L’idolatria dei “segni”
Gv 4,43-54
“ (…) Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete» (…)”.
La reazione del Maestro è un invito a superare i confini di una religione che si appoggia a “segni e prodigi” per entrare in una relazione di fede che si fa fiducia totale in Lui, nella sua Parola, nella sua proposta di vita. In altre parole, è Lui l’unico “segno” che occorre continuamente ricercare, è Lui il solo capace di mostrare non “prodigi” ma il volto concreto di un Dio che ama l’uomo, ogni uomo, come figlio, ogni donna come figlia. Non si cerca Dio per soddisfare la propria curiosità e la propria sete di miracoli: si cerca Dio per diventare persone capaci di essere segno della sua presenza. La stessa cosa avviene nella comunità: uno spazio in cui la celebrazione sacramentale non è finalizzata alla gloria di Dio, ma è lo spazio in cui ognuno riceve il dono dello Spirito che lo rende così segno della presenza del Padre. Per questo i discepoli del Maestro non hanno bisogno di chissà quali manifestazioni “maravigliose”: Lui è il segno per antonomasia, Lui è colui verso il quale rivolgere lo sguardo, Lui è l’unico in grado di farci passare da una religione del sensazionale a una fede dell’essenziale. La fede che, plasmata dalla carità, diventa segno di speranza nel mondo attuale.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
Nessun commento:
Posta un commento