sabato 27 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Perfetti nell'amore


Mt 5,43-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


Onestamente: chi tra noi non ha mai pensato almeno una volta che per risolvere definitivamente certe situazioni l'unica via sarebbe quella della violenza, della risposta impastata di quella forza bruta capace di "sistemare per sempre le cose?".
Gesù non offre soluzioni tecniche ai conflitti; egli mostra però gli atteggiamenti con i quali affrontarli. E tra questi primeggia il fatto che il male non lo si vince facendo affidamento sull'odio e sulla violenza. Il male lo si può vincere solamente con il bene.
Gesù non si sofferma a precisare se, in qualche circostanza concreta, la violenza possa essere legittima. Egli ci invita ad operare e a lottare perché non lo sia mai. Per questo è importante cercare vie che conducano alla fraternità e non al fratricidio.
Amare i nemici non significa tollerare le ingiustizie e ritirarsi comodamente dalla lotta contro il male. Quello che Gesù ha visto con chiarezza è che non si lotta contro il male distruggendo le persone.
Per quanto difficile, con Lui e come Lui ogni giorno dovremmo poter dire all'altro: "Per quanto sia forte il male che riversi contro di me, non sarà mai più forte del mio volerti bene".
Perché? Perché il Padre agisce così. E noi siamo suoi figli.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

M come misericordia

venerdì 26 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Parola e parole

Mt 5,20-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!».

Per il Maestro non basta "Non uccidere": occorre fermare l'istinto omicida fin dalla culla, ossia dalla parola. La rabbia veicolata dalla parola è quel terreno fertile i cui frutti si rivelano mortiferi, portatori di morte.
Nulla più della nostra parola, della nostra modalità di usare il linguaggio, rivela chi siamo. E nella nostra capacità di male usiamo sovente parole forti con i deboli e parole deboli con i forti. Il tutto in funzione del nostro interesse personale.

Gesù, nella sua proposta di vita, chiede ai suoi di porre molta attenzione al modo di usare la parola con l'altro. Anche la parola, per il Maestro, deve comunicare vita, trasmettere "quell'alito vitale" che ci è stato donato fin dai primordi.
"Non uccidere" per il discepolo diventa un imperativo positivo: "Fai vivere": metti in condizione di vivere (e non di sopravvivere) la sorella o il fratello che incroci. La tua sia parola che infonde vita, una parola che favorisce la nascita della fraternità. Non sia mai una parola dettata dal tuo interesse personale, dal tuo "parlarti addosso": sia una parola che genera una spazio di vita per colui che l'ascolta.
Solamente così la nostra "offerta all'altare" sarà autentica: un'offerta non solo "detta", ma vissuta.

I come Incontro.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 25 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Homo quaerens

Mt 7,7-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».

Il punto non è tanto il chiedere, il cercare o il bussare a casaccio che tanto prima o poi arriva (come pensa il ludopatico)... Il punto è cosa chiedere, cosa cercare, a quale porta bussare. Siamo talmente "pieni" che non sappiamo più di cosa realmente andare in cerca. Ne abbiamo cercate tante, le abbiamo provate tutte, ci siamo messi davanti a un numero indefinito di porte… ma… le nostre ansie non si spengono: siamo come dei cercatori di tartufi che "sentono" la traccia ma decidono di cambiare ogni volta direzione.

Il Maestro, nella sua saggezza, ci invita a saper discernere con sano realismo. Se scaviamo dentro, in profondità, scopriremo che le nostre scelte, in un modo o in un altro, sono spesso segnate dal nostro egoismo, dalla nostra volontà di possedere sempre di più, di avere sempre più peso, di apparire sempre meglio dell'altro, perché "io valgo" (come recita una nota pubblicità).

In tutto questo il Maestro scorge tuttavia la nostra capacità di fare bene, di fare cose buone e belle. E qui ci indica la via: mettetevi in sintonia con Colui che è buono per apprendere come e con Lui a essere buoni del tutto. E ci consegna la regola aurea: la felicità, il ben-essere dell'altro sia il criterio della tua felicità, delle tue scelte. Come fece il Creatore all'origine dei giorni, diventa custode della vita e della felicità altrui, del ben-essere dell'altro.

Fai in modo che ti incontra possa respirare un alito di vita e non si senta condannato a mendicare per sopravvivere. Non limitarti a dare un pane, che è già cosa buona. C'è un passo in più, un oltre: fatti pane.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

P.S. Per il titolo… beh, fraternamente, arrangiatevi.

mercoledì 24 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Tra regine dell'aquilone e saggi re

Lc 11,29-32

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

E ci risiamo con la richiesta di segni! "Convertitevi e credete al Vangelo", dice il Maestro. "Dacci un segno", rispondiamo noi che facciamo parte di "quella generazione", generazione che a forza di distorcere il volto di Dio è capace spesso e volentieri di essere "malvagia", generatrice di male.
A noi che siamo in ricerca perenne di segni, a noi che chiediamo prove per poterci fidare, Il Maestro risponde così: "Non vi sarà dato alcun segno, perché io non do segni ma SONO un segno per tutte e tutti voi". La sua vita, il suo stile, la sua parola, sono il canto della vita: Lui non attira come le sirene di Ulisse, non affascina per svuotarci da dentro. Il suo segno è il segno del pane spezzato e del calice condiviso, segni di una vita che si offre in dono ed è pronta anche al rifiuto, ma che non si ferma comunque nemmeno davanti al rifiuto stesso.

Con Lui e come Lui non offriamo spettacoli fiabeschi come la "Regina dell'Aquilone" (trad. letterale di Regina del Sud); non ci limitiamo alla pur grande sapienza salomonica. Con Lui e come Lui siamo segni che indicano vie, tracciano percorsi di vita dentro i meandri oscuri e maleodoranti della nostra storia perché siamo certi che lì, in quegli antri che hanno l'amaro sapore della sofferenza, troveremo Colui che è l'unico segno che per davvero indica vie nuove per una nuova umanità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 23 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Perdona(n)ti

Mt 6,7-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».


Una sola volta gli evangelisti ci hanno fatto ascoltare le parole di Gesù in preghiera e precisamente nell'orto degli Ulivi. Le altre volte ci hanno solamente fatto sapere che Gesù si ritirava in preghiera. Credo che per Gesù l'esperienza della preghiera fosse quella di mettere i propri occhi negli occhi del Padre, rinnovando l'adesione e l'affidamento totale al suo amore misericordioso. Come due persone che si amano profondamente: basta guardarsi per capirsi, non servono molte parole. È l'invito che arriva a noi oggi. Il Padre non ha bisogno di tiritere, di parole a raffica per donarci la sua attenzione: chiede solamente di accogliere il suo amore e il resto verrà da sé. Beninteso: il Padre che Gesù rivela non ha il volto di un deux ex machina che arriva trafelato, all'ultimo momento e ci toglie dai guai (di cui spesso siamo responsabili ma che altrettanto spesso affibbiamo a Lui!). Il Padre cerca figli, non servi. Figli che condividano con Lui la sfida del perdono. Ecco perché le ultime parole del vangelo di oggi sono l'unico commento alla preghiera del Pater. Solamente chi accetta la via del perdono accolto e condiviso può pronunciare quelle parole senza renderle vuote e vane.

Andate a rivedere la lettera M dell'acronimo di Quaresima.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 22 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Chi sono io per voi?

Mt 16,13-19

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».


Confesso che mi sento un po' disturbato dal calendario liturgico che non riesce a fare a meno di infarcire di feste e memorie il tempo forte della Quaresima. Oggi si festeggia la Cattedra di Pietro e i liturgisti hanno scelto la professione di Pietro a sostegno del ruolo del papato, non preoccupandosi troppo del testo e del contesto. Così sia! Io mi limito a una provocazione che nasce dal testo.

Al di là della collocazione dentro il Vangelo di Matteo, questo episodio ci riporta ai dubbi, alle domande persino alle dicerie che Gesù suscitava. La domanda di fondo dimorava all'epoca in tante persone: chi è questo uomo? La stessa domanda dovrebbe trovare posto in noi oggi.

Gesù non chiede risposte da catechismo; non esige formulazioni dogmatiche corrette. Egli chiede a ciascuno di mettersi in gioco, di giocarsi la personale e quanto mai faticosa libertà in quello spazio relazionale che si crea tra il Maestro e ciascuno di noi. Il Maestro chiede a te di pronunciarti, di esporti, di osare la tua risposta personale nella quale sveli e riveli fino a che punto accetti di lasciarti provocare da Lui e dal suo stile di vita. Il paradosso evangelico sta proprio qui: quanto più accetti di rispondere alla domanda posta dal Maestro: "Chi sono io per te?", tanto più rivelerai te a te stesso.

Con Agostino possiamo lasciare spazio alla preghiera: "Domine Iesu, noverim te, noverim me": Signore Gesù, che io ti conosca, che io mi conosca": conoscendo te conoscerò anche me.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

sabato 20 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Meriti e bisogni

Lc 5,27-32

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.
C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».



Per i benpensanti religiosi del suo tempo il comportamento e l'atteggiamento di Gesù erano semplicemente inqualificabili, fuori da ogni logica, incomprensibili. Come può un uomo che "viene da Dio" frequentare e addirittura pranzare con peccatori incalliti quali i pubblicani e i loro abituali compagni di merenda? Come può pretendere di restare "puro" frequentando persone così?

La lezione di Gesù è fatta di vita e parole, come sempre: giustifica il suo atteggiamento con parole talmente chiare che non hanno bisogno di spiegazione.
Ma il suo stile diventa interrogante e provocante per noi oggi, abituati a considerare Dio alla stregua di un manager che fa del merito il criterio per accordare la sua benevolenza. Sei stato bravo? Hai osservato tutte le regole? Bene, ora passa all'incasso e presentati tirato a lucido davanti a Dio a chiedere il premio!

Gesù ribalta le cose: Dio non guarda i meriti ma i bisogni. Non tutti possiamo vantare dei meriti (forse S. Francesco? Chi altro?), ma tutti siamo portatori di bisogni, in primis quello di essere amati, di sentire che "siamo" di qualcuno, che siamo importanti agli occhi di qualcuno che ci prende così come siamo, ci fa sentire amati e con questa forza ci spinge a vivere, a crescere e a condividere questo amore perché tiene alla nostra felicità.
Abbiamo stravolto il volto di Dio, distorcendolo e rendendolo simile a un contabile che, fatti i dovuti conti, passa all'incasso. Il Maestro ci porta e ci offre invece un'immagine inedita di Dio, o meglio, del Padre. Convertirsi allora significa cominciare da qui: mettere in crisi la nostra immagine di Dio e cominciare ad accogliere quella che il Figlio ci offre. Dunque: professare che Gesù è Dio è dogmaticamente corretto. Dire che Dio è Gesù è imparare a vivere con Lui e come Lui di questa Presenza inafferrabile che si manifesta come misericordia che guarisce senza nulla chiedere in cambio, se non la condivisione di tale stile di vita. Gesù non ha tempo per i dogmi: è impegnato a offrire percorsi di vita. I dogmi, le credenze troveranno posto in seguito.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 19 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Uno stile sobrio


Mt 9,14-15

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».





Il digiuno è una delle pratiche che caratterizza nei secoli il tempo quaresimale. Non stiamo qui a discutere sulla validità o meno di tale pratica. Mettendo dentro la nostra cultura la parola digiuno forse possiamo allargarne il significato.

Indiscutibilmente viviamo in una società caratterizzata dal troppo da una parte e dal nulla dall'altra: chi "ha" pare avere sempre di più, chi non "ha" pare cadere sempre più in basso.
Ha senso allora chiedere il digiuno, così come inteso nella tradizione, a chi fatica a mettere in tavola qualcosa? Se è questo il digiuno voluto da Dio, allora, scusate, ma non è il mio Dio.

E se al posto della parola digiuno provassimo a inculturare il messaggio evangelico e parlassimo di sobrietà? Potremmo, in coscienza, domandarci seriamente: ma il modello di sviluppo che stiamo esportando e chiedendo a tutto il mondo, è un modello veramente "umano"? O è un modello finanziario e capitalistico che produce ingiustizie e diseguaglianze a spron battuto.
Mi chiedo: ma tutti i propugnatori dei digiuni "modello Medjugorie" al fine di allontanare l'iradiddio e provocare la conversione, da che parte del mondo, o della tavola, vivono?

Sii sobrio, pratica la giustizia, coltiva la solidarietà, spezza il tuo pane piuttosto che digiunare: allora potrai partecipare al banchetto di nozze dello Sposo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 17 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Quaresima 2021


Inizia oggi il percorso quaresimale 2021. Consapevole delle mie personali fatiche, cosciente di non essere maestro per nessuno, mi sono scritto qualcosa per me che, come d'abitudine, accetto di condividere con tutte e tutti voi.

Dunque, Q U A R E S I M A…


Q, come QUARANTA. Quaranta giorni. Un tempo significativo, carico di rimandi, di echi, di suggestioni. Un tempo particolare, anzi, un kairòs, un tempo favorevole. Allora prenditi del tempo per te; non permettere che altro si faccia Faraone del tuo tempo. Custodisci e vivi il tempo, ogni tempo; proteggilo e amalo come un grembo gravido di opportunità.

U come UNITÀ. Fai unità dentro di te. Riaggrega ciò che disattenzione, mancanza di cura, fatica e dolore hanno frammentato. Ricomponi la tua unità interiore abbandonando l'idolo della frammentazione che ti rende schiavo del "vivere alla giornata senza meta né direzione".

A come ASCOLTO. Mettiti in ascolto. Di te, della storia, della Parola. Fai tacere in te la seduzione delle parole vane e senza valore ma anche l'assordante silenzio dell'indifferenza. Ascolta per farti voce della Parola. Impara ad ascoltare per "parlare correttamente".

R come RITORNO. Abbi il coraggio di tornare a chi da tempo ti attende. Smussa gli spigoli del tuo orgoglio, abbassa le creste della tua superbia e imbocca la via del ritorno. Se ti ascolti sentirai le voci di coloro e di Colui che ti sta attendendo: non temere. Faranno male i piedi, forse si piagheranno, ma tu intraprendi e percorri la Via.

E come EVENTO. Vivi ogni giorno come un dono, nella gratuità e nello stupore della novità quotidiana. Inizia la tua giornata coltivando la consapevolezza dell'evento inatteso che avrà il volto dell'altro e dell'Altro. Sii sentinella vigile dell'inaspettato.

S come "STATIO". Non correre come un forsennato, non lasciarti guidare dalla frenesia. Osa la sosta, scegli di fermarti, di "stazionare" per non perderti nulla. È vero che "tempus fugit", ma tu non cedere alla fretta: coltiva la pazienza e la pazienza modellerà il tuo stare nella storia da custode e non da padrone.

I come INCONTRO. Ritrova la via dell'incontro e abbandona la facile strada dell'apparenza. Coltiva ogni incontro; accoglilo e custodiscilo come un dono prezioso capace di svelarti qualcosa di te. Il Maestro ha "perso tempo" nei suoi incontri! L'incontro è prezioso, non sprecarlo: regalati e regala tempo.

M come MISERICORDIA. Mettiti a nudo e guardati dentro. Scava fino a quell'angolo buio che hai sempre tenuto nascosto a te, all'altro e all'Altro. Non restare schiavo della vergogna, della paura del giudizio altrui. Lasciati abbracciare dal Perdono e perdonati: solo così apprenderai l'arte del perdono offerto e condiviso che vivifica, rinnova, dà respiro.

A come "ALZATI". Mettiti in piedi. Riscopri e assapora la tua dignità di figlia amata, di figlio amato. Il Padre non ti vuole prostrata/o, il Padre non ti vuole in ginocchio: mettiti in piedi, lasciati abbracciare, e porta questo abbraccio, che nasce da un cuore di carne, a chi ha bisogno di sentire le parole del Vangelo della vita. Alzati e risorgi ogni giorno. L'oro della misericordia versato nelle crepe della tua vita incrinata brillerà e diventerà canto di lode e danza di gioia.


Buon cammino di Quaresima a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 16 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Il lievito dell'incomprensione

Mc 8,14-21

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».


"Non avevano che un solo pane", certamente: l'unico, l'unum necessarium, l'unico che garantisce di saziare la fame… ma faticano a comprendere.
Gesù mette in guardia dal lievito, quello dei farisei e quello di Erode. Nella tradizione biblica il lievito è ciò che rende impura un'offerta. Inoltre impedisce al pane di conservarsi a lungo. Allora, di cosa sta parlando Gesù? Di quale lievito? È il lievito dell'incomprensione, o meglio, della conoscenza del "saputo", la presunzione del conoscere che preclude ogni altra via, la conoscenza che non ha bisogno di comprendere. Erode pensava di sapere chi fosse Gesù; i farisei l'avevano già catalogato come bestemmiatore e indemoniato al servizio di Belzebul rifiutando di riconoscere la sua missione profetica e, in definitiva messianica; i suoi familiari l'avevano preso per un "fuori di sé"... Questo lievito da cui Gesù mette in guardia è ciò che impedisce di accedere alla piena e autentica conoscenza di Gesù: è il lievito della chiusura, dell'incomprensione, del "cuore ostinato e indurito". Il Maestro mette in guardia i suoi perché non cadano in questa trappola, non rendano "impuro" il pane (di cui hanno avuto prova) con questo lievito nefasto. Lievito che ancora oggi circola in abbondanza tra noi: con troppa facilità ci riempiamo la bocca di quel pane che è "Gesù" ma la nostra comprensione di lui è inquinata dal lievito vecchio.

Arriva dritta al cuore la domanda per noi oggi: "Non comprendete ancora?". E non è questione di calcoli matematici…

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


lunedì 15 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

In-segnare

Mc 8,11-13

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.


Un inizio e una fine bruschi racchiudono questo brevissimo episodio. Dopo il racconto della "seconda" moltiplicazione dei pani, all'improvviso "sbucano", "escono" dei farisei che si mettono a litigare con Gesù circa la sua autorità: da dove viene? Dacci un segno dal cielo! Forse un'anticipazione delle parole che risuoneranno al Golgota: "ha salvato altri"... che potremmo ritradurre con "ha fatto segni per altri…".
Davanti a tali questioni Gesù "geme" quasi sconsolato. Non hanno compreso. Gesù non pone più segni come gesti al di fuori della sua persona ma dirà ciò che ancora deve dire facendosi segno lui stesso. E la precedente narrazione dei pani rimanda proprio a questo: una vita spezzata, donata e condivisa come quei pani. Per chi vuol comprendere questo è il segno.

Sorella, fratello: non andiamo in cerca di segni; non siamo cacciatori di miracoli, di mirabilia, di segni portentosi e straordinari. Non siamo coltivatori di segreti rivelati solamente a pochi eletti. L'unico segno sicuro e certo che possediamo è quella della vita del Maestro che, nel dono della Croce, sceglie di farsi pane per noi. In questo nostro tempo, segnato da tanta, troppa ricerca di visibilità e di apparenza, noi, con Lui e come Lui, scegliamo di non cercare segni ma di essere segni: donne e uomini che nella via del dono e del perdono "in-segnano" (segnano in profondità) la storia quotidiana dell'umanità.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 12 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Apriti!

Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.
Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».



Marco in questo racconto ci offre con maestria un'altra perla. Il narratore infatti mentre racconta ci trascina direttamente dentro la scena chiedendoci di assumere il posto di quel sordomuto. Anzitutto la scena è anonima: imprecisa la determinazione geografica e anonimi i personaggi che la popolano. Anonimo è soprattutto l'uomo sordo e "mogilalos" che indica non tanto un muto ma un uomo che si esprime a fatica sicché la guarigione consiste nel farlo parlare "orthòs" correttamente.
Gesù prende in disparte quell'uomo, quasi a volerlo allontanare dall'isolamento cui la sua condizione lo condannava, e lo rende di nuovo soggetto della parola, capace di parola. Paradossalmente, a guarigione avvenuta, Gesù chiede di nuovo il silenzio. Ricordiamo che Marco ci ha narrato dell'incomprensione dei discepoli e della ostilità chiusa dei suoi avversari. Al cap. 8 assisteremo alla guarigione anche di un cieco. Ora, rileggete questo testo, per il momento, alla luce di quanto Gesù aveva già spiegato nel capitolo delle parabole: "affinché vedendo vedano, ma non intendano, ascoltare ascoltino ma non comprendano…"

Resta la suspense che risuona nella domanda: arriverà finalmente anche la guarigione per i discepoli? In altre parole: giungeremo a guarigione anche noi?

Un'ultima nota: il sospiro di Gesù. Mi fa pensare a quello Spirito che aleggiava sulle acque all'inizio della Creazione, "soffiato" poi nell'umano nel secondo racconto della creazione.. È lo Spirito che rimette ordine, crea, permette all'umano di "udire la Voce" e rispondere "correttamente" con la parola…
Il Maestro, come il Creatore nel Genesi, "fa bene ogni cosa"… "Dio vide tutte le cose che aveva fatto: ed ecco erano molto buone". Non vi pare chiaro? Forse il cuore è ancora indurito e non capite ancora?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 11 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Donne e uomini dell'oltre

Mc 7,24-30

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.


Marco interrompe bruscamente il racconto dell'insegnamento di Gesù e ci catapulta direttamente in territorio pagano. Mi piace pensare che Gesù sia partito all'improvviso, consapevole dell'enormità di quanto ha appena affermato e delle sue conseguenze. Di fatto Gesù "si rifugia" in territorio pagano (ottima scelta, vero?!) e in questa casa viene raggiunto da una donna pagana che gli chiede una mano per guarire la figlia. Emerge così "l'ebreo Gesù" che, ancora oggi, procura fastidio alla massa di imbecilli antisemiti presenti nel nostro mondo (quelli che dipingono il Gesù con tratti esclusivamente ariani… bah…). La cultura che Gesù ha respirato vien fuori nel dialogo con la donna, ma il Maestro è tale anche con se stesso: è l'uomo dell'oltre, Colui che sa andare oltre le proprie credenze, oltre la propria cultura per aprirsi all'altro e mostrare come il Regno è la tavola dove ci si sazia nella convivialità delle differenze. È un invito forte alla comunità che Gesù ha appena costituito a superare remore e paure, resistenze e pregiudizi per andare incontro all'altro.

Sorella, fratello: quanta strada ancora dobbiamo percorrere! Il Maestro traccia la via e ci indica la direzione. Una via che oltrepassa, cioè passa oltre, le nostre idee, la nostra cultura, la nostre sicurezze di fede che sovente diventano cittadelle fortificate per farci aprire gli occhi sulla realtà del Regno che supera e include tutto quanto. Gesù ci insegna a non chiuderci davanti alle differenze ma ad accoglierle con gratitudine come segni e semi di un Regno che realizza il progetto iniziale della creazione: l'umanità in cui non vi è più distanza, scarto, tra immagine e somiglianza con il Creatore.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 10 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Duri e puri?

Mc 7,14-23

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».



Continuando nella stessa linea di ieri, Gesù continua la sua "catechesi", il suo insegnamento che, questa volta, avviene "in una casa", non più nella sinagoga. L'atteggiamento dei discepoli ci mostra forse più che un'incomprensione, un'esitazione di fronte alle conseguenze nell'accettare le parole del Maestro. L'idea sottostante al pensiero di Gesù, infatti, è che il cuore sia il luogo determinante per la "purità" o "impurità". La vera purità dice Gesù, viene dal cuore, cioè nasce nell'intimo della coscienza umana (ricordiamo che nella tradizione biblica il cuore non è la sede degli affetti ma esso si avvicina più alla nostra nozione di coscienza). La purità è di natura morale, non rituale. E questo anche i profeti l'hanno spesso, senza grandi risultati, ricordato a Israele. Per i farisei e gli scribi le regole rituali hanno una funzione di barriera, hanno lo scopo di proteggere l'uomo dall'impurità circondandolo come una folta siepe: l'impurità non deve contaminare il tempio, sia esso di pietra o di carne. Per Gesù l'elemento chiave, in maniera determinante, è il cuore. E questa logica permette di superare anche quelle barriere un po' particolaristiche, esclusiviste, e di rivolgersi così al più ampio mondo pagano, che non è più in tal modo sottoposto alle strette regole di purità cultuale tipiche del mondo giudaico e così faticosamente comprese e accettate dagli altri popoli (che spesso ne faranno un uso aberrante per legittimare quella "diversità" d'Israele come motivo di persecuzione).

Sorella, fratello: non vi è molto da aggiungere davanti alla limpida fermezza delle parole del Maestro. L'unica nota che mi permetto di consegnarti riguarda l'ultimo dei vizi che esce dal cuore: "insensatezza". È la parola conclusiva che si indirizza in particolare ai discepoli, gli unici, fino a questo punto del cammino, a "non comprendere", a mostrare "un cuore indurito". È la purificazione da questo indurimento che il Maestro chiede ai suoi, a noi, in primo luogo, ossia l'apertura e la fiducia in lui e nel suo insegnamento.
Siamo liberi di scegliere con cura del prosciutto… ma impariamo a "pesare" con cura ancora maggiore il nostro cuore, capace sovente di mali inenarrabili.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 9 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Dall'osservanza all'assomiglianza

Mc 7,1-13

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: "Onora tuo padre e tua madre", e: "Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte". Voi invece dite: "Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio", non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».


Gesù ha vissuto dentro un contesto religioso e culturale effervescente. Le discussioni attorno ai precetti della Torah e circa la loro osservanza pratica erano (e lo sono ancora oggi, in verità) molto accese. Non vi era certamente unanimità né uniformità di posizioni e le varie scuole di pensiero, riferendosi chi all'uno chi all'altro Rabbi, davano origine a dibattiti infervorati e accalorati. Anche Gesù non si tira indietro e dice la sua a proposito. Non dobbiamo commettere l'errore di leggere questi testi in chiave antigiudaica o, nelle sue forme più ignobili, antisemita (come purtroppo accade ancora oggi troppo sovente). Gli evangelisti non riportano questa realtà per dar contro al popolo d'Israele, ma come monito severo alla comunità cristiana affinché non cada nella tentazione di accontentarsi di un'osservanza esteriore cui non corrisponde una reale e sincera conversione del cuore al messaggio di Gesù, Signore e Maestro.

Sorella, fratello: l'idea di osservare il precetto per sentirsi "a posto" nei confronti di Dio è sempre stata presente nel cuore di ciascuno. Gesù, nella linea dei profeti, ci riporta al cuore dell'Alleanza per ribadire quanto la relazione con il Padre, seguendo le orme del Figlio, non si fonda più sulla semplice osservanza ma sull'assomiglianza. Il credente è anzitutto colui che assomiglia al Padre. Ogni legge, ogni precetto va vissuto in questa direzione: questo è l'insegnamento principale di Gesù. Con Lui e come Lui percorriamo i sentieri della storia come figli che, nella fatica del quotidiano, cercano di realizzare quella somiglianza della cui immagine siamo portatori. Il Padre non cerca devoti osservanti, ma figli assomiglianti.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


lunedì 8 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Occhi e cuore riconoscenti


Mc 6,53-56

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.



Alla fine del capitolo sesto Marco ci offre un "sommario", l'ultimo della sua opera, circa l'attività di Gesù. Il contrasto tra la "gente" che riconosce subito Gesù e il gruppo dei discepoli che hanno "la mente chiusa" (6,52) è chiaro: non sempre chi ha la possibilità di essere più vicino al Maestro manifesta quella fiducia in lui colui che "è passato beneficando e risanando tutti…", come dirà più tardi Pietro.
Un piccolo particolare a proposito del "lembo del mantello", di cui Marco aveva già parlato in precedenza: il termine greco usato da Marco in questo unico caso potrebbe indicare più propriamente il nastro in tessuto celeste con quattro nappe all'estremità del mantello, secondo le prescrizioni della Legge, che le persone pie indossavano. Questo ci offre l'opportunità di comprendere ancor meglio la profonda religiosità che Gesù viveva.

Sorella, fratello: a differenza dei discepoli che "hanno la mente chiusa", la gente "riconosce" Gesù e si comporta di conseguenza. Sicuramente tu potrai pensare al fatto che essa poteva coltivare un qualche interesse immediato, che essa fosse attenta più alla soddisfazione dei propri bisogni che al messaggio di Gesù. Tuttavia, la domanda resta e arriva fino al nostro oggi.

E noi? Noi, lettori, destinatari del messaggio oggi, comprendiamo? Abbiamo occhi per vedere, riconoscere e agire di conseguenza? Siamo "ri-conoscenti", ossia capaci di conoscere in maniera sempre nuova il messaggio e lo stile di Gesù?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 5 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

La mensa della parola

Mc 6,14-29

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello».
Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.



Con questo racconto Marco sospende per un momento la sua narrazione e apre un flash-back per raccontare al suo lettore quello che già aveva anticipato, ossia come è morto il Battista.

Erode vuole tutto: sia la moglie del fratello, che ha avuto, sia la parola del profeta "che ascoltava volentieri". Vive con una donna che vuole sbarazzarsi dell'uomo che lui "preserva" pur avendolo fatto imprigionare. Non sto a commentare tutti i passaggi del racconto perché lo spazio non lo consente, ma la conclusione della vicenda è che la stessa parola tagliente del profeta viene tagliata e presentata su di un piatto. Ma quel che è paradossale è che colui che era imprigionato si mostra davvero l'unico libero della vicenda mentre il re si è imprigionato da solo nelle proprie contraddizioni, rivelandosi così come una marionetta che sfoggia un potere regale da farsa.

Sorella, fratello: la morte di Giovanni ci rivela il "valore della parola". Vi è una parola che libera, che nutre davvero, che fa crescere e una parola che soffoca, uccide, taglia la vita. Vi è la parola che nasce nel profondo della coscienza e una parola che si pavoneggia da libera ma che è prigioniera delle opinioni e del consenso ricercato a tutti i costi, anche a costo delle vite altrui.
La mensa essenziale di Giovanni nel deserto ha generato una parola autorevole anche se pagata a caro prezzo. Il lauto banchetto di Erode ha ucciso la parola soffocandola nella ricerca ostinata del consenso e del potere. A quale mensa vogliamo sedere? Quale reale libertà desideriamo?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 3 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Non è costui il falegname?


Mc 6,1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.



Questo episodio segna la fine della prima tappa: da qui in avanti Gesù chiude, in un certo senso, la sua attività e frequentazione della sinagoga. Al capitolo 3 all'uscita della sinagoga i suoi avversari si accordano per cercare di farlo morire; qui, in mezzo ai suoi, alla sua famiglia, al suo clan, Gesù sperimenta forse il rifiuto più amaro che lo porta a "stupirsi", lui che stupiva, per l'incredulità che lo circonda. Non dimentichiamo che siamo sempre nella prima parte del percorso secondo Marco, dove la domanda "Chi è costui?" è la chiave di volta per comprendere e apprezzare questo racconto.

Sorella, fratello: non siamo forse noi quella "patria" che si scandalizza di questo Maestro? Non siamo forse noi che, con la nostra pretesa di "conoscere" questo uomo, di inquadrarlo nei nostri schemi religiosi, nelle nostre costruzioni dogmatiche, gli impediamo di dirsi e introdurci nel mistero del Regno? Non siamo forse noi quelli che chiediamo a Lui di manifestarsi a noi secondo i nostri desideri? Non siamo forse noi che con troppa facilità "disprezziamo" questo profeta che demolisce le nostra false credenze, che ingarbuglia e smonta i nostri pensieri su Dio e il suo Regno?

Occorre trovare il coraggio per uscire da questo villaggio che impedisce, che opprime, che esclude, per "percorre con Lui i villaggi d'intorno" e accogliere il suo insegnamento. Occorre trovare il coraggio di mettere in crisi le nostre pretese di conoscenza di Lui e affidarci alla sua parola, al suo stile di vita, alla sua proposta.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 2 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Mossi dallo Spirito

Lc 2,22-32

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».



Oggi ricorre la festa della Presentazione del Signore, festa che nasce appunto dal testo del Vangelo secondo Luca proposto oggi.
Nella forma breve qui proposta vi invito ad osservare come Luca ci tenga a sottolineare come il tutto si svolga per adempiere alla Legge del Signore. Il giusto Giuseppe, con la moglie Myriam, osservano quanto la Legge prescriveva a proposito dei primogeniti. In tale contesto si colloca la figura del vecchio Simeone che, ci dice Luca, è "mosso dallo Spirito".

Simeone incontra una coppia nella vita della quale lo Spirito aveva già sconvolto non poche cose; ora qui si ripresenta lo stesso Spirito che muove il vecchio Simeone, volto rugoso di quell'Israele rimasto fedele alle promesse. E proprio questo lasciarsi muovere dallo Spirito permette a Simeone di riconoscere Colui che è luce delle genti. Pensiamo: un anziano che in tutta la sua esistenza ha considerato la Torah come l'unica luce del mondo, ora, mosso dallo Spirito, intuisce che la luce è altro, è un Altro.

Sorella, fratello: l'invito è proprio quello di vivere lasciandoci "muovere dallo Spirito", vivere da donne e uomini "spirituali". Spirituali nel senso autentico del termine: mossi dallo Spirito. Da quello Spirito che spirava al momento della creazione, da quello Spirito che con il Battesimo il Figlio ha condiviso con l'umanità. È lasciandoci muovere dallo Spirito che diventiamo persone vitali e non mummie ammuffite senza alito vitale. È lasciandoci muovere dallo Spirito che sappiamo diventare nuovi ogni giorno, in quella novità di vita che si fa annuncio del Regno. È lasciandoci muovere dallo Spirito che possiamo seguire Colui che è luce e diventare lampade che diffondono questa luce nei solchi bui della storia di ogni giorno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 1 febbraio 2021

Buongiorno mondo!

Pastori della propria animalità


Mc 5,1-20

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione - gli rispose - perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.



Non è possibile contemplare la bella complessità di questo testo dentro un post forzatamente breve. Mi limito a offrirvi una tra le possibili chiavi di lettura.

Dentro queste righe di Marco mi pare di udire l'eco del racconto della creazione, in particolare in capitolo terzo, definito impropriamente il racconto della caduta. L'invito rivolto all'umano era quello di entrare nel processo della creazione allo stesso modo del Creatore stesso, cioè facendo spazio, rifiutando di assecondare la pretesa "bestiale" di "mangiare tutto", di credere di possedere tutto. L'umano invece, facendosi possessore di tutto, si fa in realtà possedere da quella cupidigia che non lascia spazio a niente e nessuno creando in questo modo solo spazi di morte. Così quest'uomo che il Maestro incontra diventa il simbolo dell'umano che non è stato capace di farsi "pastore della propria animalità", secondo l'indovinata espressione di P. Beauchamp.

Siamo messi di fronte a ciò che è "inumano", la negazione dell'umano creato a immagine e somiglianza del Creatore. Quando non si è pastori della propria animalità allora niente ci può frenare: la violenza diventa la cifra dell'esistenza, la parola cede il passo alle "urla", la ricerca sfrenata di ogni sensazione porta anche all'autolesionismo per, paradossalmente, "sentirsi vivi" e, al contempo, lanciare un grido spesso inascoltato di aiuto.

L'incontro sofferto, faticoso con il Maestro porta quell'uomo a uscire da un anonimato rivolto in primo luogo a se stesso (non sa nemmeno più chi è, si chiama Legione) e, poi, a recuperare la sua dimensione squisitamente umana: "Seduto" (capace di relazione non violenta con l'altro); "vestito", ossia in pieno possesso della sua dignità di umano (e non nudo come l'umano dell'Eden); "sano di mente", capace di porsi in maniera umana dentro la storia, ossia "pastore della propria animalità".
Ecco: fidarsi della parola del Maestro ci conduce a realizzare quell'umanità pensata dal Creatore fin dall'inizio; ci permette di diventare così "pastori della nostra animalità" capaci di narrare (e possiamo farlo perché il Maestro ci libera dalle nostre "urla" e ci rende di nuovo soggetti della parola) quanto ha fatto per noi.

So bene che questo testo richiederebbe più spazio e tempo, ma questi sono i limiti del "Buongiorno mondo".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.