Voci profetiche
In quel tempo, Gesù venne a Nàzareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere (…).
Ha vissuto in mezzo a loro per circa trent'anni ("Non è costui il figlio di Giuseppe?", si chiedono dandosi di gomito l'un l'altro, come facciamo noi quando in chiesa entra qualcuno di "noto"…); ha lavorato con loro, ha pregato, ha giocato: è uno di loro. Ma … non sembra più far parte del loro mondo. Il suo modo di leggere e interpretare le Scritture, il suo modo di "tagliare" quelle parole di Isaia che infiammavano i cuori in attesa della liberazione, il suo modo di porsi con quella sfacciataggine nel rinfacciare episodi di tanto tempo prima che ancora provocavano moti di vergogna.
Gesù si presenta come un autentico profeta, colui che chiama a conversione. E la prima conversione riguarda proprio il volto di Dio. Da profeta Gesù mette in guardia: Dio non si piega alle esigenze di chi cerca segni, "maraviglie", portenti. Dio non è un fabbricante di miracoli a comando. Il Dio di Gesù è alla ricerca di donne e uomini che con Lui e come Lui si mettano a servizio dell'umanità per proseguire nell'opera della creazione affinché ognuno realizzi in sé stesso quella somiglianza che alla fine lo farà partecipe della natura divina. Per Gesù quanto più si realizza la vocazione all'umano tanto più si diviene divini, con Lui e come Lui.
Ecco quanto la voce del profeta di Nazareth dice a noi oggi. A noi resta la decisione di seguirlo i di buttarlo fuori dal nostro villaggio, ossia dalla nostra storia.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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