sabato 30 marzo 2024

Buona Pasqua 2024

Pasqua 2024



La morte in croce di Gesù non è un mistero: è il risultato di quella nefasta alleanza tra trono e altare che continua a perpetrare con impunita facilità lo stesso crimine anche nel nostro oggi.

La storia che viviamo è disseminata di “crocifissi”  che sono i “frutti avvelenati” degli attuali criminali saldamente “inchiodati”, loro sì!, ai loro “troni” continuamente incensati da “altari” che invocano maledette benedizioni sui misfatti da questi commessi e, al contempo, foraggiano schiere di “falegnami” pronti a sfornare velocemente croci per colmare il proprio vorace bisogno.

Per la discepola e il discepolo di Gesù lo sguardo all’Uomo della Croce è illuminato dalla Luce del Vivente, da Colui nel quale l’energia dell’amore totale ha sconfitto la violenza della morte stessa.

In Colui che è il Vivente la morte non è più muro invalicabile, barriera insormontabile. Grazie al Vivente la morte si trasforma in soglia, porta che si schiude sull’orizzonte che apre lo sguardo alla visione del Figlio dell’Uomo.

Il Vivente apre la porta sulla pienezza dell’umanità, su quell’umano che ancora deve ancora venire alla luce, quell’umano in cerca di un parto sempre atteso e ancora in via di compimento.

Dentro il caos della nostra storia così ferita, così mutilata, ma assunta, fatta propria,  dal Trasfigurato che nella De-figurazione della Croce ha aperto la via al dono che si fa totale nel perdono, risuona, come all’inizio del tempo, il discreto e non violento: “Sia luce”, che diventa appello per chi sa ascoltare: “Vieni alla luce”, “Esci dal sepolcro”.

Esci dal sepolcro dell’ipocrita religione in cui il formalismo e la sua presunta giustizia, o giustezza, rende arido e sterile il cuore;

esci dal sepolcro della violenza generata dalla bramosia che ti credere di essere Faraone e signore dell’umanità;

esci dal sepolcro dell’indifferenza, abile architetto di muri e barriere, culla dell’illusione di bastare a sé stessi incuranti dell’altro;

esci dal sepolcro che nutre il tuo sentimento di onnipotenza: sei un guaritore ferito: guarisci mentre ti prendi cura dell’altro.

Il Vivente ci attende “in Galilea”, lì dove tutto ha avuto inizio, lì dove le nostre sicurezze e certezze sono state messe in discussione, lì dove il senso della giustizia è stato mescolato con quella misericordia che tutto risana.

Occorre uscire dal “sepolcro imbiancato” che ci siamo costruiti e nel quale continuamente deponiamo il Vivente perché troppo fastidioso per le nostre tranquillità, troppo dirompente per le nostre certezze religiose, troppo umano per la nostra disumanità.

Occorre uscire a cercare i segni della sua Presenza.

Oggi, perché oggi è il Suo Oggi.


Buona Pasqua a tutte e a tutti. Abbraccio.

sabato 23 marzo 2024

Avviso ai naviganti


Il commento al Vangelo del giorno "Buongiorno mondo!", riprenderà Martedì 2 aprile 2024.

Grazie di cuore. Abbraccio a tutte e a tutti.

venerdì 22 marzo 2024

Buongiorno mondo!

La Via del Giardino




Gv 10,31-42


(…) “Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?»”. (…)




Tutta la vita di Gesù, le sue azioni, le sue parole, sono una narrazione, un rivelare l’autentico volto di Dio, del Dio amante e vitale che si umanizza in Gesù per divinizzarci. Questo conduce Gesù ad entrare in conflitto con l’istituzione religiosa, gelosissima custode della prerogativa di porsi come mediazione tra Dio e l’uomo.

Per di più, l’immagine stessa di Dio che Gesù rivela diventa denuncia della perversione idolatrica che nasce dal sentirsi possessori, padroni di Dio stesso, incasellandolo in definizioni che sostengono il sistema religioso.

Ridurre il Padre a una divinità assetata di offerte continue, gelosa della felicità degli uomini, capace di colpire con maledizioni e malattie chi non si sottomette e osserva i precetti stabiliti da quell’autorità da cui si fa rappresentare: ecco cosa denuncia implicitamente Gesù nel suo Felice Annuncio.

Dio vorrebbe continuare a scendere nel giardino della vita a passeggiare con l’uomo. Ma noi abbiamo messo tanti e tali posti di blocco, torri di guardia e fili spinati, che Lui stesso deve chiedere il permesso per potersi prendere una boccata d’aria. 

Gesù ha pagato la sua coerenza con la vita, ha pagato il “mostrarci le molte opere buone del Padre”. Così facendo, nella sua Risurrezione, ci consegna il dono/compito di proseguire lungo questa Via. “Perché guardate in alto?”. Lui è qui, e continua a cercare compagne e compagni di viaggio per riaprire la strada del giardino della vita a tutte e a tutti, Dio compreso.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 21 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Dalle pietraie di morte ai giardini di vita




Gv 8,51-59


(…) Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.




Forse le pietre dell'ultima volta, quelle destinate alla donna colta in adulterio, non erano delle dimensioni adatte, o forse questa volta volevano davvero mettere la parola fine all'avventura proposta dal Maestro. 

Di fatto, ogni volta che la bellissima verità di Colui che "bestemmia perché si fa uguale a Dio" cerca di penetrare nel sistema della religione, la reazione è sempre violenta: meglio chiudere subito la falla altrimenti chissà dove andiamo a finire. La libertà dell'essere figli, e quindi di assomigliare al Padre, è una verità scomoda. Scomoda perché scardina alla base il meccanismo di potere proprio della religione, eliminando anzitutto chi occupa il posto di mediatore tra "Dio" e "l'uomo". Come "gestire" un Dio che si presenta come Padre e apre a tutti il suo cuore, gratuitamente, senza condizioni? Che razza di comunità verrebbe fuori senza la guida di coloro che "sanno" esattamente ciò che Dio vuole e per questo chiedono obbedienza? 

Credo che la via proposta dal Maestro sia difficile perché impegna la libertà personale nel dono di sé. Quando questo è chiaro, allora diventa chiaro allo stesso modo lo stile di vita che nasce e sostiene una comunità nella quale i ruoli non sono più vissuti come "potere" ma come servizio. E allora, solamente allora, le cave di pietre diventeranno giardini di vita. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 20 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Liberi nella verità, veri nella libertà



Gv 8,31-42


In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». (…)



La fedeltà alla parola di Gesù non è mera osservanza di un qualche precetto, altrimenti dove starebbe la novità del cristianesimo? 

Essere fedeli alla sua parola è diventare parola a nostra volta, come Lui, una parola che parla del Padre, del Regno; una parola fatta di servizio all'umanità perché cresca nella vita, nella giustizia, perché diventi "più umana". Una parola che sa arrivare al cuore per aprire all'amore. 

La “verità” che ci rende liberi non è quella contenuta nelle certezze dogmatiche (fin troppo certe…); non è nemmeno identificata con le “idee” e le “immagini” che ci siamo fatti di Dio. Queste sono quelle “verità” che dividono, che escludono “in nome di…”, che generano, alla fine, conflitti e guerre. 

L’unica verità capace di renderci veramente liberi è quella di riconoscerci figlie e figli e, di conseguenza, vivere e creare relazioni di sororità e fraternità con tutte e tutti. Ecco perché diciamo che la “verità” non ci appartiene ma siamo noi ad appartenere a lei. La verità stessa si rivela a noi, rivelandoci al contempo a noi stessi, e ci attira giorno dopo giorno a sé, a patto che non ce ne facciamo padroni e possessori assoluti. La nostra libertà sta precisamente nello scoprirci quotidianamente come figlie e figli che vivono attente e attenti alla vita e alla felicità dell’altra/o riconoscendo in ognuno una manifestazione della “forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana” (Vat. II, Nostra Aetate).

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 19 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Un Dio creativo



Mt 1,16.18-21.24


(…) Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. (…)




Oggi nella liturgia si festeggia San Giuseppe, che la classica iconografia ha spesso dipinto come un simpatico vecchierello, preso da Dio per dare una famiglia a Gesù, che fa una brevissima comparsa nei vangeli cosiddetti dell'infanzia, e poi, misteriosamente, scompare nel nulla.  

Giuseppe viene definito come un "giusto", cioè uno stretto osservante della Legge e per questo acceso nazionalista. L'osservanza propria dei giusti si pensava accelerasse l'arrivo del Messia che avrebbe liberato dall'oppressore romano e ricostituito il Regno d'Israele. 

Giuseppe, il Giusto secondo la Legge, sceglie di infrangere la Legge stessa (decise di licenziare Maria in segreto, al posto di denunciarla come la Legge obbligava) per fare spazio a Dio. Giuseppe il Giusto, apre la strada al Figlio del Padre che rinnova il suo rapporto con l'umanità: non più un Dio che governa emanando leggi, ma un Padre che apre la sua casa e invita a entrare nella creazione dell'uomo nuovo. Il "Figlio" di Giuseppe il Giusto sbriciolerà la vecchia religione per aprire la via all'esperienza della fede che offre alla vita di chi accoglie tale dono una qualità nuova: la stessa condizione divina. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.Un augurio fraterno a tutti i papà, in qualsiasi modo essi lo siano.

lunedì 18 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Vittime del peccato



Gv 8,1-11


(…) Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. (…)



"Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei" frase conosciutissima, forse la più conosciuta tra quelle pronunciate da Gesù. Spesso è stata pronunciata da chi, poi, è corso a raccattare le pietre che altri hanno lasciato cadere e approfittare così per esercitarsi nello sport nazionale preferito: lancia il sasso e nascondi la mano. 

Il grande insegnamento di Gesù ci porta dritti al cuore del Vangelo: il giudizio del Padre è sempre un atto di misericordia. Non vuol dire chiudere gli occhi su quelle situazioni di peccato che sviliscono la persona, annientano la sua dignità imbruttiscono il volto dell'umanità. Gesù il peccato lo guarda in faccia, ma con occhi di misericordia che sanno risanare, riaprire alla vita. È uno sguardo che ridona dignità e libertà, che apre nuovi percorsi e immette aria nuova. Le nostre comunità sono divenute spesso delle cave a buon mercato di pietre pronte all'uso: basta sapere a chi chiedere e trovi tutte lì munizioni che vuoi. L'istituzione gerarchica stessa non ne è immune: altro che Chiesa di persone! Spesso ci troviamo immersi in autentiche pietraie che sono il frutto di anni di esclusione, di emarginazione, di abbandono. Sono pietre ben scelte, lucidate dalla rigorosità della legge, levigate dall'aridità di certa teologia che ormai non sa più nemmeno come si scrive la parola Padre. Sono le pietre che gridano la sofferenza di tutte e tutti coloro che aspirano alla bellezza e alla freschezza del Vangelo, che anelano alla vita, che aspirano all'amore. Forse è davvero giunto il momento che ognuno guardi dentro le proprie tasche e lasci davvero cadere per sempre le pietre che ancora vi giacciono nascoste in attesa del bersaglio... 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 15 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Condivisione di vita



Gv 7,1-2.10.25-30


(…) Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». (…)




Potremmo titolare queste righe così: la presunzione della conoscenza. Un conto è sapere delle cose sul conto di Gesù, un conto è condividere con lui l'intimità del discepolo amato. A volte ho l'impressione, senza voler per questo giudicare o cadere nello stesso errore di presunzione, che nell'esperienza della comunità ecclesiale si fa mostra di sapere tanto, di istruzione a gogò, ma alla prova dei fatti tutto questo si rivela un buon esercizio di studio (necessario, intendiamoci) ma alla prova dei fatti ognuno resta con le sue convinzioni. 

L'esperienza della condivisione di vita con il Maestro non è fatta di "Noi sappiamo, noi ti conosciamo" perché questo porta spesso a ingabbiare il Maestro nelle nostre categorie e renderlo così "docile" e facile da manovrare, adattando le durezze della sua proposta alle nostre inerzie, alle nostre paure di perdere tutto, al nostro "onore". Conoscere Lui significa entrare in una relazione di intimità tale da accogliere quella forza che l'ha "spinto" a farsi uno di noi: l'amore di Dio, che chiede di essere accolto e condiviso. I discepoli non sono coloro che "sanno", ma coloro che vivono trasmettendo non saperi di potere, ma scelte di servizio; non saperi di possesso, ma percorsi di condivisione; non saperi di apparenza, ma fatiche quotidiane nel vivere la verità dell'essere figli e fratelli. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 14 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Narratori del divino




Gv 5,31-47


(…) Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.

E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. (…)




Oggi Gesù ci ricorda che "le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato". Non confondiamo tali "opere" con le buone azioni o i "fioretti" che si possono fare. Le opere di cui Egli parla fanno riferimento a tutto il progetto di vita che Dio desidera condividere con noi e attraverso il quale rendersi presente nella storia dell’umanità. Un progetto in cui la vita diventa piena se sei capace di farne dono, diventa segno rivelatore del volto di quel Dio che ama la vita e vuole la nostra felicità. 

Ecco le "opere" che con Lui possiamo compiere: comunicare vita, essere manifestazione di quella Presenza amante e vitale che desidera far respirare vita a ogni sua creatura. L’unico modo che abbiamo per “ascoltare la Voce” e “vedere il Volto” è passare attraverso la carne di Gesù, il Figlio dell’Uomo, Colui che si rivela “narratore” di tale “arcana presenza” che condivide la fatica di realizzare nostra umanità.  

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 13 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Una voce che chiama alla vita



Gv 5,17-30


(…) Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.

In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora ed è questa in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.

Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. (…)




Altro testo interessante quello che propone la liturgia oggi. Sottolineo queste parole di Gesù: "In verità, in verità io vi dico: viene  l’ora ed è questa in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.". Chi pensiamo che siano questi morti? I defunti? I trapassati? Non credo proprio. Ricordiamoci del prologo: "Venne tra i suoi ma i suoi non l'hanno accolto... a quanti però l'hanno accolto ha dato potere di  diventare figli di Dio...". L'offerta del Figlio (in senso totale di proposta e dono di sé) è fatta a tutte e a tutti coloro che vivono l'esperienza della morte: la morte che viene dal misconoscimento del volto del Padre, la morte procurata dalla sottomissione ad una religione il cui Dio è una sorta di Moloch cui sacrificare tutto per ottenere qualcosina, la tenebra dell'oppressione in nome di Dio (di tutte le oppressioni, comprese quelle derivanti da fanatismi e integralismi vari), la morte di chi vive nel terrore del dio che giudica e condanna, e via dicendo. La voce del Figlio arriva a tutte e tutti costoro e chiama a vita: "quelli che l'avranno ascoltata, vivranno", entreranno cioè in una dimensione nuova in cui la qualità della vita sarà talmente superiore da essere più forte della morte stessa. Occorre però avere il coraggio di abbandonare tutto quanto, seguire il Figlio e avere il fegato di restare con Lui fino alla Croce, cioè imparare giorno dopo giorno a fare del dono di sé lo stile concreto della propria esistenza. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 12 marzo 2024

Buongiorno mondo!

La religione del merito



Gv 5,1-16


Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.

Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». (…)




Oggi Giovanni nel vangelo ci racconta la guarigione dell'uomo che da trentotto anni era infermo. Dopo il fatto, quando incontra Gesù per la seconda volta si sente rivolgere queste parole: "Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio". 

Immagino già i vari "soloni" della teologia da “Radio Elettra” (abilmente camuffati da mistici mentre in realtà sono solo mistificatori:  ogni riferimento è puramente casuale e non voluto) gridare: "Visto! Avevamo ragione noi! Gesù guarisce quell'uomo e gli chiede di non peccare per non ricadere malato. Quindi se siamo malati è perché siamo castigati per i nostri peccati!". 

Già, peccato che Gesù avesse chiesto a quell'uomo, guarito in giorno di sabato, di non peccare più intendendo con questo il fatto di non rientrare più nel gioco sporco della religione che opprime e non libera, che da 38 anno lo teneva immobile, quasi un soprammobile a testimonianza che la malattia è frutto del peccato (ossia della non osservanza dei precetti), di quella religione dove il posto di Dio è preso da coloro che dovrebbero facilitare l'incontro con Lui e non impedirlo o seppellirlo sotto tonnellate di leggi, leggine, divieti, prescrizioni, attestati, certificati, timbri, firme e verbali di vario genere. Gesù chiede a quell'uomo di starsene lontano da tutto questo: una volta incontrato il Dio che libera, che ridona vita, che ripara la dignità offesa, che rende il cuore capace di amare, ebbene, il peccato sta proprio nel tornare dentro il fango della religione costituita e ingabbiare così il cuore del Padre, trasformandolo di nuovo in un dio che chiede incessantemente e non in un Padre che dona senza riserve. 

38 anni... una vita. Quanta strada ancora. 

Un abbraccio a tutte e tutti. Buona vita.

lunedì 11 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Narratori del divino



Gv 4,43-54


In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.

Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.

Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». (…)





Al funzionario del re che chiede aiuto per il figlio malato, Gesù risponde con queste parole: "...Se non vedete segni e prodigi, voi non credete...". Credo che queste parole siano di un'attualità sconcertante e definiscano bene la realtà religiosa (o pseudoreligiosa) in cui tanti si dibattono. Non ci interessa capire cosa il segno indichi, ma vogliamo a tutti i costi un segno, un prodigio che ci permetta di dire: "Io c'ero!". I segni che Gesù opera non sono  fatti per sbalordire, per convincere, per crearsi degli adepti. Sono segni che indicano l'obiettivo della sua esistenza: rivelarci il volto di Dio e proporci di assomigliare a Lui nel praticare un amore simile al suo. Per questo in un altro passo Gesù stesso dice che se entriamo in tale percorso di fede faremo "... dei segni anche più grandi di quelli" che ha fatto Lui. La sua proposta è uscire dalle sabbie mobili del prodigioso a tutti i costi ed entrare nella dimensione dove più che fare segni, diventiamo segni noi stessi. Segni che indirizzano umilmente, con le nostre fragilità, al volto di una Trascendenza che svela giorno dopo giorno il suo sogno: fare di tutti e di ciascuno dei figli e del mondo una casa dove respirare a pieni polmoni aria ricca di vita, di amore, di perdono. E a chi mi accusa di essere poco credente perché non credo alle varie e quanto mai diversificate "apparizioni" (di tutti i tipi, tanto che tra un po' ci vorrà un telecomando celeste per gestirle), io rispondo dicendo che, con molta umiltà e fatica, ancora sto cercando di comprendere e  vivere il vangelo che mi è stato consegnato 2000 anni fa.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 8 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Un amore indiviso



Mc 12,28-34


In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». (…)



Era abitudine tra le varie scuole confrontarsi su tale problema, e la prevalenza nelle risposte assegnava alla legge sull'osservanza del sabato la preminenza. Gesù nella sua risposta ("Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi") riporta Israele al cuore della sua esperienza, dove l'amore a Dio, (il Dio creatore e liberatore, non il Dio legislatore quello della casistica, ma il Dio della tradizione profetica), si innesta in quello all'uomo: una professione di fede che si incarna e si verifica (si fa vera, verificare, verum facere) nella dimensione più squisitamente etica. Anche lo scriba riconosce la veridicità di tale affermazione (per quanto nella sua risposta resti sempre ben ancorato all'interno del recinto della sua ortodossia, per esempio guardate come non riesce a personalizzare il rapporto con Dio, lasciandolo all'impersonale...). Gesù lo invita ad andare oltre, a superare la barriera del legalismo, dicendogli che non è lontano dal modo di "regnare" di Dio, cioè dal suo mescolarsi con la nostra storia. 

Non sappiamo come sia finita. Sappiamo però che tale invito è rivolto a noi oggi: ce la facciamo a superare le esitazioni e a passare la soglia? O preferiamo restare "vicini" senza però troppe compromissioni? 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 7 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Parole liberanti



Lc 11,14-23


In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. (…)




Della serie: quando non si vuol capire....o meglio, quando si capisce fin troppo chiaramente come va a finire! Gesù stava ridando la parola ad un uomo: lo stava liberando dalla condizione infantile per ridargli la sua dignità di  adulto. (Infante, dal greco, è colui che non ha uso di parola, colui che non è in grado di parlare.) È la condizione infantile dell'oppresso, di colui al quale è stata tolta la parola e, di conseguenza, la stessa sua dignità di persona. L'oppressione derivante da una legge che ormai era ridotta a "precetti di uomini" e rendeva gli uomini infanti, incapaci di comunicare (tra loro e con Dio) se non in funzione delle esigenze della casta sacerdotale, ridotti a uno stato di pura obbedienza "in nome di Dio". Ecco perché Gesù viene accusato di far parte delle schiere del principe dei demoni: aprire la bocca, ridare la parola, era anche aprire gli occhi, ridare dignità e libertà, e questo andava certamente a cozzare contro lo status di potere della casta sacerdotale. Ogni volta che il potere si sente minacciato, ogni volta che qualcuno smaschera il suo vero volto, stiamo certi che partirà la campagna del fango per ridurre al silenzio chi invece vuol far circolare la parola che fa crescere la vita, la dignità e la libertà interiore. È vero che il racconto della creazione ci dice che siamo nati dal fango... ma non siamo fatti per restarci, tanto meno per fare del fango un'arma "in nome di Dio"! 

Un abbraccio a tutte e a tutti e buona vita.

mercoledì 6 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Portatori di beatitudine



Mt 5,17-19


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».




Gesù parla in questo modo subito dopo aver proclamato le Beatitudini e a queste bisogna far riferimento per intendere rettamente quanto vuol dire. In un certo senso è una dedica a tutti i nostalgici di "ordine e disciplina", a tutti coloro che identificano il Dio di Gesù nel Dio legislatore che dai suoi fedeli pretende obbedienza cieca e assoluta, pena la dannazione eterna. "Legge e Profeti" sono portati a pienezza dalla proposta che Gesù fa nelle Beatitudini. I "precetti minimi" cui fa riferimento, infatti, son proprio le beatitudini e niente altro. Chi volesse intendere che Gesù faccia riferimento alle minuziose prescrizioni della Legge è completamente fuori strada. Per certi aspetti, anche le Dieci Parole vengono “ridimensionate”: davanti alle Beatitudini le Dieci Parole impallidiscono. Perché allora continuiamo a proporre "esami di coscienza" fondati sul Decalogo? Noi continuiamo a far esplorare minuziosamente le coscienze, con precisione chirurgica, mentre le Beatitudini invitano ad assumere uno stile di vita ben diverso. Uno stile in cui da "fedeli" si è invitati a diventare "figli"; dove lo stile di vita non è più orientato all'obbedienza, ma all'assomiglianza all'amore di Dio. Eppure Gesù ha pagato con la vita la sua proposta! Noi, no, preferiamo ancora la Legge del Decalogo e lasciamo ai "sognatori" la potenza delle Beatitudini! Mah... 

Un abbraccio a tutte e a tutti e buona vita.

martedì 5 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Lo stile del perdono



Mt 18,21-35


In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. (…)




A Pietro che chiede fino a che punto si può osare il perdono,  "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?”, Gesù risponde: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette".

Inutile stare a far di conto e chiedersi quanto manca al raggiungimento del numero "legale" per essere a posto: l'espressione è un semitismo per dire sempre, cioè: non porre limiti al tuo perdono. Perché? Perché siamo figli di un Dio la cui essenza è il perdono e la misericordia: se vogliamo assomigliare a Lui, cioè diventare pienamente umani, questa è l'unica via, non ve ne sono altre. 

Ai più questa potrà anche parere un'assurdità, o un percorso praticabile solo a qualche eccellenza di santo. Ma vorrei ricordare che questa è l'unica via proposta da Gesù a chi desidera scegliere la Sua via e plasmare la propria vita sul Vangelo, cioè Gesù stesso. E non chiede di perdonare perché lo ha detto Lui: se non diventa uno stile personale rischiamo di essere persone ancora guidate dall'esterno. Gesù chiede di assomigliare a Dio mettendo in gioco le proprie caratteristiche personali, se stessi: non vuole degli "stampi" fatti in serie, ma persone che aprono il cuore al perdono secondo modalità loro proprie, nella libertà di figli che, perdonati, amano perdonando. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 4 marzo 2024

Buongiorno mondo!

La fatica della profezia



Lc 4,24-30


In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.




Giovanni nel prologo del suo vangelo aveva scritto che "venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto". Luca, nel vangelo odierno, ci fa sapere che a Nazareth, in mezzo ai suoi, non è andata molto bene, tanto che Gesù se ne esce con queste parole: "In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria". Già, la tentazione dei suoi compaesani di gestire la faccenda, di utilizzare Gesù (è uno dei nostri!) per ridare lustro al paesello (tu fai i miracoli, noi pensiamo alla gestione) e per rinnovare lo spirito nazionalista contro i Romani era ben presente. 

È un po' quello che succede anche tra noi, quando tiriamo in ballo Gesù per giustificare le nostre idee, per portare avanti i nostri progetti. Non si andò alle Crociate gridando a squarciagola "Dio lo vole!"? E anche ai tempi nostri succede che prima si fanno progetti pastorali, si dettano linee programmatiche, ci si inventano programmi "per salvare la fede", poi si piglia il Vangelo e si cerca di metterlo d'accordo con quanto pensato. E se ti azzardi a fare il contrario, sei fuori dal giro: ecco, arriva quello del vangelo... ragazzo, qui si tratta di lavorare, di tirarsi indietro le maniche, di dire messe, di dare sacramenti!

Coloro che accettano la via di Gesù, Lui che è l'unica Parola del Padre, incontrerà spesso resistenze che provengono proprio dalle persone religiose. Ma Lui non vuole pia gente religiosa, lui vuole uomini e donne di fede, che sanno osare anche l'opposizione di chi seduto in cattedra sproloquia a proposito e a sproposito per difendere una visione di Chiesa ormai morta e defunta. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 1 marzo 2024

Buongiorno mondo!

Il vino del Regno



Mt 21,33-43.45


In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:

“Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano (…)”.




Alla fine della parabola dei vignaioli omicidi il Maestro lancia questo monito: "Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti". Inutile stare a cavillare: sono parole dure rivolte a una comunità che ha perso il significato della sua esistenza. Ogni volta che pensiamo di farci padroni della "vigna", ogni volta che pensiamo di appropriarci della verità perché "noi sappiamo cosa è meglio", ogni volta che agiamo pensando di fare meglio di Dio, allora perdiamo il senso della nostra esistenza. Ricordiamo che "siamo semplicemente servi" sulle strade del Figlio dell'Uomo che è venuto per servire e non per essere servito. Troppe volte ce ne stiamo a guardare, sconsolati perché le cose "non sono più come una volta", troppe volte alziamo muri e barriere per paura di perdere "il poco che resta". Ma così facendo la vigna va in rovina e non può più produrre il vino nuovo del vangelo e rischia solo di produrre aceto e per di più stantio. Ci è stato fatto il dono di essere portatori della buona notizia che Dio accoglie tutti, che il suo amore è per tutti: nessuno ci chiede di tagliare da noi rami che consideriamo secchi. A noi è chiesto di produrre il buon vino della compassione e della misericordia. Mettiamoci al lavoro, prima che la vigna passi ad altri. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.