giovedì 28 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Preghiera di Dio


Lc 6,12-19

“In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, (…)”.



Una traduzione più letterale è possibile: “Ora avvenne in questi giorni: egli uscì verso il monte a pregare e stava a passare la notte nella preghiera di Dio (…)”. Gesù che esce - richiama l’Esodo – ma da dove esce? Dove va?

Sul monte, che è il luogo dove Mosè andò per ricevere la Legge, per ricevere la Parola di Dio. Come Mosè discese portando la Parola di Dio così anche Gesù scende portando la nuova Parola, la seconda legge, la nuova alleanza, l’alleanza della misericordia e del perdono, che ci dà il cuore nuovo (Cf. Ger 31). Gesù esce e va verso questo monte.

Luca ce lo dipinge che “stava a pernottare nella preghiera di Dio”. La notte di Gesù in preghiera è l’alba della Chiesa, cioè noi nasciamo dalla notte di Gesù. La notte vuol dire la morte e ricordiamo che avevano deciso, nel brano precedente, di eliminarlo. Per Lui, però, la morte non è la morte, ma è un uscire e un salire sul monte nell’intimità con Dio e pregare: la comunione con Dio.
Cosa significa pernottare nella preghiera? Nel testo greco c’è scritto “nella preghiera di Dio”, perché ci sono preghiere che non sono di Dio; normalmente noi preghiamo i nostri idoli, le nostre fantasie, non Dio. La preghiera è quello stare davanti a Dio che ti fa essere te stesso, perché siamo fatti a Sua immagine e somiglianza. Questo avviene di notte, ossia nel momento dove tutto scompare, il momento del vuoto, del nulla. La preghiera è già vivere ora quella comunione definitiva con Dio che vive la morte: in particolare la morte di tante sue immagini distorte in cui, fino a “questi giorni”, avevamo creduto e nelle quali avevamo posto la nostra fiducia.

Mi piace pensare all’espressione “preghiera di Dio” in questo modo: Gesù si sintonizza con il Padre; non cerca risposte ma, nella sintonia con il Padre, l’uomo Gesù è in grado di produrre una scelta che è secondo Dio, nei confronti degli uomini con cui vive, i discepoli e gli apostoli. Ecco, sintonizzarsi con Dio, non strappare a Lui qualcosa o strappare chissà che.

Abbiamo ancora strada da fare.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


P.S. Causa impegni, la rubrica riprenderà a partire dal 3/11.

mercoledì 27 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Operatori di iniquità?


Lc 13,22-30

“(…) Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia! (…)”.


Quel “non so di dove siete” significa: dove stai di casa? Quale è la tua casa? Sei mai stato “di casa” in “casa” mia, nella casa della misericordia, dice Gesù? Queste terribili parole le sento rivolte a me, alla mia vita ancora fin troppo comoda, ai miei spazi sacri e intoccabili, alle mie personali esigenze che non devono essere sacrificate.
Pensavo di essere “dentro”, al sicuro, al calduccio con il Maestro; pensavo di far parte della sua cerchia, il giro dei buoni, degli eletti, di quelli che alla fine di ogni giornata esclamano soddisfatti: “Anche questa è a posto. La mia parte l’ho fatta: ora tocca ad altri”.

Pensavo che l’aver “mangiato e bevuto con Lui”, cioè l’aver celebrato con serietà l’Eucaristia quotidiana, l’aver spezzato il pane con i bravi e buoni fosse “cosa buona e giusta”. Come mai mi ritrovo fuori? Perché la porta è chiusa e io non ho il Jesus-pass per accedere?

No, scusa eh, ma come “operatore di iniquità”? Se celebro l'Eucaristia, se ascolto la parola, se sono devoto e bravo; come faccio ad essere considerato “operatore di iniquità?”.

C'è una grossa iniquità, che è quella che credere che la salvezza sia l'appannaggio di anime elette e non sapere invece che la salvezza è la misericordia e l'amore che il Padre ha per noi, che il Figlio ci ha dato morendo in croce e che in questo modo noi dobbiamo amare e accogliere tutti alla stessa maniera come fratelli, come il Padre ha accolto noi, che impariamo a vivere di grazia. Se non viviamo ogni giorno da “graziati”, siamo nella disgrazia, siamo fuori dalla casa.

Rispetto a tutta una religiosità che è di celebrazioni, di mangiare e bere al cospetto di Dio, di ascolto della parola, ma che non entra nella misericordia ricevuta e accordata, che è il ritornello di tutto il Vangelo, non vi conosco.

A questo punto, ricomincio. Io per primo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 26 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Senape e lievito

Lc 13,18-21

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».




Per parlare del Regno Gesù usa due realtà che, al suo tempo, avrebbero fatto sorridere di scherno: un seme di senape (che Marco nella sua versione definisce “micròtero”, cioè, se mi passate l’espressione, “il più piccolissimo” tra i semi) e un po’ di lievito. Il primo è qualcosa che non ha peso, si fa molta fatica a notare, e genera, tra l’altro, una sorta di arbusto infestante. Il secondo è qualcosa di andato a male, è simbolo di impurità (tanto che si fa Pasqua con gli Azzimi …).

Quindi un Regno che non ha nulla di regale, secondo i criteri di allora ma anche di oggi. Non ha rilevanza politica, economica e, per certi aspetti, sociale. È irrilevante, insignificante. Dal punto di vista squisitamente religioso è anche segno di impurità, rappresenta qualcosa che è poco di buono.

Ecco, ora provate a parlare di Dio in questo modo (considerato che l’espressione “Regno di Dio” è un modo per dire Lui senza dirlo …).
Il nostro Dio è come un piccolo seme insignificante, che però produce, “infesta” senza soffocare e offre riparo a tutti, senza distinzione alcuna. Inoltre è un Dio che si mescola come “poco di buono” nella nostra storia per farla lievitare, per farla crescere, perché da qui nasca un pane capace di sfamare ogni fame che portiamo dentro di noi.
Unica condizione: sii terra che accoglie anche il seme insignificante; sii farina che si mescola senza paura con il “poco di buono” del lievito”. La Sua irrilevanza e il Suo “essere poco di buono” ti renderanno albero ospitale e pane di vita.

In questo modo, forse, comprenderai cosa significa professare non solo che Gesù è Dio, ma che Dio è Gesù, purificando quelle immagini distorte di Dio stesso che ti porti nel cuore.




Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 25 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Gesù, la festa di Dio


Lc 13,10-17

" (…) Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato» (…)".


Una donna completamente piegata, o ripiegata su se stessa; una donna così, presente al culto del sabato in sinagoga. Una donna la cui posizione le impedisce una sana e umana relazione con l'altro e persino con l'Altro. Il fatto di essere piegata su se stessa ne fa il segno di tutte e tutti coloro che vivono la propria esistenza così: piegati su loro stessi da non poter costruire relazioni che comunicano vita. Non si tratta solamente di una posizione fisica: è anche dello spirito. Rappresenta colei, colui che ancora faticano a credere alla gratuità della misericordia divina e vivono schiacciati dal peso di un'immagine divina satanica, cioè distorta. È l'immagine comunicata dal capo della sinagoga: Dio è legge che ti giudica e ti condanna. Il suo "vederti" è l'esatto contrario di quello di Gesù: il Maestro ti vede per "slegarti" da questa infermità, il Dio-legge per schiacciarti ancora di più.

Ma è sabato, il giorno della festa e della gioia. Ecco l'immagine autentica di Dio che ci comunica Gesù: è Colui che è felice di regalarti la sua misericordia e rimetterti in piedi, come quando nel giardino dell'Eden eri ritto e camminavi con Lui. La festa di Dio è ridare libertà e dignità all'uomo. E Gesù è questa festa per noi.

Nel testo viene detto letteralmente: "Donna, sei stata slegata dalla tua infermità". Gesù non l'ha slegata, le ha solo ricordato che è figlia di un Dio che ci ha creati liberi perché liberati dalle false immagini di Lui che ci rendono schiavi di una religiosità che non ha nulla da spartire con una relazione filiale con Lui e fraterna tra noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 22 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Discernere il kairòs


Lc 12,54-59

In quel tempo, Gesù diceva alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».



“Ipocriti”. Con questo termine si apriva il capitolo e ora con lo stesso viene chiuso.

L’incapacità di discernere il “kairòs”, il momento opportuno, ci rende ipocriti. Sappiamo infatti valutare bene il “volto” della terra e del cielo, ma non sappiamo fare altrettanto con il volto del Signore. Ritornano qui quelle risonanze eucaristiche che abbiamo trovato all’interno del capitolo.

Il “kairòs” è il tempo delle scelte e della vita stessa di Gesù che ci viene continuamente proposta nell’eucaristia. Essa diventa il metro di giudizio della storia, la nostra personale e quella dell’umanità intera. È la “via” che stiamo percorrendo e che ci invita a trasformare colui che consideriamo “”avversario” in fratello.

Se non sappiamo discernere questo percorso dentro la nostra storia, allora il giudizio sarà inesorabile. E non sarà Dio a pronunciarlo: lo stiamo già scrivendo noi stessi.

Ecco il dono da chiedere oggi: discernere il momento opportuno ogni giorno per imparare a giudicare ciò che è giusto.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 21 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Una fine che parte dall’inizio


Lc 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».




Sono parole a prima vista misteriose quelle del Vangelo odierno. È una citazione da Michea 7,6 dove si parla della fine del mondo. Dov’è che finisce il mondo?

È quando i padri sono contro i figli e i figli sono contro i padri, cioè non c’è più la trasmissione della vita. Il padre, che è quello che, nella tradizione e cultura semitica, trasmette tutto al figlio, non gli trasmette più niente, vorrebbe farlo fuori. Il figlio, che deve ricevere, non vuole più ricevere niente e vuole far fuori le sue radici. Quindi qui è rappresentato come il caos assoluto nelle relazioni verticali, il padre e il figlio (come anche suocera e nuora: non sono relazioni che conoscono le medesime difficoltà, fatte salve le dovute eccezioni?).

Questo è il segno di quella fine che ha il suo inizio fin dal “principio”, “bereshit”. La prima relazione che c’è stata tra il Creatore e l’uomo come è avvenuta? È stata così: l’uomo ha considerato Dio come un nemico ed ha sempre fuggito questa inimicizia fuggendo da Dio.

Gesù verrà proprio a risolvere questo problema affidandosi al Padre nonostante la volontà contraria che lui aveva come uomo. Il suo primo discernimento sarà quello di vincere la radice del male che è questa non fiducia in Dio, questa sfiducia in chi dà la vita.

Se nelle relazioni la priorità è la salvaguardia del potere, il frutto sarà solamente la morte. Se diventiamo custodi l’uno dell’altro, il frutto sarà il giardino lussureggiante dell’Eden, dove ognuno è colmato in tutti i suoi bisogni e necessità. Questo è possibile solo se entriamo nella logica del Creatore: possiamo mangiare di tutto, ma non possiamo mangiare tutto. Solamente quando “mangiare” è “condividere” la vita si espande.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 20 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Amministratori della vita


Lc 12,39-48


"(…) Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi (…)".


Chi è dunque l’economo? L’economo è quello che è amministratore, non il padrone. Dopo aver parlato del padrone, che teme la venuta del ladro, ora parla invece dell’economo che è fedele e saggio. Saggio vuol dire che sa cosa fare, fedele vuol dire che lo fa. E cosa fa? Ecco, il Signore lo ha posto sopra tutti gli altri e cosa deve fare? Deve dare nel suo momento la misura di grano: è un’altra allusione eucaristica. Cosa dobbiamo fare noi in fondo nella nostra vita? Ognuno è responsabile degli altri, tutti siamo economi della nostra vita -amministratori - e la possiamo amministrare o da padroni, ammassando il grano come lo stolto possidente, oppure come economo che, al suo momento, dà la misura di grano agli altri servi, ai suoi fratelli. Potremmo dire, come se fosse un performativo, “quando fare è condividere” che è il senso dell’eucarestia: fate questo in memoria di me, fate come ho fatto io.

“Beato quel servo che, venendo il suo Signore, troverà così”, che sta dando il grano come lo ha ricevuto, che sta amando come è amato, che sta servendo come è stato servito: in verità vi dico: lo porrà su tutto ciò che ha.

Che cos’ha Dio?

Ha solo sé stesso: darà tutto sé stesso. Questo dono totale ci permette di diventare uguali a lui se entriamo nella vita come lui: facendoci servi, amministratori di vita.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 19 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Lombi cinti e lucerne ardenti


Lc 12,35-38

"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito (…)".


Proporrei una traduzione più letterale di questo testo: " Siano i vostri lombi cinti e le lucerne ardenti, e voi simili a uomini in attesa del loro Signore quando torna dalle nozze, perché, quando viene e bussa, subito aprano a lui".

Sono parole tutte molto suggestive: i lombi cinti richiamano la Pasqua, che si mangiava in piedi con i lombi cinti, cioè vuol dire con le vesti lunghe tirate su, e si tirano su le vesti lunghe per far che cosa? Per camminare, per servire. Il credente è uno che vive la quotidianità nello spirito dell’Esodo, dell’uscita dalla schiavitù verso la libertà, che è servire l’altro, che sa camminare in abito di servizio. La prima caratteristica del cristiano: la sua libertà non è quella di dominare, ma di servire.

È esattamente il contrario di quello che intendiamo per liberà noi: libertà per noi è spesso fare quello che mi pare e piace. Questa "libertà" si chiama egoismo che produce schiavitù, mentre la libertà cui ci conduce Gesù è quella costruita sul servizio che genera vita.

Se noi abbiamo questi atteggiamenti , allora le lucerne sono ardenti. Gesù aveva detto nel discorso della montagna: voi siete luce del mondo. Vivendo così noi diventiamo luce come Dio che è luce, cioè riveliamo la bellezza della vita, una vita che è veramente nella libertà, nell’esodo dalla schiavitù, nel servizio reciproco, nel cammino, nell’apertura, nella disponibilità.

Ecco il senso della nostra vita, questi lombi cinti, queste lucerne luminose, perché accese: uomini e donne che attendono il Signore che torna dalle nozze, viene e bussa e apriamo; e può entrare in noi e noi in lui e vivere con lui e lui con noi. E le nostre comunità diventeranno spazi eucaristici dove celebrare il banchetto di nozze.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 18 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

San Luca: un mondo sottosopra


Lc 10,1-9

" (…) Diceva loro: «La messe è molta, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! (…)".


Con il termine "la messe" si indica che il grano è maturo, è pronto per essere raccolto. Se non lo raccogli cosa capita? Marcisce.

Qui la “messe” è intesa l'umanità, e l'umanità è sempre matura per vivere da figlia di Dio perché ciascuno di noi è fatto per essere figlio di Dio e non è che si debba aspettare che la persona sia matura. No: qualunque persona è già figlio di Dio. E se non vive da figlio di Dio marcisce, cioè butta via la sua vita.
La salvezza del mondo concreto non è una salvezza strana. È l'annuncio della possibilità data a tutte e a tutti, indistintamente, di scoprire di essere figlio e di poter vivere da fratello.
Ecco perché la "messe è molta e matura": l'uomo è sempre maturo per amare perché se non ama entra nella spirale autodistruttiva dell'egoismo. E questo percorso porta ad una sola cosa: alla morte.

Gesù invia i suoi, noi oggi, per annunciare che è sempre il momento opportuno, il kairòs, per passare dalla morte alla vita. Un passaggio da vivere in noi stessi per poter essere testimoniato con credibilità ad ogni donna e ogni uomo che incrociamo nel nostro cammino.

Un'ultima nota: possiamo anche capovolgere l'espressione: " la moltitudine, cioè la totalità, è la messe" (ricordiamo che i 72 simboleggiano l'intera umanità). Significa che non vi sono scarti. Dio non fa degli scarti, non scarta nessuno, non esclude nessuno.
E noi siamo inviati a testimoniare proprio questo volto di Dio.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 15 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Il lievito dell'ipocrisia


Lc 12,1-7

"In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia. Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto (…)".


Il discorso comincia con la parola “intanto” o “nel frattempo”; in greco c’è la parola “in queste cose”, cioè in queste cose che abbiamo appena visto, ossia quando i capi religiosi cominciano a prendersela con Gesù.

Gesù dice: guardatevi da quel principio dell’esistenza che è l’ipocrisia. La parola ipocrisia vuol dire anche gesuita, se guardate sul dizionario! Qui non vuol dir quello. La parola ipocrita in greco indica colui che risponde sempre, quello che sa tutto. In concreto è colui che nel coro risponde al coro, il capocoro. Poi la stessa parola vuol dire anche recitare. In seguito ha assunto anche la sfumatura farisaica di colui che vuol sempre primeggiare, essere il primo, vuol recitare, non curandosi di ciò che è in realtà: l’importante è l’immagine. È il culto dell’immagine, oggi così importante.

Quindi il lievito, ciò che fermenta la vita, è l’immagine di sé, il protagonismo: io mi son fatto da me, il mio io è il mio dio, è l’egoismo assoluto, l’autocentramento, il pensare e il pensarsi esclusivo: se non ci sono io a pensare a me, chi pensa a me? (Ricordiamo: "Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso …" già, belle parole …).

Gesù qui analizza molto semplicemente questo protagonismo, dicendo: ciò che è velato sarà svelato, ciò che è nascosto sarà conosciuto. L’ipocrisia ha bisogno di un velo e di nascondere, cioè non deve essere chiaro ciò che sei dentro. L’interno va nascosto. L’esterno, però, deve essere molto perfetto.

E torniamo così su quanto abbiamo da poco già detto.
È il caso di dirlo: a buon intenditor …
… e io ne ho già usate troppe!

Un abbraccio a tutte a tutti. Buona vita

giovedì 14 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

"Cacciatori" e "preda"

Lc 11,47-54

" (…)Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca".


Propongo una traduzione più letterale al fine di rendere meglio la chiusa di Luca: "E, uscito di là, cominciarono gli scribi e i farisei a prendersela ferocemente e a provocarlo a parlare su più cose, insidiandolo alla caccia di qualcosa dalla sua bocca".

All'inizio Gesù entra per mangiare (e non sappiamo se abbia mangiato qualcosa). Alla fine esce con una sorta di verdetto che pende sulla sua testa. Quella "bocca" che doveva accogliere il cibo, il pasto simbolo di fraternità, diventa il luogo di appostamento del cacciatore. Come cacciatori, infatti, si appostano, scribi e farisei, per cogliere la preda: un errore dottrinale, se dice una cosa storta; sono attenti a tutte le parole che escono dalla sua bocca (espressione che rimanda a un'altra Bocca, a un'altra Parola), magari isolate dal contesto, per poterlo condannare, accusare: davanti ai sommi sacerdoti come blasfemo (e sarà condannato per bestemmia), davanti al potere civile come sovversivo, e sarà ucciso appunto per questo, mediante la croce.

All'origine della croce non ci sono i "cattivi", ma le persone religiose, quelli che "fanno secondo regola" (farisei) e quelli che ispirano il "giusto fare" (scribi e dottori della legge).

La comunità cristiana, cioè noi, rischiamo sempre di essere una setta di farisei e di scribi. Gli scribi sarebbero i teologi quelli che sono preposti a condannare chi sbaglia, o meglio, chi non rientra nei "criteri"; e poi i farisei, quelli che eseguono con zelo le condanne promulgate dai "teologici", quelli che camminano portandosi, con disinvoltura, "Dio in tasca", quelli che lo conoscono bene, che se ne fanno un possesso personale al fine di sottomettere le coscienze e i cuori delle persone. La storia è sempre uguale, il Vangelo è eterno.
Questa identificazione con gli scribi e i farisei non è per condannare scribi e farisei, ma è proprio per guarirci da questa tenebra che abbiamo dentro e che custodiamo come grande luce. È, la grossa insidia di ogni credente e della comunità dei credenti: essere una setta di giusti e non una comunità di figli del Padre e fratelli di tutti aperti al mondo.

Siamo ancora un popolo di cacciatori che cercano di far tacere il fastidioso Maestro che mette in crisi la nostra religiosità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 13 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Ahimè!

Lc 11,42-46

In quel tempo, il Signore disse: «Ahimè per voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Ahimè per voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Ahimè per voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Ahimè anche per voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».


Dopo le dure parole di ieri, Gesù non ammorbidisce il tono. Arrivano gli "ahimè", da tradurre così e non con "guai!", perché in fondo si tratta di un grido di dolore.

Ammalati di perfezionismo nell'osservanza dei precetti minimi, di protagonismo nella vita religiosa e civile, di ipocrisia perché, come i sepolcri, comunicano solamente vie di morte, i farisei nella loro ricerca di "perfetta santità", di "separazione assoluta" dai peccatori hanno dimenticato l'unico comandamento importante: quello dell'amore. Pensando di mostrare il loro amore a Dio, non si rendono conto di essere attratti dal loro amore per se stessi, dall'amore per il potere che detengono sul popolo. In tutto questo sostenuti dai dottori della legge: quelli che sanno. Quindi in queste poche parole siamo messi in presenza di quelli che "sanno" che guidano a loro volta i passi di quelli che "fanno".

È il rischio presente anche nella comunità dei discepoli, dove spesso e volentieri il veleno del troppo zelo, o del falso zelo, serve solamente a mascherare il desiderio di perfezionismo e di protagonismo dentro la vita religiosa e sociale.
Vogliamo essere i primi, dimenticando che per Gesù "primo è colui che si fa ultimo". Ci presentiamo come maestri, dimenticando che "uno solo è il Maestro". Rivendichiamo il potere di Dio, dimenticando che il Dio annunciato da Gesù è un Dio il cui unico potere è quello del servizio.

Forse qualche "ahimè" farebbe del bene anche a noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 12 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Esterno e interno


Lc 11,37-41

"In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro»".




Vi è un detto di Gesù, nel Vangelo apocrifo di Tommaso, che dice: quando l’esterno sarà come l’interno, allora sarà il Regno di Dio. In fondo quando non mentiremo più, quando non maschereremo più il nostro male e lo riconosceremo come male, come bisogno di misericordia, di perdono dell’altro e quando pure il male dell’altro sarà oggetto di misericordia e perdono diventando così una comunità di graziati, pieni di grazia, di misericordia, allora sarà il Regno di Dio. Non sarà il regno dei giusti che giustiziano tutti gli altri! Perché è proprio in nome delle cose giuste che si sono fatti tutti gli abomini del mondo. È per le "cose giuste" che è stato ucciso anche Gesù , perché trasgrediva le leggi, cominciando da queste minime. Quando finalmente non avremo più bisogno di apparire belli e buoni per mascherare il male che ci portiamo nel cuore, quando riconosceremo con onestà ciò che siamo davanti a Dio e agli altri e accetteremo la misericordia di Dio e degli altri, l'unica capace di trasformare il male da luogo di difesa e di attacco a luogo di comunione e di perdono e di aiuto fraterno, allora finalmente sarà il Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 11 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Segni

Lc 11,29-32

"In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione (…)".


C’è una religiosità che va tutta alla ricerca di segni, ma spesso sono è una ricerca di segni di potere. Pensiamo alle tre prove subito da Gesù nel deserto all'inizio del suo percorso. Ma Dio non offre mai questo tipo di segni. Fin dall'inizio del Vangelo secondo Luca, in 2,12, gli angeli dicono “è nato per voi oggi il Cristo Signore,”: ecco, il segno è il bambino.
Il segno di Dio è la piccolezza, è uno che si mette nelle nostre mani, perché Dio è amore e si mette nelle nostre mani.

I segni che non dà sono quelli, appunto, delle tentazioni: del pane, del potere, del prestigio religioso. Il suo segno è l’umiltà, non la potenza. È la povertà di chi dona fino a dare tutto se stesso, non il possedere cose o persone. E qui va in crisi la nostra immagine idolatrica di un Dio padrone onnipotente.
Dio è uno che lascia tutto lo spazio che quasi, anzi senza quasi, scompare, si ritrae, perché l’amore lascia spazio all’altro; il suo segno è la nostra libertà, che vive con gioia la relazione con Lui
e con tutti.

Dovremmo imparare che il suo segno definitivo è la croce, dove dona tutto se stesso e quindi si rivela come amore assoluto.

Per questo dice: nessun segno sarà dato a questa generazione. E questa generazione che valeva per il tempo di Gesù, vale anche per la nostra. Ci sta donando anche oggi segni altri: perché non li sappiamo leggere e continuiamo imperterriti a proseguire come nulla fosse?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 8 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Con o contro


Lc 11,15-26

"(…) Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde (…)".


Chi non è con me, con Gesù! 
Ricordate quando al cap. 9 i discepoli si erano lamentati di uno che “scaccia i demoni a nome tuo e noi glielo abbiamo proibito, perché non è con noi?” Gesù cosa rispose? Lasciatelo! Il problema non è che sia con voi, , il problema è che voi non siete con me; il problema non è essere “con noi”, ma essere “con Gesù”.

Essere con Gesù, il Figlio, vuol dire avere lo stesso stile di vita di colui che è coi peccatori, di colui che è aperto a tutti, di colui che riconosce tutti come fratelli, di colui che pone la sua vita a disposizione, di colui che non fa giochi di potere con nessuno, né religioso, né civile, né politico. Questo vuol dire essere con Gesù, non con quello che mi invento io e che mi fa comodo.
Questo "essere-con-Lui" è il senso della seconda parte del Vangelo: scoprire "di che spirito siamo" (9,51) e imparare a lasciare che il dito del Padre disegni per noi il volto del Figlio.

Il disegno sarà completato quando assisteremo alla "théoria" del Golgota. Se saremo lì, allora sapremo anche di che spirito siamo.

Un abbraccio a tutte a tutti. Buona vita.

giovedì 7 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Hinneni


Lc 1,26-38

"Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei".


"Eccomi", "Hinneni": è lo stesso termine che compare per la prima volta sulla bocca di Abramo al cap 22 della Genesi. Si tratta del racconto della "legatura di Isacco", che noi cattolici, nella nostra ansia di rendere "cattolico" Dio, chiamiamo il "sacrificio di Isacco". Nella Genesi, con divina ironia, Dio chiede ad Abramo di "legare" il figlio della promessa, Isacco, per, paradossalmente, lasciarlo andare, staccarsene, lasciare che la "promessa" e la "benedizione" seguano il loro corso nella storia… se il seme non muore… se uno vuol trattenere la propria vita… vedete? Parole che ritorneranno nel messaggio di Gesù…

Maria vive la stessa cosa: il suo "eccomi" è per la libertà più totale. Chiamata a dare alla luce Gesù nella disponibilità a non farne un suo possesso esclusivo. Anche Gesù si rivelerà il "Figlio della Promessa", il Figlio di Colui che mantiene fede alla parola data, anzi, alla Parola che si fa carne tra noi per dirci che quell'Eccomi nasce per primo nel cuore del Padre. Quell'Eccomi è la risposta del Padre a tutte le sofferenze dell'umanità. Il primo "Eccomi" è di Colui che è fonte di vita, che si manifesta a Mosé con quel "Io ci sono" davanti alle sofferenze del popolo (niente a che vedere con il filosofico "Io sono colui che sono…) e che arriva al "Sono io" di Gesù: tutta una storia segnata da "eccomi" reciproci. "Eccomi" che permeano la storia attraverso le storie di persone che hanno osato, e che tracciano il cammino per realizzare il "progetto umano" che nasce nel cuore del Creatore. Maria con il suo "hinneni" si è messa in cammino per imparare a lasciare libero il Figlio e per questo è la Madre dei credenti, di coloro che fondano la loro suprema libertà "legandosi" alla vita e al messaggio di questo Figlio, "legato" dal Padre per donarlo a noi come strada di libertà e umanità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 6 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Vivere da figli

Lc 11,1-4

" (…) Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione»".




Con queste parole Gesù non ci consegna una semplice formula, non ci mette tra la mani una preghierina da recitare qualche volta al giorno giusto per sentirsi almeno un po' a posto.

Con queste parole egli ci fa entrare nella sua preghiera, ossia nella sua relazione con il Padre.
In questo modo egli, che si è fatto nostro fratello, ci fa dono della sua stessa relazione con il Padre, offrendoci così la possibilità di sperimentarci e sentirci davvero figli davanti a Lui.

L'esperienza che Gesù ci comunica ci permette di entrare in una relazione di filialità con il Padre che si verifica, cioè si fa vera, nella vita di fraternità, luogo dove ognuno si sente un debitore condonato e diventa a sua volta veicolo di perdono.

Se nella nostra preghiera prevale ancora la parola "Dio", allora non siamo ancora entrati nella profondità della preghiera di Gesù, il Figlio che ci svela il Padre.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 5 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Religione e fede


Lc 10,38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».



Marta e Maria: due modi di relazionarsi con Gesù. Marta cerca di fare di tutto per piacere a Gesù, a Maria invece piace Gesù. Mi sembra di poter individuare qui quella differenza di cui spesso abbiamo parlato: la religione e la fede. Marta, che incarna la religione, cerca di fare tutto quanto per piacere al Signore. Maria incarna invece la prospettiva della fede, alla quale piace semplicemente il Signore. Due modalità per costruire nella propria esistenza una relazione con Dio: da una parte la relazione costruita sulla religione della legge, ossia essere presi dai "molti servizi" in onore di Dio; dall'altra la relazione costruita sul Vangelo dell'amore, ossia accogliere in primo luogo ciò che Lui fa per noi.

Non dimentichiamo che questo testo segue quello della parabola del Samaritano che a sua volta era preceduto dalla domanda sul senso della vita. Se non impariamo per prima cosa ad accogliere la prossimità di Colui che si è chinato come samaritano su di noi, allora continueremo a vivere come lo scriba, il sacerdote e il levita e, perché no?, anche come Marta: sempre presi dai "molti servizi" per "addomesticare" Dio, ma perdendoci ciò che Lui sta facendo per noi. E passeremo la vita a "servire" Dio senza lasciare che Lui serva noi e ci insegni a essere come e con Lui.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 4 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

San Francesco di Assisi
Dalla legge alla libertà


Mt 11,25-30

"In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero»".





In questo testo si parla di giogo. È il giogo della legge, di ogni legge. Si parla anche di fatica: è la fatica di essere uomini, meglio, di essere umani: la fatica del dovere, del dover essere, della ricerca, del crescere; la fatica dell’osservare le cose giuste, la fatica del volere bene.

Gesù allora propone il suo giogo, che è la legge dell'amore, sempre che l'amore si possa definire una legge. La cosa che mi sorprende è il fatto che il giogo comporta sempre l'essere in due: si è sempre aggiogati. Ora, Il giogo di Cristo è la croce, dove lui si è congiunto con ciascuno di noi, con tutta la nostra debolezza e la nostra fragilità. Lui ha portato su di sé il durissimo giogo di tutto il male e di tutta la fatica, e di tutta la legge. Noi possiamo prendere il suo giogo, lui tira e noi siamo tirati da questo giogo.

Al di fuori delle immagini, in queste parole troviamo il passaggio dalla legge al Vangelo, dal giogo del dovere alla gioia dell'amore, dalla promessa al dono dello Spirito. Dall'obbligo che ti dice che se fai questo sbagli e perdi la vita e quindi la perdi perché sbagli comunque, perché sei peccatore, all'amore che ti fa vivere la pienezza di vita e quindi all'emancipazione, dalla legge alla libertà. È un discorso determinante che segna il passaggio dalla religiosità comune a tutti al cristianesimo.
È la "Via" che passa dentro la carne di Gesù e noi non ne conosciamo altre.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 1 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Ahimé!

Lc 10,13-16

"In quel tempo, Gesù disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato»".



Gesù pensa alle città che l'hanno rifiutato e dice “Ahimè per te”. Nella traduzione troviamo la parola “guai” vero? Come anche per le beatitudini: dopo “beati voi”, troviamo un “guai a voi”. Traduzione fuorviante perché quella parola “guai”, e come tutti i “guai” dei profeti, non vuol dire minaccia, vuol dire “ahimè”: è una lamentazione. Come “beati voi poveri” vuol dire mi congratulo con voi , così “guai a voi ricchi” vuol dire “mi dispiace per voi”. Vi faccio le condoglianze perché avete sbagliato via, perché la via della vita è altra cosa: è l'amore che si fa dono, non il potere e il dominio.

Allora Gesù pensa alle città dove lui ha fatto i miracoli e dove lui è stato rifiutato e dice “ahimè per voi, ahimè per te” e non è un modo di dire perché la croce è davvero l'ahimè di Dio per il male del mondo, dove lui si carica di tutto il male, di tutto il rifiuto del mondo.

Ecco allora il senso delle ultime parole: il discepolo non è colui che dispone del "potere di Dio" ma chi si identifica col Maestro nelle sue vesti di agnello, che si fa dono fino alla fine.

"Essere precipitati negli inferi" vuol dire "disprezzare" Colui che è inviato dal Padre e coloro che ne condividono le scelte. Non è questione di luogo: vuol dire vivere divisi in se stessi. Vuol dire condividere il pane eucaristico e, allo stesso tempo, adottare comportamenti da "lupi" travestiti da agnelli per difendere atteggiamenti religiosi che, spacciati per volontà divina, sono anti-evangelici perché escludono, giudicano e condannano.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.