Buongiorno mondo! Affascinanti e
quanto mai crude nella loro chiarezza le parole del Maestro stamane (Mt 7,21-29):
"Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". Tutti noi abbiamo
imparato quanto sia facile "dire Dio", pronunciare il suo nome quasi
fosse una sorta di scudo spaziale a nostra difesa (salvo poi mandarlo a quel
paese quando qualcosa non va secondo i nostri piani!). Usando un'espressione in
voga nel mondo della politica, ci siamo abituati a "tirare per la
giacchetta" il nostro Dio come dei questuanti (oggi in linguaggio
politicamente “corretto” si dovrebbe dire "lobbisti"), quasi fossimo
al cospetto di un distributore di favori, attento a chi grida meglio il suo
nome e tesse davanti a tutti le sue lodi (come gli araldi e i menestrelli di
corte di un tempo). E siccome non basta, ci rivolgiamo anche ai
"familiari" o ai più stretti collaboratori, i santi, perché a forza
di parole facciano passare avanti la nostra causa "che è la più importante
di tutte, io ne ho proprio bisogno: con tutto quello che ho fatto per la
chiesa, una mano me la vorrà dare, no?". Il Maestro ci ricorda brutalmente
che in questo modo rischiamo di costruire la casa della vita sulla sabbia delle
illusioni, e la peggior illusione esce proprio da un'immagine distorta di Dio.
"Colui che fa la volontà del Padre mio...": qual è questa
volontà? Cosa vuole questo Padre che fatichiamo a capire? Gesù ce lo ha detto:
collaborare con Lui all'opera della creazione assomigliando a Lui nel nostro
modo di amare. Non esiste un Dio da servire, ma un Padre cui assomigliare
nell'amore, un amore che si prende cura del benessere di ciascuno: ecco il
Regno, ecco la casa costruita sulla roccia dove ciascuno si sente figlio e vive
da fratello, ciascuna si sente figlia e vive da sorella. Un abbraccio a tutte e
a tutti. Buona vita.
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