignorano chi sia Gesù e sono condannati dalla loro stessa religione a non scoprirlo mai”.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
Nessun commento:
Posta un commento