Dietro a Lui, come e con Lui
Mt 10,34-11,1
"(… ) chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me (…)".
Ogni qualvolta un dolore improvviso, una malattia, un evento drammatico entrano nella nostra esistenza e ci lasciano senza parola allora appare sempre qualcuno all'orizzonte che intona il peana: "Coraggio, è la tua croce; il Signore ti chiede di portarla, non rifiutarti…" e via discorrendo.
Non accetto più questa visione delle cose perché non credo in un Dio che "usi" il mio dolore e la mia sofferenza per farmi guadagnare chissà che.
Quando Gesù parla di croce, parla anzitutto delle nostre resistenza, delle nostre rigidità a camminare dietro a Lui; parla del disprezzo che incontrano coloro che osano la via del Vangelo, così come Lui l'ha sperimentato.
Il dolore, la malattia, la morte, sono compagni fedeli della vita quotidiana. Non vi è un Dio che si diletta a mandarci addosso qualcosa per attirare la nostra attenzione su di sé e far volgere verso di Lui il nostro sguardo angosciato e il nostro grido di dolore: Gesù non crede e non annuncia un Dio così.
Ma, vivendo con i suoi discepoli, conosce bene il cuore dell'uomo. Lui sa quanta fatica facciamo e in quanti modi possiamo annacquare il vino del Vangelo quando le critiche ci piovono addosso e persino gli amici cominciano a prendere il largo perché ci ritengono "fuori di sé". C'è passato Gesù, ci passeranno i suoi.
La croce è l'impegno e la fatica quotidiana di vivere con gioia il Felice Annuncio e farcene, malgrado tutto, portatori. E non siamo soli! Gesù chiede di portare la croce dietro a Lui: egli porta la parte più pesante, noi camminiamo dietro di Lui col resto. Qui sta il nostro "essere degni", cioè la nostra dignità umana, talmente umana da essere divina.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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