Poveri ma liberi
Mt 17,22-27
“(…) Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì» (…)”.
La commistione tra religione e denaro è, a mio avviso, una sorta di campo minato. Potrebbe andare bene nella misura in cui ci si serve del denaro, anche se resto con qualche dubbio. Oppure potrebbe esplodere, causando non pochi danni, come spesso è successo e succede tuttora, quando non ci si serve del denaro ma ci si mette al suo servizio. Non mi illudo: il denaro serve certamente, ma, sempre a mio modesto avviso, dovrebbe passare di mano in mano fino a fermarsi dove c'è veramente bisogno, per poi riprendere la sua corsa. Una volta si diceva che il denaro era lo sterco del demonio: a me pare che qualcuno, anche nella Chiesa, debba avere una diarrea tremenda, vista la quantità di liquidi che ha accumulato!
Ripeto un'espressione che mi piace e mi aiuta a evitare certe tentazioni: vorrei una chiesa più preoccupata dell'economia della salvezza che della salvezza dell'economia, una chiesa con le mani libere, non preoccupate di correr dietro a ogni potente che le assicuri sicurezza e ricchezza. Una chiesa dove la povertà non è stupida esaltazione della miseria o vana promessa di un paradiso che domani distribuirà premi a gogo (e non confondiamo le Cayman con l'Eden!), ma una povertà che ha il sapore della condivisione e della solidarietà.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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