Un Dio amante del cambiamento
Mt 11,20-24
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. (...)
Oggi la pagina evangelica ci mostra il Maestro che esterna la sua amarezza (quel “Guai” andrebbe meglio tradotto con un “Ahimè” doloroso) nei confronti di tutte quelle "città" (Corazin, Cafarnao, Betsaida ecc...) che non hanno saputo cogliere e accogliere la proposta del Vangelo. Si parla di "città" e non di villaggi perché la città è il luogo dove è presente la sinagoga, il luogo della religione istituzionale, il luogo che avrebbe dovuto aprire spazi alla presenza e all'azione liberatrice di Dio ma che, di fatto, ha impedito tutto ciò. In questa pagina Gesù chiude, se così possiamo dire, con l'ufficialità della religione e apre a tutti lo spazio della fede.
Forse qualche "ahimé" tra quelli pronunciati da Gesù potrebbero arrivare anche dalle nostre parti ogni volta che impediamo l'azione liberatrice e risanatrice di Dio perché "non fa parte dei nostri schemi". Ci siamo talmente convinti che Dio debba essere come noi lo pensiamo che anche se Lui si manifestasse direttamente saremmo capaci di dirgli: "Per favore, torna a cambiarti e presentati a noi come si deve!". Come i contemporanei di Gesù chiediamo a Dio di adattarsi ai nostri schemi.
Francesco, l'amato predecessore di papa Leone, ci sta ancora chiedendo di non aver paura del cambiamento. Come sempre, a noi la scelta.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Grazie.
RispondiEliminaPaola