mercoledì 31 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Esodi continui



Mc 6,1-6


In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.

Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.




Il Maestro oggi vive l'esperienza drammatica del rifiuto proprio lì dove era cresciuto: "Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo”.

È la stessa sorte dei profeti, e lo dirà Lui stesso: "Un profeta non è disprezzato....". Non sono stati capaci di "uscire" dalla tradizione dei padri per "entrare" in quell’amore divino trasmesso dal Figlio. Attaccati alla tradizione come una cozza al suo scoglio, non sanno scorgere la novità che viene dal Maestro. Mi sembra quasi tragicomico: quelli della sua patria si sono quasi rassegnati al destino della fama che li precedeva: da noi non è possibile che esca qualcosa di buono! E quindi eccoli lì a cercare di far "rientrare" Gesù nella retta via dei padri! 

È un'immagine provocante per le nostre comunità, spesso fondate su delicati equilibri per non urtare nessuno, all'insegna del "si è sempre fatto così", attente più a mantenere lo status quo piuttosto che a lasciarsi provocare dalla novità del Maestro. Come sempre, la scelta è nelle nostre mani: l'esodo cui il Maestro chiama è passare dalla tradizione dei padri all'amore del Padre. Ci scandalizziamo anche noi o accettiamo la sfida? 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita. 

martedì 30 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Mantelli o pietre tombali?



Mc 5,21-43


In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. (…)




L'azione di Gesù è talmente orientata al bene dell'uomo che basta "semplicemente" "toccare il suo mantello", basta una minima vicinanza alla sua persona per ritrovare vita e dignità. È esattamente quello che avviene dentro le nostre comunità: chi ci entra, immediatamente respira aria nuova, si sente rinascere, trova persone orientate alla sua vita, si sente accolto, amato, messo "in mezzo" al "cerchio della vita" che circola tra i discepoli del Maestro oggi. O no?! 

Eppure basterebbe il solo “mantello”, piccole cose, attenzione alle persone, accoglienza autentica, sintonia con l'amore del Dio annunciato da Gesù che chiede di essere trasmesso... insomma, capacità di comunicare vita, capacità di aprire all'amore che fa crescere e che umanizza i rapporti. A volte mi pare che ancora non ci siamo. A ben guardare, più che mantelli protettivi, grembi che suscitano vita, le nostre comunità a volte si presentano come pietre tombali che soffocano ed escludono dalla vita.

Gesù ci ricorda che il suo mantello è strettamente connesso al grembiule del servizio e non ai paludamenti clericali dell'ambizione, del potere e dell'avere. A ciascuno la sua scelta. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 29 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Pastori della propria animalità



Mc 5,1-20

 

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.

Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. (…)



È la descrizione di un uomo completamente tagliato fuori da qualsivoglia tipo di relazione umana. Sembra quasi più la descrizione di un animale ferito che di un essere umano. Vive nei sepolcri, praticamente un morto vivente. È violento con gli altri e verso stessi (si fa del male con delle pietre) e, come un animale, emette versi (grida), cioè non parla, non comunica al modo degli umani. Inoltre anche la sua personalità non è definita: è “Legione”, non sa nemmeno chi è. Dopo l’intervento di Gesù, Marco, secondo il suo solito, fotografa in un lampo la situazione nuova che si è venuta a creare: l’uomo ora è “seduto, vestito e sano di mente”. Il gesto compiuto da Gesù ha “umanizzato” quell’uomo che prima era incapace di stabilire qualsiasi relazione umana. 

Credo sia una grande provocazione per le nostre comunità e per ciascuno di noi: al seguito di Gesù impariamo a “essere pescatori di uomini”, cioè a umanizzare l’umanità secondo il progetto che il Padre da sempre si porta nel cuore. Gesù non permette a quell’uomo di seguirlo, ma lo rimanda “nella sua casa”, quella casa dalla quale era uscito nello stato in cui il Maestro lo aveva incontrato. È lì che deve imparare a “umanizzare” i suoi, a metterli in grado di tessere relazioni nuove, più umane, fatte a “immagine e somiglianza” del Padre. È il compito che il Maestro affida a noi oggi: umanizzare quella casa/Chiesa che a volte sembra aver perso il motivo profondo del suo esistere, cioè lavorare giorno dopo giorno all’opera della creazione con il Padre, per rendere umani i suoi figli, per permettere loro di ritrovarsi alla stessa mensa “seduti, vestiti e sani di mente”, o, per dirla con Beauchamp, “pastori della propria animalità”. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 25 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Conversione di san Paolo



Mc 16,15-18


In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».




Gesù ci ricorda il motivo del nostro stare con Lui: "Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo a ogni creatura". 

Andate in tutto il mondo e annunciate che Dio ama in maniera gratuita e incondizionata, e spendete e spandete la vostra vita, il vostro stile di vita, per dire questo. Questa è l'unica cosa che sta a cuore a Gesù e per la quale Egli ha messo sul piatto l'intera sua esistenza. 

Ogni volta che ci dimentichiamo di questo riduciamo il Vangelo a una sorta di codice penale che spezza le ali della libertà e dell'amore, ci ruba la speranza e rende la vita un inferno. 

Ogni volta che ci dimentichiamo di questo facciamo delle nostre comunità delle spelonche maleodoranti per pochi adepti, delle caste chiuse che allontanano ed escludono, sorta di "case chiuse" dove il surrogato dell'amore si vende un tanto al chilo (e chi possiede di più ha i posti migliori). 

Ogni volta che ci dimentichiamo del "Vangelo della gioia" ritorniamo alla religione dal volto triste, che vede in questi tempi solo sventura e mestizia, che non sa cogliere la bellezza dell'amore che salva e che si offre a tutti in maniera gratuita e incondizionata. 

Ogni volta che ci dimentichiamo di questo rendiamo le nostre Eucaristie delle semplici "occasioni" per contarci, per dire che ci siamo e non l'incontro gioioso con il Signore della vita che cerca sorelle e fratelli che condividano con lui la bellezza del Vangelo e osino giocarsi la vita perché altri ne possano godere. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 23 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Essere epifania del divino



Mc 3,31-35


In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.

Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».

Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».




Al fatto che la sua famiglia lo stia aspettando, il Maestro dà una risposta lapidaria: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre". Gesù allarga, o per dirla in termini evangelici, "porta a compimento" il concetto di famiglia invitando a superare i legami, gli intrecci tradizionali, per arrivare a una comunità che si identifica come spazio in cui il divino si manifesta. E tale "epifania" è resa possibile dalla comune ricerca della volontà amante e vitale di Dio, ossia dal fatto che ognuno si occupa e si preoccupa del bene dell'altro, in uno spirito di autentico servizio evangelico. Gesù allarga e invita a spezzare tutti quei legami familiari non autentici che impediscono alla vita di crescere, che non educano e non aprono all'amore; quelle "relazioni" che creano situazioni di esclusione, di marginalizzazione; quegli stili che educano più all'avere che al condividere, più al potere che al servire, più all'apparire che all'essere a servizio della verità. La comunità è costituita dall'insieme di sorelle e fratelli che ricercano e accolgono tale volontà divina, suscitando vita là dove regnano logiche di morte, aprendo vie di giustizia, abbattendo muri di separazione, praticando un amore simile a quello del Dio rivelato da Gesù. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 19 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

La comunità di Gesù



Mc 3,13-19


In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che chiamò apostoli , perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.

Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.




Il Maestro chiede collaboratori, non meri esecutori; ha bisogno di persone che non si limitino a eseguire per benino i compiti che qualcuno dall'alto gli affida quasi per benevolenza. Il Maestro vuole attorno a sé persone "adulte", capaci di annunciare la novità del Regno e di denunciare e opporsi a tutto ciò che ferisce e lede la vita di ogni donna e ogni uomo. Donne e uomini capaci di opporre al potere il servizio, all'avere la condivisione, all'apparire l'autenticità dell’Immagine di cui ognuno è portatore. Gesù vuole una comunità di persone dove la diversità dei compiti e dei ruoli non siano sorgenti di esclusione; una comunità che non conosce la parola discriminazione ma che si fa spazio accogliente per ognuno, spazio dove il Dio-con-noi possa manifestarsi nelle azioni e nelle parole di tutte di tutti. Il gruppo dei Dodici non è una foto di capi di stato riuniti in gruppo per decidere le sorti del mondo, non è un paradigma di potere assoluto dentro una comunità dove uno decide e gli altri obbediscono silenziosamente e prontamente. Il ritratto dei Dodici è il ritratto di ogni comunità cristiana che apprende dietro al Maestro a chinarsi sui piedi di ognuno per lavarli amorevolmente, così come ci ha mostrato Gesù stesso. Ecco il ritratto della comunità cristiana di oggi. Coraggio! Viviamo alla presenza di Colui che continua a fare nuove tutte le cose: non dobbiamo lasciarci prendere dalla paura di cambiare ciò che va cambiato per ritrovare una gioiosa fedeltà al Vangelo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona giornata.

giovedì 18 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Un Dio che si “getta” su di noi



Mc 3,7-12


In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall'Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.

Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.

Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.




Del testo evangelico di oggi sottolineo questo: "Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo". La disperazione e la sofferenza sono così forti che le persone arrivano a "gettarsi addosso" a Gesù pur di guarire. Il rischio è che questa gente cerchi il Maestro solamente per soddisfare le proprie esigenze e poi... chi si è visto s'è visto. Può essere anche il nostro rischio quando l'incontro con Lui diventa l'occasione per sistemare "le nostre cose", quasi ci incontrassimo con una sorta di mago Merlino capace di operare magie per risolvere i nostri problemi e allontanare le nostre sofferenze. È un po' come quando perdiamo di vista il senso profondo della venerazione dei santi: ci rivolgiamo all'uno o all'altro a seconda dei differenti bisogni. Io penso che il Signore ci voglia invece dire che quanto più noi stessi ci prendiamo cura dell'altro, tanto più sperimentiamo come sia Dio stesso di prendersi cura noi. Non siamo noi a doverci "gettare su di Lui, ma è Lui che viene incontro a noi, che si fa prossimo a ciascuna e ciascuno di noi. Per favore, basta con le crisi mistico-isterico-spirituali, basta con la ricerca a tutti i costi di visioni, miracoli, sensazioni particolari: occupiamoci di far crescere la vita, e il Padre si occuperà di noi. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona giornata.

mercoledì 17 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Il centro della vita



Mc 3,1-6


In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.

Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.

E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.




Giusto per ribadire il concetto contenuto nel vangelo di ieri, oggi il Maestro pone una domanda ben precisa: "È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?". Davanti alla situazione di un uomo dalla mano inaridita, Gesù sterilizza tutti i possibili e sottili ragionamenti di farisei e compagnia con questa domanda, preceduta dal comando: "Mettiti nel mezzo" dato a quell'uomo. Quasi stesse chiedendo: cosa avete messo "in mezzo", cioè "al centro" della vostra esistenza? Il Maestro ha fatto la sua scelta: il bene dell'uomo, la sua felicità, l'offerta di una vita piena. 

I farisei, e quanti oggi si ostinano a pensarla come loro, preferiscono cercare alleanze con quanti percorrono strade di morte. Il tutto per preservare un potere che ritengono provenga da Dio stesso. Ma Dio, ricorda Gesù, offre sì un potere ma è un potere a servizio della vita e della dignità di ogni uomo e ogni donna. È un potere che libera, che apre, che sostiene, che incoraggia a cercare vie nuove per aprire spazi che dicano la Sua Presenza e che , nel continuare l'opera della creazione, facciano brulicare la vita. Non è certamente il potere di tutte e tutti coloro che, a forza di servire Dio e la legge, hanno perso di vista l'uomo, quell'uomo che Dio è venuto a servire perché "abbia la vita e l'abbia in abbondanza". 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 16 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Una vita da figli



Mc 2,23-28


In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.

I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».

E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».




Non mi stancherò mai di ripeterlo: la proposta di Gesù, il Maestro, è una via che passa oltre la religione e diventa percorso di fede. Se vogliamo essere suoi discepoli dobbiamo essere disposti a lasciare il territorio sicuro e rassicurante della "legge", del fare quanto basta per sentirsi in ordine davanti a Dio, ed entrare nel territorio "minato" della fede, dove l'unica sicurezza viene dall'Amore, dall'accoglienza di questo amore gratuito e incondizionato. Il Maestro ci invita alla somiglianza con il Padre nella pratica di tale amore che comporta anche il possibile rifiuto da parte dell'altro. Per questo Gesù può dire, nel Vangelo di oggi,: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!". Il più importante tra i comandamenti viene dal Maestro ridotto a nulla: d'ora in poi, tra teologia e uomo, Gesù sceglie l'uomo. Tra morale e uomo, Gesù sceglie l'uomo, il suo bene, la sua vita. Vogliamo continuare a essere "servi" sottomessi a una legge, o vogliamo finalmente cominciare a vivere da figli? 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 15 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Osare la novità del Vangelo



Mc 2,18-22


In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».

Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.

Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».



La parola del Maestro è particolarmente impegnativa oggi e richiede anche una buona dose di coraggio: "vino nuovo in otri nuovi". La novità del Vangelo, del Regno, mal si adatta a chi fa la scelta delle "pantofole", della tranquillità a tutti i costi, del lasciare le cose come stanno "perché tanto ormai c'è poco da fare". Ancora peggiore è il tentativo, che ha il sapore dell'accanimento terapeutico, di voler continuare a proporre il messaggio del Maestro con le stesse modalità stantie e ripetitive, in nome del "si è sempre fatto così", "bisogna rispettare le tradizioni" e via discorrendo. 

Il vino nuovo del Vangelo non è fatto per gli otri ammuffiti di chi vive nella perenne nostalgia del passato, dei "bei tempi andati in cui tutto era più chiaro e ben definito". Le nostre stesse comunità cristiane spesso sono proprio "parrocchie" (l'etimologia della parola parrocchia nell'antichità indicava lo straniero residente tra i cittadini di un luogo, es. Abramo era "paroikos" in Egitto.): abitiamo vicini all'uomo di oggi, ma come stranieri, quasi incapaci di comunicare la gioia del Vangelo, la parola di speranza, la presenza del Risorto. Forse è davvero tempo di cambiare le nostre modalità di essere discepoli del Signore. Le comunità primitive avevano uno spirito di adattamento ben superiore al nostro: il messaggio era al servizio dell'umanità, e non il contrario! Davvero, è ora di cambiare gli otri: "vino nuovo in otri nuovi"!. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 12 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Vivere e non sopravvivere



Mc 2,1-12


Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono perdonati i peccati, oppure dire: Àlzati, prendi la tua barella e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te disse al paralitico: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».

Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».





Al paralitico che gli è stato messo davanti, Gesù perdona i peccati, ridona la salute e ordina: “alzati, prendi la tua barella e va’’ a casa tua". Sembra un invito rivolto a ciascuno di noi: "Alzati", non restare sdraiato, mettiti in piedi, ritrova la tua dignità filiale. "Prendi la tua barella”: è un appello a diventare un soggetto attivo nella vita, senza lasciarsi "agire" dall'esterno, da tutto ciò che al momento sembra offrire soluzioni di vita e di libertà ma che alla fine si rivela essere una prigione dorata che impedisce di vivere, di pensare, di agire. "E va' a casa tua": rientra nella comunità delle sorelle e dei fratelli, non più portato da altri, ma con le tue gambe, non più in situazione di dipendenza ma, cosciente delle tue fragilità guarite dal Maestro, come sorella o fratello capace di comunicare vita, a immagine e somiglianza del Dio che vuole i suoi figli in piedi e ben vivi. È un'immagine forte, piena di speranza, che  riesce a strapparci da tutto ciò che ci impedisce di vivere, costringendoci a sopravvivere, compresi anche i tanti, troppi, "scribi e farisei" presenti attorno a noi e che vorrebbero sempre vederci sottomessi e dipendenti. Come sempre, nel Vangelo, il criterio che guida l'azione del Maestro non è l'osservanza di una legge, ma il bene dell'uomo. E questo è un dono/compito affidato a ciascuna e ciascuno di noi. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 11 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Un Dio che si sporca le mani



Mc 1,40-45


In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.



Il Vangelo oggi ci racconta la guarigione di un lebbroso da parte di Gesù. Questo piccolo quadro la dice lunga sulla maniera che ha Dio di accostarsi a noi. Non teme la nostra "lebbra", non teme di sporcarsi le mani, di "infettarsi" con noi. Non teme nemmeno la possibile "esclusione" che ne deriva (infatti Marco ci racconta che se il lebbroso guarito ora è reinserito nel contesto vitale della sua comunità, Gesù è "costretto" a restarsene in luoghi deserti).  Farsi carico della fragilità dell'altro comporta il rischio concreto dell'esclusione da parte di tutti coloro che vedono nella sorella o nel fratello "lebbroso" un pericolo, qualche cosa da evitare accuratamente "perché non sai mai dove vai a finire". Così spesso siamo diventati esperti del gioco del lavamani e del chiudi-gli-occhi. 

Il Maestro ci mostra una strada totalmente diversa: è solo assumendoci reciprocamente le nostre fragilità che sapremo costruire un umanità in cui non sarà più possibile coniugare il verbo "escludere", un'umanità in cui la "lebbra" dell'altro è la strada da percorrere insieme per diventare più umani, tanto umani da assumere la condizione divina. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 10 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Una prossimità che risana



Mc 1,29-39


In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva (…).



Oggi il Maestro, nel racconto di Marco, compie il primo segno: la guarigione della suocera di Pietro (così scopriamo cosa sta dietro al rinnegamento di Pietro: una piccola vendetta per quella guarigione). Battute a parte, ecco come Marco descrive il fatto: "Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva". 

È una bellissima immagine che può diventare il riflesso di ognuno di noi e anche delle nostre comunità. “Si avvicinò“: non c'è bisogno di andare in cerca di Dio perché, in Gesù, è Lui che si fa prossimo a ciascuna e ciascuno di noi, in special modo nel momento in cui siamo impossibilitati a muoverci, in cui siamo fragili. È Lui che ci solleva prendendoci per mano e liberandoci da quella febbre che ci paralizza, ci rende inetti, incapaci di "servire". 

Quella febbre è il segno delle nostre paralisi, del nostro aggrapparci a una forma di potere che sembra volerci liberi, ma alla fin fine si dimostra la peggiore schiavitù che ci paralizza e ci impedisce di andare verso l'Altro e verso l'altro. Solo liberati da questo potremo "servire" insieme al Maestro, diventare donatori di vita, farci prossimo verso chi è ancora preda della febbre che impedisce di vivere. 

Quante nostre comunità giacciono "a letto" oggi, incapaci di servire l'uomo perché troppo prese dal "servire" Dio? Quante comunità e persone hanno bisogno di essere guarite dalla prossimità del Maestro che insegna a farsi prossimo, che insegna che è solo servendo che si vince la febbre del potere, dell'avere e dell'apparire! Ecco l'immagine della comunità del Maestro: una comunità che si alza, si mette a servizio e scaccia la paura di giocare in perdita. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 9 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Il potere del servizio



Mc 1,21-28


In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.

Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.

Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.




Davanti al modo di parlare di Gesù la gente se ne esce con queste parole: "Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi". È l'autorità che viene dalla vita, dall'amore per la vita, dal profondo amore per il bene dell'uomo. È l'autorità del Figlio che trasmette l'amore di quel Dio che si rivela Sorgente e Principio della Vita e che invita ciascuno non a un percorso di "sottomissione", ma all'apertura confidente, alla relazione filiale, all'incontro gioioso. Per questo gli scribi non hanno autorità: vivono il rapporto con Dio da servi e, automaticamente, si trasformano in padroni esigenti con gli altri. È sempre stato così anche nella storia: quanto più l'immagine di Dio è deformata, tanto più il rapporto con l'altro è fondato sulla disuguaglianza che offusca l'altro fino a renderlo nemico o trasformarlo in servo. Lo vediamo, purtroppo, ancora in questi nostri tempi: da una parte c’è chi tira Dio per la giacchetta al fine di sostenere le proprie posizioni ideologiche (quasi che Dio fosse il presidente del proprio fans club) e dall’altra vi è chi usa e deturpa il volto di Dio per propagandare ideologie religiose che sfociano nella violenza gratuita. Il tutto sempre e solo per il potere. 

Gesù, il Maestro, ci chiede di essere donne e uomini non al servizio del potere ma forti del potere del servizio, quello che nasce dentro una vita che si apre al dono di sé. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 8 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Credenti credibili



Mc 1,14-20


Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.



Gesù ci ricorda oggi che "il regno dei cieli è vicino", cioè che l'amore infinito e gratuito del Padre è offerto a ciascuno. Ma il Padre ha bisogno di noi per far sentire la sua tenerezza, per far percepire la sua "graziosa" presenza. Figli nel Figlio, chi ci incontra possa sperimentare la potenza del suo amore che vivifica e risana. Non possiamo, infatti, chiedere di “credere al Vangelo” se questi non è testimoniato da persone che non solamente credono ma sono soprattutto credibili. Credibili perché assumono lo stile di vita di Gesù come proprio: uno stile che parla di prossimità, di solidarietà, di “portare” la fatica e la sofferenza dell’altro, proprio come Gesù ha fatto, diventando “voce” che permette alla Parola di fare ciò per cui è stata mandata.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 5 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Essere autentici



Gv 1,43-51


In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non ’è falsità».



Oggi il Maestro rivolge uno dei complimenti più belli che da Lui si possano ricevere. Vedendo un tale, Natanaele, se ne esce con: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità". Uno dei pochi cui Gesù non da del commediante, dell'ipocrita. Io ho ancora della strada da fare, ma mi piacerebbe davvero che alla fine della mia esistenza il mio Maestro mi accogliesse con queste medesime parole. Mi basterebbe, ne sarei davvero felice. Sapere di aver trascorso la mia vita non imponendo verità a destra e a manca, non professando verità dettate da qualcuno, ma assaporando ogni giorno il progressivo disvelarsi della verità che mi attira a sé, che si schiude con la delicatezza di un fiore inebriandomi con il suo profumo, un profumo che sa di libertà, che conduce alla giustizia, che apre all'amore che germina vita, ecco questo mi renderebbe davvero felice e fiero di appartenere alla famiglia umana. Incontrarmi col mio Maestro e sentirmi rivolgere quelle stesse parole pronunciate più di duemila anni fa, mi direbbe che non ho vissuto invano, che ho combattuto la buona battaglia per un'umanità più "umana", tanto umana fino a diventare divina, a immagine di Dio. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 4 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Che cerchiamo?


Gv 1,35-42


In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì che, tradotto, significa maestro, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» che si traduce Cristo e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» che significa Pietro.



Gesù per primo pone una domanda: “Che cosa cercate?”. Questa arriva dritta a noi, oggi: che cerchiamo? Cercare indica qualcosa: si cerca qualcosa che non si ha. Il cercare è tipico dell’uomo che è fatto per un di più che non ha ancora: l’uomo è desiderio che cerca continuamente. Quindi, occorre guardare bene dentro, occorre entrare nella profondità del cuore per capire cosa veramente cerchiamo.

La risposta dei due spinge ad andare oltre le parole stesse: “Dove dimori?”.  La domanda non esprime semplice curiosità: va oltre.

La casa è il luogo delle relazioni (o dovrebbe esserlo), della vita umana, dell’intimità, degli affetti; “dove dimori”, vuol dire “chi sei”, vuol dire la tua identità, vuol dire da dove vieni e dove vai, qual è il tuo mondo, il mondo vero che ti ha costruito e che tu stesso costruisci.

L’evangelista ha ricordato poco sopra che Gesù è la Parola fatta carne. Chiedere a uno dove sta di casa vuol dire che si vuol stare di casa insieme, mettere su casa insieme. Di fatti noi ospitiamo, diamo casa alla parola ascoltandola. E viene a dimorare in noi. E attraverso la parola ascoltata noi stessi dimoriamo in Dio, perché noi diventiamo la parola che ascoltiamo, diventiamo il Figlio e così dimoriamo anche noi nel Padre.

Dunque, “Che cosa cerchiamo?”.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 3 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Testimoni viventi



Gv 1,29-34


In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».



Giovanni, nel testo di ieri, si presentava come “Voce”.

Oggi si rivela come testimone degno di fede perché “ha visto”.

La parola “testimone” deriva dal greco, dove la radice racchiude in sé il concetto di “martire”. Questo termine è usato già dai tempi di Omero ed è importante perché è collegato con una radice indo-germanica che vuol dire ricordarsi, pensare, indugiare, restare. E da questa radice antica salta fuori il latino “memor”, cioè essere memore. Il significato globale, quindi, è ricordarsi.

Cosa vuol dire ricordarsi? Prendere coscienza di una cosa vissuta. Non è la memoria di una cosa saputa ma di una cosa vissuta. Il testimone rappresenta e racconta, dice, manifesta con la sua vita ciò che ha vissuto, non quello che sa. E affinché il “ricordo” non muoia questo deve essere condiviso, partecipato.

Ecco il senso del nostro “stare dentro la storia”, del nostro “esserci”: memorie viventi di un Figlio che ci propone di vivere con lui e come lui da figli affinché l’umanità continui ad essere lo spazio dove la vita “brulica” in abbondanza.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 2 gennaio 2024

Buongiorno mondo!

Voci nella storia


Gv 1,19-28


Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa» (…).



I “soliti noti” pongono una domanda ben precisa al Battista: “Che cosa dici di te stesso?”. 

La questione non nasce da una semplice curiosità: vogliono sapere per “possedere”, per “de-finire”, per verificare se quel tale può essere circoscritto dentro i parametri di quel potere religioso da cui provengono. Il potere, ogni potere, ha bisogno di “sapere” sempre tutto, di controllare, di tenere cose e persone nelle proprie mani affinché nulla sfugga al suo controllo. È lo stesso potere che rischiamo di esercitare anche noi sulle persone che incrociano la nostra vita quando pretendiamo di incasellarle dentro i nostri schemi e di obbligarle ad essere ciò che noi vogliamo che siano. Nel caso questo si rivelasse impossibile allora la violenza svela il vero volto del nostro desiderio di possesso dell’altro.

Giovanni, nel rispondere, non usa nemmeno il verbo. Dice semplicemente: “Io voce…”. 

Ecco: siamo “voci” nella storia, voci che non si impongono, voci prestate a una Parola che continuamente si incarna nella storia, che ogni giorno si incarna nella vita dell’altro che incontro. Viviamo non da padroni di questa Parola ma come voci che nel vento di questa turbolenta storia sono a servizio di una Parola che incessantemente chiama alla vita.

Abbraccio e buona vita a tutte e a tutti.