venerdì 29 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Semi e segni

Mc 4,26-34

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Ricordiamo quanto già detto: le parabole stimolano la riflessione: rivelano e mostrano, ma esigono anche fatica e ricerca. Esse nascondono un mistero che bisogna cogliere pienamente. Ogni destinatario, anche il lettore di oggi, è responsabile del suo ascolto: comprenderà nella misura della sua apertura radicale.

La prima delle due parabole odierne è comunemente indicata come la parabola della semente che cresce da sola. L'insistenza è posta invece sulla produzione automatica (in gr. automàte) della terra. Si tratta, dunque, della parabola della terra che produce frutto da sé. Il che dice l'importanza di quest'ultima e ci riporta alla "buona terra" della parabola del seminatore.

La nostra parabola attira l'attenzione sul miracolo costituito dal fatto che la semina sfocia comunque in un raccolto. Il contadino resta per buona parte passivo: è la terra che produce il raccolto. Di fatto la parabola cerca di far capire che Gesù ha appena inaugurato la semina e che non bisogna ritenere questo tempo come un tempo perso, coltivando la pretesa di anticipare il raccolto. Come dice il saggio: "non serve tirare l'erba per farla crescere". L'annuncio del regno esige il rispetto del tempo che intercorre tra la semina, il tempo di maturazione adeguato e il raccolto. Dopo un periodo di crescita il regno annunciato giungerà a maturazione in coloro che lo accolgono. Non dimentichiamo quanto già detto per bocca di Isaia: "La mia parola non ritornerà a me senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata". È un bell'invito a non disperare, a essere quel buon terreno che accoglie il seme e lo lascia crescere e maturare, senza forzare i tempi, dentro i personali faticosi percorsi di ricerca quotidiani. Per brevità mi limito a questa prima parabola, lasciando a voi di gustare quella del granello di senape.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 28 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

 Entrare nel mistero


Mc 4,21-25

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».


Queste sentenze che seguono la parabola del seminatore ribadiscono l'importanza del saper ascoltare perché solamente in questo modo si entra nel "mistero del Regno". Attenzione: il mistero non è un segreto che resta nascosto ed è alla portata esclusiva degli "iniziati", di coloro che appartengono a una cerchia ristretta. Il mistero non è fatto per restare nascosto ma per essere manifestato e rivelato. In caso contrario si attuerebbe l'assurda e paradossale azione di accendere una lampada e piazzarla dove non possa svolgere la sua funzione di illuminare. Il mistero del Regno si manifesta nell'accogliere quel seme della Parola che il Seminatore sparge con abbondanza nella vita di tutti, nessuno escluso. La misura con cui si ascolta/accoglie tale seme/parola è la chiave di accesso al mistero del Regno.

Sorella, fratello: il Seminatore sparge il suo seme con abbondanza, senza pregiudizio alcuno verso il terreno in cui il seme cade. Ognuno di noi ha la possibilità di accogliere questo seme, di accendere questa lampada nel mondo. Non siamo padroni del seme, non siamo proprietari della luce, come la terra non è padrona del seme né la lampada proprietaria della luce. L'invito che ci è rivolto è quello di permettere al seme di germinare e dare frutto, alla luce di illuminare. Siamo terra e lampade: solo coltivando questa consapevolezza entreremo sempre più in profondità nel mistero del Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 27 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Entrare nel mistero

Mc 4,1-20

In quel tempo, Gesù cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva.
Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».


Quando Gesù parla in parabole (e questo è un punto assolutamente caratterizzante la sua predicazione) offre una via di verità e di comprensione paradossale perché il regno, oggetto centrale dei racconti parabolici, può essere accolto e compreso solamente come mistero.

Le parabole sono trappole linguistiche talmente ben congegnate che alla fine l'ascoltatore si ritrova, suo malgrado, dentro il quadro dipinto dal narratore. Un quadro che mette in crisi la concezione di Dio e del suo regno ed esige una risposta, una presa di posizione. Quando ti accorgi di essere stato "tirato dentro" la parabola, allora è troppo tardi: devi schierarti, prendere posizione. L'unica via per evitare la "trappola" è non ascoltare, o ascoltare con cuore indurito, oppositivo, il cuore di chi "crede" di sapere"
Ecco il motivo per cui Dio e il Regno sono presentati in forma di mistero: chi accoglie il mistero accetta di esserne provocato, messo in dubbio, scalfito nelle sue certezze e messo di fronte a un oltre, a un colore non previsto nella propria tavolozza. Chi accetta il gioco comprende che deve imparare a capire, che non tutto è chiaro, che ogni cosa non è "de-finita", che non ogni realtà, Dio o il Regno, può essere posseduta in maniera totale e totalizzante. Per ascoltare (imperativo posto all'inizio) bisogna essere liberi: a chi ascolta posseduto dalla pretesa del "noi sappiamo" è preclusa ogni apertura e comprensione.

Nella nostra parabola, che non a caso Marco evidenzia anche con la spiegazione, viene indicato come il seme è abbondante, ma il terreno non è sempre accogliente. La pretesa di possedere tutta la conoscenza del regno diventa un muro invalicabile, una chiusura alla libertà di Dio di dirsi alla nostra libertà.

Ascoltare le parabole non è da poco, non è per tutti: occorre un cuore libero e aperto all'oltre, a un mistero che non esige di essere compreso e posseduto, ma accolto, amato, e sempre ricercato, nella fatica del crescere quotidiano, come il seme piantato che cresce gradualmente.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 26 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Annunciare il Regno

Lc 10,1-9

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio"».


Sembra quasi che il Maestro, inviando in missione (quasi una sorta di stage) questi discepoli, offra essenzialmente due indicazioni: coerenza e semplicità.

La prima mi pare venga dal fatto che sono inviati in coppia. In effetti non si è mai cristiani da soli, si è sempre "in comunione di comunità". L'invio in coppia è un invito a essere coerenti: dite quel che fate e fate quel che dite. Inutile andare a parlare di perdono se non lo si vive insieme; inutile annunciare il regno se poi non si vivono le logiche del regno stesso. Dunque, siate coerenti con quanto annunciate.

In secondo luogo: siate semplici, della semplicità che nasce dalla sobrietà. Una sobrietà che non è miseria, ma capacità quotidiana di servirsi dei mezzi senza diventare servi e schiavi di questi. Serviti del denaro, ma non diventarne servo. Serviti di ciò che ti occorre per vivere, ma non farti usurare dall'idolo del potere-avere-apparire.

Sorella, fratello: ecco quanto chiede anche a noi oggi il Maestro: trasparenza nella semplicità e coerenza nello stile di vita e di annuncio. Mai come oggi il nostro mondo ha bisogno di testimoni che vivono in questo modo, assumendo lo stesso stile del Maestro. Noi, al suo seguito, mentre denunciamo le ingiustizie annunciamo un modo concreto di vivere. Non siamo quelli che "armiamoci e partite". Ciò che diciamo lo viviamo, e ciò che viviamo, con Lui e come Lui, lo annunciamo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 22 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Con Lui e come Lui

Mc 3,13-19

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.
Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.


Quella che viene definita l'istituzione dei Dodici rimanda all'intenzione di Gesù di stabilire un gruppo di compagni che condividano la sua stessa vita, il suo stile, il suo modo di percorrere i sentieri della storia. Questo bel quadretto si conclude però con una nota negativa, quella del tradimento, annunciato dal narratore, da parte di uno dei compagni. Il narratore sembra quasi suggerire che il complotto ordito dagli avversari troverà complicità anche all'interno del gruppo. La missione, dunque, non sarà una passeggiata e nel cammino dietro al Maestro occorre porre attenzione perché le apparenze possono ingannare.

Sorella, fratello: i primi hanno conosciuto la fatica, la paura, lo sbandamento, l'incomprensione, persino il tradimento di uno dei loro. Io credo che Gesù li abbia voluti vicini a sé per insegnare loro l'arte del discernimento. Un discernimento che li portasse a coltivare e far crescere nella loro vita lo stesso stile di vita del Maestro.
Gesù non consegna loro una dottrina ma li invita a condividere con lui l'annuncio del Regno attraverso uno stile di vita ben preciso, stando bene attenti a non farsi incantare dalle suadenti voci di altri che si sarebbero presentati come maestri davanti a loro.
In quella lista di nomi dovrebbe trovare posto anche il nostro. Siamo coloro che hanno scelto di far proprio lo stile del Maestro e di annunciare il Regno come e con Lui. O no?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 20 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Mani e cuori

Mc 3,1-6

In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.


La quinta e ultima controversia di questa prima sezione del Vangelo di Marco è innescata da Gesù stesso. Mi piace pensare a un Gesù esasperato che questa volta anticipa i suoi avversari e li provoca. "Alzati, in mezzo!". Gesù pone quest'uomo al centro della sinagoga, al centro del luogo deputato al culto ma a un culto che per dare gloria a Dio mortifica l'uomo: si rispetta tempo (sabato) e luogo (sinagoga) sacri e al contempo si mortifica l'uomo nel bisogno. Quasi a voler significare che il servizio all'altare è incompatibile con il servizio all'uomo. La condanna di Gesù di tale atteggiamento porta i suoi avversari a decidere di farlo morire, come tutti i profeti che a suo tempo denunciarono l'ipocrisia e la falsità di un culto fine a se stesso.

Sorella, fratello: la domanda posta da Gesù arriva dritta a noi e chiede una profonda verifica della nostra relazione con Dio. Essa si verifica (cioè si fa vera) solamente a partire dalla nostra relazione con l'uomo che incrociamo ogni giorno. Quante mani tese abbiamo contribuito a rendere paralizzate? E quante volte abbiamo giunto le nostre mani in preghiera e le abbiamo tenute chiuse di fronte al bisogno della sorella o del fratello davanti a noi? La mano paralizzata diventa così il simbolo di un cuore rattrappito, incapace di accogliere, incapace di donare. Abbiamo bisogno di essere guariti.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 19 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Signore del tempo

Mc 2,23-28

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: « Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni?».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».


Qual è il comandamento che anche Dio osserva? Il Sabato, rispondono i maestri rabbini: quello è il comandamento che anche Dio osserva.

"Ricordati del sabato, per santificarlo" è solo il prologo del precetto. Segue poi una sorta di catechesi che spiega il motivo di tale precetto. In particolare brilla la motivazione più antica: ricordati che sei stato schiavo in Egitto. Ora che sei libero, ora che possiedi operai che lavorano per te, ecco: non farti faraone su di essi! Rispetta il sabato, il riposo che spetta loro.
Gesù si inserisce in questa antichissima tradizione per ricordare appunto che "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!": il precetto, qualunque precetto che "utilizzi" Dio per mortificare l'uomo non può venire da Dio, creatore e liberatore.

Sorella, fratello: l'osservanza formale del precetto, di qualsiasi precetto religioso, l'osservanza praticata per fare piacere a Dio spesso genera pratiche che portano alla mortificazione dell'uomo. Il Maestro ci ricorda che ogni pratica religiosa che porta all'indifferenza verso la sorella o il fratello non può essere benedetta dal Creatore. Il Maestro ci invita a essere con Lui e come Lui "Signori del sabato", con tutto ciò che questo comporta. Realizzare la somiglianza con il Creatore significa entrare come Lui dentro il processo di creazione che ancora si sta compiendo. Per questo anche il tempo, tutto il tempo, deve diventare a misura d'uomo. Senza questo rischiamo anche noi di trasformarci in faraoni che si nutrono del tempo altrui.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 18 gennaio 2021

Buongiorno mondo

Vecchio e Nuovo

Mc 2,18-22

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».



Nell' ambito delle cinque controversie galilaiche, questa è quella centrale e in questa ritorna quel termine che ha suscitato l'ammirazione e la curiosità della folla: "nuovo", come il rattoppo, come il vino, come, infine l'insegnamento offerto da Gesù che è quello della tradizione degli scribi e dei dottori della legge.

Marco porta il suo lettore a porsi la domanda fondamentale: ma questa "novità" del Felice Annuncio, riguarda solamente alcune pratiche (come il digiuno) oppure arriva fino al cuore, alla Torah e a tutte le sue prescrizioni, a tutti i suoi precetti? Lo si scoprirà tra non molto (e io non anticipo la risposta: seguiamo con pazienza il narratore).
Di fatto qui viene sottolineata la radicale novità dell'annuncio evangelico: "Il Regno è prossimo". Solamente chi è disposto a cambiare totalmente, solamente chi si apre senza pregiudizi può comprendere. Voler far entrare a forza il vecchio (palaios) nel nuovo (kainòs) porta alla distruzione del tutto. Responsabilità non da poco.

Sorella, fratello: il Felice Annuncio esige un cambiamento totale, anche a costo di lasciar cadere le tante, troppe cose cui siamo attaccati, le realtà che fino ad oggi hanno segnato e sostenuto la nostra religiosità. Il Maestro non ama le mezze misure. Il suo messaggio non è fatto per comporre misture dove far entrare un po' di questo e un po' di quello per accontentare tutto e tutti. La forza del vino nuovo è dirompente, talmente dirompente da non poter essere contenuta e conservata in vecchi "otri", nei vecchi schemi di una religione fatta di un po' di pratiche, qualche pizzico di pietà rivestita del buon vecchio abito borghese del "facciamo un po' di bene anche noi". No, sorella, no fratello: il cambiamento o è radicale o non è. Se non siamo disposti, "otri e vino" saranno per sempre persi. I primi ci hanno creduto fino al dono della vita. E noi?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.



martedì 12 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Voci e silenzi

Mc 1,21b-28

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbedis
cono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.


Marco inizia descrivendo lo stupore per l'insegnamento autorevole di Gesù e, con una magistrale inclusione, alla fine del racconto definisce l'insegnamento come "nuovo". Il greco distingue tra "kainòs" e "neòs": il primo esprime la novità come qualità (una cosa mai vista prima, di qualità altra), il secondo si riferisce invece a ciò che è più recente (nuovo perché viene dopo qualcosa d'altro). Di cosa si tratta dunque? Cos'è che caratterizza l'insegnamento di Gesù tanto da suscitare una sorta di spavento ("furono presi da timore", lett. "essere spaventato")?
Credo che Marco voglia, in un certo modo, sottolineare l'autorità di Gesù nel proclamare la prossimità del Regno. E in particolare, dopo aver descritto i "cieli che si squarciano" nella scena del Battesimo, ci mostra l'autorità di Gesù che raccoglie la Parola del Padre e ci impone di "tacere". La sua autorità non consiste solo nel parlare, nell'insegnare, ma anche nell'imporre, nell'imporci il silenzio per fare spazio alla sua Parola.

Sorella, fratello: Gesù entra nella sinagoga, il luogo dove si presume di entrare in contatto con Dio e la sua parola. Quella sinagoga rappresenta il tuo cuore, la tua coscienza, il luogo dove dovrebbe risuonare la sua Parola ma dove spesso troviamo solamente il frastuono delle nostre voci, dei nostri pensieri, dei tanti "Noi sappiamo chi tu sei" che impediscono alla sua Parola di arrivare a noi. Quel "Taci" oggi è per noi, perché impariamo a scegliere quale Parola ascoltare, perché impariamo a discernere a quale maestro accordare la nostra fiducia.

È il primo passo richiesto da quel "Convertitevi" che Gesù ha fatto risuonare come primo annuncio.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 11 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Un Felice Annuncio 

Mc 1,14-20

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.


Ripropongo quanto ho già scritto su questa pericope.

Entriamo nel tempo del compimento, un momento favorevole e propizio in cui il "Regno di Dio", si è fatto prossimo. Gesù, Parola del Padre, fa risuonare nella nostra storia l'invito a costruire quella relazione con il Padre fondata non tanto sull'obbedienza quanto sulla pratica di un amore simile al suo. Alla luce di questo, quel "convertitevi" non suona come una minaccia o annuncio di un giudizio, ma ha il colore e il sapore del felice annuncio del Regno, cioè del modo di Dio di comunicare all'uomo la sua propria vita e capacità di amare.

Per questo occorre "convertirsi", cioè rompere con il passato, cambiare mentalità, ribaltare la propria mente per poter accogliere con fiducia questa buona notizia.

Quel Dio che l'autore del Genesi descrive come intento a passeggiare nel giardino con l'uomo, ora prende carne in Gesù, profeta itinerante, che non apre scuole ma percorre i sentieri della storia dove incontra l'uomo nelle sue attività ordinarie e lì fa risuonare il felice annuncio. È un invito a fare spazio a questo Dio che, in Gesù, sorprende facendo saltare quegli schemi in cui l'abbiamo, con troppa facilità, rinchiuso e ci invita ad abbandonare quelle "cattedre" su cui ci siamo appollaiati per camminare in strada dietro a Lui.

Questo tempo si manifesta come "kairòs" solamente per coloro che accettano di mettersi in discussione per aprirsi alla novità del Regno. Come bene ha detto Delorme, il felice annuncio, l'evangelo, e non altro, diventa "il luogo del credere".

Buona vita e un abbraccio a tutte e a tutti.

venerdì 8 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Il pane della Parola

Mc 6,34-44

In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull'erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero loro; e divise i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.



Pur non volendo trascurare le innegabili allusioni eucaristiche della nostra pericope evangelica, mi soffermo su un altro tratto del testo dal quale mi sento provocato. I discepoli sono appena tornati dalla missione e stanno godendo di un momento di riposo con Gesù. Ma il tutto è disturbato dalla folla che li raggiunge e davanti alla quale Gesù prova un moto viscerale di compassione. La reazione di Gesù è esattamente l'opposto di quella dei discepoli: loro vogliono "congedare", Lui vuol prendersi cura. Inoltre, vi è il fatto che si fa menzione di cinque pani e due pesci, e una folla che diventa "ordinata" in gruppi di 100 e 50. Mi sono chiesto se questi particolari avessero un significato particolare. Senza voler assolutizzare e tanto meno forzare il testo credo che tali particolari possano costituire un rimando alla Torah (5) alle Tavole della Legge (2) e al modo di istituire gli anziani in Israele da parte di Mosé, e poi 12 ceste (12 tribù, 12 discepoli… nuovo popolo). Nel nostro caso allora è Gesù che dona il pane di una nuova Legge che porta a compimento e supera quella antica: nasce un nuovo popolo il cui nutrimento è costituito da ciò che esce dalla "bocca del Signore", dal pane della sua Parola.

In tutto questo comincia a prendere forma, purtroppo, l'incomprensione dei discepoli che faticano, e di molto, a comprendere che essere pastori come il Maestro non è questione di potere e di indifferenza ai bisogni, ma di servizio e di condivisione.


Sorella, fratello: nel percorso quotidiano sulle tracce del Maestro, oggi siamo messi di fronte alle nostre omissioni, alle nostre incapacità nel "prenderci cura", alla nostra ottusa logica che pretende di risolvere tutto con la forza del denaro, mezzo che ci permette di soddisfare bisogni immediati ma, allo stesso tempo, di non soffermarci, entrare e farci carico della storia delle persone. Il Maestro oggi ci insegna che dalla condivisione del poco che ognuno è nasce la comunità di donne e uomini portatori dei segni del Regno. Regno dove ognuno può saziare la sua fame di umanità e di dignità. Oggi il Maestro ci insegna che la prima legge del nuovo popolo è la legge della compassione: senza questa, l'umanità intera continuerà a restare sempre una folla senza pastore, alla mercé dei vari falsi pastori che dando l'illusione di nutrire non fanno altro che svuotare dall'interno le vite di coloro che in essi credono. E le immagini provenienti dagli Stati Uniti di ieri, purtroppo, ce lo confermano.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


 

giovedì 7 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Convertirsi al Regno

Mt 4,12-17.23-25
 
In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.



L'annuncio del Regno che Gesù proclama passa attraverso la guarigione "di ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo". Gesù annuncia la presenza di un Dio che si prende cura delle fragilità del suo popolo, di tutto ciò che, in qualche modo, "deturpa" la bellezza di quell'Immagine di cui ogni donna e ogni uomo sono portatori.
Che cosa sia in effetti il Regno non è cosa data da capire nell'immediato: per comprendere l'annuncio di Gesù occorre camminare dietro a Lui, seguire il suo percorso fino alla fine, senza preconcetti, senza coltivare la pretesa di rinchiuderlo dentro le nostre visioni religiose precostituite, visioni spesso frutto di nostri desideri, dei nostri deliri di potenza.


Sorella, fratello: l'annuncio del Regno passa attraverso la carne di Gesù di Nazareth. Spostare il Regno nel futuro, in un aldilà che offre giustificazione alle "sofferenze del momento presente", relegarlo a promessa di un futuro felice che accetta sofferenze e violenze nell'oggi perché "siamo peccatori e dobbiamo guadagnarci il paradiso" significa vanificare il messaggio e la proposta di Gesù. Troppo facile rinchiuderlo in questi pensieri, in questa "teologia da espiazione" per spiegare tutto sotto il segno della "volontà di Dio".

"Convertitevi": è questo l'imperativo di Gesù. Ma la conversione non la fabbrichiamo noi! Occorre stare dietro a Lui per comprendere cosa sia la conversione, cosa comporti, cosa implichi dentro le nostre esistenze.
Siamo solo all'inizio del Vangelo: ci è richiesta la perseveranza e la costanza di star dietro al Maestro. Tutto il resto, per il momento, è solo roba nostra, e non sua. Il primo passo per la conversione è accogliere quella sua novità che scombussola e ribalta le nostre comodità religiose.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.




martedì 5 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Seguimi!

Gv 1,43-51

In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».


In questa pericope assistiamo alla "chiamata" del secondo gruppo dei discepoli. I primi provenivano dalla cerchia di Giovanni il Battista, quindi rappresentativi di coloro che, in un qualche modo, avevano già rotto con le istituzioni giudaiche ritenute infedeli all'Alleanza. Questi secondi si pongono invece nella linea tradizionale che sosteneva la linea profetica di un Messia che avrebbe adempiuto le promesse restaurando il passato in tutta la sua purezza: per loro il Messia rappresenta la continuità con il passato. L'espressione usata da Gesù circa gli "angeli che salgono e scendono" li riporta dritti al famoso sogno della scala di Giacobbe, dove l'Alleanza d'Israele è la porta di accesso al "cielo", cioè a Dio.
Gesù qui afferma in maniera solenne che d'ora innanzi il "cielo aperto", cioè la comunicazione diretta tra Dio e l'uomo passa attraverso di Lui: Lui, che più tardi nella tradizione giovannea, si definirà come "la porta…", Lui che "sceso dal cielo" salirà su una croce per tracciare la via.

Sorella, fratello: tutti i primi chiamati han dovuto fare il loro percorso per imparare a "dimorare" con il Maestro, ossia han dovuto faticare per conoscerlo, assimilarne il suo stile di vita e rendersi portatori del suo messaggio. Han dovuto spogliarsi della loro "conoscenza" del Messia, han dovuto abbandonare i preconcetti, le attese, i desideri, per aprirsi alla novità di questo Maestro che, per il momento, ha una sola parola: "Seguimi!".

È il percorso che ci apprestiamo a compiere anche noi in questo nuovo anno. Il "kairòs" della pandemia ci tocca anche in questo: ripartire da Gesù di Nazareth, buttando tutto ciò che gli abbiamo messo addosso: i nostri "addobbi" religiosi, i nostri precetti, le istituzioni che riteniamo intoccabili e inamovibili. Occorre seguirlo in Galilea: da lì bisogna ripartire, senza preconcetti, senza paure di dover perdere certezze assodate ma forse troppo lontane da Lui.

Seguimi! Dovrebbe essere l'unica parola che risuona nel nostro oggi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 4 gennaio 2021

Buongiorno mondo!

Cercatori di vita

Gv 1,35-42

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì che, tradotto, significa maestro, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia», che si traduce Cristo, e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro.


Il Battista indica Gesù che passa, lo dipinge con una certa espressione e due dei suoi cominciano a seguire Gesù. È l'inizio dell'avventura: semplicissimo, quanto mai banale principio di una storia di cui facciamo parte e che ogni volta si rinnova. Cosa avranno compreso i primi due delle parole di Giovanni? Credo molto poco: si sono forse fidati di lui e si saranno detti: "Proviamo. Se lo dice lui!?".

Quella sequela silenziosa è illuminata dalla domanda di Gesù: "Che cosa cercate?". La risposta non è banale: "Dove abiti?", che potremmo comprendere con un "Dove vivi? Come vivi? Che vita fai?". Dietro quel "Dove abiti?" vi è forse la ricerca di un modo diverso di vivere. E Gesù accoglie la richiesta con il famoso "Venite e vedrete". Gesù non consegna una dottrina, non fornisce una ricetta, non offre buoni consigli come i dottori dell'epoca: propone un'esperienza concreta, fa una proposta di vita. È come se dicesse loro: "Fate voi stessi esperienza, non cercate informazioni dall'esterno: venite a vivere con me e scoprirete come vivo io, in base a cosa oriento la mia vita, a chi mi dedico, perché vivo in questo modo".

Sorella, fratello: è questo, forse, il passo decisivo da compiere oggi per far ripartire la nostra esperienza cristiana. Infatti, se qualcuno oggi si avvicinasse a noi e ci chiedesse: "Dove vivete? Cosa c'è di interessante nelle vostre vite? Perché vivete così?", cosa risponderemmo? La nostra umanità oggi ha sete di persone che vivono e non di chiese che cercano di sopravvivere. Siamo in cerca di vite vissute che parlano e non di istituzioni che regolamentano, determinano, insegnano. Una Chiesa esperta e maestra di umanità è la casa nella quale invitare tutte le donne e tutti gli uomini assetati di vita. È questa la Chiesa del "Venite e vedrete": quella formata da donne e uomini che osano la sfida di quell'Uomo che propone un modo di vivere differente e interessante. Una sfida che oggi è posta nelle nostre mani.

Sapremo ridare fascino all'antico invito? Sapremo ridire con parole e vite nostre quel "Venite e vedrete" iniziale?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


venerdì 1 gennaio 2021

Auguri!

Duemila21

Vorrei indirizzare a tutte e a tutti voi il mio augurio per questo nuovo anno che inizia.
Mi piacerebbe dire Buon Anno, ma preferisco augurarvi un Anno Bello, perché la Bellezza si pone al di là dell'utile e dell'inutile: la Bellezza è totalmente gratuita.
Dunque, sorella, fratello, il tuo sarà un Anno Bello

Se scegliendo la via della bontà non sarai mai più considerato un "buonista",

Se vivendo dentro una relazione ferita non conoscerai mai più le ferite da relazione,

Se nella tua comunità cristiana sperimenterai quotidianamente il potere del servizio e non più il servizio del potere,

Se percorrerai ponti costruiti sulla convivialità delle differenze e non sbatterai contro muri generati dall'indifferenza e dall'egoismo del "prima noi",

Se ridarai alla parola tutto il suo valore e la sua dignità generandola nella mente e nella coscienza e non nella pancia,

Se nella tua casa, nel tuo quartiere, nella tua città nessuno sarà più invisibile,

Se saprai con coraggio farti voce di chi non ha voce anche quando il frastuono dell'odio cercherà di zittirti,

Se finalmente saprai ritrovare un uso sensato dei social media, trasformandoli in piazze per ritrovare amici e non in feudi popolati da nemici e da odiatori,

Se saprai essere un mite costruttore di pace "trasformando le lance in vomeri e le spade in falci" perché ognuno abbia il suo pane,

Se la politica tornerà ad essere un'arte, libera da logiche di potere di partito e capace di pronunciare di nuovo, senza paura di perdere consenso, le parole "Bene Comune",

Se quelli che chiamiamo "servitori dello Stato" si ricorderanno ogni giorno che sono a servizio dei cittadini e non i cittadini a servizio loro,

Se le "molte fedi" diventeranno percorsi di umanizzazione rinunciando ad ogni violenta pretesa di verità assoluta e irrinunciabile,

Se la parola "Dio" non sarà mai più pronunciata invano per scaricare su di Lui le nostre malefatte,

Se il dolore e la sofferenza di uno saranno il dolore e la sofferenza di ciascuno.


Ma per me questo è già un Anno Bello, sorella, fratello,perché tu ci sei e continui a camminare insieme, nella fatica quotidiana.

È già per me un Anno Bello perché insieme a te percorriamo la via che ci conduce a diventare "pastori della nostra animalità".

Così facendo potremo vivere da Fratelli Tutti in Amoris Laetitia e la terra diventerà finalmente una casa comune dove esprimeremo in tutta la sua bellezza quella somiglianza all'Immagine di cui siamo portatori.

Un Anno Bello a tutte e a tutti voi.

Buona vita.