venerdì 29 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Donne e Uomini delle Beatitudini
Santa Caterina da Siena


Mt 11,25-30

"Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (…)".


"Queste cose" sono le Beatitudini, la nuova proposta del Regno di Dio che si manifesta in Gesù e in tutte e tutti coloro che nella vita accettano di farsi piccoli e porsi dalla parte dei piccoli della storia, quelli che agli occhi dei più non contano nulla, quelli che sono in fuga da guerre e orrori vari, quelli che nessuno vorrebbe accanto a casa, quelli che "si potrebbe evitare di far vedere certe immagini". Papa Francesco ricorda sempre, con parole diverse, che non è la religione a salvarci e unire l'umanità, ma l'esperienza della fede e della fede in Gesù risorto e liberatore. Non abbiamo bisogno di sedicenti "sapienti e intelligenti" che sembrano saperne una più del papa, non abbiamo bisogno di "guardiani della religione" che si ergono a giudici. Non abbiamo bisogno nemmeno di coloro che si accodano per far sentire i loro lamentosi cori di "profeti di sventura", pronti a inginocchiarsi per chiedere perdono alla Maestà divina, ma incapaci di inginocchiarsi davanti al dolore e alla sofferenza di una sorella o un fratello. Non abbiamo nemmeno bisogno di "sacerdoti sdegnati" che fanno dell'Eucaristia un rito a lode e gloria della loro sete di potere mascherata da una falsa pietà che si avvolge su se stessa e non degna di uno sguardo il ferito al bordo della strada. Abbiamo il Maestro che ci offre le Beatitudini: questo ci basta e ci spinge a farci compagni di viaggio come popolo della senape nella costruzione del Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 28 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Persone nuove per la novità del Regno


Gv 3,31-36

" (…) Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura (…)”.


Gesù è la parola definitiva del Padre sul mondo. Il Figlio dell'Uomo rappresenta il modello di umanità che Dio ha da sempre pensato e cercato insieme a noi tutti. Un'umanità che sia riflesso e trasparenza di un Dio che è Padre e Madre, di un Dio che vuole la nostra felicità. Come disse un monaco belga che ha vissuto nel Sahara: "Non posso credere in un Dio che non sia felice anche quando noi siamo felici senza di Lui". Per giungere a un tale livello l'unica condizione richiesta è accogliere quello Spirito "donato senza misura". Di quale Spirito si tratta? Credo dello stesso che ha condotto Gesù a donare la sua vita per il mondo. Non è uno spirito asettico, impersonale, ma è lo stesso che ha guidato Gesù nella sua opzione fondamentale per il bene dell'uomo: è l'amore del Padre che scorre come un fiume verso di noi. Basta solo trovare il coraggio di immergervisi e rinascere come persone nuove. Nuove perché continuamente rinnovate dal suo amore e dal suo perdono capace di renderci portatori della quotidiana novità del Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 27 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Rivelatori del Padre


Gv 3,16-21

" (…)Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (…)".


Con queste parole Gesù ci rivela definitivamente chi è il Padre: è amore, semplicemente ed esclusivamente amore. Un Dio che è amore e che non chiede all'uomo se non di essere accolto. E l'accoglienza di tale presenza amorosa trasforma le persone e dona loro la possibilità di trasmettere lo stesso amore. Giovanni, nel testo di oggi, riprende ancora uno dei temi presentati nel Prologo: luce e tenebre. Mi piace notare come lo "scontro" (anche se è improprio chiamarlo così) tra queste due realtà è sempre frutto di una scelta personale: scegliamo da che parte stare. Inoltre la luce non ha bisogno di imporsi con forza sulle tenebre: semplicemente dove vi è l'una non possono esistere le altre, perché davanti alla luce le tenebre si ritirano. Non serve partire lancia in resta con crociate contro le tenebre: basta vivere nell'amore del Padre, da figli e fratelli, e questo fa sì che le tenebre non trovino più spazio. Le nostre comunità dovrebbero essere proprio gli spazi in cui la luce dell'amore si manifesta e vivifica i rapporti tra le persone, aprendo spazi all'azione di Dio che non è "venuto per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui". È un grande invito alla libertà e alla creatività, perché l'amore è libero e creativo. Non siamo cristiani per difendere tradizioni, non siamo cristiani per imporre dottrine; siamo cristiani per aprire spazi alla misericordia di Dio che conta su di noi per rendersi visibile oggi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 26 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Vivere per sempre


Gv 3,7-15

" (…) E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna (…)".



Gesù lascia intendere che il momento "più basso" della sua esistenza, sarà anche quello "più alto". Il momento della massima impossibilità umana, diviene lo spazio della massima possibilità divina: solo il dono offerto diventa generatore di vita per chi vuole accoglierlo. L'incontro con il Risorto nell'Eucaristia domenicale dovrebbe essere il fondamento di tale dinamica: l'Eucaristia celebrata non è un rito fatto per assolvere a un precetto o rendere contento Dio perché abbiamo fatto il nostro dovere "santificando la festa"! È l'incontro vivo ed efficace con Colui che "è stato innalzato" per dare anche a noi una tale possibilità. Ecco perché l'abbassamento della Croce è preceduto dall'abbassarsi di Gesù sui piedi dei discepoli: il gesto della lavanda getta una luce diversa sulla Croce. Non è un sacrificio per salvare l'umanità dall'ira del Padre, ma il modo che il Signore ha scelto per consegnarci il suo Spirito e renderci capaci di vivere con Lui e come Lui nell'amore gratuito e incondizionato. Ecco la “vita eterna” del Maestro: una vita talmente segnata e impregnata di amore da assumere una qualità divina, eterna, più forte di qualsiasi morte.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 25 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Portatori del Felice Annuncio


Mc 16,15-20

“(…) «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (…)”.



Davanti a questo testo mi vengono due considerazioni di fondo.

La prima è che si tratta di un mandato: non siamo inventori del Vangelo, non siamo possessori di niente e nessuno. Siamo dei “missi”, dei “mandati” e come tali l’unico “potere” è quello di rappresentanza. Ci viene affidato qualcosa di prezioso per il quale Colui che invia si è giocato la vita: la condizione per essere riconosciuti come suoi messaggeri autentici è quella di essere disposti a fare altrettanto. Per questo non si predica il Vangelo per obbligare altri a viverlo: o lo si annuncia vivendolo, o non lo si annuncia affatto.

In secondo luogo Gesù chiede di “predicare il vangelo”, ossia di “evangelizzare”. Mi sono chiesto: ma in quale modo Gesù ha assolto, lui per primo, a questo compito? Come ha evangelizzato Gesù? Io credo che la risposta stia nelle parole pronunciate da Pietro nel famoso discorso: “Egli passò facendo del bene”. L’unico modo che Gesù ha usato per comunicarci la buona notizia che Dio è “abbà”, che egli è buono, anzi esclusivamente buono, è stato quello di occuparsi e preoccuparsi del bene delle persone da Lui incontrate.
L’evangelizzazione portata avanti da Gesù non era in primo luogo preoccupata di costruire un recinto dottrinario (indispensabile, per carità!, altrimenti qualcuno fa l’offeso…) in cui richiudere qualche “buono” per separare dal “cattivo” o “irregolare” di turno. La Buona notizia è che il Padre si prende cura di ognuna e di ognuno ed è esclusivamente buono. Questo è il principio non negoziabile per cui Gesù è arrivato fino al dono della vita: per dirci che Dio è un Padre buono. Evangelizzare oggi vuol dire allora in primo luogo non discostarci da tale principio, per non vanificare la morte di Gesù. Allora, facciamo sì che il Vangelo resti davvero una buona notizia, una parola di speranza e di liberazione. E smettiamola di assumere quell’aria grave da “salvatori del mondo e della Chiesa”, quell’aria da “profeti di sventura” che non vedono che macerie e “fumo di satana” dappertutto. Il Vangelo ha bisogno di uomini e donne forti, forti della loro fragilità sempre risanata e perdonata, forti di una presenza che “accompagna”, forti della consapevolezza di essere annunciatori di vita e non sterili difensori di posizioni e dottrine che “né noi né i nostri padri abbiamo potuto osservare”.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

E Buona Festa della Liberazione.

domenica 17 aprile 2022

Pasqua 2022

"Dove sei?"


La pandemia (non ancora terminata) ci ha sbattuto in faccia, senza troppi complimenti, la nostra fragilità. Un organismo pressoché invisibile ha silurato in men che non si dica il nostro senso di sicurezza e di onnipotenza. Questo evento drammatico che, volenti o nolenti, è arrivato a costituirsi come linea di confine temporale (prima della pandemia… dopo la pandemia) è stato caratterizzato da una domanda ricorrente, rivolta a "Dio" o chi per lui: "Dove sei?" e condita di abbondanti suppliche (Pietà di noi, Signore pietà e via discorrendo).

Si sta appena affievolendo l'eco di tale domanda che la pretesa onnipotenza umana si risveglia di colpo facendoci piombare nell'assurda, inutile e quanto mai stupida violenza della guerra.

Anche in questa situazione, la domanda sale al cielo, o chissà dove: "Dove sei?" e ripartono anche le suppliche di pietà (tra l'altro rivolte a Colui che proprio non c'entra nulla con la bestialità di questa guerra).


Non entro nel merito se sia giusto e meno elevare suppliche insieme alla domanda di cui sopra.
Se non ricordo male, tuttavia, questa domanda è stata posta a noi, all'uomo, all'umanità intera, fin dagli inizi dell'avventura.
Se non ricordo male, nel giardino della vita, ossia nella vita quotidiana, Qualcuno venne a cercarci e l'unica misera risposta che fummo, e siamo ancora oggi, in grado di dare fu: "Mi sono nascosto perché ho avuto paura…".
A questo punto mi chiedo: ma se provassimo a cambiare prospettiva? Se invece di continuare a chiedere "Dove sei?" provassimo a interrogarci su "dove siamo noi"?
Gesù stesso si è fatto totalmente uno di noi. Sulla croce anche Lui è arrivato ad assumere la nostra stessa prospettiva con il suo grido : "Eloì, Eloì …" , che in fondo assomiglia un po' ai nostri tanti "Kyrie, eléison".
Anche davanti alla tomba vuota Maria di Magdala, in fondo, chiede: "Dove sei?".

Dio, il Signore, non si è mai mosso: forse siamo noi a stare nel posto sbagliato; forse siamo noi ad aver perso le coordinate; forse siamo noi che abbiamo scelto di stare dentro la creazione da padroni e non da custodi.
Lui nella nostra storia c'è sempre stato: è il suo nome. Lui si chiama: "Io-ci-sono". E noi? Dove siamo?

Essere a sua immagine e somiglianza vuol dire "esserci" nella storia come Lui e Lui non può "esserci" se non ci siamo anche noi. Gesù ci ha guarito proprio da questa prospettiva errata che lui ha sperimentato nella sua carne: l'idea errata di un Dio che noi abbiamo definito, delimitato dal filosofico "Io-Sono" senza comprendere che quelle parole erano per dire tutt'altro. Non erano parole fatte per mettere distanza, ma esattamente il contrario: "Io-ci-sono".

Lui non campa sulle nostre paure, al contrario di noi che usiamo la paura per creare le condizioni che ci fanno diventare ingiusti e omicidi: Caini che alzano continuamente la mano sull'altro. Una mano che, nel tempo, invece di creare strumenti di pace e tracciare percorsi di giustizia è divenuta la mano che preme un grilletto, che pigia un pulsante, che trasforma la fionda in un missile.

Non serve chiedere a Lui "Dove sei" se prima non diamo risposta noi stessi alla sua domanda.
E l'unica risposta giusta che dovremmo poter dare e che Lui attende fin dalla notte dei tempi è:
Sono qui con Te, sono i Tuoi occhi e le Tue orecchie nella storia,
sono la Tua mano che custodisce con Te il brulicare della vita,
sono i Tuoi piedi che incessantemente percorrono le vie della storia per raggiungere i non-luoghi della morte e su questi far spirare il soffio della Parola che chiama alla Vita.
Quella vita che Tuo Figlio ancora oggi ci chiama ad accogliere, condividere e coltivare.

In un giardino tutto ebbe inizio. In un giardino tutto ricomincia.
E noi dove siamo?

Auguri di una serena Pasqua.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 14 aprile 2022

Buongiorno mondo!

"Transustanziare" la vita


Nella Messa "In Coena Domini" viene proclamato il famosissimo testo di Giovanni (13,1-15) che descrive il gesto compiuto dal "Signore e Maestro" quando lava i piedi ai discepoli. Giuda aveva già deciso di "vendere" Gesù per 30 pezzi d'argento: il prezzo, secondo il Levitico, dovuto per uno schiavo o una donna (e già questa la dice lunga!). In effetti Gesù compirà quel compito che era proprio degli individui considerati inferiori rispetto ai loro superiori (schiavo-padrone; moglie-marito; figli-padre; discepoli-maestro). E tale pratica veniva sempre fatta prima del sedersi a tavola, mai durante. Gesù agisce esattamente come ha sempre fatto nella sua esistenza: fa il contrario! Lui, il Signore e Maestro, si abbassa mostrando così la sua vera superiorità o regalità: il gesto dell'amore che si trasforma in servizio. Ma non un servizio generico, come quello che predichiamo spesso noi: facciamo qualcosa per gli altri, mettiamoci a disposizione, ecc... No. È un servizio reso che trasforma, “transustanzia” in "signori", uomini e donne liberi perché liberati dall'amore e capaci a loro volta di chinarsi a fare la stessa cosa per rendere altri fratelli e sorelle "signori" allo stesso modo. Gesù non lava i piedi per dimostrare che si abbassa, ma per innalzare gli altri e far comprendere che nella sua comunità non ci sono gerarchie, "superiorati", ranghi di prestigio (con susseguenti abiti, monili e ammennicoli vari da esibire per mostrare il rango raggiunto). Nella sua comunità ci sono signori che si fanno servi perché solo chi è veramente libero, come solo un signore può essere, può davvero farsi servo. Allora, e solo allora, ha senso indossare quel grembiule di "don toniniana" memoria: solo così non avremo reso vano il gesto del "Signore e Maestro". Solo così “transustanzieremo” la nostra esistenza facendola diventare un buon pane per gli altri.

Un abbraccio a tutte e a tutti e buona vita.

mercoledì 13 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Consegnarsi


Mt 26,14-25

“ (…) Da quel momento (Giuda) cercava l'occasione propizia per consegnarlo”.


Il “momento” è quello in cui Giuda ha definito il suo patto con i sommi sacerdoti. Questa espressione mi ha fatto riflettere proprio sulla modalità di “consegnare” Gesù. Gesù stesso ci dice che è Lui a scegliere di consegnare la sua vita, è Lui che si consegna. Il suo “consegnarsi” segue due direzioni: si consegna al Padre, cioè rimette la sua esistenza nelle sue mani in un atto di totale fede/fiducia; ma si consegna anche a ciascuno di noi perché, a nostra volta, possiamo ri-consegnarlo, renderlo presente nella storia. Nella narrazione di oggi Matteo ci aiuta a comprendere che non basta essere attenti ai segni dei tempi, non basta discernere circa il nostro modo di “consegnare” Gesù. Deve essere ben chiaro anche il motivo per cui lo facciamo.

Se, come Giuda, usiamo Gesù per salvaguardare i nostri personali interessi, le nostre idee su di Lui, allora non ci resta che cercare “l’occasione propizia” o crearla ad hoc per questo (e siamo tanto bravi a far tacere il Maestro quando non la pensa come noi). Anche Giuda aveva la sua bella idea circa il Regno di Dio, aveva le sue aspettative: Gesù le ha deluse, non ha risposto alle sue attese, quindi era necessario mettere fine alla farsa e farlo tacere.

Altrimenti vi è la proposta del Maestro stesso che indica nella via del dono e del perdono l’unica possibilità per ridare un volto umano alla nostra storia: è il “consegnarsi” non a Lui, ma con Lui dentro la storia. E’ l’unica possibilità per la salvezza dell’umanità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 12 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Un boccone impegnativo



Gv 13,21-33.36-38

“ (…) Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!» (…)”.


Prima Pietro si era opposto al gesto della lavanda dei piedi (aveva capito bene che accettando quel gesto poi avrebbe dovuto fare lo stesso …), ora continua a perseverare nella sua visione distorta di Gesù. Per Pietro, Gesù è “il Signore”, il “Messia” atteso, il “comandante in capo” pronto alla conquista di Gerusalemme. Per questo, come un buon soldato, è disposto a dar la vita per Lui purché il suo (di Pietro) progetto si compia. Pietro, come tanti di noi, non capisce che non si tratta di morire per Gesù, ma per l’uomo. Seguire Gesù non significa dare la vita per Lui, ma darla con Lui, l’Uomo che muore per il popolo. Pietro crede che la morte di Gesù sia come una qualsiasi altra morte e cerca di evitargliela, offrendosi in riscatto al suo posto. Ma Gesù, che traccia il cammino proprio perché “lui è il cammino”, apre un’altra via, propone un altro discorso. Il cammino verso Dio, mostra Gesù, è il cammino verso l’uomo. L’estrema solidarietà con l’umanità che Gesù mostrerà sulla croce è il punto di arrivo a Dio, il momentum in cui Dio si rende pienamente presente con tutto lo splendore del suo amore per noi. La morte in croce di Gesù diventa finalmente “il segno” più alto della presenza del Dio che si dona a noi, che si offre a noi e non del Dio che esige i nostri doni per Lui. In altre parole, al seguito di Gesù impariamo che non siamo chiamati ad offrire sacrifici a Dio ma a farci dono di Dio agli altri: nelle mani del Padre, sulla strada del Figlio, siamo trasformati in doni di Dio per l’umanità. La pienezza della nostra esistenza si avvera quando giungiamo a essere dono totale di Dio agli altri. A tutti viene offerta questa possibilità, a tutti viene offerto “il boccone intinto” segno della vita donata: accettarlo o meno, come per Giuda, dipende da noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 11 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Sempre con i poveri


Gv 12, 1-11

“ (…) Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me» (…)”.


È interessante perché attraverso queste parole il Maestro ci aiuta a comprendere il senso dell’esistenza della comunità dei discepoli. Gesù è presente dentro la comunità, “in mezzo”, come fonte, sorgente della vita stessa della comunità. I discepoli che ne fanno parte stabiliscono con lui un legame intimo e di totale condivisione della sua unione con il Padre e la missione che questi gli ha affidato. Nel suo fare continuamente “memoria” della presenza di Gesù la comunità (di questo si tratta nel testo, siamo a Betania, la comunità ideale dei discepoli, la “casa” per eccellenza”) partecipa dello stesso Spirito che ha condotto il Maestro a dare la sua vita per il mondo. Allora quell’espressione “i poveri infatti li avete sempre con voi” indica la modalità concreta con cui la comunità si relaziona con “i poveri”. Questi non sono una realtà “esterna” alla comunità: essi ne sono pienamente parte perché la comunità dei discepoli è “separata” dal mondo (ossia da quelle logiche perverse che generano umiliazione e ingiustizia) ma non dai poveri.

In un certo senso, con la sua morte Gesù si “lega” totalmente con tutti i poveri del mondo, con tutti gli umiliati, con tutti gli oppressi generati da sistemi disumani. Al contrario di Giuda, Gesù non indica ai suoi la strada del “dare qualcosa”, ma del darsi totalmente, come lui. Per questo la comunità dei discepoli diventa una “Chiesa di poveri” capace di esprimere logiche di solidarietà che conducono al superamento dell’oppressione. Non siamo una comunità dell’elemosina che pacifica la coscienza. L’amore di Gesù che la comunità esprime passa nell’accogliere alla propria tavola (eucaristica, perché no?) i poveri che in questo modo “restano sempre con noi”. Noi non trattiamo i poveri come situazioni da risolvere, ma in primo luogo come persone da amare e accogliere in profondità, così come il Maestro fa con ciascuno di noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

domenica 10 aprile 2022

La “passione” per l’umanità

ANNO C 10 aprile 2022 DOMENICA DELLE PALME Is 50,4-7 Sal 21 Fil 2,6-11 Lc 22,14 - 23,56


Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 12/03/2022

Questa domenica che apre la Settimana Santa, o Settimana Autentica nella tradizione ambrosiana, si apre con un invito alla contemplazione. È una domenica in cui lasciamo la nostra parola entrare nel grembo del silenzio perché siamo invitati più a contemplare e volgere lo sguardo sull’Uomo della Croce che parlare.

È infatti in quell’Uomo che si rivela, nella sua passione, nel suo patire, tutta la “passione” di Dio per l’uomo, la passione di Dio per questo mondo che lui non vuole vada perduto. E questa “doppia passione” si tramuta in invito alla conversione, cioè al cambiare definitivamente l’immagine di Dio che ci siamo costruiti.

Ogni brano di questo racconto è come una pennellata che mostra il volto del Figlio e, nel momento della Croce, Luca usa (unica volta in tutto il Nuovo Testamento) la parola theorìa, che vuol dire visione, contemplazione, spettacolo. Infatti lì, proprio in quel momento, vediamo com’è Dio e chi è: il suo Volto è finalmente svelato (il velo del Tempio è caduto, il “luogo” della rivelazione è altro ormai) e noi possiamo guardarlo senza temere di dover morire: è lui che offre la sua vita non solo per, ma anche a noi.

Questa manifestazione è un invito dolce ma fermo allo stesso tempo a smettere di nasconderci per paura, come Adamo, per costruire i nostri idoli e a tornare a casa, nel “giardino”, a dimorare di nuovo con il Padre che, nel Figlio, ci offre la sua stessa esistenza. Come ha scritto bene Dietrich Bonhoeffer: “La croce è la distanza infinita che Dio ha posto tra se stesso e ogni nostra immagine religiosa di Lui”. Nella “theorìa” della Croce non si tratta tanto di affermare che Gesù è Dio, ma il contrario: Dio, che nessuno ha mai visto e che qui si svela in tutta la sua nudità, è Gesù. Lì vediamo Dio così com’è: è la theorìa cristiana. Con buona pace di tutte e tutti coloro che si fanno portatori di tante altre “teorie” e professano verità indubitabili, questa è l’unica teoria che conosce Dio, l’unica che appare nella carne del Crocefisso. Le altre sono solamente idoli costruiti abilmente dalle nostre mani per soddisfare il nostro desiderio di possedere tutto, persino Dio stesso.

Nel racconto della passione che ci viene dipinto da Luca, questa tentazione idolatrica, assume tre volti espressi da tre figuranti nel quadro. Il primo idolo nasce dalla “visione” degli “arconti”, i capi religiosi del popolo i quali “exemuktérizon”, “storcono il naso per lo schifo” davanti a un dio incapace di salvare se stesso. Un dio così fa davvero pena! Dov’è il Signore che stende il braccio per operare meraviglie? Dov’è l’Altissimo che fa tremare i monti? Dov’è il Signore dei signori? Ecco il primo idolo concepito dalla mente e fabbricato dalla mano dell’uomo.

Il secondo si rivela nelle parole dei militari che si fanno beffe di una “regalità” così misera e incapace di salvare se stessa. Il terzo emerge dalle parole di uno dei malfattori che rimprovera Gesù di incapacità di salvezza per sé e per gli altri. Tutte e tre queste “visioni” sono accomunate dal fatto che in ognuna si attende una manifestazione di salvezza spettacolare: una salvezza capace di lasciare a bocca aperta e che risponde ai propri bisogni di un Dio che si manifesta secondo i nostri desideri e capricci. 

Ma Luca, nel racconto, ci ricorda che la salvezza non sta nel fatto che noi siamo buoni e fedeli, ma che il Signore ci è fedele. La salvezza non sta nel dire, come Pietro, “io morirò per te” ma nell’accogliere il dono della vita di Dio che passa attraverso la carne crocifissa di Gesù di Nazareth. Nella Passione Dio si rivela come Colui che ci fa dono di se stesso e non come un Dio che chiede di donarci a Lui.

Ecco allora la grande chiamata alla conversione: cambiare la nostra visione, la nostra idea di Dio per imparare ad accogliere in primo luogo ciò che lui fa per noi piuttosto che arrovellarci a inventare cosa fare per lui. Compreso questo allora potremo contemplare con gratitudine questa “theorìa”, liberarci dagli idoli che ci siamo costruiti e vivere la nostra esistenza condividendo la stessa “passione” che Dio, in Gesù, nutre per tutta l’umanità.


Don Luciano Locatelli è presbitero della Chiesa di Bergamo, attualmente a tempo pieno in Caritas. “Laico” ridotto allo stato “pretale” dal 1988.

venerdì 8 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Gesù: quando dire è fare


Gv 10, 31-42

“In quel tempo, i Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. Gesù rispose loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio» (…).


Gesù richiede il motivo del tentativo di farlo fuori ponendo la discussione sul suo operato. Egli parla delle “buone opere” che ha compiuto (ha fatto camminare di nuovo un invalido e ha ridato la vista a un cieco nato): il suo è un alludere alle “cose buone” fatte dal Padre nella creazione. Dunque le azioni buone compiute da Gesù sono quelle che, come nella creazione, comunicano vita, eliminano alla radice la sofferenza, il dolore dell’uomo, esattamente come fa il Padre.

Davanti a tutto questo, i Giudei (ricordiamo che quando Giovanni parla di Giudei intende parlare dei capi del popolo, è importante non scordarlo) parlano allora di “bestemmia”, evadendo da quanto Gesù sta dicendo perché, di fatto, non possono non riconoscere la bontà dell’operato di Gesù (quindi, come al solito, in mancanza di argomenti la si mette sul personale: sport in cui primeggiamo nelle nostre comunità). Il fatto di aver rovinato la “casa di Dio” trasformandola in un mercato, il fatto di sfruttare e opprimere il popolo solamente per salvaguardare i propri interessi, tutto ciò non conta: basta avere sulle labbra il nome di Dio (altro sport molto praticato anche da tanti di noi). Pare quasi di risentire le dure parole di Isaia: “Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l'incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue...” Is 1,14ss). E in 29,13, qualora non fosse sufficiente,: “…questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani…”. Vediamo come, in effetti, l’accusa di bestemmia rivolta a Gesù si ritorce contro coloro che la pronunciano. Possiamo essere teologicamente corretti, canonicamente irreprensibili, “precettualmente” a posto: crediamo sia sufficiente?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 7 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Conoscere il Padre


Gv 8,51-59

“(…) Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "E' nostro Dio!", e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola (…)”.


Gesù qui denuncia in maniera aperta il contrasto tra una religione che i capi dei Giudei dichiarano di professare e la loro condotta, accusandoli addirittura di non conoscere Dio. Quando Gesù li accusa di “non conoscere Dio” non intende parlare di una conoscenza razionale ma di quella esperienza di Dio che già i profeti reclamavano e che passa attraverso l’uomo: “… egli praticava il diritto e la giustizia e tutto andava bene, tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene; non è questo che significa conoscermi? Oracolo del Signore. Invece i tuoi occhi e il tuo cuore non badano che al tuo interesse, a spargere sangue innocente, a commettere violenze e angherie” (Ger 22, 15b-17). O ancora il profeta Osea: “Ascoltate la parola del Signore, o figli d'Israele, perché il Signore è in causa con gli abitanti del paese. Non c'è infatti sincerità né amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue” (Os 4, 1-2). Insomma, Gesù, nella linea dei profeti, sta dicendo che quanti antepongono il loro interesse al bene dell’uomo non conoscono il vero Dio e non possono nemmeno conoscerlo.

È un’accusa molto pesante, che cade nelle nostre comunità oggi ogni volta che dimentichiamo che il criterio per “conoscere” Dio è il bene dell’uomo. L’unica via per conoscere Dio è quella di assomigliare a Lui che si propone come il Dio che comunica vita continuando l’opera della creazione. Gesù è la “manifestazione della gloria del Padre” non perché ci illumina con dei bei trattati su Dio, ma perché nella sua carne risplende il volto del Padre. E chi vuole “conoscere” questo Padre non deve fare altro che seguire le orme del Figlio.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 6 aprile 2022

Buongiorno mondo

Vivere la libertà dei figli


Gv 8, 31-42

“In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (…)”.


Giovanni ci dice che vi sono alcuni fra i “giudei” che, dopo aver ascoltato il suo messaggio, hanno dato credito a Gesù. Ma per Gesù non basta la semplice adesione a quanto egli propone: l’accettazione della sua proposta richiede una pratica ben precisa, deve essere leggibile in uno stile di vita concreto. Questo perché Gesù non ha bisogno del sostegno di scodinzolanti ammiratori: egli chiede dei seguaci, donne e uomini capaci di ritradurre nella pratica quotidiana il suo messaggio. Pertanto, chi sceglie di seguirlo non può limitarsi ad annuire, a dire che il Maestro parla bene e che “queste riunioni con Lui sono interessanti”! A chi vuole seguirlo Gesù chiede la rottura con quell’ordine ingiusto che genera tenebra e morte nella vita degli uomini.

Bene, direte voi, ma qual è il messaggio di Gesù? Il suo messaggio è il suo stesso operare. Il suo modo di stare dentro la vita. La verità che Gesù condivide con il Padre è il suo stesso modo di agire: la continuazione dell’opera della creazione perché tutti possano finalmente vivere da figli e non da schiavi. Riemerge qui la “preoccupazione” fondamentale di Gesù: insegnare a vivere non da sottomessi, quindi da schiavi, ma da figli, per questo liberi. E il Figlio è colui che assomiglia al Padre. Allora quella libertà che è propria di Gesù nel suo agire, e che rivela la libertà del Padre, è offerta a ciascuno. La nostra santità consiste proprio nel partecipare alla libertà del Padre. Una libertà che non è fine a se stessa, che non si rinchiude in una “beata solitudo” nella contemplazione di sé, ma una libertà che è appello e comunicazione di vita. Infatti, come il Padre, attraverso Gesù, esprime e mostra la sua libertà nel dono di sé, così è chiamato a fare chi vuol vivere da figlio.

Per i Giudei la verità era la Legge e lo studio di questa era fonte di libertà. Per Gesù la verità è la vita stessa che egli comunica e la condizione di figlio che il suo Spirito crea nell’uomo diventa sorgente di libertà. Solamente chi compie la “Pasqua”, il passaggio che conduce all’essere figlio, può comprendere: occorre “uscire” da quell’ordinamento ingiusto per arrivare a sperimentare l’amore del Padre attraverso l’amore per l’uomo.

Ancora una volta la scelta si impone: preferiamo restare “ammiratori” o vogliamo diventare seguaci?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 5 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Vivere nel e col Padre


Gv 8, 21-30

“ (…) Dove vado io, voi non potete venire” perché “Voi siete di quaggiù, io sono di lassù (…)”.


Due mondi, due modi di vivere la relazione con il Padre completamente diversi e inconciliabili tra loro. Con la prima affermazione (“Dove vado io…”) Gesù non vuole indicare tanto un posto ben preciso, quanto una modalità di vita, la sua modalità di vita, che è quella di Dio: io vado a donare la mia esistenza, vado a far dono di tutto me stesso e voi, abituati non a donare la vita ma a prendervi quella degli altri, lì non ci arrivate, non comprendete, non potete venire. Gesù indica chiaramente l’esistenza di un sistema religioso oppressivo di cui i “capi” sono l’espressione più eloquente: la loro “vita” nasce dalla “morte” che infliggono agli altri.

Quel “mondo” di cui Giovanni accennava nel Prologo (il “mondo” che non ha conosciuto, cioè si è rifiutato di conoscere Colui che il Padre ha mandato) rivela sempre più i tratti del suo volto assumendo l’identità dei “capi” del popolo: aggrappati alla spasmodica ricerca del potere sulle persone, hanno rifiutato Colui che viene e cercano, allo stesso modo e con la stessa forza, di impedire ad altri di percorrere la via del Maestro (quante volte anche oggi, davanti a dubbi e domande e fatiche che il percorso personale di fede ci pone, ci sentiamo rispondere: Noi sappiamo, noi conosciamo… tu non sai nulla! Quanti ne ha allontanati quel “noi sappiamo”?).

Ancora una volta la pagina evangelica ci chiede di prendere posizione, uscendo da quella “beata inerzia” che è preludio alla sottomissione: siamo disposti ad andare “dove va” il Maestro o rischiamo di sentirci dire “No, là non potete venire”?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 4 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Una luce che chiama alla vita


Gv 8, 12-20

“In quel tempo, Gesù parlò [ai farisei] e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (…)”.


E poi si dice che uno se le va a cercare! L’affermazione che Giovanni mette in bocca a Gesù è devastante. Nel giorno più solenne della Festa delle Capanne, quando i candelabri d’oro, posti nel cortile delle donne al Tempio, spargevano una luce tale che si vedeva in tutta Gerusalemme, Gesù se ne viene fuori con quelle parole: “Uè, ragassi, guardate che sono io la luce del mondo! Non la Legge, non Gerusalemme, non il Tempio e nemmeno Israele, ma IO SONO la luce del mondo!”. Il Maestro applica a se stesso quell’antico testo del profeta Isaia (42,6): “Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre (…)”.

Giovanni riprende e ribadisce qui quanto già aveva affermato con forza nel Prologo: “(1,4) la vita era la luce dell’uomo; (1,9) era essa la luce vera, quella che illumina ogni uomo, giungendo nel mondo”. La vita, non la legge, la vita che proviene dal Padre e giunge a noi nel Figlio, questa è la luce. Una luce che scaccia le tenebre di menzogna e oppressione, una luce che invita a seguirla per uscire dalla tenebra che avvolge il popolo oppresso da un’istituzione che impedisce la vita. Un’istituzione che ormai è ai ferri corti con Gesù e cerca in tutti i modi di farlo fuori. Gesù invita a decidersi: abbandonare quell’istituzione oppressiva che ha creato un ordine ingiusto che mortifica l’uomo e gli impedisce di raggiungere il Padre e seguire Lui, l’unica vera luce. “Chi segue me”: è un invito personale che chiama a una decisione altrettanto personale. Non si segue Gesù in una massa, non si segue il Maestro intruppandosi o confondendosi in un “partito” che pure si fregiasse del nome di “cristiano”: ogni membro della comunità deve essere responsabile della propria opzione fondamentale di vita e delle scelte che ne conseguono.
Come sempre, a ciascuna e a ciascuno, la propria scelta.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

sabato 2 aprile 2022

Buongiorno mondo!

 “Nel mezzo”, tra miseria e misericordia


- ANNO C, 3 aprile 2022, V DOMENICA DI QUARESIMA; Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11


Tratto da: Adista Notizie n° 8 del 05/03/2022

Per questo scritto di Giovanni sono stati versati fiumi d’inchiostro. “Abbandoniamo” il racconto lucano anche se, di fatto, ormai tutti concordano nell’attribuire più a Luca che a Giovanni questo testo. A mio avviso, però, sta bene anche dentro il Vangelo secondo Giovanni, nel quale apre il capitolo ottavo che si chiude con un tentativo di lapidazione di Gesù, costituendo così una sorta di inclusione del capitolo.

Questo testo meriterebbe ben più di quanto io possa dire nel poco spazio in cui sono costretto.

La prima riflessione riguarda la posizione della donna sorpresa in adulterio e messa “in mezzo” a un cerchio di morte: gli accusatori sono lì per applicare una legge che prevede la morte come punizione per tale trasgressione. Al contrario di loro, spesso, nei racconti evangelici, Gesù mette “in mezzo” per guarire, per ridare dignità e vita. Pensiamo all’uomo dalla mano “seccata” cui Gesù ordina di mettersi “nel mezzo” della sinagoga, contravvenendo, con questo suo modo di fare, proprio alla medesima legge che ora il “cerchio” dei presunti giusti gli sbatte in faccia. Nella carne di Gesù Dio ci comunica che ci mette al centro della sua attenzione, ci pone “nel mezzo” del suo cuore compassionevole perché ci vuole salvi e felici, perché ci offre gratuitamente quel perdono come unica via di umanizzazione.

La seconda riflessione riguarda la modalità di applicazione della legge per punire l’adulterio. Essa prevedeva sia la modalità dello strangolamento che quella della lapidazione, e al tempo di Gesù la discussione era aperta e vivace a questo proposito. La scelta della lapidazione, nel nostro caso, rappresenta una sorta di assassinio collettivo che ha il “pregio” per i suoi esecutori di evitare la responsabilità personale: tutti uccidono, nessuno uccide. Questo esige l’unanimità della folla che in questo modo crede di compiere una specie di rito di purificazione collettivo: tutti puliti perché finalmente il malvagio è tolto di mezzo (pensiamo ai processi alle “streghe”, a quelli contro i “nemici del popolo”, agli stermini nati dalla demonizzazione dell’altro e della sua diversità, e ancora oggi gli esempi non mancano). È qui che a Gesù viene chiesto di entrare nel gioco e di schierarsi. E la trappola è davvero ben congegnata: se approva, rinnega l’atteggiamento che ha coltivato verso esclusi e peccatori (e si gioca la stima di chi lo segue) ma anche si mette contro Roma, unica detentrice del potere di vita e di morte. Se rifiuta, si mette al pari della donna e merita, per la bestemmia, la stessa sua sorte. La risposta di Gesù è sorprendente: si mette a scrivere (non sulla sabbia ma sulla pietra del lastricato: siamo nel tempio) con il dito. E Giovanni sottolinea questo per ben due volte. Ora, questo dito che scrive sulla pietra mi ricorda il dito di un “Altro” che incise la legge su tavole di pietra. Chi scrive ha qualcosa da dire, da comunicare. Se dimentichiamo il “dito” dello scrittore, allora facciamo della Scrittura una sorta di idolo muto cui far dire ciò che si vuole in funzione dei propri desideri. Dimenticando il “dito”, cioè Colui che scrive, ci sostituiamo a Lui e al messaggio che egli vuole trasmettere. Dio non ha dato una legge per condannare il peccatore ma, denunciando il peccato, essa intende offrire una via di salvezza al peccatore stesso. Quella legge è data per il perdono e non per la condanna. Anzi, proprio quella legge ti obbliga a guardare il male che ti porti nel cuore e non a scaricarlo sull’altro considerato un capro espiatorio per la tua propria salvezza. Insomma, da buon profeta, Gesù riporta le cose al loro ordine originario e rimette la responsabilità personale al posto che le è proprio.

Alla fine, quando tutti se ne vanno, lasciano le pietre per portarsi quella coscienza personale del male che identifica ciascuno come bisognoso di perdono, resta solamente, come dice S. Agostino, «la misera e la misericordia». Ed è proprio questo il messaggio che le Scritture ci consegnano, ultima domenica prima della domenica di Passione: la nostra miseria è la misura della sua misericordia. E questo vale anche e soprattutto per le nostre relazioni interpersonali: il Felice Annuncio è questo. Niente altro. 


Presbitero della Chiesa di Bergamo, don Luciano Locatelli è attualmente a tempo pieno in Caritas. “Laico” ridotto allo stato “pretale” dal 1988.


venerdì 1 aprile 2022

Buongiorno mondo!

Un Messia strano



Gv 7,1-2.10.25-30

“In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne; ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.
Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora”.




Gesù sale a Gerusalemme per la gioiosa festa delle Capanne. Una festa dai forti toni messianici, che rinfocolava l’attesa del Messia che finalmente sarebbe apparso all’improvviso e sistemato le cose a dovere. Le idee circa l’identità e il compito del Messia erano chiare: si sapeva da dove veniva (Betlemme e dal casato di Davide) e cosa avrebbe fatto.

Gesù, al solito, rompe lo schema: non entra nella logica di una tale aspettativa messianica, anzi, la rifiuta e così facendo rifiuta anche tutte quelle idee preconcette riguardo l’identità e il compito del Messia. Il problema, se vogliamo, si situa proprio qui: Gesù è sempre al di là, è sempre oltre i nostri concetti, le nostre idee su di Lui. Il guaio è che rischiamo di rifiutarlo, come fecero i suoi contemporanei, per il fatto che non risponde ai nostri desideri e esce dai nostri schemi: “Voi mi conoscete e sapete di dove sono”… è una maniera sottile per dire il contrario: “pensate di conoscermi, vi siete fatti le vostre belle idee su di me e ora pretendete che io mi adatti ad esse, altrimenti mi fate fuori”. Ecco la tentazione di possedere Gesù e il suo messaggio: “noi sappiamo”, la Legge ce lo conferma, la Tradizione dice che deve andare così… e intanto Gesù è già lontano, fuori dalla nostra portata. Credo sia inutile aggiungere altro: o ci facciamo di nuovo suoi discepoli, o continueremo a girare in tondo vendendo idee che non permettono nessun incontro vitale con Lui.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.