giovedì 29 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Lo stupore del Vangelo


Lc 2,22-35

“Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”.


Oggi il vangelo della liturgia ci racconta l’incontro di Maria, Giuseppe e Gesù con l’anziano Simeone al tempio. La prima provocazione che traggo dal testo è che questa famiglia rappresenta bene l’immagine di tante nostre comunità: pur con Gesù “in mezzo” facciamo fatica a uscire dal percorso della tradizione, riponendo la nostra fiducia più nell’osservanza di una pratica che non nel Padre stesso. Spesso “saliamo al Tempio” quasi a mendicare un po’ di attenzione da parte di questo Dio che esige in cambio i nostri “sacrifici”, le nostre offerte. E le nostre comunità divengono così lo spazio riservato a coloro che possono permettersi di porgere tali offerte e, diciamolo sottovoce ma non troppo, più significativa è l’offerta più alta è la considerazione che viene elargita. E, è risaputo, chi più “conta”, più ha peso nelle decisioni… 

Ma la Parola di oggi ci propone un’altra provocazione: “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”. I genitori di Gesù sono “stupiti”, dopo l’incontro con Simeone, di quanto si vocifera a proposito di questo Figlio. Se mettiamo da parte per il momento il comprensibile stupore di Maria e Giuseppe, la provocazione di questa Parola rimanda ancora una volta alle nostre comunità: sono davvero dei luoghi capaci di “stupire”? Con la forza liberante delle parole del Vangelo che ci vengono affidate ogni domenica (quando non ogni giorno) dovremmo essere capaci di suscitare “stupore” per la bellezza e la forza del messaggio che ci viene affidato. Preoccupati più di salvare la forma dell’osservanza abbiamo però spento la capacità di affascinare del Vangelo, rendendolo una sorta di vademecum pronto all’uso per dire: “questo si fa, questo no; qui è permesso, questo è vietato” e via dicendo. Occorre far risplendere il fascino dell’annuncio misericordioso del Vangelo, il fascino del volto di un Padre che vuole farci come Lui offrendo a tutte e a tutti la possibilità di una vita piena fin da oggi, qui in terra. Anche a coloro che non possono permettersi nemmeno “due colombe”. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 28 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Essere risposta al dolore


Mt 2,13-18

"Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù..."


Dopo S. Stefano Protomartire, la liturgia oggi ci propone, in tema, la festa dei Ss. Innocenti. 

È il grido del dolore che continua a salire dal nostro mondo quello che riecheggia nella liturgia e nella storia di oggi. È un grido cui Dio presta orecchio in maniera particolare. Molti dicono: perché Dio permette tutto questo? Perché non interviene? Perché si limita ad ascoltare senza intervenire? La risposta a queste domande è una sola: a partire dall'incarnazione di Gesù. con Lui e come Lui, noi siamo la risposta di Dio al dolore del mondo. Le nostre comunità costituiscono lo spazio in cui si rende concreta, visibile ed efficace la sua risposta al grido di dolore che sale dall'umanità ferita, calpestata nella sua dignità, brutalizzata dalla nostra capacità di violenza. Noi siamo la risposta: inutile chiedere a Dio di intervenire. Lo ha già fatto nel Figlio e chiede a quanti credono in Lui di fare la stessa cosa: diventare dono di vita per il mondo. Ci sono e ci saranno sempre "Erodi" pronti a soffocare l'anelito di vita presente in ogni uomo e ogni donna, sacrificando tutto e tutti sugli altari del potere, del denaro, dell'ambizione personale. Noi siamo la risposta a tali "Erodi" quando rifiutiamo di inginocchiarci davanti all'idolo del potere per metterci in ginocchio nel servizio; quando non compriamo le vite degli altri con e per denaro, ma ci facciamo dono per la loro vita; quando alla tentazione dell'ambizione preferiamo essere "solamente servi" del Regno per l'Uomo. Allora il pianto di Rachele potrà cessare e la prepotenza di "Erode" cadrà nel vuoto che l'ha generata. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 23 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Aperti al soffio di Dio


Lc 1,57-66

“Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.   In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio”. 


Solo dopo aver accolto il dono della misericordia di Dio (il significato di Giovanni  è “Dio ha avuto misericordia” ma anche “Dono di Dio”) Zaccaria riacquista l’uso della parola. Nella casa di Elisabetta svanisce un sacerdote e nasce un padre/profeta. Ogni volta che si apre uno spiraglio nel muro delle certezze granitiche edificato sulla Legge, lo Spirito ci si infila e crea uomini nuovi. Ogni volta che ci si apre al dono della misericordia siamo resi capaci di parlare in maniera nuova, non più preoccupati di salvaguardare a tutti i costi i modelli di una tradizione ormai incapace di aprirsi alla novità di Colui che viene. Zaccaria ha avuto il coraggio di arrendersi alla proposta di Dio, per questo ora può nuovamente parlare, anzi, può parlare in maniera nuova: abbandonata una tradizione sterile, incapace di dire e dare Dio all’umanità, lasciato ormai un tempio divenuto solamente simbolo di un potere che non ha alcuna traccia di divino in sé, Zaccaria può ora essere davvero considerato padre e aprirsi al dono della vita comunicandola con una parola vivificante. Ecco una buona provocazione per le nostre comunità, ancora refrattarie al dono dello Spirito, spesso chiuse nella salvaguardia di tradizioni ammuffite, sovente ridotte al rango di custodi museali: una buona scossa in attesa di Colui che viene. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 22 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Un Dio che apre possibilità


Lc 1,46-55

"Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente”.


Ogni volta che accogliamo l'amore del Padre nella nostra esistenza, succedono grandi cose. In un certo senso Maria anticipa quello che il Maestro dirà ai suoi: farete cose anche più grandi di quelle che ho fatto io. Tutto sta a comprendere bene che l'Onnipotenza divina non può operare senza la nostra collaborazione. Non c'è nulla da fare: è Dio stesso che ha scelto la via dell'umanità per mostrarci il suo volto, per dirci come "funziona", per comunicarci un amore capace di rendere la nostra vita talmente umana da diventare divina. A dispetto di quanti oggi continuano a "delegare" al "Dio-padrone" la risoluzione dei tanti mali che affliggono l'umanità (castighi tremendi sono minacciati a chi non si converte, o meglio, a chi non si piega al diktat di tale Dio), il Padre sceglie di farsi compagno di viaggio di ogni uomo e ogni donna e chiede di essere accolto, per costruire una umanità nuova. Maria ci dice quanto tutto questo è stato possibile per lei che, a sua volta, lo ha reso possibile a noi dando carne alla Parola di vita. Una Parola che ci racconta come Dio non si sostituisce a noi. La sua azione si esplicita non nel creare la realtà, ma nel permettere alla realtà di farsi: è un Dio che apre possibilità infinite in cui ognuno realizza il percorso verso la pienezza della creazione. Allora questo è un invito per ogni donna e ogni uomo a cantare il proprio magnificat personale perché quando si accoglie l'amore del Padre, non solo si "fanno grandi cose", ma si diventa grandi persone. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 21 dicembre 2022


 Per potersi collegare visitare il sito dell'Associazione "Liberare l'Uomo": 

Liberare l'Uomo

Buongiorno mondo!

Parole “salutari”



Lc 1,39-45

“Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo…”.



Il saluto che Maria porge a Elisabetta non è un semplice gesto di cortesia (che peraltro avrebbe dovuto essere indirizzato a Zaccaria, ma siccome è ancora “muto” non può entrare in relazione) ma una vera e propria trasmissione di vita e di gioia. Maria, arca della nuova alleanza, offre a Elisabetta una parola “salutare”, che comunica l’energia divina in lei contenuta. È una bella provocazione per noi e le nostre comunità attuali: riappropriarci del dono di scambiarci parole “salutari”, parole che sanno suscitare vita, che aprono alla gioia, che comunicano l’esperienza della presenza del Mistero in ciascuno di noi. La sfida per le nostre comunità oggi va nella direzione di Maria: comunità che non temono di mettersi in movimento, comunità che vivono la “fretta” della passione per l’incontro, comunità che aprono spazi a parole “salutari” che permettono allo Spirito di circolare liberamente per aprire cuori e menti. In altre parole, comunità che non stanno ferme nella loro beata solitudine ma che ogni giorno si mettono in viaggio verso quelle periferie esistenziali che papa Francesco ci chiede di visitare e nelle quali far entrare la parola “salutare” della vita e della speranza. Ci sono tante “Elisabette” che attendono tale parola: mettiamoci in viaggio. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 20 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Onnipotente nell’amore


Lc 1,26-38

"Niente è impossibile a Dio". 



Queste parole dette dall'angelo a Maria risuonano nella liturgia di oggi. È vero che ci hanno insegnato che Dio è Onnipotente e che "La parola onnipotente vuol dire che Dio può fare tutto quello che vuole" Cat. di Pio X n.26). 

Per parte mia preferisco pensare che Dio non cerca meri esecutori, ma pieni e responsabili collaboratori, uomini e donne che accettano con Lui e come Lui di giocarsi la vita perché la vita dell'umanità cresca in qualità tale da essere divina. Uomini e donne che, pur coscienti della loro fragilità, osano la sfida del fidarsi e affidarsi a una Parola capace di trasformare l'esistenza, una Parola capace di generare vita dentro e attorno a chi la accoglie. Uomini e donne che non si rifugiano in una "onnipotenza" alla quale delegare tutto o sulla quale scaricare tutto, ma su un amore misericordioso che insegna a farsi compagni di strada, creando relazioni fondate su dono e perdono reciproci, a sua immagine e somiglianza, senza giudizi o pregiudizi di sorta verso alcuno, senza discriminazioni religiose, sessuali, culturali, politiche, ma aperti ad ogni donna e uomo che vogliono inventarsi stili di vita più umani, talmente più umani da essere divini. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 19 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Ri-dire il Felice Annuncio


Lc 1,5-25


“(…) Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria,  e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto (…)”.


Oggi il Vangelo ci racconta l’annunciazione di Zaccaria. A Gabriele tocca un compito facile, a prima vista. Far visita a un sacerdote, (sposato addirittura con una discendente di Aronne), in servizio attivo al tempio: meglio di così non poteva capitare. Già, ma le cose non vanno come dovrebbero. Proprio colui che dovrebbe essere più aperto alla voce del Signore si rivela chiuso e sordo alla Parola che chiama.  La “punizione” di Gabriele è esemplare: un sacerdote che non ascolta e comprende la parola di Dio è meglio che resti muto! È una buona lezione per noi e le nostre comunità: se non sappiamo ridire il Vangelo all’uomo di oggi è meglio che ce stiamo muti, soprattutto quando al Vangelo facciamo dire ciò che fa comodo a noi. Inoltre quanto accaduto a Zaccaria ci mette in guardia: lì dove tutto è istituzione è difficile lasciare spazio allo Spirito. È anche il richiamo che ci è arrivato dal Convegno ecclesiale di Firenze (forse troppo in fretta messo da parte): passare dall’organizzazione alla relazione. Papa Francesco ci sta indicando il cammino, ma, come Zaccaria, siamo ancora duri di cuore, ancorati al “Tempio” e alle sue tradizioni. Forse è meglio uscire da Gerusalemme e respirare l’aria meno asfittica e ammuffita di Nazareth. 

A tutte e tutti un abbraccio. Buona vita.

sabato 17 dicembre 2022

IV Domenica di Avvento 2022

Al di là di ogni merito

ANNO A 18 dicembre 2022 IV DOMENICA DI AVVENTO Is 7,10-14 Sal 23 Rm 1,1-7 Mt 1,18-24

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 19/11/2022

Nella redazione del Vangelo secondo Matteo non troviamo traccia di “un'annunciazione a Maria” come nel vangelo secondo Luca, bensì possiamo parlare di “un'annunciazione” a Giuseppe. Nel contesto giudaico-cristiano in cui nasce e prende forma la redazione dell'opera di Matteo, è “rispettoso”, da parte del redattore finale, far risalire la generazione di Gesù al padre, secondo le regole più pure della tradizione. Tuttavia, per quanto tratteggiata in penombra, anche in Matteo la figura di Maria non risulta secondaria nel messaggio che l'evangelista vuole trasmetterci.

Matteo, nel suo racconto, palesa il fatto che Maria «prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo». Trovo interessante questa nota di “passività” rispetto al racconto lucano. Maria si trova davanti a una sorpresa: non è un'azione sua l'aver generato il Figlio di Dio! Maria è la prima, in tutta questa avventura, che prende la decisione di accogliere un dono e, una volta ricevuto e accolto, di farne parte, di condividerlo con Giuseppe e con chi, in seguito, oserà accogliere tale sfida. Questo atteggiamento di Maria solleva il velo sul dramma di Giuseppe, che è poi il dramma di ogni credente: il dubbio, l'incertezza, il cammino che ciascuno deve compiere per accogliere il dono. È il dramma del giusto, o di colui che si ritiene tale.

Il giusto è la persona che si attende il giusto merito per le sue opere, è colui che non desidera più di quanto gli spetta (ricordate la parabola degli operai dell'ultima ora?). Giuseppe, davanti al fatto compiuto dice: questo non mi spetta, non l'ho fatto io, non è merito mio, non mi riguarda, è troppo grande per me. Giuseppe è messo di fronte al dono di Dio che è superiore a ogni nostra attesa proprio perché è dono, un qualcosa che non ti aspetti e non ti è dovuto.

È questo, a mio avviso, il fulcro del messaggio evangelico odierno e di ogni giorno: occorre aprirsi a qualcosa che è sempre più grande dei nostri desideri e delle nostre attese. Il nostro Dio è un Dio che “fa nuove tutte le cose” ogni giorno, è un Dio che ti sorprende, che ti prepara una sorpresa al giorno.

Riprendendo una espressione di Alessandro Bergonzoni, amico carissimo, oserei definire la verginità di Maria e Giuseppe non tanto un voto di castità quanto un “voto di vastità”. Concentrandoci sulla verginità di Maria dal punto di vista fisiologico, ci siamo persi quella di Giuseppe, ma soprattutto ci siamo giocati la possibilità di vivere e proporre il significato autentico di quanto hanno vissuto quei due: “Il voto di vastità”, unica via per aprire il cuore ad accogliere, unica via per apprendere a ricevere un Infinito sempre alla ricerca di un finito in cui dirsi e darsi.

Anche noi, come Giuseppe, siamo spesso tentati di dire: questa cosa non è mia, non me la merito, mi fermo qui, non puoi chiedermi di andare oltre. Come Giuseppe ci mettiamo di buzzo buono a “pensare”, a mettere in atto strategie, anche pastorali, per tenere tutto sotto controllo, per trovare nostre soluzioni, per addebitarci il merito. Ma in questo modo spesso troviamo soluzioni che non vengono da Dio e non portano a Lui. Solamente coltivando giorno dopo giorno il coraggio di andare oltre il merito, di porci al di là di ogni merito, possiamo osare l'avventura con Colui che ci propone il “voto di vastità” come l'unica modalità capace di creare relazioni gratuite, fraterne e filiali. La via di accesso a tutto questo è sempre la Parola. Quella parola che a Giuseppe si presenta in sogno: un modo per dire che se il cuore non tace, se non si fa spazio al silenzio, il grembo resta sterile e la Parola non può fare frutto.

Allora potremo fidarci, dare spessore a quel “non temere”, detto a Giuseppe, detto al Giuseppe che vive dentro ciascuno e ciascuna di noi. “Non temere”: è l'unica parola divina che ritorna per ben 365 volte nel testo biblico: ogni giorno Dio continua a dirci: “Non temere, non avere paura”.

Occorre scegliere da che parte stare. O dalla parte di Adamo che si nasconde perché “aveva paura”, o dalla parte di Giuseppe che osa fidarsi di una Parola che, al di là di ogni merito, offre un'esperienza di gratuità che riempie la vita e allarga i cuori fino a potere dire “sì” all'Infinito.

Don Luciano Locatelli è presbitero della Chiesa di Bergamo, attualmente a tempo pieno in Caritas.

martedì 13 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Signore e Signori, mantenete la fila, prego…



Mt 21,28-32


E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».



Il Maestro oggi fa cadere, nel tranquillo stagno del nostro perbenismo farisaico, una parola dura, spietata oserei dire, che dovrebbe levarci il sonno per un bel po’! Coloro che erano considerati esclusi da qualsiasi salvezza, perché di fatto impossibilitati a osservare la Legge, proprio costoro “saltano” la nostra composta fila nell’accesso al Regno. Noi lì, tutti buoni in fila, col nostro certificato in mano ad attestare la quantità di messe, di preghiere, di “buone opere”, di impegno in parrocchia, in attesa del nostro turno e loro… ci passano avanti, senza carte in mano per di più! Noi lì, profumati d’incenso, quelli luridi e puzzolenti per la sporcizia che noi abbiamo gettato loro addosso (da qualche parte la si deve pure buttare, no?), e ci passano avanti. Noi lì, a ripassare gli articoli del Credo prima dell’esame finale, loro spavaldi, senza nemmeno conoscere il nome di Dio, e ci passano avanti. Noi lì, con la tessera sindacale di operai della prima ora, fieri di aver costruito “tutto questo”, loro senza nemmeno uno straccio di “contratto”, anzi, raccomandati dal Figlio del “Padrone”, e ci passano avanti. 
Già, dobbiamo ancora capirla: non saremo giudicati per ciò in cui abbiamo creduto, ma per come abbiamo vissuto. Abbiamo vissuto cercando di assomigliare al Padre: bene, non c’è bisogno di fare la fila… Abbiamo vissuto sul piedistallo del pregiudizio, dell’esclusione, senza mai preoccuparci del bene dell’altro? Beh… da questo punto, signori, la vostra attesa in fila è di qualche secolo… sapete il Capo è magnanimo, vi lascia ancora il tempo per cambiare… e imparare da quelli che vedete laggiù fare festa per ogni fratello e sorella ritrovati. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 12 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Autorità o autorevolezza?


Mt 21,23-27

 

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».


Questa è la domanda che le autorità religiose pongono a Gesù. Ogni volta che l’istituzione religiosa è messa in crisi dalla denuncia profetica parte l’inchiesta. La preoccupazione principale non è quella di cogliere l’appello al discernimento e alla verifica; la preoccupazione è quella di stabilire subito il limite: chi ti da il permesso di fare questo? La salvaguardia del potere è il primo obiettivo di ogni istituzione e tutto quello che rischia di far sorgere dubbi sulla legittimità di tale potere è subito oggetto di studio minuzioso. I tempi non sono molto cambiati, anzi, mi pare che stiamo assistendo a un ritorno in forze di espressioni di autorità che non sono però sostenute da altrettanta autorevolezza. Gesù fonda la sua autorità nell’intimità con il Padre e con il suo progetto: il Regno e quindi la proposta di umanizzazione che permea il suo vangelo. In tale prospettiva, il potere dell’autorità costituita si sente minacciato e, in risposta, comincia a seminare il dubbio. L’autorità di Gesù viene dalla sua stessa vita: fa quello che dice e dice quello che fa, nel Padre. A noi la scelta: una vita di autorità imposta, o l’autorità della vita vissuta nel dono totale di sé. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

sabato 10 dicembre 2022

III Domenica di Avvento

Beato chi non si scandalizza

III DOMENICA DEL TEMPO DI AVVENTO Is 35,1-6a.8a.10 Sal 145 Gc 5,7-10 Mt 11,2-11

Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 05/11/2022

Giovanni lo abbiamo già incontrato e sappiamo che in lui sono condensati gli aspetti della vocazione e della funzione profetica. I profeti chiamano a conversione e tale appello si configura come una chiamata alla responsabilità che, a sua volta, è un appello all'esercizio della libertà personale. La chiamata del Battista è diretta a prepararci ad accogliere Colui che viene (nella traduzione io preferirei mantenere il testo originale: “il Veniente”, perché indica il modo dinamico in cui questo “venire”, questo “esserci” si manifesta).

In effetti, è questo il tema di sottofondo di questa Domenica della Gioia: i profeti ci insegnano a restare in atteggiamento di attesa perché ci ricordano continuamente che noi siamo attesa, siamo desiderio, siamo ciò che attendiamo. Giovanni ci aiuta dunque a fare discernimento dentro questa nostra attesa, a purificare il nostro desiderio aprendoci ad accogliere la domanda e il dubbio: “Sei tu o devo aspettarne un altro?”. Avere il coraggio di porsi una tale domanda significa rinunciare a “mettersi Dio in tasca”. Il Battista è immagine dell'uomo che si pone di fronte a Dio e capisce, ponendosi domande e aprendosi al dubbio, di non capire: sei tu o un altro? E normalmente, è un altro, un totalmente altro.

La domanda che Giovanni pone a Gesù è, o dovrebbe essere, la domanda che guida la nostra attesa in questo tempo forte (che è forte non solamente perché è “Avvento”, ma perché dovrebbe “metterci in crisi!”). Proviamo a pensare un istante a questo “aspettarne un altro” per chiederci: come vorrei in verità che il Signore fosse? Il “Veniente” è già venuto e continua a venire dentro la nostra storia: egli aspetta solamente di essere visto e accolto. Egli è colui che nella sua piccolezza, fin da neonato, si rivela il Dio fragile, il Dio che accetta di mettersi nelle nostre mani; è Colui che assume i nostri limiti e le nostre fragilità e in questo ci indica la via per “trasfigurare” queste realtà in luogo di solidarietà fraterna e filiale. L'Incarnazione rende le nostre fragilità umane spazio di manifestazione del divino. Non la grandezza, non le grandi opere: la nostra piccolezza assunta diventa lo spazio in cui Dio prende casa. Tutto il resto non è che manifestazione di delirio, di sogni di gloria, di potenza. Ecco perché quella domanda deve permanere nel tempo: essa ci aiuta a purificare continuamente la nostra attesa del “Veniente”.

E arriviamo così alla risposta che Gesù invia al Battista.

Non si tratta di una risposta teorica ma molto pratica. Gesù non offre saggi di teoria, ma vita vissuta. Davanti a un affamato, Gesù non fa teoria sulla fame nel mondo, ma condivide pane. La risposta di Gesù è improntata alla sua vita e per questo è pratica: è la sintesi di quanto va dicendo e facendo. Per questo invita all'ultima beatitudine: «Beato chi non si scandalizza di me». Che senso ha tale beatitudine? Non bastavano quelle enunciate nel Discorso della Montagna?

A quanto pare no. Quelle Beatitudini hanno come soggetto primo proprio Gesù: é lui che si fa povero, affamato, operatore di pace, mite, assetato di giustizia. Comprendere questo significa aver compreso le Beatitudini e quindi poter dare risposta alla domanda: sei tu o un altro? La risposta dipende da te. Il giudizio di Dio, annunciato ma non compreso dal Battista, sta in questa solidarietà con la fragilità umana. Accogli questo? Accogli la sua misericordia come giudizio sulla storia del mondo e quindi anche sulla tua e sei capace di fartene portatore? Beato te se non ti scandalizzi di me.

Nessuno si scandalizza di Gesù quando fa opere potenti, quando moltiplica il pane, quando opera miracoli strabilianti. Corrisponde all'immagine di Dio che ci portiamo dentro e che ci fa comodo perché vorremmo essere così.

Ma la beatitudine si rivolge a chi non teme di vedersi mandare in frantumi l'immagine di un Dio tanto caramente coltivata: un'immagine idolatrica costruita sui nostri deliri di potenza, di immagine e di forza. Gesù, nella sua risposta, denuncia e distrugge la confusione che ci portiamo dentro, ossia la confusione tra il credere in Dio e il credere in una nostra idea di Dio.

Don Luciano Locatelli è presbitero della Chiesa di Bergamo, attualmente a tempo pieno in Caritas.

venerdì 9 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

La ballata dei “rosiconi”


Mt 11,16-19

In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!".
 venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori.


Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».


Il Battista digiuna: è indemoniato! Il Figlio dell'Uomo mangia e beve: è uno sregolato che non si sa controllare! 

Quando non si vuol cambiare nella vita, quando non si vuol abbandonare il "comodo" (si fa per dire) rifugio della religione, tutte le scuse diventano buone. Quando la proposta del Maestro arriva dritta al cuore, quando Egli smaschera le nostre connivenze silenziose con le forze di morte che vogliono sfruttare e umiliare la nostra umanità, anche quando queste forze provengono dalla stessa istituzione religiosa, qualunque essa sia, anche noi ci associamo al coro: "Sei uno sregolato, non capisci come va il mondo, vai a predicare ai pescatori in Galilea che è meglio, torna nel tuo villaggetto di cafoni!". 

La religione dissociata dalla fede diventa una sorgente feconda di disumanità: imprigiona l'uomo impedendogli di crescere, di sviluppare tutta la sua potenzialità, riducendolo a un omuncolo dedito all'obbedienza cieca in nome di Dio. Non è questo che è venuto a portare il Figlio dell'Uomo, e noi lo sappiamo. 

Non ci resta, una volta ancora, che deciderci. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 8 dicembre 2022

Immacolata Duemila22

Dare carne alla Parola

8 dicembre 2022 IMMACOLATA CONCEZIONE Gn 3,9-15.20 Sal 97 Ef 1,3-6.11-12 Lc 1,26-38

Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 05/11/2022

All’interno del laborioso e faticoso percorso dell’Avvento, la Liturgia apre una sorta di finestra che si spalanca su un panorama che rasserena e comunica speranza. Non voglio comporre un panegirico sdolcinato sulla figura di Maria, donna bella e forte del Vangelo. Purtroppo, a tutt’oggi, vi sono tante voci (via etere ve n’è una in particolare, che si piglia ovunque, che ha fatto di Maria la portatrice di terribili segreti dati a conoscere solo a qualcuno, perché “Dio lo vuole”… mah…) le quali, per troppo zelo, riescono quasi a svilire la bellezza e la grandezza di questa donna.

Oggi, in questa solennità dell’Immacolata Concezione, volgo il mio sguardo a Maria come a un’icona della Chiesa. 

In primo luogo ci offre l’immagine di una Chiesa immersa nell’ordinarietà del quotidiano. Maria è donna del popolo, integrata in un villaggio che non godeva di grande considerazione («può forse venire qualcosa di buono da Nazareth?»), pronta a seguire, ovviamente, la strada segnata dai “padri”, sottomessa alla tradizione e quindi certa di dover “pagare”, prima o poi, il debito di Eva con i dolori del parto per generare (ops, mi scuso: nella cultura dell’epoca, in Israele, solo il maschio poteva “generare”; la donna era considerata un semplice contenitore) quei figli di Abramo eredi della promessa. Maria è dunque icona di una Chiesa che è immersa nel “popolo”, nella fatica del vivere quotidiano. È immagine e icona di una comunità cristiana che non si mette al di sopra, che non scansa, che non prende le distanze, ma che si fa compagna di viaggio di un’umanità che vive in un determinato luogo, in un preciso momento della storia, e che ogni giorno affronta la sfida del vivere e non del sopravvivere (o così dovrebbe essere). È una Chiesa che si “incarna” nell’hic et nunc della storia.

In secondo luogo Maria accoglie, con stupore e timore, Colui che entra nella sua ordinarietà recando un pizzico di straordinarietà.

È icona di una Chiesa che si vuole incessantemente aperta all’Altro e all’altro. È una Chiesa che impara, come Maria, a farsi discepola del Maestro giorno dopo giorno, rimettendosi continuamente in discussione; una Chiesa che cade, come Maria, in preda alla paura della novità evangelica e cerca di rinchiudere le parole del Maestro dentro giudizi rassicuranti che le fanno esclamare: «È fuori di sé», donando così, senza rendersene conto, la più bella definizione di Dio: Colui che è fuori di sé, per entrare dentro di noi. Maria ci indica la via per vivere il voto di “vastità”: la capacità di accogliere l’Altro nell’altro, la capacità di farsi spazio accogliente.

È immagine di una comunità che non teme l’irrompere del Nuovo, di ciò che esce dall’ordinario. È immagine di una comunità che rifiuta di rinchiudersi dentro il recinto rassicurante del “si è sempre fatto così” per aprirsi alla novità di Colui che fa intravedere vie nuove, percorsi audaci, strade finora sconosciute. È immagine di una Chiesa che si pensa e si ripensa ogni giorno nuova dentro le storie dell’umanità, abbandonando la preoccupazione di salvaguardare modelli e modalità che a volte non sono che sterili reiterazioni di “abiti” di altri tempi.

È immagine, dunque, di una comunità che parla con parole sue una Parola che non è sua, che non pretende di possederla ma che da essa si lascia “possedere” e guidare; una comunità che dà carne a una Parola sempre in cerca di una tenda e non di un tempio in cui essere rinchiusa; una parola capace di parlare ai cuori del nostro oggi senza ripetere pedissequamente ciò che balbettava ieri.

Maria è donna di parola e della Parola: è capace di fidarsi, di affidarsi, e per questo diventa credibile: si fida di una Parola che invita ad andare oltre, a desiderare di incontrare Colui che è la fonte di tale parola di vita evitando quell'idolatria della Parola che è finalizzata a silenziare la Parola stessa.

Ecco l’icona più bella che ci offre questa Immacolata 2022: diventare con Lei e come Lei spazi dove la Parola ritrova la sua limpida trasparenza, dove ogni a ogni parola ambigua su Dio viene tolta la maschera. Celebrare l’Immacolata Concezione significa diventare con Lei e come Lei uteri, grembi capaci di dare di nuovo carne a una Parola che offre autentica speranza e felicità non effimera per tutta l’umanità.


Don Luciano Locatelli è presbitero della Chiesa di Bergamo, attualmente a tempo pieno in Caritas.

mercoledì 7 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Tre appelli per la vita


Mt 11,28-30

 

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


L’attenzione di Gesù è rivolta costantemente ai piccoli della storia, a coloro che vivono oppressi dai potenti e non trovano conforto nella religione del tempio. La loro vita è dura e la dottrina offerta dagli “esperti”, dai “maestri” la rende ancora più dura e difficile. In questa situazione Gesù fa loro tre appelli. 

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi”, primo appello. È diretto a tutte e tutti coloro che sentono la religione come un peso, che vivono oppressi da norme e dottrine che impediscono loro di percepire la gioia della salvezza. Se si incontrano in modo vitale con Gesù, sperimenteranno un ristoro immediato. È come accade per chi sta correndo e deve fermarsi a riprendere fiato: ecco, Gesù diventa il respiro che fa rifiatare, che riempie i polmoni di aria nuova, che fa uscire da quell’aria asfittica, a volte troppo satura di “incensi vari”, che impedisce di respirare.
“Prendete il mio giogo sopra di voi…”. È il secondo appello. Bisogna cambiare “giogo”. Abbandonare quello dei “sapienti e dei dotti” e prendere quello del Maestro che, nelle Beatitudini apre una via nuova. Gesù non è meno esigente, anzi, lo è di più. Ma esige in maniera diversa. Esige l’essenziale: l’amore che libera e fa vivere.
“Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Terzo appello. Gesù non “complica” la vita inquadrandola in mille precetti che opprimono creando la dannosa certezza che Dio mi ama perché me lo merito. Gesù si fa compagno di strada, apre vie nuove, non opprime, non sta col fiato sul collo. Propone se stesso nel dono della vita e chiede a chi vuole, a chi accetta la sua proposta, il suo stile, di fare altrettanto. 
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 6 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Misericordiosi “a gratis”


Mt 18,12-14

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?

In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».



A parole tutti disposti a riconoscere che sì, Dio è misericordia. Ma poi subito si sente il bisogno di “temperare” questa rivelazione di Gesù con un bel: ma Dio è anche giustizia. Mi sembra che siamo quasi invidiosi di questa misericordia divina gratuita e incondizionata, perché è tale. Per noi tutto questo non va bene: eh no, la misericordia deve essere per forza condizionata al pentimento (che poi questa faccenda di legare le mani misericordiose di Dio al solo perdono dei peccati io non riesco a capirla. Ma perché vogliamo stabilire dei limiti a Dio? Chi siamo noi per obbligarlo a indirizzare la sua misericordia al solo perdono dei peccati? E il resto? Mah…)
Non vogliamo capire che la misericordia di Dio è gratuita e non dipende da niente: non serve che ce la meritiamo! Ce la offre Lui stesso e, a partire dall’accoglienza di tale dono, avverrà il cambiamento, la “metanoia” nella nostra vita. Altrimenti saremo sempre lì a faticare per “meritarci” la sua attenzione. Ma si può dover meritare l’attenzione di un Padre e di un Padre tale quale ce lo ha presentato Gesù con il suo modo di vivere, di parlare, di guarire, di amare? 
Noi, no! Noi dobbiamo sempre mettere paletti e limiti. Tanto che alla fine dobbiamo fare una commissione per stabilire se valga davvero la pena di andare a cercare l’unica pecora che per colpa sua si è persa in giro, causando tutta una perdita di tempo e risorse a svantaggio di chi invece vuol camminare bene, seguendo le regoline, facendo i compitini. Alla fine, mentre noi stiamo a discutere, il Padre, l’autentico pastore, è già partito a cercare la pecora e noi invece lì a ragionare su come farebbe Dio, qual è la sua volontà, se davvero Dio vuole questo, e la giustizia, e il pentimento, e la penitenza… e intanto Dio è fuori e noi ce lo siamo perso. Sì, ci perdiamo Dio mentre ci assicuriamo l’ortodossia dei nostri ragionamenti e impariamo a memoria le pagine del Catechismo.
Un abbraccio a tutte e tutti. Buona vita.

lunedì 5 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Una misericordia che risana


Lc 5,17-26


(…) “Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua” (…). 


Per Gesù la guarigione è sempre totale. Egli non si limita alla “sola anima” ma si fa carico della totalità dell’uomo per ridare a questi quella dignità che sfigura il suo volto di figlio. Questo è il tempo della misericordia e in un tempo come questo non poteva esserci data parola migliore. Infatti la misericordia che il Padre riversa sull’umanità non è solamente un sentimento, uno stato d’animo, un limitarsi a dare una pacca sulle spalle e incoraggiare. La misericordia si esplicita sempre in un’azione concreta volta a dare vita a chi vita non ha. Significa togliere la persona da quello stato che gli impedisce di vivere e di vivere in pienezza la vita. Per questo Gesù non si limita mai a “guarire” una parte, ma sempre la totalità della persona. Gesù lotta contro tutte quelle realtà che impediscono all’umanità di realizzare quel progetto della creazione presente fin dagli inizi nel cuore del PadreMadre: umanizzare l’umanità a tal punto da farle assumere la condizione divina. La comunità cristiana si configura allora come questo spazio in cui la misericordia assume i tratti della carità concreta e apre percorsi di umanizzazione. Certo se penso alla “quantità di confessioni” del periodo che ci sta davanti, mi chiedo fino a che punto questa dimensione troverà spazio nelle nostre vite e nelle vite delle nostre comunità. Saremo più preoccupati di “lavare anime” o di guarire integralmente le persone? Saremo capaci di “rimettere in piedi” o in nome della dottrina terremo ancora “legati” fratelli e sorelle che anelano alla vita in pienezza? “Prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”: ecco il compito della comunità! Guarire e ridare casa, accogliere e rimettere in piedi: questo è il “potere” concesso, non altro. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

domenica 4 dicembre 2022

II Domenica di Avvento 2022

Permettere a Dio di essere Dio

- ANNO A 4 dicembre 2022 II DOMENICA DI AVVENTO Is 11,1-10 Sal 71 Rm 15,4-9 Mt 3,1-


Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 29/10/2022

Il Battista è considerato, a ragione, come l'ultimo profeta dell'Antica Alleanza. Mi pare opportuno, per questo motivo, richiamare all'attenzione due aspetti, strettamente congiunti, propri della funzione profetica nel Primo Testamento.

Anzitutto il profeta richiama l'uomo alla promessa di Dio che si traduce nella Parola di Dio che egli è chiamato a dire, annunciare, proclamare. Il profeta è dunque uomo di e della Parola.

Per evitare il rischio di scadere nel legalismo (posso essere classificato come credente perché ho letto il manuale del perfetto credente, il catechismo, e ne osservo tutte le indicazioni e i precetti ma al tempo stesso non conosco Dio e nemmeno mi preoccupo di amarlo: è come se io fossi il perfetto marito perché svolgo bene il mio compito senza amare mia moglie) e nel conseguente feticismo della Parola, ecco il secondo aspetto: il profeta richiama l'attenzione a Colui che parla. Dunque osservare la Parola ma insieme osservare Colui da cui questa Parola proviene, volgere lo sguardo, desiderare l'incontro con la fonte di questa Parola per scoprire i suoi desideri nei miei confronti. Questo è il punto cruciale che segna il passaggio da una religione intesa come mera osservanza di regole alla comunione con Colui che chiamiamo Dio: è la fede, ossia la libertà dei figli.

Dovrei esplicitare altro sulle funzioni profetiche, ma lo spazio è tiranno e, inoltre, questo ci condurrebbe lontano dal testo che ci offre la liturgia odierna.

Proprio tale testo inizia con l'espressione “In quei giorni...” (inizia proprio così, non è un incipit liturgico). È importante questa indicazione temporale perché indica i giorni di ogni tempo. È come se il narratore stesse dicendo a ciascuno di noi: “Vivi ‘quei giorni’ in ogni tuo giorno”: è ora, è adesso, è in questo preciso istante. Cosa? La voce del Battista che, attenzione, non “predicava” ma “proclamava”: differenza sottile ma essenziale. La predica può essere più o meno lunga, mentre la proclamazione è breve, intensa, immediata. E poi, lasciatemelo dire, spesso la predica addormenta mentre la proclamazione tiene ben svegli.

Giovanni entra in scena come se stesse gridando: “Udite! Udite! Ho una notizia! Ho qualcosa da dire!”: questa è una voce che da vigore a una Parola che sveglia!

Tutto questo, paradossalmente, avviene “nel deserto”. Strano. A chi parli nel deserto? Chi ti ascolta in quel luogo, per l'appunto, deserto?

La sapienza del narratore riporta al centro del cuore questo luogo così fondamentale nella storia ebraica e cristiana perché è il luogo di formazione del popolo di Dio. Il deserto implica almeno due dimensioni: la prima è il fatto che sei uscito dall'Egitto e non sei più in condizione di schiavitù; la seconda è che se ti fermi, nel deserto, muori; quindi il deserto è il luogo del cammino, della ricerca, dello spogliarsi di ciò che impedisce di camminare, di ciò che ti rallenta verso la meta, cioè la verità profonda della tua esistenza.

È in questo luogo più esistenziale che geografico che cade una parola forte: “Convertitevi!”. Forse è proprio quest'unica parola che accomuna, all'inizio, Gesù e il Battista. Ma è sul contenuto espresso dalla medesima che poi i due cammini si separeranno.

Convertirsi” perché? “Perché il regno dei cieli è vicino”. È la medesima espressione che risuonerà più tardi sulla bocca di Gesù, anche se l'annuncio di Gesù si distaccherà da quello di Giovanni. Per Giovanni il Regno è prossimo a venire e la sua manifestazione non sarà, per dire, una vera e propria festa. Per Gesù il Regno è già qui. Per entrambi, l'espressione “Regno dei cieli” indica la presenza di Dio, del divino dentro la storia. Allora convertirsi è accettare, a partire dalla Parola, di aprirsi a una dimensione altra, totalmente nuova, non addomesticabile e riconducibile ai nostri schemi religiosi.

Don Luciano Locatelli presbitero della Chiesa di Bergamo, attualmente a tempo pieno in Caritas.

giovedì 1 dicembre 2022

Buongiorno mondo!

Un Dio che ci vuole felici



Mt 7,21.24-27

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (…).


Proposta interessante, ma che suscita qualche domanda. La prima che mi viene in mente è: mi piace il discorso, ma quale è la volontà del Padre? Qui le risposte si sprecano. A destra e a manca pare che oggi tutti sappiano cosa vuole Dio. Per alcuni la risposta si trova nella tradizione religiosa: abbiamo sempre fatto così, significa che Dio vuole questo. Perché cambiare? Perché cercare altro? Per altri la risposta si mostra nelle varie esperienze spirituali incontrate nella vita, non ultime quella sorta di “voce divina” che si affaccia sul mondo nelle diverse “apparizioni, visioni” che oggi vanno tanto per la maggiore. Per altri ancora, Dio manifesta la sua volontà attraverso le istituzioni, religiose in particolare: obbedire a queste significa stare tranquilli, si è sempre sicuri di essere dalla parte buona. Io mi limito a scrutare i testi evangelici e mi pare di capire che la volontà del Padre riguardi anzitutto la nostra felicità e la pienezza della nostra vita. Dio vuole che siamo felici e viviamo in pienezza la nostra esistenza. E tale suo desiderio è condiviso con ciascuno di noi, chiedendo a ognuno di lavorare come e con Lui a questo progetto. Il Padre condivide questo progetto con tutte e tutti, nessuno escluso, perché desidera davvero che i suoi figli vivano una vita degna di tale nome. Chiama ognuno ad assumersi questo progetto di umanizzazione della vita e lo fa attraverso il dono del Figlio Gesù, il nostro Maestro. Questo credo sia quanto Gesù ha cercato di far capire ai suoi. Occorre pertanto liberarsi da quelle immagini distorte di Dio che ce lo fanno percepire come un comandante in capo pronto alle grandi manovre con le sue truppe per premiare i buoni e far fuori i cattivi. È ora di finirla di pensare a un Dio che scruta ogni giorno la nostra umanità per trovare il modo di punirla ogni volta che le cose non vanno secondo i suoi desideri. Ci chiede di essere trasparenza della sua presenza: la presenza di un Padre che si occupa e preoccupa per i suoi figli; la presenza di un Padre che ci vuole felici, liberi, immersi nella vita piena. E per questo, ricordiamolo, non ci invia malanni e miserie per farci guadagnare chissà in quale domani il paradiso! È terminato il tempo del terrorismo religioso perché non è questo il Dio di Gesù. Non è questo il mio Dio. Non è questo il Padre con cui ogni giorno lavoro per portare a compimento il suo progetto sull’umanità. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 30 novembre 2022

Buongiorno mondo!

S. Andrea


Mt 4,18-22


“In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono”. 


La chiamata di Gesù è sempre per la vita: chiede ai suoi di lasciarsi trasformare profondamente per diventare datori di vita. Questo è il senso dell’essere pescatori di uomini: tirare l’uomo fuori da tutto ciò che lo opprime, lede la sua dignità e libertà; liberare l’uomo da quelle reti di morte che gli impediscono di vivere in pienezza, secondo il progetto del Padre, la propria esistenza. Ecco perché la comunità cristiana è “esperta in umanità”: non perché ha una risposta preconfezionata e assolutamente valida per ogni situazione, ma perché lotta con tutte e tutti coloro che vogliono aprire spazi di vita e percorrere sentieri di libertà dentro l’umanità stessa. Il Maestro ci invita a farci con Lui pescatori di uomini, non accalappiatori! Il discepolo, come e con il Maestro, invita a libertà, non a nuove schiavitù. In questo senso occorre comprendere e ricomprendere che il Vangelo si propone e non si impone: non veniamo chiamati a dare vita per poi riprendercela in qualche modo! Essere “pescatori di uomini” significa rinunciare a qualsiasi velleità di potere sull’umanità e porsi invece a servizio della vita da far crescere ogni giorno lì dove la storia ci ha messo. Lasciamo cadere le nostre belle reti, le reti della sufficienza, le reti delle verità esibite e imposte, le reti dell’esclusione e impariamo a farci pescatori come e con Colui che è venuto non a togliere vita ma ad offrire la propria. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 29 novembre 2022

Buongiorno mondo!

Sguardi beati



L10,21-24

(…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». 


Cosa avranno mai visto di tale importanza da accendere la luce della beatitudine nei loro occhi? La beatitudine viene dal fatto che, alla scuola del Maestro, i discepoli imparano a guardare il mondo e la storia con gli occhi stessi di Dio e a scorgervi in essa i segni della crescita del Regno. 

Beato non è chi “guarda” il mondo e la storia con avidità, quasi che il mondo fosse un terreno di conquista, un terreno dato in premio al più “forte”, al più “meritevole”. 

Beato è colui che sa guardare con gli occhi del Padre questo mondo vecchio, fragile, sporco ma capace di far germinare i semi del Regno. 

Beato è colui che sa percepire nell’intricato disegno, a prima vista indecifrabile, dei sentieri percorsi dall’umanità in cerca di se stessa il sentiero tracciato dal passo silente e amoroso del Padre che chiede incessantemente a ciascuno: “Dove sei?”. Beato è lo sguardo di chi non entra nel mondo da padrone, ma da servo: servo dell’umanità, di quell’umanità che aspira a realizzare il progetto della creazione. 

Beato è lo sguardo di colui che sa vedere le mani del Maestro all’opera nel mondo per “sanarne le ferite, per fasciarne il cuore, per sostenere il ginocchio traballante”. 

Beato è lo sguardo di chi sa vivere con il “capo alzato”, in attesa di una liberazione definitiva che farà splendere la bellezza della misericordia gratuita su tutte e su tutti. 

Beato è lo sguardo di chi sa cogliere la novità continua del Dio-con-noi, di chi non si fossilizza in trite e ritrite tradizioni, ma invita sempre ad andare oltre, a “levare il capo”. 

Noi oggi siamo i suoi discepoli. Il nostro sguardo è davvero beato? 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 28 novembre 2022

Buongiorno mondo!

Un Dio che si prende cura


Mt 8,5-11

 

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò» (…).



Davanti a un pagano, per di più invasore e oppressore, un centurione romano, Gesù se ne esce con queste parole: "In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande". Naturalmente la tradizione individuerà proprio in costui colui che griderà sotto la croce: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!": dobbiamo per forza sempre trovare una spiegazione a tutto, dare un nome ai personaggi che gli evangelisti hanno voluto anonimi, ecc... 

Ma il messaggio di Gesù è chiaro: il Regno è per tutti coloro che accolgono il Dio che si china a servire l'umanità. Quanto più mi prendo cura della sorella o del fratello, tanto più riuscirò a percepire come Dio si prende cura di me. E questo nostro prenderci cura vicendevole sarà la manifestazione più chiara e bella della sua esistenza. Non avremo visioni, ma percepiremo la sua presenza viva anche nelle più piccole cose della vita quotidiana. 

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

sabato 26 novembre 2022

I Domenica di Avvento 2022

Umanizzare l’umanità... per renderla divina


ANNO A 27 novembre 2022 I DOMENICA DI AVVENTO Is 2,1-5 Sal 121 Rm 13,11-14a Mt 24,37-44

Tratto da: Adista Notizie n° 36 del 22/10/2022

La fine del 2022 coincide con il nuovo Anno Liturgico che si apre con il Tempo di Avvento. Per una misteriosa ma provvidenziale coincidenza, risuonano nella prima domenica di questo tempo forte le antiche parole del profeta Isaia: “… saliamo al monte del Signore… spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci… non impareranno più l’arte della guerra…”. Questa parola che percorre il lungo filo dei secoli giunge a noi che, nel 2022, non abbiamo ancora smesso di apprendere ed esercitare l’arte della guerra.

Proprio in questo tempo insanguinato risuona l’invito a “salire sul monte del Signore” che, tradotto in termini evangelici, suona come un appello a mettersi in cammino con saggio discernimento. È il senso delle parole del testo evangelo secondo Matteo che ci viene proposto oggi.

Come da tradizione, i testi della prima pare di questo tempo liturgico sono dedicati in particolare a quella che è considerata come la “venuta ultima” del Signore. A onor del vero bisogna pur dire che una certa lettura ambigua di queste parole ha contribuito ad impoverirne il significato e, per certi aspetti, a rendere questi testi “alienanti” rispetto alla vita quotidiana (cosa che Gesù ha sempre evitato con cura di fare). Una lettura tesa a ingenerare paura e timore nell’ascoltatore non è rispettosa del messaggio di Gesù che mai nella sua vita e nella sua predicazione si è mostrato preoccupato per “l’aldilà”. Il suo messaggio, infatti, riguarda essenzialmente “l’aldiquà”, ossia la vita quotidiana e lo stile di vita da assumere al fine di portare a compimento la propria umanità, così come questa è stata pensata ed amata dal Creatore. Ne è prova il fatto che a un certo punto del suo percorso Gesù si distacca dalla predicazione e dal messaggio del Battista (cosa che oggi, a quanto pare, caratterizza ancora alla grande svariati predicatori, telepredicatori e radiopredicatori) annunciando che il Regno, cioè la presenza di Dio che opera per e con l’umanità, è già qui e ora e i segni sono ben visibili per chi sa guardare: “i ciechi vedono… i sordi odono… i muti parlano…”. Il cambiamento, o la conversione, metanoia (che indica non tanto conversione religiosa bensì una trasformazione radicale del proprio modo di vivere diventando “pastori della propria animalità”) comincia, secondo la proposta di Gesù, quando si apprende a discernere, vedere e gustare la presenza del divino nel quotidiano. Gesù propone ai suoi, quindi a noi oggi che arranchiamo sulle strade faticose del Vangelo, di coltivare anzitutto l’arte del discernimento per imparare a sintonizzare il cuore sul cuore del divino che continua ad operare fin dalla creazione a favore della nostra umanità.

È proprio questo il cuore del messaggio di Gesù di Nazareth: umanizzare l’umanità a tal punto da renderla divina, cioè realizzare quella “somiglianza” della cui “immagine” ciascuno e ciascuna di noi è portatore/portatrice. Ecco dunque l’insistenza di Gesù sul fatto di restare attaccati, attenti all’oggi, all’hic et nunc, evitando con cura quei voli pindarici in un “aldilà” immaginato a misura dei nostri desideri e troppo spesso caratterizzato dall’arte della fuga dal presente, da quell’oggi tanto difficile e martoriato che è la nostra storia. Gesù propone la via del discernimento per apprendere a vivere il nostro essere immersi nel tempo. È ovvio che di Dio possiamo dire molto poco, quando non nulla, ma Gesù, con il suo operare, con le sue scelte e il suo modo di essere ci indica la via per imparare a percepire questa presenza/assenza, ineffabile, inafferrabile, irriducibile ai nostri schemi, ma sempre all’opera per renderci finalmente umani. Ecco allora il conseguente invito a “vegliare”. Dopo aver chiesto discernimento Gesù indica la condizione perché questo avvenga: tenere gli occhi aperti, vegliare. Vedere la realtà, leggerla con discernimento è proprio dell’umano. Un umano che così facendo diviene sempre più simile al suo Creatore: Questo è “camminare nella luce del Signore”.



Don Luciano Locatelli è presbitero della Chiesa di Bergamo, attualmente a tempo pieno in Caritas.