sabato 31 ottobre 2020

I Domenica di Avvento 2020


 Mc13,33-37

“A tutti dico: Vegliate!”.

È l’ultima parola, un verbo all’imperativo, dunque un comando, che il Maestro lascia ai suoi prima di percorrere il suo “miglio verde”, l’ultimo tratto di strada che lo porterà a supplizio della croce.

Più di un secolo fa qualcuno definì la religione “oppio dei popoli”. Per certi aspetti non gli si può dare torto. Gesù stesso fece la stessa cosa denunciando le pratiche religiose atte ad addormentare le coscienze e ad asservire il popolo più che a liberare la relazione con l’Altro e con l’altro da ogni pretesa di dominio e sottomissione.

Le ultime parole del Maestro invitano a una vigilanza che non si limiti a scrutare i cieli in attesa di chissà quale segno straordinario e mirabolante (Dio non ha segreti da rivelare a qualcuno, neanche a Sua Madre, per quanto Radio Maria continui a strillare) ma che sia una vigilanza operosa e fedele al suo messaggio. Un messaggio che non è fatto di parole scritte sulla sabbia che si perdono nella notte dei tempi bensì un messaggio inciso nella carne stessa del Maestro, un messaggio che si fonda e affonda le sue radici e la sua credibilità nello stile di vita di Gesù di Nazareth stesso.

Aprire il percorso di Avvento con questa parola equivale a ricevere un forte scossone, una scossa alle nostre sonnolente abitudini religiose che identificano l’espletamento di una pratica religiosa con “l’aver fede”. Ebbene, con quel “Vegliate” Gesù chiede i suoi di fare attenzione, di apprendere l’arte del discernimento per non cadere nella trappola del “tanto, prima o poi, Lui torna e sistema ogni cosa”. “Vegliare” è assumere in toto il ruolo della sentinella di profetica memoria: nella notte del mondo, mentre gli altri dormono, i discepoli del Maestro vegliano e restano sobri. Stiamo svegli, cioè attenti, e coltiviamo e proponiamo la sobrietà, la proposta di uno stile di vita in cui rifiutiamo, ed invitiamo a rifiutare, la schiavitù dell’avere, del potere, dell’apparire.

L’unico potere che il “padrone di casa” ha lasciato ai suoi è quello del servizio, non quello del dominio.

E a ciascuno ha chiesto di “servire” secondo le proprie capacità, valorizzando “il compito” di ciascuno.

Il “signore di casa chiede ai suoi di non sprecare il tempo spiando dalle finestre il possibile ritorno del “padrone”, ma di operare giorno dopo giorno secondo le modalità di Colui che “è venuto per servire e non per essere servito”. Farsi trovare “addormentati” significa cedere all’ubriacatura del potere che ottunde le menti, rinsecchisce i cuori e svilisce l’autentico cammino di fede trasformandolo in una sterile esecuzione di pratiche religiose finalizzate più ad accontentare se stessi che non a ridare ossigeno all’annuncio del Vangelo adattato e tradotto per i tempi nostri.

Il “vegliare” evangelico non è un verbo dettato per generare paura. Il generare paura è proprio solamente di coloro che temono la perdita del loro potere, soprattutto quando tale potere è volto al controllo della persona, delle sue scelte, del suo stile di vita. Il Maestro, con il suo monito a “vegliare”, chiede che la comunità di coloro che si fidano e si affidano alla sua parola diventi uno spazio in cui ciascuno, a modo suo, si faccia sentinella affinché niente e nessuno annacqui il vino forte del Vangelo con l’acqua di una religiosità soddisfacente che non turbi l’ordine costituito.

La sola condizione che egli pone è la credibilità di una vita di vigilanza operosa, ossia di una vita da svegli che passi attraverso il dono totale di sé nel perdono gratuito.

La terribile esperienza della pandemia che stiamo attraversando è un “kairòs”, un tempo favorevole e opportuno per ritrovate quella via di sobrietà che non addormenta i cuori e tiene sveglie le coscienze.

Ci disponiamo ad accogliere Colui che visita il suo popolo e si fa uno con esso: il tempo dell’Avvento è un tempo di attesa, un tempo di desiderio, un tempo in cui ci disponiamo a… È il tempo di purificare il nostro desiderio, il tempo in cui trasformare la voglia (la brama) in desiderio che è capace di attendere senza voler possedere, che è capace di accogliere senza voler comprendere a tutti i costi. 

È la via di Colui che viene e ci chiede di restare aperti alla sconvolgente novità che ha da proporre.


(Adista Notizie n° 38 del 31-10-2020)

venerdì 30 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Parola e parolai

Lc 14,1-6

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano ad osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia.

Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: "E' lecito o no guarire di sabato?" Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.

Poi disse loro: "Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?". E non potevano rispondere nulla a queste parole.


Ormai il Maestro ci ha abituato: pranzare con Lui spesso comporta il rischio di vedersi andare il pranzo di traverso, soprattutto se si fa parte di certe cerchie religiose.

Anche oggi accade e anche oggi il motivo è il bene di una persona di fronte alle esigenze del precetto: si passa sopra il precetto o sopra la persona? Molti fra noi, anche in questi giorni, hanno fornito la risposta: il precetto, la dottrina, anzitutto.

Quando Gesù smaschera l'ipocrisia che abita questa risposta, la reazione è sorprendentemente chiara: gli astanti restano muti, senza parola. 

Come i defunti, cui la morte ha tolto l'uso della parola, cioè della relazione che passa anche e soprattutto per il tramite della parola, così i convitati restano muti. Muti perché, in fondo, sono morti dentro: l'osservanza formale del precetto fa di loro delle mummie spirituali incapaci di costruire e mantenere relazioni vitali con l'Altro e l'altro. E di questi esemplari mummificati nella chiesa attuale ve ne sono molti. Molti che vorrebbero rinchiudere le vite altrui dentro gabbie spirituali per poterle meglio controllare e da esse farsi servire. Sono morti talmente gonfi di se stessi da aver bisogno di riempire tutto e tutti per potersi sentire vivi: praticamente degli zombi religiosi.


Sorella, fratello: "È lecito o no guarire di sabato?". 

Rispondendo a questa domanda scoprirai quale è il tuo posto a quella tavola. 

Rispondendo alla domanda scoprirai se possiedi ancora l'uso della parola, se sei una donna o un uomo di parola e della Parola, o sei un "morto che cammina ma non parla", la cui vita non dice nulla, la cui vita non è ancora parola di guarigione e liberazione per chi ogni giorno ti incontra. Coraggio, rispondi…

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


giovedì 29 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Volpi e chiocce

Lc 13,31-35

In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».

Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.

Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».


Quel "reuccio" (Erode era Tetrarca, una sorta di contentino da parte di Roma purché pagasse e facesse pagare le tasse dovute all'Imperatore) si era pur interessato a Gesù, era curioso di conoscerlo; ora vuol passare all'azione e togliere di mezzo quel tale, che la gente considera un profeta e che comincia ad avere un po' troppo successo. 

La risposta del Maestro è durissima: dare della "volpe" a qualcuno non era propriamente un complimento. Nella cultura di Gesù la volpe era considerata un animale sommamente impuro e per di più, al contrario del nostro modo di pensare, anche stupido. Nel Talmud un proverbio recita così: "Meglio essere la coda di un leone che la testa di una volpe". La coda, posta dove tutti sappiamo, era la parte più impura dell'intero animale, per cui... siete in grado di trarre le conclusioni da soli. Ma la risposta di Gesù si fa ancor più dura perché sbatte in faccia a Erode la sua incapacità di leggere la storia: non solo non capisce di essere "l'utile idiota" nelle mani dei Romani, ma nemmeno riesce a comprendere la figura di Gesù e la sua opera. Per questo il Maestro lo annovera tra tutti coloro che si sono fatti padroni "del pollaio" "uccidendo e lapidando" gli inviati del Padre.


Sorella, fratello: anche Erode, a modo suo, si crede e si propone come maestro. A differenza di Gesù, venuto per servire, Erode si serve di chiunque senza farsi scrupolo alcuno. A differenza di Gesù,  Erode si pensa come padrone di ogni vita che incrocia la sua strada, mettendosi così allo stesso livello di coloro che, posti a servizio del popolo, si sono serviti del popolo per i loro propri interessi, silenziando tutti coloro che, in nome di Dio, denunciavano questa "appropriazione indebita". Gesù non teme "coloro che possono uccidere il corpo" e prosegue decisamente il suo cammino per entrare da " autentico re" in Gerusalemme. Un re il cui trono sarà una croce, simbolo dell'abbraccio misericordioso che svela la tenerezza di un Dio che si prodiga, come una chioccia, per la vita dei suoi "pulcini".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


mercoledì 28 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Il potere di condividere

Lc 6,12-19

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.

Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante.

C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.


Il Maestro, come noi, ogni tanto ha bisogno di fermarsi. Ha bisogno di guardarsi dentro e poi di fissare i suoi occhi in quelli del Padre; ha bisogno di ascoltare il battito del suo cuore e poi verificare che sia in sintonia con quello del Padre. 

Gesù, contrariamente a quanti di noi lo pensano, non si trova davanti una strada spianata, un'autostrada da percorrere conoscendo esattamente il "casello di uscita", o di "esodo" per restare al linguaggio di Luca. Anche Lui deve sudare per discernere, per comprendere, per restare in sintonia con Colui di cui è Figlio: il Figlio amato in cui il Padre si compiace.

Ecco perché deve "staccare", deve pensare e pregare prima di prendere decisioni importanti: la sua è una vita totalmente condivisa, pertanto anche le scelte fondamentali sono condivise con Colui che l'ha inviato.

Alla fine anche il Maestro fa la sua scelta: imprecisa, come le nostre, imperfetta, come le nostre, intrisa di umanità perché Lui ha scelto di essere in tutto come noi, in tutto fuorché "nel peccato", cioè rifiutando di trasformarsi in un idolo impastato di potere, avere e apparire. Ecco perché in questa divina imperfezione trova posto anche Giuda: lo "sbaglio" del Maestro è comunque un'opportunità di cambiamento anche per colui che "poi lo tradirà", cioè lo venderà ai "signori dell'idolo".


Sorella, fratello: in questa lista di nomi c'è posto anche per il tuo. La storia del Maestro incrocia la tua, vi entra dentro, passa attraverso il tuo nome, ossia ciò che sei, la tua essenza, la tua persona, la tua stessa storia. Chiamata/o per nome ti propone di apprendere a fissare il tuo sguardo in quello del Padre per imparare a diventare servo dell'umanità, per imparare, da guaritore ferito, a condividere quella "forza capace di guarire tutti". 

Non ti chiama a condividere un potere ma ti dona il potere di condividere, di condividere l'unica forza di guarire i cuori: l'amore che si fa perdono e servizio, unico farmaco capace di curare e guarire i cuori malati della nostra umanità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 27 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Essenzialità del quotidiano

Lc 13,18-21

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».


Abituati alle cose grandi, alle opere faraoniche, alle manifestazioni oceaniche, ai segni mirabolanti, a tutto ciò che sa in qualche modo di "grandeur", non vediamo più le cose piccole, che pure esistono. 

Il Maestro educa i suoi ad aprire bene gli occhi, a non farsi accecare dallo straordinario, a non farsi imbrogliare da quegli specchi che ingigantiscono per dare l'idea che più grande è meglio è.

Il Regno di Dio, cioè la presenza di Dio stesso dentro la nostra storia, passa dall'essenzialità del quotidiano, dalle cose ordinarie, da quelle realtà che noi giudichiamo con troppa facilità insignificanti e vediamo semplicemente scorrere nella nostra vita come un paesaggio al finestrino del treno in corsa. Il Regno , la vita di Dio nella storia, si sviluppa partendo da realtà che spesso calpestiamo perché la nostra attenzione è attratta dallo straordinario che stordisce, che obnubila la mente, che ci fa evadere da noi stessi. Le comunità cristiane stesse vivono questa tentazione: bisogna apparire grandi, essere "significativi": altro che semi di senape! Come minimo noi siamo noci di cocco: dure, rigide e ben visibili, che se uno le prende a calci si fa pure male.

Sorella, fratello: Il Regno, la presenza di Dio, va trovata nella faticosa ordinarietà del quotidiano. Un quotidiano che deve  essere spogliato da tutto il ciarpame di cui l'abbiamo rivestito per renderlo più digeribile ai nostri occhi. Abbiamo fatto diventare essenziale non il granello di senape ma il cedro del Libano, che crescendo grava sulle nostre spalle e ci impedisce di far crescere altro dentro e attorno a noi. La stessa dolorosa esperienza della pandemia ci parla in questo senso: ci dice che il nostro stile di vita ha bisogno di una profonda revisione. 

Il granello di senape diventa un arbusto capace di fare posto all'altro: se siamo troppo pieni di noi e di quel superfluo con cui cerchiamo di riempire inutilmente i nostri vuoti saremo come cedri che impediscono alla luce e alla vita di crescere attorno a noi. 

All'inizio l'universo era concentrato in una piccolissima massa, poi ci fu il Big Bang e guarda te cosa è venuto fuori. Ora, pensa che Dio è quel granello di senape che cerca la terra della tua vita per germogliare ed espandersi…

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


lunedì 26 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

Mani che schiacciano … mani che sollevano

Lc 13,10-17

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.

Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».

Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.


Chiudo gli occhi per un istante e cerco di immaginare la scena: Gesù che sta "predicando" dal "pulpito" e mentre parla scorge quella donna "piegata", impossibilitata da lungo tempo  a stare diritta: praticamente una vita il cui unico orizzonte è il pezzetto di terra davanti a lei e i suoi piedi che  avanzano. Le mani cariche di compassione, mani che non "piegano", del Maestro trasmettono quella Parola liberatrice che riapre la vita di quella donna: è di nuovo "dritta", le viene ridonata tutta la sua dignità.

Apro gli occhi e incrocio lo sguardo severo del capo della sinagoga seccato perché un Dio che non rispetta le regole del culto e, soprattutto, è irriguardoso verso i riti e i precetti dello shabbat non è accettabile. "Se volete incontrarvi con il Dio che libera fatelo nei tempi "liturgici stabiliti": qui non c'è posto per un Dio che non rispetta la Legge!".

Richiudo gli occhi e penso a quante volte le nostre comunità hanno fatto la stessa cosa. Un Dio che si mette a servizio della felicità dell'uomo? Ma quando mai? Un Dio che serve? Ma dove? Noi siamo i soldati a servizio dell'Altissimo, siamo gli sceriffi spirituali che vigilano sulla perfetta osservanza delle sue leggi, rubriche, canoni e catechismi. Sei divorziato/a e hai una nuova compagna/o? Cambia vita e torna quando sei a posto! Sei omosessuale? Pentiti, cambia vita e torna a "farti guarire" ma non di domenica (altrimenti dai scandalo: prima dobbiamo avvisare la comunità dei puri per accoglierti). Sei un peccatore? Convertiti, fai penitenza e, se è il caso, ti concederemo il perdono di Dio (che a noi Dio ha affidato per tenere "pura e pulita" la sua casa). E se poi un papa… beh ci siamo capiti: le truppe "contro" si sono già scatenate!


Sorella, fratello: quante persone abbiamo "piegato" o abbiamo "lasciato piegate" in nome di una presunta fedeltà a un Dio che si rivela in verità un piccolo idolo, costruito dalle nostre stesse mani, posto a salvaguardia di quel  potere spirituale che rende schiave le persone? Quante persone abbiamo escluso, allontanato, respinto perché "disturbavano" con la loro presenza il preziosissimo e intimo incontro con il nostro (perché è solamente nostro) Dio? 

A pensarci bene, però,  quelli "piegati" o "ripiegati" su sé stessi siamo proprio noi! Forse quella donna dice di  molto più di noi che non di altri. Forse, o senza forse, siamo noi quelli che devono essere guariti e poter raddrizzare il nostro sguardo per imparare a guardare il mondo, la vita, le persone con gli stessi occhi di Colui che impone le mani non per piegare ma per sostenere, raddrizzare, guarire e liberare. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


venerdì 16 ottobre 2020

Buongiorno mondo

Apparire o vivere


Lc 12,1-7

In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.

Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».


A quei tempi i social non esistevano (grazie a Dio), altrimenti il Maestro sarebbe stato tra gli influencer più seguiti! "Calpestarsi a vicenda"…. Manco fosse un concerto di Vasco!

Eppure, il Maestro attira perché, alla fine, la verità, la credibilità, il pagare di persona, non lascia indifferenti. Egli denuncia l'ipocrisia di coloro che vendono e spacciano un'immagine di Dio come vera, indiscutibile (perché viene da loro), assolutamente da credere (un po' come il piccolo e meschino Mario Giordano televisivo dei tempi nostri). Gesù di Nazareth non cerca visibilità, non mendica fama, non si fa bello per attirare (tra un  po' si mostrerà inguardabile, uno "davanti al quale ci si copre la faccia", secondo le parole di Isaia). Il Maestro invita a non lasciarsi intimorire davanti alla violenza: puoi uccidermi, ma non potrai mai uccidere le mie idee, i valori per cui lotto, le realtà in cui credo e per le quali spendo la mia vita fino alla fine.

Sorella, fratello: la comunità di quelli che si fidano e si affidano alla parola del Maestro non ha bisogno di "like" per vivere. Se dobbiamo mendicare dei "mi piace" per sentirci vivi allora vuol dire che siamo morti dentro. Non vogliamo una Chiesa appariscente, ma una Chiesa di viventi che lotta per eliminare ogni traccia di falsità e di ipocrisia, dentro e fuori di essa. Io mi fido della Sua Parola: "Non abbiate paura"!. Lì dove c'è amore e gratuità, lì dove la solidarietà umana fa sentire la sua voce, lì possiamo incrociare lo sguardo e i passi del Maestro. Basta scegliere: discernere e scegliere.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


giovedì 15 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 

Buongiorno mondo!
Voci silenziate

Lc 11,47-54

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno", perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito». Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.


Il Maestro conclude la sua invettiva contro i pii e i teologi del tempo con un'accusa durissima: l'accusa di avere silenziato la voce di Dio approvando l'uccisione di quegli uomini che hanno avuto il doloroso e faticoso compito di farla risuonare nella storia. L'accusa è tanto dura da mandare giù che l'unica via da percorrere resta far risuonare l'ouverture dell'ostilità come preludio alla sinfonia dell'odio omicida.
Il Maestro apre gli armadi della storia e scoperchia fatti che fanno arrossire e svergognano coloro che si sono autoproclamati portavoce divini chiedendo al popolo di obbedire alla loro voce come a quella di quel Dio che hanno ridotto al silenzio uccidendo i profeti che denunciavano i loro "piccoli affari sporchi" ai fini di succhiare il sangue, la vita del popolo. 
Non che oggi ce la passiamo meglio: di zelanti e ultra-pii è piena la nostra chiesa e papa Francesco è spesso il bersaglio di costoro. La difesa della cittadella della "dottrina" (dove la dottrina è al servizio del mantenimento del potere…) dove ognuno  coltiva con cura il suo orticello di potere pare essere l'attività preferita di una certa parte di chiesa. Siamo stanchi di tutto questo ma non demordiamo; siamo a volte scoraggiati ma non lasciamo stare. Come sentinelle sulle mura vegliamo e gridiamo perché nessuno osi farsi padrone di una vigna che ci è affidata ma di cui non siamo signori.

Sorella, fratello: proprio di questi tempi abbiamo bisogno della forza della testimonianza per non cedere alle lusinghe del potere e   per non cedere alla tentazione di stare zitti pur di avere qualcosa in cambio. Amiamo la Chiesa ma siamo disgustati dai costruttori di sepolcri che la abitano e la rendono una holding finanziaria "a fin di bene". Soffriamo, ma non lasciamo che chi al suo interno "lucra" e si compri le nostre vite con false medagliette spirituali. 
Con il Maestro siamo disposti ad accettare ostilità, insidie e odio: la nostra unica risposta è il dono totale che risponde all'odio con gesti di perdono . È la via dei profeti, la via di donne e uomini che nei secoli sono stati ridotti al silenzio affinché noi potessimo parlare con loro e per loro.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita. 


mercoledì 14 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

Il fascino delle regole

Lc 11,42-46

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».


Immagino la faccia dei farisei e dei dottori della legge, i teologi ufficiali dell'epoca, sentendo le parole del Maestro. Cerco di immaginare la faccia mia e di ciascuno di noi se oggi il Maestro rivolgesse a noi le medesime parole. Il fatto è che oggi queste parole risuonano per noi. Inutile girare la testa e cercare se per caso il Maestro si stia indirizzando a qualcun altro. È per noi. Parla a noi. Guarda dritto negli occhi ognuno di noi. In questo modo va a stanare il fariseo e il dottore della legge che si annida nel nostro cuore, alza il velo sulla nostra nemmeno troppo velata ipocrisia di benpensanti e bencredenti per dirci: Hai fatto tutto bene, ma… ti sei perso di vista l'importante: la giustizia e l'amore di Dio!.

Sorella, fratello: la tentazione dell'osservanza formale, del fare tutto bene e a modo perché così Dio ci guardi con occhio benevolo è lì nel cuore. Il "fare bene" perché poi Dio dica bene di noi non è evangelico. Immaginate  se un prete dicesse: "Ho celebrato bene, ho seguito con scrupolo tutte le rubriche del messale, ho fatte mie tutte le virgole" e poi si sentisse dire dal Maestro: "Già, peccato che ti sei dimenticato di trasmettere  me, peccato che ti sei scordato di aprire la porta alla solidarietà gratuita del Padre che vuol prendersi cura di quelli che tu nemmeno guardi perché non abbastanza osservanti delle regoline". Vale per il prete, ma vale anche per ciascuno di noi: osservare le regole per far sentire Dio in debito nei nostri confronti non rientra nella proposta del Maestro. 

Coraggio, c'è ancora strada da fare…

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


martedì 13 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 

Pasti indigesti

Lc 11,37-41
 
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Pur cosciente dello sguardo poco benevolo dei farisei, Gesù non rifiuta mai di pranzare con questi, salvo poi mandargli il cibo di traverso. È una grande lezione di libertà: essere se stessi, fino in fondo, senza svendersi a nessuno. 
E anche in questo pasto il Maestro non perde occasione per aprire una porta, per offrire un'occasione di cambiamento, una seconda possibilità. "Non fate delle apparenze la forma della vostra vita! Dio non vuole apparire, ma condividere fino in fondo la nostra vita! Non è il Dio che si compiace della nostra osservanza, ma un Padre che cerca figli che gli assomiglino!".
Il Dio di Gesù non si vergogna della fragilità della nostra umanità: non gli interessano le belle liturgie, i calici dorati e splendenti, le vesti dignitose, le alte cariche. Il Dio di Gesù ama affondare le mani nelle "stoviglie zozze" delle nostre vite! Non è un agente commerciale di lavastoviglie "sacre": si interessa al nostro cuore perché vuole dare la possibilità a tutte e a tutti di renderlo come il suo: misericordioso, solidale, compassionevole, talmente umano da essere divino. In Dio non c'è puro e impuro: c'è solamente posto per un amore che gioca sempre in perdita perché non guarda ai meriti, ma alla miseria che deve amata, accolta e rimessa in piedi, con pazienza e tenerezza, e senza pretendere nulla in cambio.

Sorella, fratello: il nostro non è il Dio dei calici dorati, delle Messe ben fatte, delle liturgie solenni. Non è il Dio che è felice se noi soffriamo ma offriamo a Lui la nostra sofferenza. È il Dio che, in e con Il Maestro, si china sui nostri piedi stanchi, affaticati, sulle nostre vite faticosamente vissute e maleodoranti per dirci: Ti voglio bene. Lascia che le mie mani leniscano il tuo dolore, lascia che il mio "Spirito" (respiro) ti riempia di aria fresca e nuova, lascia che io mi prenda cura di te. È gratis, è solo perché ti voglio bene e non mi piace che tu soffra. 
Quando avrai compreso questo, solamente allora "Vai, e anche tu fai la stessa cosa" per le tue sorelle e i tuoi fratelli.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


lunedì 12 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

Il Maestro e Giona

Lc 11,29-32
 
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Il Maestro rimanda i suoi ascoltatori a quel libretto, tra le altre cose molto umoristico, conosciuto  come "Libro di Giona". Tutti, più o meno, conosciamo l'avventura di questo profeta che è chiamato a convertire se stesso prima di altri. Pochi magari sanno che questa operetta è stata scritta, forse da un sacerdote, che non apprezzava particolarmente il clima di esclusione, se non di odio, sostenuto da Esdra e Neemia al tempo del ritorno dall'esilio. In pratica, per preservare la purezza del popolo, in Israele si arriva a propugnare una "caccia allo straniero" colpevole di aver introdotto in Israele i culti pagani che, a detta dei profeti, furono alla base della terribile esperienza di quella "Shoah" ante litteram che fu la distruzione di Gerusalemme e l'esilio a Babilonia. Mutantis mutandis, la stessa cosa era avvertita ai tempi di Gesù, con la Palestina ridotta a provincia dell'Impero, e, per certi aspetti, non è lontana dai tempi che viviamo nel nostro oggi. Giona è inviato a Ninive, terribile capitale di quell'Assiria nemica giurata d'Israele, per annunciare una Misericordia (immeritata agli occhi di Giona e degli Israeliti) che invita a conversione, ossia offre un'opportunità di cambiamento.  Israele si era sempre considerato "proprietà di Yahvé", la sua "segullah". Ora, con la riforma post-esilica,  la prospettiva è stravolta: è Israele che considera Yahvé sua proprietà e non vede di buon occhio, per usare un eufemismo,  che Egli rivolga la sua attenzione verso i nemici storici di Israele.

Sorella, fratello: le parole del Maestro ai suoi contemporanei giungono in tutta la loro durezza a noi oggi, a noi che siamo cascati nella tentazione di appropriarci di Dio per "svenderlo" a nostro piacimento. Non ci va giù questo Dio rivolga la sua benevolenza a chi non fa parte dei nostri, a chi non fa parte del "cerchio magico" di quelli che "sanno" come funziona e dettano le regole. Come fu per Giona, così fu per Gesù: l'annuncio di un volto inedito di Dio, di un volto che non rientra nei nostri canoni si paga sempre a caro prezzo. 
Quanto siamo disposti a pagare per fidarci delle parole del Maestro? Quanto siamo disposti a mettere sul piatto della vita?
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.



 

venerdì 9 ottobre 2020

Buongiorno mondo

 Buongiorno mondo!

Calunnie

Lc 11,15-26

 In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.

Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.

Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».


Una disputa riguardante l'autorità di Gesù diventa poi il luogo dove raccogliere una serie di detti di dubbia provenienza. Mi limito alla prima parte della pericope dove assistiamo a un tentativo, nemmeno troppo velato, di gettare discredito su Gesù. Il Maestro è stato spesso oggetto della cosiddetta "macchina del fango": quando non si riescono a trovare argomenti validi (perché poi in effetti non esistono) allora si comincia a insinuare il dubbio. "La calunnia è un venticello" musicava Rossini, e anche Gesù è stato oggetto di tal pratica abominevole. Davanti a questo il Maestro ci conferma ancora una volta che contro l'ignoranza, voluta e coltivata, e contro ogni potere costruito solo sulla forza e imposto dall'alto non vi è nulla da fare: l'ignorante è imbattibile. Anzi, più ti lasci coinvolgere più ti trascina nel suo gioco al massacro.

Sorella, fratello: l'autorevolezza del Maestro si fonda sul fatto che dice quel che fa e fa quel che dice. È l'autorità della sua vita e del suo stile di vita a parlare per Lui. Ancora oggi non abbiamo tanto bisogno di maestri quanto piuttosto di testimoni. I tuttologi, quelli che "Io so" abbondano anche nella Chiesa, spesso rivestiti di morbide vesti e cappe magne. A noi la scelta: il Maestro possiede solamente un grembiule, l'unico indumento che è segno della capacità di vincere il male non con il potere ma con il bene e il servizio. Che vuoi fare? 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


giovedì 8 ottobre 2020

 Buongiorno mondo!

Instancabili cercatori


Lc 11,5-13

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:

«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.

Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».


La pericope evangelica di oggi non è scritta per "l'uomo che non deve chiedere mai". Anzi, proprio il contrario: è un invito a percorrere la strada dell'esistenza chiedendo, cercando e bussando. È un invito a non sedersi, a non sentirsi "arrivati", a chiedere, a cercare a bussare in continuazione per non cadere nella tentazione di farsi padroni di una verità unica, indiscutibile, "non negoziabile". 

In un certo senso Gesù invita i suoi, cioè quelli che gli vanno dietro, a farsi cercatori instancabili, a non accontentarsi mai, a non cedere alla tentazione dell'ovvio, del "si fa così perché si è sempre fatto così". Paradossalmente (ma cosa non è paradossale nel Vangelo?) Gesù chiede di fondare la propria sicurezza sull'insicurezza: chiede di coltivare il dubbio come farmaco che contrasta la sete di onnipotenza, invita a chiedere, a cercare, a bussare in continuazione per evitare di diventare delle belle stalattiti spirituali.

Sorella, fratello: il Maestro insegna la strana pratica del "quaerere Deum", la pratica di colui che vive cercando, chiedendo, bussando per avvicinarsi senza pretesa di possesso al Padre, l'unico buono che può insegnarci a essere buoni come e con Lui. Il dono che ci offre è lo stesso Spirito di vita che ha soffiato durante la Creazione: con Lui e come Lui diventiamo capaci di "soffiare vita" alle persone che incontriamo ogni giorno. E questo senza pretesa alcuna di possedere la vita, ma di condividerla così come l'abbiamo ricevuta.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


mercoledì 7 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Con gli occhi del Padre

Lc 11,1-4

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Il Maestro consegna ai suoi  quella che chiamiamo la preghiera del Signore. Potremmo certamente considerarla semplicemente come una formula di preghiera da recitare e finirla lì. Credo che il Maestro, nel consegnarci queste parole, abbia invece indicato ben più che una formuletta da imparare a memoria. Sono parole che "informano", danno una forma ben precisa alla nostra esistenza mantenendo costante l'attenzione e lo sguardo negli occhi del Padre. Pregare il Pater significa adeguare costantemente la nostra esistenza al criterio dell'assomiglianza più che a quello dell'obbedienza. Preghiamo con le parole del Figlio per vivere ogni nostro giorno da figli che trasmettono e svelano il volto del Padre misericordioso che fa passare questa sua misericordia attraverso i nostri gesti di liberazione, di solidarietà, di compassione.

Sorella, fratello: recitare la preghiera del Signore è fissare il nostro sguardo negli occhi del Padre per apprendere a guardare il mondo, la storia, la vita con i suoi stessi occhi. È imparare a guardare nella stessa direzione del Padre che continua a portare avanti il progetto della creazione e con lui costruire quel giardino di vita dove ogni donna si sente figlia, ogni uomo si sente figlio e l'umanità intera realizza così quella fraternità in cui ognuno ha tutto ciò che è necessario per vivere con dignità senza lottare per sopravvivere.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


martedì 6 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Donne e grembiuli


Lc 10,38-42

 In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


Due donne, due modi di accogliere il Maestro che passa.

Due donne, due icone di Chiesa, due modalità, a mio avviso, di essere Chiesa.

La prima, Marta, è quella che forse ci è più congeniale. È l'immagine della Chiesa cui siamo fin troppo abituati. Una Chiesa operosa, indaffarata, che è preoccupata che tutto sia al posto giusto, che tutto sia in ordine perché ci tiene all'immagine, ci tiene alla bella figura da fare di fronte all'ospite importante che arriva. È la Chiesa dell'essere perfetti sempre, in ogni occasione. La Chiesa del bon ton, di quel galateo spirituale dove la forma spesso e volentieri prende il posto della sostanza. La Chiesa che tiene all'ospite di riguardo ma che, nella sua smania di eccellenza, rischia di non avere riguardo per l'ospite. "Scusate, è arrivato il Maestro". "Zitti, stiamo celebrando il Pontificale perché c'è il Vescovo in visita!". Ecco, una Chiesa tanto attenta alle "cose spirituali" (ossimoro) da non percepire la presenza del Maestro.

La seconda è rappresentata da Marta, la Chiesa "inefficace" dal punto di vista pastorale (non aiuta Marta), che non porta "a casa" nulla. È la Chiesa dove l'accoglienza non è un rito, anche eucaristico, magari anche solenne, ma uno stile di vita, un modo di porsi davanti all'altro, all'Altro, che permette l'autentico esserci l'uno per l'altro. È la Chiesa dove non importa quanto fai ma come lo fai. Ë la Chiesa dove l'altro non deve adeguarsi a specifici rituali per essere accolto ma è lo spazio dove ciascuno si sente amato per come arriva e per come si presenta. È la Chiesa che si sente sempre impreparata ma che non copre la sua inettitudine con un ansioso darsi da fare per fare bella figura, anzi accetta di sedersi ai piedi del Maestro per apprendere da lui lo stile evangelico dell'umanizzare l'umanità. È la Chiesa che è "maestra di umanità" perché discepola del Figlio dell'Uomo che "è venuto per servire e non per essere servito".


Sorella, fratello: non v'è molto altro da dire.  A te la scelta di quale grembiule indossare: quello di Marta, pur buono ma pieno di rischi, o quello che il Maestro sta indicando e offrendo a Maria. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.




lunedì 5 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Prossimo e prossimo

Lc 10,25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».


Entriamo nel cuore del Felice Annuncio secondo Luca che ci porterà dritti nel cuore stesso del Padre con la parabola del Padre misericordioso al capitolo 15. Questo è il cuore dell'Evangelo perché con queste parabole Gesù scardina in maniera definitiva l'immagine di Dio che ognuno si porta nel cuore e obbliga a ripensare la propria relazione con l'Altro e con l'altro. 

"Cosa devo fare perché la mia vita sia tale? Cosa devo fare per avere una buona vita che vada oltre l'effimero, che non mendichi un po' di felicità presso il potente e l'importante di turno, una vita che si esprima davvero nel vivere e non si accontenti di sopravvivere? "È la richiesta fatta a Gesù da quel teologo: un uomo che non si accontenta della ricettina facile, un uomo che scava dentro e che Gesù asseconda nella sua ricerca. "Cosa dice la Torah? Ma soprattutto, come l'hai capita tu? Cosa vai cercando lì dentro? Risposte preconfezionate? Precetti da osservare per sentirsi "a posto" con il minimo sindacale?".Seguire il Maestro non annulla la fatica personale della ricerca: ciascuna e ciascuno ha la sua propria strada e su quella si innesta la proposta del Maestro, lasciando intatta la libertà della risposta personale davanti a un invito che ribalta le nostre piccole e miopi visioni spacciate per fede.

Sorella, fratello: con il Maestro la comoda prospettiva in cui siamo stati educati crolla miseramente. Purtroppo duemila anni non sono ancora riusciti ad abbattere il muro della religione, per cui siamo ancora alle prese con un linguaggio che è significativo dell'indifferenza alle Sue parole. Malgrado il dono della sua vita, malgrado il ripetere ogni giorno e ogni domenica, a volte con noncuranza, altre con impudenza, il suo "Fate questo in memoria di me", continuiamo a parlare di "amare il prossimo", "far del bene al prossimo" e via dicendo. Con il Maestro la proposta è ben altra: non esiste il prossimo! Sei tu che ti fai prossimo, sei tu il prossimo dell'altro. Questa balla del "Chi è il mio prossimo" non è evangelica! Continuando a "individuare" il prossimo, costruiremo sempre muri e barriere: tu sì, tu no; tu te lo meriti, e tu no. 

Il Maestro chiede di essere prossimo all'altro perché il Padre fa così! Immaginate il Dio di Gesù, il Padre,  che si chiede: chi è il mio prossimo? Chi si merita la mia attenzione oggi? Con chi sarò buono oggi? 

Volete saperla tutta: un Dio così tenetevelo! Non è il mio e, credo senza tema di smentita, neanche quello di Gesù. 

Pertanto, sorella, fratello: scava, cerca, fatica, ma alla decidi se percorrere la strada "che scende da Gerusalemme a Gerico" con le vesti del sacerdote e del levita o con quelle del samaritano. Scegli tu il Sarto da cui farti confezionare la veste che meglio ti rappresenta, cosciente dell'importanza che questa scelta possiede: la veste della religione o quella della fede.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


venerdì 2 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 Buongiorno mondo!

Piccoli e grandi


Mt 18,1-5.10

 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».


Immaginate per un solo istante di essere ancora bambini, quel bambino che siete stati e di cui avete confusi ricordi. È difficile immergersi in questi ricordi. Ancora più difficile per chi ha avuto esperienze traumatiche, dense di dolori, di sofferenze, di domande. Mettete tutto questo dentro un bambino degli anni trenta in Galilea, dove i bambini non contavano nulla. Io cerco di chiedermi tutto questo a proposito di Gesù: come l'avrà accolto Giuseppe? Certo, le narrazioni evangeliche ci raccontano belle storie… ma è stato pur sempre un bimbo degli anni trenta nato in una regione che non godeva di grande fama, abitata da gente rozza e considerata religiosamente lontana, fuori dalla religione ufficiale. Ecco, Gesù è nato invisibile, insignificante, in una regione insignificante, da una famiglia che, per quanto gli evangelisti cerchino di far risalire a Davide (ma questa è una visione teologica), è una famiglia "poco normale" o, secondo il nostro linguaggio, magari un po' problematica, fatta di storie che possono stupire  e delle quali fatichiamo ad occuparci (ci pensi qualcun altro! In altre parole: tornino da dove sono venuti: non è affare nostro!). Eppure Dio ha fatto questa scelta.


Sorella, fratello: Colui che chiede di farci insignificanti è lo stesso che è nato insignificante. Noi ci siamo costruiti con troppa facilità immagini che sono la proiezione dei nostri desideri. Ma Lui, il Maestro, si identifica con chi non conta, con chi non emerge, con chi vale meno di zero. Il nostro Dio, quello che professiamo tutte le domeniche in chiesa durante la santissima Messa, si identifica con Colui che si immerge nella storia degli insignificanti di oggi e dei quali assume il volto. Dire "Amen" davanti alla particola eucaristica perché credi davvero sia il Corpo del Signore non ha valore alcuno se non riesci a dire lo stesso "Amen", con la stessa intensità e la stessa fede,  davanti all'insignificante, all'invisibile, allo "scarto" che incroci ogni giorno. 

Se non sai farti "bambino" come il Maestro non sei adatto al Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


giovedì 1 ottobre 2020

Buongiorno mondo!

 

Buongiorno mondo!
Dilettanti allo sbaraglio

Lc 10,1-12
 In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada."
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».

Prima un "Seguimi"… poi: "Andate". Il Maestro rompe sempre gli schemi. 
Era così bello stare tra noi, vicini vicini: Lui solamente per noi… a nostro uso e consumo… ma che vuoi di più?! Si sta così bene qui! Certo, ogni tanto qualche fariseo a rompere i maroni (ma tanto Lui li sistema)… un dottore della Legge che fa notare cose, allude, ma forse non siete in regola, ma state attenti, ma la Legge dice che… (ma tanto Lui se lo magna…). Bello eh? 
Ma con il Maestro mai un momento di pace, o meglio, di "santa pace" (tipico degli ambienti religiosi: stiamo riposando, tornate più tardi!). Andate: andate ad annunciare quel che avete capito. E per essere certi di non cadere nella trappola del "predicare bene e razzolare male" (lo sa, il Maestro, lo sa che capiterà!) andate a due a due. Perché? Ma benedetto Iddio, abbi pazienza Papà, perché prima di predicare dovete sperimentare tra voi quel che dovete dire: non basta la parola, occorre la carne, la quotidianità vissuta, faticata, amata e sofferta. Annunciate il perdono? Perdonatevi! Vi prendete cura dei malati? Imparate a prendervi cura di quello che sta lì e che vi ha appena pestato un piede! Il Maestro non invia dei maestrini o delle maestrine dalla penna rossa: manda fratelli e sorelle che sulla loro carne provano quello che annunciano. In piena libertà: senza possedere nulla, ricchi della solidarietà altrui.

Sorella, fratello: non c'è molto da dire. L'annuncio del Regno, per essere autentico e credibile, esige la tua carne, il tuo misurarti ogni giorno con la fatica del vivere quotidiano. L'annuncio del Vangelo non ha bisogno di strilloni che attirino l'attenzione, ma di donne e uomini che facciano della loro esistenza sofferta ma felice un segno del Regno, rifiutando qualsiasi tentazione di possesso e potere, allontanando ogni tentazione di apparire attraenti. 
Il Maestro ci sta preparando alla Théoria della Croce, a quello "spettacolo", quella manifestazione che, paradossalmente, è per donne e uomini decisamente forti. Non forti della forza frutto di possesso, potere e immagine, ma forti della debolezza del Crocifisso. 
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.