venerdì 7 marzo 2025

Buongiorno mondo!

La gioia del Vangelo



Mt 9,14-15


In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».



Gesù si presenta come il Dio-con-noi e lui stesso dirà ai suoi: "Ecco, io sono con voi per sempre...". La coscienza forte della sua presenza nella nostra storia, il suo continuo farsi prossimo a noi ci invita a vivere in profondità la dimensione della festa nella nostra quotidianità. Non siamo "vispe terese", persone distratte, lontane dalle fragilità dei fratelli e delle sorelle che sono con noi; pur coscienti del dolore del mondo entriamo in esso vestiti "a nozze" perché il Maestro continua ad accompagnare i nostri passi. Smettiamo dunque gli abiti del lutto, le facce perennemente tristi di chi vede solo sventura e male in ogni cosa. Dio non ha bisogno dei nostri digiuni, ma di cuori allenati ad amare nel suo stile, di cuori che sanno apparecchiare banchetti di vita, di speranza, di cuori che si fanno prossimi e condividono gioie e speranze. Se la legge prescrive il digiuno, noi rispondiamo con la condivisione; se la legge impone il sacrificio, noi rispondiamo con la misericordia; se la legge obbliga alla stretta osservanza, noi rispondiamo con la libertà che viene da un cuore che ama appassionatamente, come il cuore del Padre. E a chi ci rimprovera di essere irrispettosi della legge e della prescrizione canonica, noi diciamo che non possiamo che essere così perché abbiamo ricevuto il nostro evangelo, la buona notizia che fa di noi persone felici e libere. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 6 marzo 2025

Buongiorno mondo!

Profeti di umanità



Lc 9,22-25


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».




Rinnegare se stessi non è rinunciare alle proprie potenzialità, ai doni che si hanno, alle capacità. Quante persone sono state rovinate e impoverite da atteggiamenti ottusi e miopi che chiedevano di rinunciare "per umiltà, per far piacere al Signore" alle loro capacità e competenze! Quante volte chi sta "al piano di sopra", nella stanza dei bottoni, arriva ad affermare con tutta tranquillità che il momento di sofferenza che uno sta vivendo è "la croce che il Signore ti dà per seguire il suo cammino!". Ma quando mai? Da quando il Signore si diverte a buttare sulle nostre spalle delle croci, magari aggiungendo anche un: "Ma io ti voglio bene!". La sofferenza fa parte della fragilità del mestiere di vivere, e non credo che Dio sia felice quando noi stiamo male (almeno questo è il Dio in cui io credo). Gesù invita a percorrere la via del dono di sé che genera il perdono come l’unica possibile per portare a realizzazione piena la nostra umanità. Esattamente il contrario di ciò che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni, dove l’esibizione della forza e della potenza sono addirittura considerate doni di dio. Dalle nostre scelte si comprenderà chi stiamo seguendo.

Un abbraccio a tutte e a tutti, Buona vita.

mercoledì 5 marzo 2025

Buongiorno mondo!

Vivere in pienezza



Mt 1,1-6.16-18


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. (…)



Oggi, per il Rito Romano, inizia il percorso quaresimale. È un invito forte a liberarci dal demone dell'apparenza, dell'apparire a tutti i costi. È una sorta di dio Crono della nostra cultura che cresce i suoi figli con l'idea dell'apparire per esistere e poi se li mangia dopo averli illusi nel tritacarne delle apparenze, delle comparsate che contano, delle varie "isole" che promettono notorietà. La proposta del Maestro tocca invece il cuore dell'esistenza: vivere una vita che non è appariscente ma che, come seme nella terra, genera amore, apre percorsi di giustizia, invita alla solidarietà, lancia la sfida della preghiera, ossia del rinnovare la propria intimità con Dio per continuare ad assomigliare a lui nella pratica del nostro amore. La quaresima non è dunque un tempo di mestizia e sconforto, ma una chiamata a rinnovare la nostra adesione alla vita, gettando via tutto ciò che ci appesantisce inutilmente, impedendoci di correre gioiosi verso la Pasqua, la festa della vita. Non è il tempo della mortificazione (il vangelo non chiama a mortificarci, ma a "vivificarci"), ma il tempo in cui rinnoviamo la nostra scelta della fatica personale del crescere, la scelta di essere gioiosi ma seri, la scelta di essere e non di apparire, la scelta di vivere e non di lasciarci vivere. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 4 marzo 2025

Abitare un mondo complesso

 Abitare un mondo complesso (II)


La complessità che contraddistingue la nostra realtà esige una visione ampia, sistemica. Potremmo dire che per avvicinarci con la dovuta umiltà alla realtà nel suo complesso è necessario un approccio olistico che aiuterebbe ad evitare di cadere in una visione sia di tipo «riduzionistico» (portare tutto al «minimo sindacale», eliminando ciò che non è immediatamente comprensibile) sia di tipo «deterministico» (tutto si tiene rigidamente secondo il principio di causa/effetto). La complessità ci parla di sistemi complessi che sono costituiti da parti che tra loro sono in relazione e tale principio di relazionalità fa sì che il tutto sia sempre superiore alla somma delle parti singolarmente prese. Per capirci faccio un esempio concreto. Proviamo a prendere in considerazione, per un istante, il fenomeno della migrazione umana (perché non vi è solo questa, vi è anche quella animale che però, a differenza di quella umana, per chi pratica la caccia è un momento atteso). Di per sé si tratta, per l'appunto, di un fenomeno, di una realtà che fa parte del nostro essere umani: siamo sempre alla ricerca di un posto migliore, di condizioni migliori, di una vita migliore. Questo fenomeno è però percepito e vissuto spesso come un «problema», come un qualcosa che inceppa e, per certi aspetti, infastidisce. Già da queste poche parole penso si possa comprendere che stiamo entrando in un territorio segnato da una certa complessità. Infatti, per restare a questo livello, potremmo già proporre dei «distinguo»: un fenomeno o un problema si studia, lo si affronta e lo si guarda da diversi punti di vista per comprenderlo in sé e per comprendere se e come questo ci riguarda, se ha qualcosa da comunicare, quali realtà comporta, da dove nasce e potremmo andare avanti. Se non teniamo conto della complessità e di tutto ciò che questo approccio comporta, arriveremo a «ridurre» il fenomeno a mero problema che riguarda una parte del mondo e non la sua totalità complessa. Ne abbiamo un esempio nelle scelte politiche e sociali messe in atto per dare una risposta a tale situazione. Un approccio puramente pragmatico (c'è un problema bisogna risolverlo e in fretta) è indice di scarsa, se non nulla, attenzione alla complessità dei fenomeni che attraversano la nostra società, il nostro tempo. Guardare al fenomeno migratorio e considerarlo alla stregua di «erbacce» che vengono a infestare il nostro giardino ben curato (a proposito di «erbacce»: credo converrà in seguito farci una riflessione: siamo proprio così sicuri che non abbiano nulla da dirci?) e che occorre estirpare con risolutezza è un approccio che non tiene conto della sua complessità o giunge, nei casi più deliranti, a rifiutarla tout-court (vedi il nostro vice-premier leghista).

Ho esemplificato di parecchio, a rischio di banalità, per cercare di far comprendere che abitare la complessità significa anche accettare un cambiamento di paradigma. In tale cambiamento, ai vecchi cari criteri che caratterizzavano il nostro mondo, quali ordine, equilibrio, certezza e linearità, per citarne alcuni, si affiancano, allo stesso livello, quelli di disordine, squilibrio, incertezza e non-linearità. Questo è il miscuglio che caratterizza il nostro mondo attuale, piaccia o meno. Per parte mia lo trovo interessante, provocante e anche positivo. Mi rimanda, infatti, dal mio punto di vista, a una dei testi più belli della Sacra Scrittura, ossia al libro della Genesi. Nel descrivere il processo della creazione (ci erano già arrivati: la creazione è un processo continuo, non un dato di fatto una volta per tutte), quando si parla della creazione degli esseri viventi nelle acque viene usato un verbo tradotto con «brulicare», che, nel contesto ben si adatta a tutte le altre specie. Gli agiografi avevano già intuito la presenza della «complessità» in questo «brulichio» che parla di caos, di disordine che però genera vita perché coglie e accoglie quegli «spazi di possibilità» che si aprono in maniera feconda.

Rifiutare la complessità significa rifiutare questi spazi di possibilità e condannarsi a diventare sterili, cioè a non favorire l'emergere della vita. Il compito che, in quanto umani, dovremmo vivere perché immersi in quel Fondamento dell'Essere, la Vita stessa, cui abbiamo dato nome Dio è proprio quello di favorire il brulichio, osando la sfida della complessità e i criteri che essa comporta. Fa sorridere, ma anche preoccupare, sentire personaggi politici al potere porsi come «semplificatori»: mostrano di non aver compreso, o meglio, di aver compreso fin troppo che abitare la complessità porrebbe un freno non da poco alla sfrenata voglia di potere che li conduce a pensarsi e manifestarsi come «salvatori», portatori di un'unica visione, che asfalta tutto e tutti, in nome di una ben precisa identità alla quale tutte e tutti devono piegarsi.

(fine parte II – continua).

Buongiorno mondo!

Poveri ma liberi


Mc 10,28-31


"In quel tempo, Pietro disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna". 


Il testo riflette  la situazione delle comunità che cercano di vivere il messaggio evangelico, scardinando i principi della triade idolatrica costituita da potere-avere-apparire, suscitando per questo anche reazioni violente. Queste parole sono da comprendere alla luce delle Beatitudini, soprattutto la prima, là dove si afferma che la scelta fondamentale del Regno si effettua nella povertà volontaria, intesa come preoccupazione del benessere dell'altro, cura della felicità altrui. Il Maestro non cambia mai direzione: il criterio di appartenenza al Regno è la cura dell'altro, è quel farsi continuamente “prossimo” che rivela e narra nell’oggi il movimento ex-statico di Dio. A nessuno è richiesto di ridursi in mutande! A chi cerca,a chi desidera è proposto di condividere la propria vita per il bene dell'altro, quand'anche questi fosse un nemico. In altre parole: il Maestro propone di farsi pane, non di vendere o comprare pane! 

A tutte e a tutti un abbraccio. Buona vita.

lunedì 3 marzo 2025

Buongiorno mondo!

Ricchi… di solidarietà



Mc 10,17-27


(…) Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. (…)



Pagina molto conosciuta (forse poco amata perché in fondo ognuno tiene alle sue ricchezze...) che sta al cuore del messaggio di Gesù. Davanti alla sete di vita di quel tale, Gesù indica una via: la legge di Mosé. Ora, tanti qui cominciano a dire: ecco, vedi, torni ai comandamenti, bla bla bla...Leggete il testo, per favore! Se fate attenzione si tratta dei comandamenti della seconda tavola, quelli che fanno riferimento al bene dell'altro (e a proposito: Gesù ne aggiunge uno: non frodare, cioè non imbrogliare, riferito al salario dell'operaio, e qui ce ne sarebbe da dire...) e non ai comandamenti che riguardano Dio. Infatti Gesù vuol condurre quel tale proprio in quella direzione: convertirsi significa ri-orientare la propria esistenza verso il bene dell'altro. Questo ci permetterà un incontro autentico con Dio. Davanti alla sicurezza del tale Gesù risponde con ”una cosa sola ti manca", espressione semitica per dire che ti manca tutto (non è che Gesù gli dica: bravo, ora metti la ciliegina su questa bella torta.... No! Una cosa sola significa ti manca tutto). Il tutto condito con uno sguardo dal profondo sapore di amore. Gli ingredienti per una vita bella e piena ci potrebbero essere, se non fosse che quando crediamo di possedere ricchezze ma in effetti da esse siamo posseduti, non c'è verso: nessuna scelta di vita è possibile. Oggi questa proposta è rivolta a noi. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

sabato 1 marzo 2025

Abitare un mondo complesso

 Abitare un mondo complesso (I)


Stiamo vivendo un cambiamento d'epoca, come papa Francesco ha spesso ricordato. Come tutti i cambiamenti, positivi o meno, anche questo reca con sé apprensione e a volte paura. Tanti fra noi, penso in particolare, ma non solo, alle persone anziane e ai ritmi lenti che caratterizzano la loro esistenza, vivono tutto questo con un grande senso di disorientamento e smarrimento. Le cose cambiano in fretta, troppo in fretta. Il nostro è il tempo della frenesia, del «tutto e subito»; è il tempo del «possibilmente prima di ieri». Tutto questo genera quella che io definisco la «fatica/paura del pensare», lo stento nel trovare tempo per fermarsi un momento a pensare, a esaminare, ad approfondire. Ci definiamo «Sapiens sapiens», animali «intelligenti», ma questa suddetta intelligenza, cioè la capacità di andare in profondità, di non fermarsi all'apparente, di «leggere dentro» la complessità della realtà in cui viviamo mi pare stia diventando merce rara. Trovare il tempo per pensare non è produttivo, si dice, non è segno di efficienza, non «rende». Da qui la difficoltà a stare dentro questo processo di cambiamento, che comunque è irreversibile e, per certi aspetti e anche per fortuna, non dipende in maniera totale da noi.

Questo cambiamento d'epoca è segnato in modo particolare dalla riflessione sulla cosiddetta «complessità». «Complesso» non è sinonimo di «complicato», ma molto di più e lo vedremo.

Dal punto di vista etimologico «complesso» deriva dal latino «cum-plectere» e indica l'azione di intrecciare, ripiegare più volte. Il suo contrario è rappresentato da «semplice», a sua volta dal latino «sem(el)-plectere», intrecciare, ripiegare una volta sola.

In effetti, oltre a essere a volte piuttosto complicato, il nostro mondo, la nostra esistenza, persino il nostro tempo sono in verità «complessi», pieni di intrecci e di pieghe che hanno bisogno di tempo e cura per essere compresi ma mai presi, definiti ma mai finiti. Di fronte alla tentazione pervasiva di «una iper-semplificazione, che scarta tutto ciò che non rientra nello schema della riduzione, del determinismo, della decontestualizzazione» (Edgar Morin, La sfida della complessità) dobbiamo osare la sfida della complessità. Essa infatti rappresenta, almeno in parte, un antidoto contro quei processi di «atomizzazione e separazione» che non sono altro che la traduzione contemporanea del vecchio adagio: «divide et impera» e aggiungerei «fatti i casi tuoi».

Propongo questa riflessione perché mi sento inerme ma anche sconcertato davanti alle sceneggiate intrise di sfacciata arroganza cui stiamo assistendo in questi tempi e che ci sono gentilmente offerti dai cosiddetti «potenti» di questo mondo, cui si accodano volentieri le «mosche cocchiere» nostrane la cui versione è rappresentata al meglio dal vice-premier leghista (ma su questo torneremo).

Il fenomeno della «complessità» è in relazione a quello di «entropia» e qui vi rimando ai vostri più o meno giovani ricordi delle lezioni di fisica (secondo principio della termodinamica). Il chimico russo di origine belga I. Prigogine, deceduto nel 2003, ha messo in luce che quando un sistema qualsiasi supera una certa soglia critica di complessità appare una nuova struttura che lo riorganizza con nuove proprietà ma sempre e comunque esistenti nel sistema interamente considerato. La rottura di un certo equilibrio non deve fare paura né destare preoccupazioni particolari. Guardiamo alla natura e proviamo a dirlo in altre parole. Ordine e caos, in natura, sembrano coesistere da sempre. Quando una soglia critica viene superata si apre uno spazio per nuovi possibili equilibri, ossia lo spazio delle possibilità. Chiudersi a tutto questo, «semplificare» forzatamente il tutto, ridurre alla propria visione la complessità del reale è estremamente pericoloso e soprattutto nocivo per la vita in tutte le sue espressioni.

(fine parte I – continua)

venerdì 28 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Creatori di relazioni vitali



Mc 10,1-12


In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.

Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». (…)



Oggi il Maestro è sottoposto a prova dai farisei riguardo la liceità del ripudiare la propria moglie. Il problema però, fa capire Gesù è ben altro e riguarda la qualità delle relazioni che vogliamo creare nell'umanità. Non è questione di sapere se posso o meno "ripudiare" una persona, quanto piuttosto di interrogarmi sulla mia capacità e desiderio di creare relazioni che aprano alla vita, facciano crescere nell'amore autentico, aiutino ciascuno a essere ciò che davvero è. Insomma a vivere da figli immersi in un Dio che ci ha creati per la vita e non per la morte, per vivificare il mondo, e non per mortificarci in inutili casistiche legislative. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 27 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Pietre d’inciampo e bicchieri d’acqua



Mc 9,41-50


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. (…)



Si è tentati di pensare a "questi piccoli" come a dei bambini. Ma il testo parla di "piccoli che credono", anzitutto, e, in secondo luogo, il termine usato non fa riferimento tanto ai "bambini" quanto a quelle persone che, senza mezzi termini e senza offesa alcuna, sono considerate delle nullità. Sono gli insignificanti della storia, gli invisibili, i trasparenti, quelle persone che vedi senza guardare, come alberi che scorrono velocemente mentre corri in autostrada. Ma sono comunque "piccoli che credono", ossia tutte e tutti coloro che in un qualche modo alzano il loro sguardo a incrociare gli occhi di Gesù per trovare in Lui motivo di speranza, per incontrare quello sguardo carico di misericordia capace di rimettere in piedi e di far sentire amati: non più "nullità" ma persone amate, sorelle e fratelli in cammino sulle strade del vangelo. Ecco: le nostre comunità dovrebbero essere "culle" che accolgono questi "piccoli" per aprirli alla vita, all'amore. Dovrebbero essere luoghi accoglienti in cui ogni donna e ogni uomo possano incontrarsi con il Dio della vita senza "inciampare" (scandalon, in greco, è la pietra che ti fa inciampare e impedisce il passo) in muri dottrinali che scagliano fulmini di condanna, che velano il volto di Gesù dietro una cortina insuperabile di leggi e precetti, che nascondono lo sguardo di dio dentro volute d'incenso sparse da zelanti funzionari del sacro. A noi farci voce di chi non ha voce, a noi  il compito di togliere tutte le possibili pietre d'inciampo che rendono dolorosa la strada del Vangelo per tante sorelle e fratelli. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 26 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Sguardo aperto, cuore grande



Mc 9,38-40


In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».

Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».



Tutto ciò che concorre al bene dell'uomo, al bene della sua dignità, tutto ciò che partecipa all'umanizzazione dell'umanità non può essere rifiutato semplicemente perché "non fai parte dei nostri". La tentazione di appropriarci di Dio, di "dargli un nome", di mettercelo in tasca a nostro servizio sembra più che mai serpeggiare tra le fila di cosiddetti "credenti ad oltranza". A volte ho l'impressione di stare dentro una Chiesa più preoccupata di salvare il "marchio", il "brand" si direbbe in certi ambienti, invece di lodare per le meraviglie che lo Spirito suscita in mezzo agli uomini. Siamo ancora lì a guardare più la zizzania del campo che il buon grano, presente a volte proprio dove non ti aspetteresti mai di trovarlo. Anzi, spesso contribuiamo noi stessi a seminare zizzania pur di dimostrare la nostra ragione! Dovremmo saper lodare e ringraziare per il bene, al di là di ogni appartenenza, e invece pasteggiamo a invidia e rancore. Le nostre comunità dovrebbero essere più preoccupate di educare al bene, a saperlo non solo fare, ma a saperlo anche apprezzare in chi non fa parte del "cerchio magico". Come Gesù, che "passò facendo del bene a tutti", non solo ai "cattolici". 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 25 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

 Assomigliare al Servo



Mc 9,30-37


(…) E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».



Perché non siano solamente parole il Maestro pone "in mezzo" (il suo posto!) un piccolo servo, un garzone (il termine usato può indicare sia un bambino sia il piccolo servetto di famiglia, il garzone, insomma). 

Se lo avete visto, nel film "The Butler", a un certo punto viene spiegato non solo cosa fa il maggiordomo, ma soprattutto come lo fa: anticipando i desideri e restando al contempo invisibile. Ecco, credo sia un'immagine forte che rende bene l'idea di quanto Gesù chiede ai suoi: essere servi senza farsi notare. Questo rappresenta il valore della grandezza nel Regno: l'invisibilità del servizio. O come dirà Luca nel suo vangelo: "siamo semplicemente servi" (non servi inutili!). 

E il motivo di una scelta tale nella vita non viene da un'imposizione esterna, ma da una scelta di assunzione/identificazione con il progetto di Gesù che chiede di assomigliare a Dio. Non ci facciamo servi perché "mi piace", perché "mi sento portato", perché "Gesù me lo chiede per il bene delle anime". Scelgo la via del servizio perché in questo modo rendo autentica la mia vita di figlio che cerca di assomigliare a Dio fissando il mio sguardo verso il Figlio che ne è l'espressione più autentica. Il prezzo di questo è la rinuncia ad ogni tipo di ambizione, sia quella dell'avere, che del potere che (soprattutto) dell'apparire. Solo così saremo anche noi uniti al Figlio "in mezzo", con Lui, a celebrare una vita di dono nel servizio nelle nostre Eucaristie domenicali. E non rischieremo di partecipare a un rito dove spesso la teatralità prende il posto dell'autenticità, dove "in mezzo" non c'è Lui, ma noi, con l'orologio in mano, aspettando che il tutto finisca per poter tornare ai nostri affari. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 24 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Incredulità


Mc 9,14-29

”(…) O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? (…)”



Anche il Maestro perde le staffe davanti alle resistenze che proprio i suoi oppongono al suo discorso. Ha chiesto di "rinnegare se stessi", le proprie ambizioni, la ricerca di possesso e potere. Ha chiesto di "prendere la propria croce", di non andare in cerca di facile successo, ma di essere pronti ad assumere il disprezzo che comporta la strada del Vangelo. I discepoli non hanno capito nulla e per questo diventano il segno di una generazione "incredula e perversa". Essi sono "increduli" ossia vivono ancora immersi nel mondo della religione dove spesso non non vi è spazio per la fede ma solo per delle certezze assolute, che da sole escludono il percorso del fidarsi e dell'affidarsi che è proprio della fede. Questa incredulità si manifesta come perversione della fede, che impedisce di assumere lo stesso sguardo di Dio nei confronti dell'umanità e dell'umanità sofferente. La religione offre mediatori che esercitano un potere sull'umanità in nome di Dio; la fede crea fratelli e sorelle che aprono spazi all'azione sempre creatrice e creativa del Fondamento dell’essere che ridona la vita a chi è immerso "nell'ombra della morte". La domanda retorica che Gesù si pone nel suo sfogo, "Fino a quando starò con voi?”, trova risposta nel suo amore fedele, in quella fedeltà che lo farà conoscere come "l'Emmanuele", il Dio-con-noi per sempre. Ma noi siamo davvero con lui?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 21 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Se qualcuno…



Mc 8,34-9,1

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà (…)”.



Seguire Gesù sulle strade del Vangelo non è per i deboli di cuore. È un ribaltamento totale di prospettiva: si tratta di imparare a vivere assumendo in toto il suo stile di vita. Uno stile che comporta sofferenza e derisione per le scelte che si fanno nel suo nome. Questa è la croce di cui parla Gesù. Su  questa “croce da portare” ne ho sentite tante, troppe, a mio avviso. Ho sentito parlare della croce che Dio dà quando capita una disgrazia, un lutto improvviso, una malattia, un rovescio nella vita. Ma che razza di dio può essere un tale dio? Un dio che si diverte a vederci soffrire? Questo è “il Padre” che Gesù ci rivela? Non credo proprio. La malattia, la morte, la difficoltà fanno parte del mestiere di vivere: è la vita stessa, la sua fragilità che ci pone in mezzo a tali realtà. Ma allora di quale croce parla Gesù? Egli parla del disprezzo che ci viene rovesciato addosso ogni volta che viviamo il suo messaggio, ogni volta che viviamo la radicalità del Vangelo. È il disprezzo che subivano i condannati quando salivano verso il patibolo. È questa la “croce da portare” dietro a Lui. Quindi non è una croce data da Dio, ma la conseguenza accolta da ciascuno nella misura in cui sceglie di seguire il Maestro. Quando scegliamo di fare nostro il messaggio e lo stile di Gesù, quando la nostra voce si fa scomoda perché denunciamo politiche di sfruttamento, di ingiustizia e di chiusura, quando con coraggio ci facciamo voce di chi non ha voce prepariamoci a essere disprezzati e rifiutati. Il discepolo non è tale quando tutto va bene e fa sentire forte le sue campane: il discepolo è tale quando cammina dietro al suo Maestro con l’unico scopo di far brillare il volto di Dio e aprire spazi alla sua azione che risana l’umanità. Gesù apre una via: a noi scegliere, come sempre, da che parte stare. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 20 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Una fede che si fa vita


Mc 8,27-33

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».



La domanda che Gesù pone non è rivolta soltanto i suoi primi seguaci. È la questione fondamentale a cui dobbiamo rispondere sempre. La nostra prima reazione può consistere nel trovare rapidamente una risposta dottrinale e confessare in modo automatico che Gesù è il “Figlio di Dio incarnato”, il “Redentore del mondo”,  il “Salvatore dell’umanità”. Titoli, questi, senza dubbio tutti molto solenni e ortodossi, che però possono essere pronunciati senza avere alcun contenuto vitale.
Gesù non chiede semplicemente la nostra opinione. Ci interpella, soprattutto, sul nostro atteggiamento verso di lui. E questo non si riflette solo nelle nostre parole, ma soprattutto nel nostro modo concreto di seguirlo. Come ha scritto qualcuno: “La breve proposizione: “Io credo che Gesù è il Figlio di Dio”, assume un significato completamente diverso se pronunciata da Francesco d’Assisi o da un dittatore presente nel mondo. Il Dio di questi uomini non è lo stesso o, almeno, non è lo stesso Dio invocato da ciascuno per orientare la propria condotta”. Le parole di Gesù richiedono un’opzione radicale. O Gesù è per noi un personaggio come molti altri della storia, oppure la Persona decisiva che ci fornisce la comprensione ultima dell’esistenza, dà l’orientamento decisivo alla nostra vita e ci offre la speranza definitiva. La domanda “Chi dite che io sia?” acquista dunque un contenuto nuovo. Non è più una questione su Gesù, ma su noi stessi. Chi sono io? In chi credo? In base a cosa oriento la mia esistenza? A cosa si riduce la mia fede? Tutti dobbiamo ricordare sempre che la fede non si identifica con le formule che pronunciamo. Per comprendere meglio la portata di “quello che io credo” è necessario verificare come vivo, a cosa aspiro, in cosa mi impegno. Per questo, la domanda di Gesù, più che un esame sulla nostra ortodossia, dovrebbe essere la chiamata a uno stile cristiano di vita. Evidentemente non si tratta di dire o credere qualcosa su Cristo. Ma non si tratta neanche di fare solenni professioni di fede ortodossa per vivere poi lontani dallo spirito che questa stessa proclamazione di fede esige e comporta. Rende tristi osservare l’atteggiamento di settori cattolici la cui unica ossessione sembra quella di “conservare la fede” come “un deposito di dottrine” da saper difendere contro l’assalto di nuove ideologie e correnti. Marcel Légaut scriveva questa frase dura ma vera: “Questi cristiani ignorano chi sia Gesù e sono condannati dalla loro stessa religione a non scoprirlo mai”. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 19 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Uscire dal villaggio



Mc 8,22-26

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».



Gli evangelisti, lo sappiamo, sono molto attenti all’uso delle parole. A una lettura superficiale potrebbe sembrare a volte che essi si perdano in particolari che noi potremmo giudicare inutili. Per esempio: perché specificare che “da lontano vedeva distintamente ogni cosa”? Non bastava dire semplicemente che riacquistò totalmente la vista?

Questa cosa mi ha fatto pensare e ne traggo questa conclusione. 

Il “villaggio” è il luogo per antonomasia della tradizione. Lì la vita deve scorrere ordinata, regolata dai molteplici precetti della Legge. Nella vita delle persone che abitano il villaggio ogni cosa ha sempre un suo perché. Se sei cieco è perché Dio ha punito il tuo peccato. La malattia è sempre legata a una trasgressione dei precetti della legge. Anche una morte a prima vista innocente non ne è immune: o il defunto o i suoi o chi per loro, qualcuno deve aver fatto qualcosa “che è male agli occhi del Signore”. E il Signore che è certamente misericordioso ma giusto (quanto amano questa sottolineatura i pii osservanti della tradizione!) provvede alla bisogna.

Bisogna uscire dal villaggio per “vedere da lontano distintamente ogni cosa”, per uscire da questa prospettiva che nasce da una distorta immagine di Dio, di un Dio che pare gioire delle nostre sofferenze. Il gesto di Gesù apre gli occhi di quell’uomo, gli dona una visione “altra” della vita e della relazione con Dio. A patto, beninteso, che “non rientri nemmeno nel villaggio”. 

Ecco, credo che questa pagina evangelica risulti estremamente provocante anche per noi oggi, per noi che crediamo di vedere, per noi che crediamo di sapere, per noi che pensiamo di metterci Dio in tasca con troppa noncuranza e facilità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 18 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Lieviti e pani


Mc 8,14-21


In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. (…)



I primi compagni di Gesù non riescono a comprendere il significato profondo dei segni che il Maestro pone davanti ai loro occhi. Nemmeno davanti al pane donato e condiviso riescono a capire. Allora ecco l'avvertimento che viene dalle parole nette di Gesù.

Egli chiede ai suoi di tenere ben desta l’attenzione per evitare le trappole rappresentate dai “lieviti”: quello dei farisei e quello di Erode. Quello di Erode rappresenta la tentazione del messianismo politico mentre quello dei farisei la tentazione del messianismo religioso. Non mi pare necessario esemplificare nel nostro oggi perché basta affacciarsi alla finestra e semplicemente osservare.

Gesù mette in guardia i suoi da entrambi perché entrambi sono sì lieviti ma il risultato della loro fermentazione è un pane che non sfama perché provoca una fame ingorda che non sazia mai: quella fame che ora è potere, ora è denaro, ora è fama. Che sia per Cesare o per Dio, è un pane che nasce da un lievito che inocula morte perché sorgente di disumanità.

Ben diverso è il pane offerto e condiviso da Gesù. Il suo è impastato con il lievito del dono e del perdono, del servizio e della condivisione, della cura e della prossimità: questo fa nascere il pane della vita. Ora la domanda che nasce è: presso quale forno stiamo cercando il nostro pane quotidiano?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 17 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Essere segno



Mc 8,11-13


In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.

Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».

Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.



Ai farisei che chiedono un segno Gesù risponde così: "In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno". Non è che il Maestro non vuol dare segni: ne ha dati fin troppi. Si rifiuta di dare quei segni del Messia nazionalista che in tanti si aspettavano, il segno del Messia "Figlio di Davide", colui che avrebbe colmato le attese di quanti speravano nella rinascita del Regno di Israele. Gesù si presenta come il Messia "Figlio di Dio", non figlio di Davide. Figlio di un Dio che non viene a prendersi vite con la violenza e il sopruso, con l'inganno (ricordate l'inganno di Davide contro Uria per prendersi Betsabea?) che sostiene da sempre il potere assoluto. Il Messia Gesù non prende vite ma offre la sua, non spaccia per verità la menzogna (come spesso avviene per gli uomini di potere), non impone una giustizia fatta su misura per conservare il suo potere, ma apre percorsi di vita, di amore; propone pratiche di perdono e di solidarietà tali da dare alla vita stessa una qualità superiore da renderla indistruttibile, immortale, e non effimera come ogni cosa che si fonda sulla forza, sulla violenza e sul potere. Ecco perché Gesù non dà segni: è Lui che si fa segno con il suo stile di vita, con il suo amore per la vita, con la sua sete di giustizia, con la sua compassione che narra quella di Dio. E chiede ai suoi, a noi, di essere segni allo stesso modo: non di fare cose grandi, ma di essere grandi nella vita ordinaria, nella personale fatica del crescere quotidiano, diventando segni di quel Regno che inesorabilmente cresce con e attorno a noi. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 14 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

  Narratori del Regno


Lc 10,1-9


(..) Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».



Inviando i settantadue in missione Gesù dà alcune indicazioni concrete. Alla fine troviamo le parole citate qui sopra. È come se Gesù stesse dicendo loro: non fate gli schizzinosi, non andatevi sempre a scegliere gli amici che hanno portafogli gonfi e tavole imbandite di ogni ben di Dio; condividete il quotidiano, non lo straordinario. E soprattutto concentrate la vostra attenzione e dirigete il vostro cuore verso le parti più fragili e più deboli, verso chi anela alla vita, e comunicate vita. Ecco, immagino che il senso delle parole del Maestro sia più o meno questo.
Questa attenzione ai più deboli e fragili che la storia ci consegna, diventa il criterio di autenticità della nostra esperienza di fede. In altre parole: o creiamo relazioni sempre più umanizzanti, oppure la nostra bella "fede" diventa una vuota religione che aliena e crea divisioni ed esclusioni. L'umanizzazione delle nostre relazioni apre spazi a volte impensabili per noi che nel nostro percorso accettiamo la sfida di diventare, con Gesù e come Gesù, narratori di quel Dio che ama la vita e vuole la nostra felicità. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 13 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

La conversione di Gesù



Mc 7,4-30


In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.

Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia.(…)



Gesù ha annunciato il Regno ponendo anche dei segni forti: guarigioni, esorcismi e ha anche dispiegato la sua “potenza” nei confronti degli elementi della natura (tempesta sedate, pesche miracolose). La gente è entusiasta e gli corre dietro convinta di aver trovato l’Atteso, Colui che finalmente cancellerà le disgrazie causa di sofferenza del popolo (senza essere dissacrante, ma gli occhi del popolo sono sempre attirati dall’uomo che si mostra forte, deciso, che avanza nel segno del “ci penso io e me ne frego di tutti”. Basta. Sono già andato oltre). ma dopo che Gesù illustra le condizioni per essere suoi discepoli la luna di miele finisce bruscamente e Gesù, in seguito a uno scontro molto forte con l’istituzione religiosa, alza i tacchi e se ne va, credo si possa pensare quantomeno amareggiato. Si rifugia in terra pagana (orrore!) e credo cerchi una risposta alla domanda: io parlo, ma non mi comprendono. Annuncio il Regno ma pensano ad altro. Da questa “crisi” che Gesù vive è lecito pensare siano nate le parabole. Ma chi mette in moto tutto questo? Chi spinge Gesù a uscire dal suo isolamento. Il personaggio meno probabile: una donna e per di più pagana. Pensiamoci: una donna che “converte” Gesù! Ecco qui tutta la bellezza e la potenza del Vangelo: l’annuncio di un Dio che è “flessibile”, capace di ascoltarci e di ritrovare insieme a noi la via del giardino della vita dove passeggiare con Lui.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 12 febbraio 2025

 Progetto Scuola Bembe (Benin)


Per chi fosse interessato ecco il link per vedere come sono state utilizzate le donazioni raccolte.


Resoconto Scuola Bembe





Buongiorno mondo!

Un Dio che ci vuole felici



Mc 7,14-23


In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». (…)



La preoccupazione di Gesù è stata quella di permettere alle persone di essere felici. Ora, la felicità non può venire da una qualsiasi imposizione esterna o peggio, dall'osservanza di norme che vogliono regolamentare tutti gli aspetti della vita di una persona. Il Maestro invita a pensare (attività invero alquanto rara oggi!), a essere "intelligenti" per scegliere a partire dal cuore e non dalle apparenze, da "dentro" e non "agiti dall'esterno". La scelta di essere e diventare umani non può venire dalla mera osservanza di leggi, prescrizioni, decreti e nemmeno dall'adesione razionale a dei dogmi quasi questi fossero una sorta di baluardo a protezione delle proprie convinzioni e dietro ai quali trincerarsi chiudendo le porte a chi "non è dei nostri". L'assunzione personale della proposta di Gesù, il farla propria, esige anche che non ci limitiamo a ripetere quello che Lui ha detto o fatto, o quello che hanno detto o fatto altri prima di noi. L'esperienza di fede esige quel processo di interiorizzazione che permette al cuore di sprigionare creatività, quella "santa (e sana) libertà dei figli di Dio". Vivendo così forse sentiremo il rumore prodotto dai "rosiconi" (specie in rapida evoluzione e crescita), ma noi saremo attirati più dal  battito del cuore di Dio che vuole i suoi figli liberi e autonomi, adulti, capaci di pensare e non solo di eseguire. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 11 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Rosso rubrica



Mc 7,1-13


(…) Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:

“Questo popolo mi onora con le labbra,

ma il suo cuore è lontano da me.

Invano mi rendono culto,

insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». (…)

Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».



A proposito delle varie prescrizioni della Legge, il Maestro oggi sbotta e se ne esce con queste parole: "Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte". Praticamente è come se avesse detto chiaro e netto ai vari dottori e maestri della Legge: "è finito il tempo in cui potete spacciare per Parola di Dio quelle che sono le vostre invenzioni. È finito il tempo in cui, parandovi e presentandovi davanti al popolo come degli eminenti "azzeccagarbugli" in nome di Dio, opprimete il popolo a vostro vantaggio e per i vostri comodi". Quanto di questa religione, che è solo ideologia, persiste ancora nei nostri cuori? Quanto amiamo il sottile "scriba" che sciorina i suoi bravi "distinguo" pur di non assumerci la responsabilità della cura del fratello e della sorella? Quante volte in nome della "benedetta" Legge di Dio (o degli uomini?) abbiamo escluso, punito allontanato, ferito, nascondendoci dietro parole quali: "Eeehhhh, non l'ho deciso io... è la legge della Chiesa.... Che vuoi mai, io non sono d'accordo, ma il diritto è il diritto.... Cosa vuoi fratello/sorella, questa è la croce che il Signore ti dà per la tua salvezza....". 

Mah... troppi scribi... troppi dottori della Legge... Meglio cercare nelle vie del Maestro strade più pure, più ricche di ossigeno, costruite con le pietre dell'amore accolto e condiviso, della giustizia, della condivisione, e non con i grandi "mattoni" di teologia e morale che pretendono di dire a Dio come essere Dio e, di conseguenza, come dobbiamo funzionare noi. 

Come sempre, da che parte stiamo? 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 10 febbraio 2025

Buongiorno mondo!

Farsi “mantello”


Mc 6,53-56

(…) E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.



La forza di vita che promana da Gesù si spande risanando tutte e tutti coloro che vengono a contatto con il Maestro. Credo sia una bella immagine di chiesa: uno spazio dove incontrare Colui che risana, Colui che rimette in piedi. Teniamo presente che quanto Marco racconta avviene dopo la moltiplicazione/con-divisione dei pani e dei pesci. È una bella provocazione per le nostre comunità che celebrano l’Eucaristia ogni domenica (quando non ogni giorno). Proprio il fatto di celebrare questo sacramento ci mette in contatto diretto con il mistero del Corpo del Signore che raggiunge la sua pienezza solo quando noi ci facciamo Corpo del Signore: una presenza che, toccata nella profondità del mistero, diviene forza di vita che risana e guarisce. Ricordo sempre che l’Eucaristia non è fine a se stessa ma è finalizzata alla costruzione del Corpo del Signore che è la Chiesa. E proprio la Comunità/Corpo che diventa spazio che guarisce e risana, perché in profonda comunione con il suo Signore, che vuole la salvezza e la felicità per l’umanità intera. Se le nostre Eucaristie non permettono di “toccare” la presenza del Signore esse sono solo dei vuoti e inutili riti con cui crediamo di rendere gloria a Dio. Siamo invitati per primi a “toccare il lembo del Suo mantello” per guarire la durezza del nostro cuore e la piccolezza della nostra fede. Siamo invitati a trasformare le nostre esistenze in “mantelli” che proteggono, curano, risanano.

A noi scegliere, come sempre, sotto quale “mantello” abitare e quale “mantello” diventare.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.