martedì 30 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Un Dio che stravede per noi


Mt 4,18-22

"In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, (…) Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, (…)".


La prima cosa che Gesù fa è "vedere" (che richiama il primo sguardo, quello della creazione: Dio vide ...). Come avrà guardato Gesù questi qui?
Come ci vede, ci valuta, ci considera Dio? È questo il nostro esistere.

Io sono come Dio mi vede. Il mio essere è lo sguardo di Dio su di me: quello è il mio nome, quello è ciò che realizzo nella vita.
E come ci vede Dio? "Dio ha tanto amato il mondo…": Dio non solo ci vede, ma "stravede" per noi!
Il Padre vede ciascuno di noi con lo stesso occhio col quale vede il Figlio unigenito, cioè mi vede, mi ama di amore unico, totale, irripetibile.

Quindi se i primi, e dopo loro tanti altri, e anche noi dopo duemila anni seguiamo il Signore, non è perché siamo fanatici. È perché abbiamo intuito qualcosa di questo, ossia che siamo l'amore infinito che Dio nutre per noi, siamo la sua "passione": lì sta la nostra verità. In ebraico pupilla si potrebbe rendere con "figlia dell’omino" perché se tu guardi nell’occhio dell’altro vedi te stesso. Sono quel che sono nell’occhio dell’altro e la nostra fortuna e identità sta tutta nell'occhio di Dio, nel suo sguardo, in Lui che ci vede. Scoprire questo è trovare la nostra vocazione, il nostro nome.
Lasciamo che Lui ci veda e ci guardi: nel suo sguardo vedremo noi stessi chi siamo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 29 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Lasciare Dio a bocca aperta


Mt 8,5-11

"(…) Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! (…)".


Certo che un Dio che "si meraviglia"… "Togooo!" direbbe Silvano di Camera café!

Possiamo dare varie letture dei miracoli.
La prima lettura superficiale, ma da non gettare con troppa facilità, è che il miracolo è un prodigio, qualcosa di insolito, qualcosa di non naturale, cioè è l’irrompere di Dio nella natura, per cui si rimane sorpresi. Questo è un primo senso del miracolo, più elementare e in genere tendiamo a fermarci lì.

C'è un altro livello di comprensione. Il miracolo è segno del mondo nuovo. Gesù guarisce il nostro corpo dalla morte e guarisce il nostro spirito dalla paura della morte. Quindi possiamo diventare uomini nuovi che hanno i piedi che vanno sui suoi sentieri, orecchi che ascoltano la sua Parola, occhi che lo vedono, bocche che lo proclamano, mani che lo toccano. Quindi veniamo guariti per entrare in comunione con lui.

Un terzo livello più profondo. I miracoli non interessano più come miracoli, interessa invece l'origine, cioè sono segno della grazia di Dio, ossia del suo amore. Questo è un livello molto più profondo. Dio ci vuole portare a questo. Ogni miracolo è segno dell'amore di Dio per me.

Poi vi è un livello ancora più profondo. Dio manifesta sempre il suo amore per me. Il miracolo avviene quando c'è la fede, cioè la fede è ciò che mi permette di accogliere questo amore. Quindi la sorgente di tutti i miracoli è la mia fede, la mia fiducia filiale che mi mette in comunione col Padre e mi fa figlio. È quanto accade a questo pagano.

Siamo tutti "pagani". Tutte e tutti possiamo "meravigliare" Dio. A noi scegliere se farlo o no.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

 

venerdì 26 novembre 2021

Buongiorno mondo!

"Parole" che non passano


Lc 21,29-33

" (…) In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (…)".



Questa generazione è ogni generazione: la sua, la mia, la tua. In ogni generazione avvengono sempre tutte queste cose, come in ogni vita, cioè che il male vien fuori nitido, lo si vede, lo si tocca con mano ogni giorno: è davanti ai nostri occhi, spesso indorato per nasconderlo, ma esiste in ogni rifiuto, in ogni esclusione, in ogni emarginazione. È nelle nostre complicità con le scelte fatte solo in nome dell'efficienza, della salvaguardia della finanza; è nelle nostre indolenze, nel nostro piegarci davanti al male stesso quando diciamo che "noi non si può nulla, è più grande di noi" e accettiamo di piegarci davanti ad esso rassegnati ma con la pancia sempre piena.

Io mi chiedo sempre come facciamo a vedere il volto del Figlio dell’Uomo, il volto del Cristo in ogni uomo: questo è il problema della nostra generazione come di tutte le altre.
Non è solo credere che Gesù è il messia, che Gesù è il figlio di Dio, il problema è un altro: è riconoscerlo nell’ultimo degli uomini. È lì il problema della fede e della testimonianza cioè riconoscere il Figlio dell’Uomo in ogni figlio di uomo, cominciando dagli ultimi: se scarto uno condanno Dio e lo metto in croce. C'è il male anche nella storia di noi cristiani quando facciamo alleanza con i produttori e sfruttatori di male il cui prodotto sono i milioni di crocifissi della nostra storia.

Quando vedremo il volto del Figlio dell’Uomo in ogni uomo, allora Dio sarà tutto in tutti. Quando vivremo da fratelli perché ciascuno riconoscerà di essere figlio di quel Mistero che ognuno pretende di possedere ma che, in verità, possiede ciascuno di noi, allora tutto sarà compiuto e le Sue parole saranno davvero "passate" dentro la nostra storia.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 25 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Alzare il capo


Lc 21,20-28

" (…) Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".



Han chiesto a Gesù: "quand’è che avviene questo e quali sono i segni?" e Gesù ha cominciato dicendo quali sono i segni e non ha fatto altro che la cronaca di quel che è capitato e che capita sempre: guerre, carestie, terremoti, uccisioni, violenze. Quindi qual è il segno del Regno di Dio?

Il segno è che proprio in questo mondo di male, si può vincere il male con il bene: questo è il segno. Quindi il male stesso è segno che bisogna cambiare (metanoéite, convertitevi): non dobbiamo attendere altri segni, non occorre aspettare che il mondo funzioni meglio. La conversione da effettuare, il cambiamento è radicale: smettere di guardare la realtà attraverso il filtro delle nostre paure. La realtà è che l'altro è mio fratello, è figlio di Dio come me, e che il mondo non è oggetto da possedere, usare e abusare fino a distruggerlo, no, il mondo è un dono molto bello per vivere da figli e da fratelli, per cui nelle cose stesse cose concrete si media l’amore fraterno e l’amore filiale Quindi non aspettiamo un altro mondo ma un altro modo di vederlo e di viverlo, qui e ora.

Ecco perché la nostra libertà ha bisogno di essere continuamente liberata. Per questo occorre "alzare il capo": è la prospettiva dell'uomo libero che si identifica nel Figlio dell'Uomo, cioè in Dio stesso il quale, a sua volta, si identifica nell'ultimo, in colui che continua a rappresentare oggi il crocifisso. Se in ogni persona vediamo l’uomo, se nell’emigrato, nel carcerato vediamo l’uomo, se nell’oppresso vediamo l’uomo, se nel malato, nel nudo vediamo l’uomo, vediamo il nostro fratello, perché siamo tutti umani. Se non vediamo l’uomo siamo bestiali noi. Quindi non è che il discorso religioso sia qualcosa di vago, di vedere chissà chi o chissà cosa: vedere l’uomo, il Figlio dell’Uomo. E Gesù stesso dice “ciò che avete fatto ad ognuno di questi ultimi, lo avete fatto a me”. Si identifica il Signore con l’ultimo degli uomini. Quindi il problema è vedere: i segni sono questi e non ve ne sono altri.

Quando tutto questo avviene? Queste cose avvengono sempre. Erano già avvenute a Gesù, erano già avvenute alla storia di Israele, è quel che avviene nella storia, quindi, sempre. Qui e ora possiamo e dobbiamo vivere secondo lo stile di vita del Figlio dell'Uomo. Qui e ora. Niente altro.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 24 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Vite donate


Lc 21,12-19

"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza (…)".



Quello che ha passato Gesù, quello che sta vivendo la Chiesa al tempo degli Atti, quello che vivono le comunità cristiane ancor oggi, è questo il quadro che Luca dipinge. E lo fa per ricordare che il Maestro non ha esitato a far dono della sua anche nella morte più violenta e infame che si potesse riservare a un uomo all'epoca.

Per questo Luca ricorda alla sua comunità, a noi oggi, che sì, possiamo anche essere uccisi ma nulla si perde di noi. “Perché nella vostra pazienza salverete la vostra vita”, perché la vita ce l’hai se la sai dare. La vita non è qualcosa da trattenere. È come il respiro: se lo trattieni muori. La vita è un dono e bisogna saperla donare per ciò che val la pena, cioè per l’amore, per la fraternità, per la giustizia. Allora l’hai salvata.

“Chi vorrà salvare la propria vita la perderà”: diventa egoista e vive già la morte eterna, il fatto di girare su se stesso per sempre, destinato a essere solo con se stesso per sempre.

Chi invece sa perdere la sua vita la salva, vive già ora l’amore, la testimonianza della fraternità che rende visibile il Regno, cioè lo stare di Dio in mezzo a noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 23 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Storie di tutti i giorni


Lc 21,5-11

"In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (…)".



Il discorso escatologico che ci apprestiamo a leggere in Luca, come ogni discorso apocalittico, non ha per fine quello di creare un sacro terrore al fine di ottenere sottomissione e conversione. Questo linguaggio, particolarmente in Luca, vuol offrire indicazioni circa un modo nuovo e diverso di leggere la storia.
Qui Gesù parla della distruzione del tempio di Gerusalemme. Ricordiamo che i fatti sono già avvenuti, rispetto allo scritto: l'imperatore Tito (chiamato "delizia delle genti") ha già svolto la sua missione ed è rimasto in piedi solamente quello che oggi è noto come "il Muro del Pianto".
In ogni caso, parlando del tempio, o "del luogo" come era detto ai tempi (rispetto al quale il resto è "non-luogo), Gesù indica non solamente la distruzione fisica del tempio, ma anche di tutte le immagini di Dio presenti in ciascuno. Di questo fatto noi non siamo molto coscienti.

Nella morte di Gesù è distrutto il tempio; si squarcerà il velo del tempio e potremo assistere, si dice nel vangelo, alla teoria (è l’unica volta di questa parola nel Nuovo Testamento), che significa spettacolo, ma anche visione: sulla croce vediamo chi è Dio. È quell’uomo lì e nel suo corpo conosciamo Dio. Entriamo nella grande rivelazione (apocalissi) di Dio che si mostra così come è. Per questo distrugge ogni immagine di Dio che abbiamo.
E il nuovo tempio è la carne del Figlio dell’uomo e di ogni figlio di uomo, cominciando dagli ultimi.

Noi tutti, uniti alla pietra scartata che è Gesù (che è la prima pietra, inizia lui), ognuno così com’è (il nuovo tempio è di "pietre vive" non di mattoni, tutti uguali, ma di pietre diverse e variegate), entrando in comunione con gli altri nella sua identità e nella sua differenza costruisce il vero tempio  che è l’umanità fatta di persone che si considerano fratelli dove ognuno accoglie l’altro, ognuno è casa dell’altro e in questo modo nasce davvero il regno di Dio sulla terra, il mondo nuovo. È questo il nuovo tempio. È questo il Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 22 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Sguardi "altri"


Lc 21,1-4

In quel tempo, Gesù alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».



Trovo interessante il fatto che nella tradizione sinottica la vita pubblica di Gesù si apra con una donna (la suocera di Pietro) e trovi il suo termine con un'altra donna, la vedova del nostro testo. E questa diventa anche l'ultima lezione che il Maestro consegna ai suoi, a noi oggi.

Immaginate per un istante di essere lì, con Gesù e i suoi. Davanti al tempio c'erano tredici casse, di cui 12 per intenzione specifica (nulla di nuovo … nelle nostre chiese ne troviamo ancor oggi di vario tipo…) in cui gettare le proprie offerte (in questo brano "gettare" appare cinque volte!). Non era strano che fosse presente chi annunciava, magari accompagnato da uno squillo di tromba, il valore dell'offerta fatta (quando era consistente, beninteso!). Riuscite a sentire il tintinnio delle monete d'argento che vengono gettate? È uno scroscio continuo. Uno scroscio che nasconde il piccolissimo rumore prodotto dalle due misere monetine di rame gettate dalla vedova.

In mezzo a tutto questo Gesù, "levati gli occhi" (Gesù è strano, eh: noi alziamo gli occhi al cielo, Lui, dal suo essere servo, li alza verso di noi …) vede solamente quella vedova. Come dire: in mezzo a una foresta di alberi grandiosi e pieni di fronde, Lui punta lo sguardo sul granello di senape e dice ai suoi: "Guardate lì, accorgetevi di quella vedova", perché, e questa è l'ultima lezione, io sono così. Così come, Maestro? Non "getto" il superfluo, quello che trabocca da una coppa già abbondantemente piena ma "getto" la mia vita, offro la mia vita. E, badate bene, non lo faccio perché Dio ne ha bisogno, ma perché Lui, come me, fa così: non offre qualcosa, ma offre solamente la sua vita, cioè se stesso.

Ecco perché Gesù chiede ai suoi di allenare lo sguardo per sapere vedere il granellino di senape e non il cedro del Libano: questo lo sanno fare tutti. Ma cogliere quel Dio che si offre al posto di chiedere offerte, quel Dio che serve e non chiede di essere servito, beh, questo è solamente per chi sa leggere e ascoltare il Vangelo, cioè lo stile di vita del Maestro.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 19 novembre 2021

Buongiorno mondo!

"Edificati" dalla Parola


Lc 19,45-48

"In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: "La mia casa sarà casa di preghiera". Voi invece ne avete fatto un covo di ladri» (...)".


La casa è il luogo dove uno abita e uno abita dove è amato; per questo noi tutti siamo di casa in Dio, è lui la nostra casa.
Abitiamo in Dio ma non lo sappiamo. Siccome Dio è amore, Dio abita dove è amato: ecco la sua autentica casa. Se noi amiamo il padre e i fratelli, noi diventiamo il nuovo tempio. Questa è la chiesa, il nuovo tempio, non quello fatto di mura. Potremmo anche demolire tutte le chiese invece di restaurarle! È vero, ci servono , oltre che per ripararci dai reumatismi, ma non sono necessarie, in fondo, secondo quanto dice Gesù.

Più che i templi occorre costruire i cristiani che è tutt'altra storia. I discepoli, o cristiani che dir si voglia, sono semplicemente donne e uomini che ascoltano la parola di Dio e che finalmente scoprono che si può vivere nell’amore e nella fraternità. Si può vivere nell’amore e nella fraternità e non invece di tante norme e regole, leggine e ragioni insensate.

Il nuovo tempio è lo spazio dove risuona la Parola che è Lui e noi che l’ascoltiamo. Ricordiamo che la parola esiste quando è ascoltata. Se noi ascoltiamo, come amiamo fare, altre parole di leggi, di norme, di progetti imperialistici o di potere, non ascoltiamo le parole di Dio, ma esattamente il contrario e il peggio è che mascheriamo tutto questo sotto il titolo pomposo di "Parola di Dio". Solamente l'ascolto della Parola ci apre la via per diventare quel che ascoltiamo. E per noi l'unica parola di vita è la vita stessa del Figlio che apre quella via capace di ridarci la nostra dignità di figli amati che vivono in fraternità.

Se i nuovi templi che costruiamo non saranno pieni di uomini nuovi, come dice il profeta, il Signore "li avrà in abominio".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 18 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Figli di un Dio minore



Lc 19,41-44

“In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! (…) “.



La seconda parte del vangelo secondo Luca, nel cap 9, inizia col volto indurito di Gesù che va a Gerusalemme e il tema di tutta la seconda parte del vangelo è appunto il volto. Emerge nella trasfigurazione che il volto di Gesù diviene altro. È il volto stesso di Dio, un volto di luce, che è il volto indurito nella misericordia per andare a Gerusalemme.

Ogni brano del seguito non è che una pennellata al volto del figlio di Dio. E qui abbiamo la pennellata definitiva. Questo volto che è stato dipinto a tempera si scioglie in lacrime e vien fuori l’unico colore che è il colore di Dio, la sua passione per l'uomo, le sue lacrime per noi, un Dio che piange: è il volto definitivo di Dio.

Questo pianto è su tutto il mondo, è il dolore di Dio per il male del mondo. Il pianto di Gesù ci rivela il pianto del Padre, ecco perché “Dio è Gesù”. Il Padre è Colui che piange sul male dell’uomo e il pianto, se vogliamo, è segno di un’impotenza assoluta davanti al male. Questa impotenza è la potenza massima di Dio, la sua compassione, sente il nostro male, non ci abbandona nel nostro male, è con noi nel nostro male, muore lui del nostro male. La Passione chiude il cerchio: la sua potenza ci ha creato, la sua debolezza ci ha salvato. È la forza dell’amore la debolezza, perché l’amore è estremamente debole, perde tutto, anche sé stesso.

Tutto questo per noi, per me, per te.

Discepolo è chi raccoglie la sfida del piangere davanti al male e donarsi come e con il Creatore per portare a salvezza la creazione intera. Cosa è la salvezza? Costruire insieme la casa comune dove tutte e tutti possono sentirsi figli e vivere in fraternità.
Siamo figli un Dio che sa piangere davanti al male, così Gesù di Nazareth ce lo svela.

È ancora il nostro Dio?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 17 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Attese operose


Lc 19,11-28

"In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro (…)".


La traduzione liturgica del testo lo impoverisce. Dovremmo rendere con : " Ora, mentre essi ascoltavano queste cose, continuando disse una parabola, perché egli era vicino a Gerusalemme e pareva loro che all’istante stesse per manifestarsi il regno di Dio".

Quali cose ascoltavano? Quello che Gesù stava dicendo in casa di Zaccheo: "Oggi la salvezza per questa casa è avvenuta… il Figlio dell'Uomo è venuto a cercare e a salvare la cosa perduta".
La salvezza è il Regno e mentre quelli continuano a brontolare il Regno si manifesta.

È questo il regno di Dio. Noi pensiamo che il regno di Dio sia qualcosa di chissà che. No! È una cosa molto semplice e molto quotidiana: è ciò che verrà raccontato nella parabola. Il regno di Dio ha sempre le caratteristiche che ha detto Gesù: del lievito che è nascosto, del seme che è piccolo e gettato. Il regno di Dio è sempre qualcosa che noi trascuriamo; esso non ha nulla a che fare col potere e con la gloria che è l’anti-Dio, è il principio di ogni male, di ogni ingiustizia, di ogni sopraffazione che ci divide da Dio e ci divide dai fratelli. Il regno di Dio è invece esattamente il contrario: povero, piccolo, umile, modesto, gettato, come l’amore.

Pensiamo di essere noi i costruttori del Regno? Nulla di più falso! Il regno è un dono da accogliere. Non c’è da far nulla per il regno di Dio. Non lo fanno le nostre battaglie, il regno Dio! Lo fa la nostra conversione a lui, la mia, la tua, la sua; lo fa la sua misericordia, il suo amore, il suo rispetto per gli altri, la sua umiltà, il suo non esercitar potere, dominio, oppressione, il suo non accusare, il suo andare in cerca di ciò che è perduto se è perduto, non andare in cerca dei principi propri da affermare.

Il tempo che ci è dato è il tempo della misericordia perché noi ci convertiamo a lui. E convertirsi vuol dire semplicemente vivere da figli e da fratelli, nient’altro. Come ha fatto Zaccheo: non facendo chissà quali grandi basiliche, grandi chiese, grandi dogmi, grandi costruzioni. Non resterà pietra su pietra ... Ma semplicemente convertendoci alla sua presenza.

Lui tornerà. Quando? Domanda che rivela il nostro desiderio di possesso, anche quello del tempo.
Dio sta alla porta e bussa, sempre, qui e ora. Quando noi gli apriamo Lui torna, anzi Dio sta sempre qui; quando noi andiamo e ci voltiamo verso di lui è già tornato. Ormai torna coi nostri piedi, con le nostre mani che fanno come lui ha fatto. Tutto qui.

Restiamo a brontolare o cambiamo cuore?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 16 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Incroci di sguardi


Lc 19,1-10

"In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura (…)".



Luca è pittore, si dice, e il suo vangelo è tutto per dipingere questo volto di Dio che si contempla in Gesù e direi che questo testo è come una tavolozza. Tutti i colori che ha usato nel resto del vangelo li troviamo in questo brano. Ogni parola qui è in un episodio chiave del vangelo e vengono fuori tutte. Purtroppo lo spazio che abbiamo non ci permette di dilungarci nell'offrire piste per contemplare questo stupendo affresco.

Zaccheo (il cui nome è abbreviazione di Zaccaria che significa "Dio si ricorda"… e non è un caso…) fa parte, anzi è il capo, del gruppo di persone tra le più odiate in Israele: egli appartiene al quel gruppo di traditori infami che lavorano per i Romani come esattore delle tasse. E lui in particolare ne è il capo: arciesattore, e quindi "arcipeccatore", tra i primi che il Messia avrebbe polverizzato fin dal suo apparire.

Quest'uomo, piccolo in tutti i sensi, che tutti scansano, proprio lui cerca di vedere chi è Gesù. Non è un semplice guardare: è voler vedere chi è. Tutta la seconda parte del vangelo secondo Luca vuol portare a vedere chi è Gesù (ricordate ieri il cieco?). Anzi, alla fin fine, chi è Dio, che è il nostro autentico problema: vedere chi è nostro padre per vedere chi siamo noi.
E in Gesù questo Dio si rivela come Colui entra nel riposo dimorando da Zaccheo, la quintessenza dell'impurità. Oh, che Dio è mai questo? Che Dio è questo che entra nello sabbat dimorando presso la casa e la vita di un tal peccatore, di ognuno di noi?

Ecco il Dio che Gesù mostra a "chi sa vedere": Colui che viene a farci scendere da quell'albero primordiale sul quale ci siamo nascosti perché preda delle nostre paure che nascono dalle nostre immagini distorte di lui. Il Dio di Gesù è sconvolgente perché sceglie di fare per sua dimora la nostra impurità, la nostra piccolezza che nascondiamo dietro i nostri desideri e manie di potenza e grandezza.
Il Dio di Gesù riposa dentro le nostre impurità per insegnarci ad alzare lo sguardo e a non temere: la sua passione per noi, mostrata paradossalmente nella croce, è l'unica forza capace di guarirci e "farci diventare grandi".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 15 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Seduti, fuori strada e ciechi


Lc 18,35-43

"(…) Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato» (…)".


Ci vorrebbero pagine per commentare il testo di Luca, ma un post come questo impone uno spazio ristretto.
Siamo dentro un testo ricchissimo, pieno di risonanze pasquali. La tentazione di semplificarlo come un semplice miracolo di guarigione ne farebbe una lettura distorta e poverissima.

Nei versetti precedenti Luca ci ha raccontato che all'annuncio della passione di Gesù i Dodici non comprendono nulla; restano, per l'appunto, ciechi. Come quest'uomo di Gerico (quante risonanze anche qui…), anche i Dodici sono "seduti" (il Vangelo è tutto un cammino), "al di là della strada", cioè fuori strada, stanno seguendo un percorso sbagliato, e "ciechi", incapaci di vedere, segnati da quella cecità tipica del fariseo che non si rende conto di essere cieco perché convinto di vedere bene ed esclusivamente bene (il fariseo ha l'unica "visione" giusta").

Torna il tema della miseria personale come unico titolo della misericordia, il tema della preghiera che si fa grido, non preghierina o giaculatoria, ma grido che nasce dall'aver compreso di essere ciechi, o lebbrosi, o paralizzati…

Mi limito a una sola cosa. La traduzione della risposta del cieco alla domanda di Gesù è quanto meno avvilente e svilisce il testo. Il cieco non dice semplicemente "che io veda di nuovo", bensì il verbo greco (anablepo) dovrebbe essere reso con "che io guardi in alto", "che io alzi bene gli occhi". Perché? Per poter vedere la Théoria del Golgota, la visione della Croce che mette la nudità di Dio e della sua passione per noi in bella vista. Solo chi ha seguito le orme del Nazareno può contemplare in quell'uomo nudo sulla croce la ferita bellezza che manifesta tutta la misericordia di Colui che ascolta il "grido" dei suoi figli. Per vedere questo Dio occorre alzare gli occhi non al cielo ma alla croce (che riassume lo stile di vita di Gesù), unico strumento in grado di cancellare le visioni distorte che ci siamo costruiti su Dio. Occorre uscire da questa cecità che ci rende dei visionari, per accogliere la guarigione che ci permette di contemplare la Théoria della Croce. Solamente così sapremo camminare dietro il Maestro, cioè ritroveremo la strada e non resteremo seduti.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 12 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Hic et nunc


Lc 17,26-37

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti (…)”.


Cosa fa Noè? Come tutti gli altri, mangia, beve, si sposa, si marita. Cosa fanno al tempo di Lot? Mangiano, bevono, comprano, vendono, piantano, edificano. È la vita quotidiana.

Come sarà quel giorno? Sarà come è stata la vita quotidiana, com’è stato con Noè, com’è stato con Lot. Noè non ha fatto cose strane o diverse; ha fatto le stesse cose di tutti! Il punto è che ha fatto quelle cose con un altro spirito, con lo spirito di obbedienza alla Parola, con lo spirito del Figlio, non con lo spirito della violenza, dell'egoismo, ma con lo stesso spirito presente nel caos iniziale, Ruah Elohim, il vento violento che pone un limite alla propria onnipotenza e si trasforma in soffio di vita.

Quindi il problema della fine del mondo è come viviamo ora.
Noi possiamo vivere questo mondo, anche l’economia, tutte le nostre relazioni in modo da ammazzarci gli uni gli altri e distruggere tutto (abbiamo sviluppato ottime competenze in questo!), o possiamo vivere in modo opposto di solidarietà, di condivisione, di amore, di fraternità, in modo da costruire la salvezza in questo mondo, in questa quotidianità, non in un altro mondo.

La tentazione che ci portiamo dentro è di pensare che la salvezza stia in un altro mondo, invece Luca dice che la salvezza sta in questo mondo qui, nel modo, nello stile di vita filiale. Luca è tremendo contro l’alienazione religiosa, come tutti i vangeli. La vita spirituale è come vivi le cose materiali, non è una cosa volatile, far preghiere sollevandoci da terra o cose simili. È come vivi le cose materiali la vita spirituale, le tue relazioni con le cose e con le persone. E il Maestro, con il suo stile di vita e le sue scelte, ci fa intravedere una possibilità diversa. Come sempre, a noi resta la scelta.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 11 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Il Regno: quando o come?


Lc 17,20-25
“In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!» (…)”.



I farisei pensavano, come tutti noi, che Dio deve pur farsi vedere una volta o l’altra e pensavano che sarebbe venuto a premiare i buoni e a punire i cattivi e in questo modo, finalmente, inizierà il Regno di Dio dove noi buoni trionferemo, ammazzeremo tutti i cattivi e allora tutto il mondo sarà bello perché avremo ammazzato tutti i cattivi.
Questo il desiderio inconscio.

Circa il quando: ne siamo sempre preoccupati (basta considerare i discorsi e le preoccupazioni circa la salvaguardia del pianeta …), perché sappiamo che siamo a scadenza, quindi il quando è importante.

Gesù, al suo solito, non soddisfa i desideri dei “venditori del quando” che affollano anche la nostra epoca. Lui attira la nostra attenzione sul come: non quando, ma il fatto che il Regno, nella sua modalità precisa, è in noi, in mezzo a noi. 
E il punto è proprio questo.

Realmente il Regno di Dio è in mezzo a noi, in Gesù Cristo che lo vive, nel figlio che ama i fratelli; è lui che testimonia l’amore del Padre, quindi Dio (o come lo si voglia chiamare) è già dentro un cuore che vive l’amore la gioia, la pace. È in questa gente che è tra noi (anche se sovente la giudichiamo “non dei nostri”), e quando noi siamo tra questa gente, allora è anche in noi. Quindi il Regno di Dio non è qualcosa di esterno, di visibile, no, è un cuore che conosce l’amore del Padre e vive l’amore dei fratelli.
Questo è il Regno di Dio. Non è questione né di cibo, di bevande, di date, né di potere, né di gloria, né di splendore; non è sorretto o nascosto da segreti mariani che saranno svelati tra poco. È nel cuore dell’uomo che vive l’amore: è l’uomo nuovo.
Sta a noi deciderci.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


mercoledì 10 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Un Maestro che risana


Lc 17,11-19

“Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (…)”.



Sembra quasi che dal villaggio venga fuori tutta la lebbra. Per sé non debbono uscire dal villaggio, ma devono stare fuori nei deserti. L’immagine vuol dire che in fondo, in ogni villaggio, in ogni luogo dove abitano gli uomini, c’è sempre gente scartata. Alla fine, poi, siamo tutti scartati.

Tant’è vero che il cimitero è sempre fuori. E il lebbroso è simbolo della morte vivente. È il morto civile, è il morto religioso e lo si vede nella sua carne; non è tenuto a nessuna legge, se non alla legge dell’esclusione, per cui è quello che non ha più alcun diritto né umano né religioso.

E i lebbrosi che gli vanno incontro sono dieci. Dieci è il numero per far la comunità nella sinagoga, ma sono anche le dita delle mani.
E questo è proprio ciò che manca ai lebbrosi: le dita delle mani. L’uomo per sé senza mano non può fare azione umana, non può lavorare. La mano indica la possibilità, il potere che ha; senza mano non ha alcun potere.
Quindi 10 indica sia la totalità degli uomini, sia la nostra azione, la possibilità di agire in un senso o in un altro, per fare il bene o per fare il male.

Quei “dieci” siamo noi. Se e quando ci renderemo conto che il nostro titolo alla misericordia è la nostra miseria, quando vivremo finalmente quella relazione liberante con il Maestro che guarisce dalla lebbra dell’esclusione, allora saremo capaci di trasformare i nostri “villaggi” in giardini di vita e non più in deserti di esclusione. Sapremo anche noi essere come la mano del Creatore: una mano che crea vita, risana e custodisce.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 9 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Dedicazione Basilica Lateranense


Gv 2,13-22

"Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!» (…)".



Non mi pare un caso che il vangelo secondo Giovanni ponga all’inizio, al contrario della tradizione sinottica, la cosiddetta purificazione del tempio.

Gesù comincia la sua attività con la frusta nel tempio per disinfestare la nostra immagine di Dio e di uomo e dunque il modo di vivere questa immagine. Infatti, cosa c’era nel tempio? Buoi, pecore e colombe, oltre che monete in quantità. Dunque il tempio, alla stregua di un mercato, diventa sorgente di quell’economia che uccide, che soffoca la vita, che mercanteggia e crede di comprare ogni cosa, anche Dio e la sua presenza.

E quest’ultima è la realtà peggiore: con i nostri sacrifici, le nostre offerte crediamo di comprare l’amore di Dio. C’è molto di male in questo perché Dio è amore e comprare l’amore si chiama prostituzione; il peccato peggiore che ci possa essere è trattare Dio da prostituta. Nella nostra religiosità immancabilmente c’è un rapporto mercantile con Dio che va contro l’essenza di Dio. Ed è questo il senso più profondo della purificazione del tempio. Dio è amore e non ha bisogno di star lì ad essere ringraziato, corrotto dalle nostre preghiere per poterci offrire la sua presenza totalmente gratuita. Con molta pietà e devozione siamo capaci di consumare la più grande empietà: cercare di comprare Dio e averlo in tasca come un talismano di salvezza; invece Dio è un’altra cosa.

Cosa? Beh, basta guardare e seguire colui che ce lo rivela … Restiamo pure nel nostro “Gesù è Dio” e fabbricheremo il nostro tempio con annesso mercato. Passiamo al "Dio è Gesù" e solo allora potremo balbettare il suo Nome da figli e non da mercanti.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 8 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Chi scandalizza chi?


Lc 17,1-6

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! ». (…)”.


Gesù ha scandalizzato tranquillamente i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani, cioè tutte le persone potenti, gli intelligenti e sapienti: li ha scandalizzati tutti. Ma buona parte del popolo no, perché il popolo capiva, pur restando a volte inerte, a volte invece pronto a schierarsi dalla parte del più forte (è sempre così: dipende dal “panem et circenses” che ci viene offerto).

Noi invece, spesso e volentieri, scandalizziamo i piccoli per non scandalizzare i potenti in genere, per non disturbarli troppo. Perché il perbenismo, soprattutto quello di stampo religioso, esige di non scandalizzare il potente ed è per questo che i suoi han detto a Gesù: “Ma tu sei pazzo! Mettiti d'accordo con quelli lì e poi vedrai che le cose ci vanno meglio”.

E invece no, Gesù non ha scandalizzato i piccoli, ma gli altri, quelli che senza paura dicono: “Dio è con noi”, “Gott mit uns”. Non a caso fu ucciso dai sommi sacerdoti che rappresentano il potere politico e religioso, dagli anziani che sono il potere economico mafioso e dagli scribi che rappresentano il potere culturale a servizio degli altri tre. È Vangelo eh, ragassi, è Vangelo!

I piccoli sono i destinatari del Vangelo, ossia quelli per cui Dio si è fatto Felice Annuncio. Sono gli emigrati, i nudi, i carcerati, quelli che non contano, quelli che ci giriamo dall'altra parte, quelli che non vogliamo, quelli che “fuori di qui, via dalla nostra città che con la vostra presenza ce la sporcate!”. Son gli altri, sempre gli altri, quelli che non rientrano nei nostri criteri di brave personcine. Ma … Gli altri sono l'Altro, sono Cristo. “Ciò che avete fatto a uno degli ultimi lo avete fatto a me”.

Se vuoi essere suo discepolo allora stai dalla parte di questi qui: sarai “scandaloso”, ma dello stesso scandalo del Dio di Gesù che ha scelto chi non conta per dirsi e darsi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 4 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Tutti chi?



Lc 15,1-10

"In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»(…)".


Gesù ha appena detto che "nessuno può essere mio discepolo se…" (rileggete il testo di ieri) e tutti, sottolineato "tutti", si avvicinano a lui. Chi si avvicina a Gesù nel momento decisivo? Tutti. Tutti chi? "Pubblicani e peccatori". I pubblicani sono i peccatori peggiori perché son quelli che tutti indicano come peccatori (qui si gioca facile: Agenzia delle Entrate...). Erano quelli che esigevano le tasse per conto dei romani, truppe di occupazione, quindi detestabilissimi; poi frequentavano sempre i pagani, guadagnando molto disonestamente perché appunto facevano il mestiere in modo che rendesse il più possibile; angariavano il popolo, lo opprimevano. Sono i detestabili per antonomasia, indifendibili da tutti i punti di vista. I peccatori, accanto a loro, son tutti gli altri. Praticamente tutti gli esclusi s'avvicinano a lui, tutti.

È bello il contrasto fra questi tutti che vengono, in greco il verbo indica l'avvicinarsi, e il brontolare degli altri: mentre quelli vanno lì gli altri bollono come pentole di fagioli. Gli scribi son quelli che sanno le cose giuste, i farisei son quelli che le fanno. E dicono: costui è tutto proteso per accogliere i peccatori e con-mangia con loro. Perché si comporta così?. Fosse peccatore come loro si capirebbe, ma è il giusto, è il Messia, non è previsto che faccia così e… con-mangia con loro.

Mangiare insieme vuol dire avere la stessa vita, esser della stessa famiglia: quelli lì sono la sua famiglia. Ed è proprio per i giusti che Gesù dice questa parabola, per noi, che fatichiamo a con-mangiare con questi qui che rompono, che non stanno alle regole, che non seguono la "retta via" (che noi buoni abbiamo tracciato).

Ecco perché non è così facile dire che "Dio è Gesù". Un Dio che rompe e esce fuori dai nostri schemi religiosi è inaccettabile.

Ma questa è la via se vogliamo essere suoi discepoli: rinunciare alle nostre care e belle immagini di Dio per poter dire, con fatica, che "Dio è Gesù". Siamo tra quei tutti?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 3 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Figli del dono

Lc 14,25-33

"In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (…)".



Parole ardue, difficili che compongono un testo radicale, pieno di quella radicalità evangelica che sovente proclamiamo e chiediamo agli altri ma che noi evitiamo con cura.
La chiave interpretativa delle parole di Gesù è posto nelle ultime parole: "non può essere mio discepolo". Ed è terribilmente vero! Nessuno può essere suo discepolo perché l'essere suoi discepoli non è una conquista, non è un premio dato per le fatiche spirituali o meno fatte.

L'essere suo discepolo è un dono gratuito che chiede solamente di essere accolto. Essere discepolo è un dono come l'essere figlio: non è una realtà che acquisti, che paghi e fai tua. È un dono che non viene dal fatto che facciamo certe cose, magari anche bene: è totalmente gratuito. E se accetti il dono ti metti nella stessa prospettiva e agisci e vivi con lo stesso stile del Dio incarnato in Gesù: nella più pura e semplice gratuità. Il prezzo del dono è la gratuità. È il prezzo più alto perché è più facile contraccambiare il dono e pagarlo che vivere nella gratuità. Vuol dire accettare l'amore, la gratuità e l'amore: il prezzo del dono è l'amore. Noi siamo discepoli nella misura in cui accogliamo l'amore per poi vivere questo amore.

Questa è la croce: odiare la propria vita. Strano? No, evangelico. Infatti l'egoista, l'egocentrico è colui che ama talmente la propria vita da non poter accogliere nessun altro: in lui non vi è spazio per altri. Che è l'esatto contrario di Dio.

Ecco. Ora sappiamo chi è il discepolo. Non ci resta che scegliere.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.