giovedì 31 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Dio è Gesù

Gv 1,1-18

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.



18 versetti del Vangelo di Giovanni che, ancora dopo tanti anni, se da una parte generano in me timore, dall'altra suscitano stupore e senso profondo di gratitudine. È un testo da contemplare, da lasciar parlare ancora, ancora e ancora. E quando si pensa di averlo finalmente compreso, quando si ritiene di essere penetrati nelle sue profondità, si ha la sensazione di essere ancora alla superficie: c'è sempre un plus che sfugge, che chiama a proseguire, a continuare il cammino di scoperta.

Non me la sento di dire molte parole: mi parrebbe di rovinare una tal perfezione.

Rimando solamente alla sconvolgente rivelazione contenuta nell'ultima strofa. Quel Gesù che è nel "kolpov tou Patros", letteralmente "nel'utero del Padre" la dice lunga sulla nostra comprensione limitata di ciò che fino ad oggi chiamiamo Dio affibbiandogli definizioni teologiche fondate spesso sul nostro desiderio di avere un Dio a nostra portata, fatto a nostra immagine più che noi alla Sua. Cosa vi è di più intimo dell'utero, la culla della vita? Cosa vi è di più delicato? Cosa vi è di più importante nella storia dell'umanità? Senza quella culla non esisteremmo, la vita non potrebbe essere trasmessa. Ci pensiamo mai? La vita, solo e semplicemente la vita.

Quel Gesù lì, quello che vive nel "kolpov tou Patros", Lui è il solo che ci rivela il volto di Dio. Per questo non smetterò mai di dire e proclamare e invitare a cambiare prospettiva nella nostra fede: dal Gesù è Dio a Dio è Gesù, perché solo Lui ha la chiave che ci permette con Lui e come Lui di trovare posto nel "kolpon tou Patros". Non abbiamo altre vie che la vita di Gesù di Nazareth per comprendere chi è Dio. Una volta compreso questo allora, e solo allora, potremo anche comprendere chi siamo in realtà noi.

Così facendo entreremo da umani fatti a Sua immagine nel creato. Talmente umani da essere divini, generati nel "kolpon tou Patros", portatori sani di vita con Lui e come Lui.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 30 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Dentro la vita

Lc 2,36-40

[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C'era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.



Maria e Giuseppe adempiono quanto prescritto dalla "legge del Signore". Una famiglia normale, che segue la prassi religiosa del tempo, svolta la quale fa ritorno al villaggio.
Gesù cresce e si sviluppa in questa ordinaria quotidianità che a noi, un po', sconcerta. Sconcerta perché non ne sappiamo nulla, ma proprio nulla. Possiamo pensare, possiamo immaginare, possiamo sognare ma, di fatto, non sappiamo nulla.
Ora, questo nulla a me dice molto. Il Verbo ha scelto di farsi uno di noi in tutto: questo "silenzio" sulla sua infanzia, sulla sua adolescenza, sulla sua giovinezza, dice proprio questo. Ë uno di noi, uno che se non lo cerchi non lo trovi perché non lo vedi. Ha scelto di vivere la nostra quotidianità, con le sue ombre e le sue gioie, le sue paure, le sue ansie e i suoi sogni, i suoi aneliti verso un qualcosa di non sempre definibile. Ci si aspettava un "Signore" e ci troviamo tra le mani uno come noi. Gesù, ebreo, forse garzone alla bottega del padre (per quanto ne sappiamo); forse sorgente di ansie e preoccupazioni, senza forse a mio avviso, uguali a quelle che provano i genitori davanti ai loro figli che scalpitano e vorrebbero… vorrebbero… che cosa? Ma valli a capire, 'sti figli… Gesù avrà avuto la prima cotta per la ragazzina? Se è uno di noi, credo di sì. Con chi ne avrà parlato? Con la madre? Col padre? Con il Padre? Abbiamo un bel professare la nostra fede nel Signore, ma dimentichiamo con troppa facilità che anche lui ha scelto di farsi come noi: dunque?

Sorella, fratello: questo "bambino" che cresce ha voluto e scelto di essere uno di noi. Ha voluto sperimentare la nostra fatica del quotidiano. Ha voluto esserci, nella storia, starci dentro in tutto e per tutto. E noi chi siamo per scappare fuori? E noi chi siamo per rifiutare la fatica di costruire questa umanità che lui ha scelto per condividere con essa il dono della divinità? Già Dante l'aveva capito: non siamo fatti per le cose piccole, ma per quelle grandi, non siamo fatti per "vivere come bruti"... Solo che la grandezza costa fatica, sudore, cammino. Il Maestro non si è tirato indietro. E noi? Nella vita, nella fatica, finanche dentro la sofferenza, bisogna starci, dasein, esserci: non con le piume, non con le paillettes, non con i vestitini leopardati, non con le piccole spiritualità dalle consolazioni facili, ma con i calli alle mani e, a volte, la lingua fuori. Lui lo ha fatto, per "crescere e fortificarsi". E noi?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 29 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Tradizione e tradizioni

Lc 2,22-35

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse:
«Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».



Luca ci porge questo delicato racconto che ha il sapore quasi di un passaggio di consegne tra il Primo e il Nuovo Testamento. Il vecchio Simeone, a differenza di tanti altri anziani d'Israele, si apre alla novità che irrompe nella storia e sa riconoscere in quell'insignificante fanciullo la Luce che si rivela al mondo. Simeone non resta tenacemente abbarbicato al suo mondo, alle sue concezioni religiose, alle dottrine e ai precetti che per lunghi anni ha seguito ed osservato. Si lascia condurre dallo Spirito per riconoscere l'inedito volto di Dio che si rivela a Lui in quel momento. Il suo "nunc dimittis" non rappresenta ormai il morire per aver visto il Signore, ma il riposare nella pace proprio di chi finalmente riconosce che il Signore non ha dimenticato il suo popolo e, nella sua misericordia, ancora pone la sua tenda in mezzo ad esso. Ecco perché Simeone è un rappresentante dell'autentica Tradizione: egli comprende che questa non è una sterile ripetizione del passato a tutti i costi e contro tutte le novità, ma l'accoglienza di una rivelazione che affonda le sue radici nel passato e nell'oggi si rende sempre nuova, più ricca e feconda se aperta al dono dello Spirito.

Sorella, fratello: Simeone oggi ci invita all'apertura, alla novità del Regno che passa attraverso l'inusuale volto di un bimbo che si sottomette alla "Legge del Signore" per superarla e portarla al suo pieno compimento. Egli ci invita a non pietrificare il dono ricevuto ma a renderlo sempre nuovo e capace di fascino per il nostro oggi. Non è rimpiangendo tempi antichi e vecchie tradizioni che permetteremo al Vangelo di brillare della sua autentica luce. È possibile che anche questo dolorosissimo evento della pandemia ci stia indicando strade nuove, inedite, mai provate prima. Rinchiudersi in una rancorosa memoria del passato ha il solo risultato di farci mancare l'appuntamento con questo "kairòs".

Simone, l'anziano, è di certo più giovane di tanti tra noi. Simone, l'anziano, si lascia muovere e smuovere dallo Spirito. Siamo forse più vecchi di Simeone?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 28 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Erode vive!

Mt 2,13-18

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio».
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:

«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».



Matteo è l'unico, tra gli evangelisti canonici, a narrare quella che è stata definita come la "strage degli innocenti", anche se io, personalmente, preferisco definire questo racconto come "Erode, l'orgia del potere".

Matteo applica lo scritto di Geremia, che fa riferimento a madre Rachele che piange per le violenze e la brutalità subite dai figli di Israele fino alla deportazione a Babilonia, alla violenza che accoglie Colui che viene a visitare il suo popolo. Una violenza che affonda le sue radici nel potere politico e religioso: il Creatore che nel giardino cercava la compagnia dell'umano ancora una volta si trova alle prese con un umano che fatica terribilmente a farsi "pastore della propria animalità", cedendo alle lusinghe del potere , dell'avere e dell'apparire. Erode, come tanti nel nostro oggi, non trova di meglio che sfoderare il suo potere riversandolo in tutta la sua brutalità sui "piccoli", sui fragili, sugli inermi della sua e nostra storia.

Erode, ogni Erode di ogni tempo, non sa fare altro che silenziare togliendo l'alito della vita tutte e tutti coloro che, in un modo o in un altro, sono ritenuti un pericolo per il suo potere. Erode è il tipo che oggi, con noncuranza e disprezzo, usa e consuma i poveri e gli ultimi come addobbi di Natale per mascherare, con una parvenza di carità, il suo desiderio smodato di primeggiare e di consolidare il proprio potere costruito ad arte sulla propaganda e sull'ignoranza di chi scalcia per sedersi alla sua tavola.

Sorella, fratello: Rachele, Giuseppe, Maria e… continuano a fuggire oggi in cerca di pace e dignità. I loro volti sono perennemente rigati di lacrime, solcati dalle profonde rughe che nascono dall'impossibilità di trovare pane, pace, tranquillità, vita dignitosa.
Il Vangelo oggi non ci mostra falsi Babbi Natale che una volta l'anno si ricordano dei poveri che loro stessi hanno contribuito a generare con politiche fondate sull'esclusione. Il vangelo ci sbatte in faccia con crudezza che nella vita di quella famiglia che è costretta a scappare si riflettono le vite di migliaia, milioni di famiglie che ancora oggi continuano ad "alzarsi nella notte, a prendere i figli, e a rifugiarsi" altrove in cerca di vita. Se questa pandemia non ci ha ancora insegnato che l'unica via per riappropriarci del nostro essere umani è quella della solidarietà e della compassione "a perdere", questo significa che abbiamo perso le tracce di quella Famiglia. Forse siamo entrati, con troppa facilità, nel palazzo di Erode e con lui stiamo festeggiando i fasti del potere.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

In cauda venenum: nelle foto pubblicate dal "Capitano in versione natalizia" non ho notato persone di colore ( a parte una donna di origine eritrea, pare, che, per i noti frequentatori del Papeete, potrebbe passare per "abbronzata"). Gli unici "coloured" che appaiono alla tavola del Senatore sono dei "profiteroles" che mi auguro italiani e non importati dal Mississippi...

"Ahi serva Italia, di dolore ostello...", direbbe il Sommo.

giovedì 24 dicembre 2020

Buon Natale

 

Il Dio che cammina con gli "scarti"

Natale 2020 (Liturgia della notte) Lc 2,1-14


Giungiamo così alla conclusione del percorso che ci ha visto camminare insieme sulle vie dell’Avvento.

La quarta domenica, con l’entrata in scena di Maria, ci ha posto davanti al Dio dei paradossi, a Colui che va “oltre”, che passa al di là delle nostre concezioni religiose, delle nostre credenze, per mostrarsi davvero come il Totalmente Altro, Colui che aspettiamo ma che non ci aspettiamo.

La solennità del Natale, o meglio, il memoriale che rende vivo il mistero dell’ Incarnazione, ancora una volta entra nella nostra storia ribaltandone prospettive, attese e desideri.
Ci attendevamo l’arrivo trionfante di Colui che è Signore e ci ritroviamo tra le mani un bimbo, partorito all’interno di una stanza maleodorante, accolto per pietà, diremmo noi, da chi, aprendo la propria casa, ha voluto condividere la povertà ordinaria e quotidiana.

Fossimo stati avvertiti noi ci saremmo preparati in pompa magna, con Eccellenze, Monsignori, notabili e tutta la sfilata al gran completo: “Osanna al Figlio di Davide”, canteranno (e canteremo) dopo qualche tempo gli stessi che invocheranno poi la crocifissione di Colui che ha deluso le nostre aspettative.

Gli unici che vengono avvertiti dell’evento sono dei pastori. Insomma, non proprio i migliori rappresentanti della società di quel tempo: rozzi, ladri, pronti a fregarsi l’un l’altro, avvezzi a violenza bruta pur di strappare qualche soldo in più.

Il testo del Vangelo si apre sulla corte imperiale, che sfoggia il suo supponente potere “censendo”, contando le teste che ha conquistato; poi, tra i dolori del parto e le urla del neonato, plana dolcemente e pone il suo sguardo su di un altro “esercito”: le “milizie” composte da chi canta la bontà e la misericordia di Dio verso ogni uomo. Quelle stesse “milizie” che oggi sono silenziate dalle urla di chi quotidianamente ingaggia battaglie contro una “Chiesa mondana” che, a parer di tanti, da cittadella fortificata si è ridotta a “ospedale da campo” per l’umanità (credo che anche il buon Dio mostri tanta pazienza con Sua Emittenza, patron di Radio Ovunque).

L’attesa, però, è finalmente colma, il desiderio può essere finalmente riempito: il nostro Dio è lì, posato, deposto dentro una cassetta dalla quale le bestie traggono alimento (questa immagine la dice lunga su chi siamo noi o su chi pretendiamo di essere e chi è questo Dio che vorrebbe da noi farsi mangiare. Mi ricordo di una bella espressione di Paul Beauchamp: nella racconto della creazione l’invito sommesso di Dio all’uomo è quello di “diventare pastore della sua animalità”: credo sia urgente un ripasso).

Eccolo lì, il nostro Dio: se nella quarta domenica si preannunciava come il Dio delle periferie, ora si mostra davvero in tutto il suo splendore: il Dio degli “scarti”, il Dio degli scartati della storia.
Il Dio tanto temuto, il Giudice inflessibile, il castigamatti degli empi, in Gesù si rivela come Colui che vuole condividere la nostra storia partendo dagli scarti, da quelli che noi non oseremmo neppure salutare, da quelli che scansiamo con cura, da quelli che vorremmo eternamente invisibili.

È talmente scioccante, inaudito, inusuale un Dio così che facciamo di tutto per tenerlo lontano. Ecco allora l’enfasi della poesia del bambinello; ecco il dolce viso e il sublime suono degli angeli; ecco i pastori che, come d’incanto, d’un tratto sono resi presentabili e persino amabili.
Il dottore della legge che abita in noi, il professionista del sacro, deve per forza indorare la pillola: ne va del suo potere di controllo su Dio e sul popolo. Un Dio che ama e si fa uno con gli “scarti”? Ma che Dio è? Che Dio è quello che sceglie di arrivare sui barconi (non era meglio e più spettacolare continuare a camminare sulle acque?)? Che Dio è quello che si china su chi dorme coprendosi con i cartoni alla stazione? Che Dio è quello che arriva a offrirmi il suo perdono gratis e mi dice “vai e anche tu fai lo stesso”?

Dio, nel suo esodo continuo, continua, anche a Natale, a “fare Pasqua”, a passare oltre e a trascinare in questa folle avventura impastata di misericordia di perdono tutte e tutti coloro che osano e raccolgono la sfida di Gesù: con lui e come Lui diventare noi stessi Felice Annuncio dentro le periferie della storia con gli scarti del mondo, dicendo e gridando che siamo certi che Gesù è Dio, ma siamo ancor più certi e felici che Dio è Gesù.

Buon Natale.

lunedì 21 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Sempre in cammino

Lc 1,39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».



Un villaggio sconosciuto sulle montagne della Giudea. Due donne incinte conversano su quanto stanno vivendo nella loro esistenza. E i mariti? Zaccaria, reso muto, penso stia meditando su quanto gli è capitato e… Giuseppe pure: assente giustificato. L'inizio dell'avventura evangelica è posto sotto il segno di due donne. Poi nella Chiesa noi maschi ci siamo rifatti e abbiamo rimesso tutto a posto: già, proprio un bel cammino. Ma non è di questo che voglio parlare. Piuttosto oggi guardo a Maria come a icona di una Chiesa che "esce da se stessa" e si mette in cammino per andare incontro, per farsi prossima a chi è più fragile. Maria è icona di una Chiesa che "accompagna a vivere" chi si trova in una situazione difficile di solitudine, di isolamento, di emarginazione, senza gioia né speranza. A fronte di ciò che Jürgen Moltmann ha definito "segregazionismo sociale", cioè il fatto di "sistemare" ognuno al suo posto (i bambini al nido, gli anziani nelle RSA e i diversamente abili nelle RSD, i delinquenti in carcere, i tossicodipendenti in comunità vigilanti…) affinché possiamo poi goderci la vita senza preoccupazione alcuna e senza fastidi, Maria si fa icona di una Chiesa che non lascia indietro nessuno, che si fa prossima ad ogni donna e ogni uomo per comunicare vita. Una Chiesa che si fa spazio di vita e non isola di sopravvivenza.

Sorella, fratello: credere al mistero dell'Incarnazione significa vivere in altro modo. Significa accogliere la vita stessa di Dio che in Gesù ha scelto di condividere la nostra vita e farsi nostro compagno nell'indigenza, indicandoci una via ben precisa per realizzare la nostra umanità. Con Lui e come Lui siamo sempre in viaggio "in fretta" perché nessuno si senta lasciato solo, perché nessuno resti indietro. Nel nostro zaino non c'è posto per comode pantofole inadatte per viaggiare sulle strade della vita. Il Maestro cerca donne e uomini disposti a camminare giorno dopo giorno, nella fatica del quotidiano, perché a tutti giunga il gioioso annuncio del vangelo della vita.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 18 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Mt 1,18-24

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa «Dio con noi».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.



Contrariamente a Luca, Matteo narra l'annunciazione a Giuseppe. Il contesto e i destinatari della sua opera avrebbero storto un po' il naso: come è possibile che Dio si rivolga ad una donna? E poi il nome al pargolo lo deve dare il padre, perché è il padre che genera!
Non ci devono impressionare queste discordanze tra i vangeli, soprattutto questi testi che, impropriamente, abbiamo chiamato Vangeli dell'infanzia. Si tratta infatti di racconti teologici in cui l'evangelista piazza gli elementi della sua opera che poi svilupperà lungo la sua narrazione.

Mi soffermo sul nome: Gesù, l'Emmanuele, il Dio con noi.
È questo infatti che sta a cuore a Matteo, tanto che, dopo aver percorso tutto l'itinerario evangelico, quando Gesù invierà i suoi per il mondo si qualificherà dicendo appunto: "Io sono con voi…". Matteo annuncia dunque un Dio che in Gesù sceglie di stare con noi. Non è più l'Altissimo, l'inafferrabile: è il Dio con noi, Colui che condivide la nostra storia, le nostre lotte, le nostre fatiche e in tutto questo ci propone la sua via per realizzare quel progetto di umanità che sta a cuore a Dio, al Padre. E inizia tutto questo passando attraverso due di noi: una coppia. È la ripartenza della storia, il riavvio della creazione dopo che la prima coppia nell'Eden non aveva compreso il compito assegnato. Con Giuseppe e Maria, l'avventura riparte.

Sorella, fratello: il Dio con noi è sempre in cerca di chi si fida della sua Parola e osa, rischia la sua esistenza accogliendo la sfida del realizzare il progetto della creazione. Se non ci nascondiamo per paura, se non cediamo alla tentazione di costruire la nostra vita sull'avere-potere-apparire, allora con Lui possiamo diventare "pastori della nostra animalità" e ri-creare il mondo CON Lui, il Dio con noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 17 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Il Nome in mezzo ai nomi




Mt 1,1-17

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.

Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.



Era tipico dell'epoca: la storia si raccontava evocando nomi. Nomi, persone, storie che hanno contribuito a scrivere la Storia di un popolo. Una Storia che, però, annovera tra i suoi nomi il Nome: l'Indicibile, l'Invisibile, l'Absconditus, il Nome che nessuno può pronunciare perché pronunciarlo significherebbe possederlo, e il possederlo significherebbe ridurlo, annullarlo, vanificarlo, come troppo spesso abbiamo fatto.
In questa, proprio in questa storia, segnata da fallimenti, da tradimenti, da sotterfugi, da meschini giochi di potere, in questa storia segnata da pandemie, da guerre, da violenze, da animalità che hanno concepito stermini, in questa storia sceglie di entrare Uno che assume un nome carico di speranza: Yeshu'a, aramaico dall'ebraico Yehoshu'a (Dio salva).
L'Altissimo scende in piazza per dire che è possibile essere umani; arriva tra noi per proclamare che l'umanità, carica di tanti fallimenti, di tante oscenità, di tanti misfatti è capace di accogliere il suo invito a essere umani. E Lui fa tutto questo diventando umano per dirci che si è divini quanto più si è umani (non siamo forse sua immagine e somiglianza?).

Sorella, fratello: nella storia, nelle nostre storie, si inscrive la storia di Colui che si è fatto come noi per indicarci la via del farci come Lui. In questa teoria di nomi c'è posto anche per il tuo nome; il nome di colei/di colui che accetta di seguire le orme di quel Figlio divino per rendere l'umanità divina. Siamo narratori di una storia carica di fallimenti ma non destinata a fallire; siamo narratori di una storia che apre le sue porte a Colui che sbriciola i confini, a Colui che fa dei fallimenti un'opportunità, a Colui che nelle esclusioni, nelle emarginazioni apre percorsi di umanizzazione. Vuoi far parte di questa storia?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 16 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Un Messia fuori dagli schemi

Lc 7,19-23

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».



Non deve sembrare strano quanto narrato nell'odierna pagina evangelica. Sappiamo, infatti, che anche dopo la morte e risurrezione di Gesù in Palestina esistevano ancora comunità di discepoli del Battista. È probabile che Giovanni il Battista si sia posto delle domande circa Gesù e la sua missione. Aveva annunciato la presenza del Messia in mezzo al popolo e quindi era lecito aspettarsi che Gesù facesse quel che tutti si aspettavano dal Messia.
I segni che pone Gesù, però, non sembrano andare nella direzione che tutti si attendevano.
Ci si attendeva un Messia che fulminasse i peccatori e questo galileo ci va addirittura a pranzo.
Si voleva un Messia che finalmente restaurasse il Regno di Israele e costui parla del Regno di un Dio che si prende cura di malati, emarginati, esclusi e feccia varia.
Anche Giovanni, che aveva parlato di un'accetta posta alla radice di quell'albero malato che era l'Israele infedele all'Alleanza, si pone qualche dubbio, si fa qualche domanda.


Sorella, fratello: Giovanni aveva dei dubbi su Gesù, si poneva delle domande.
Tu che domande ti poni? È davvero tutto "liscio", tutto "tranquillo"? Se non hai il coraggio di porti delle domande su Gesù, sul Signore che stai attendendo in questi giorni, vuol dire che non ti interessa più di tanto. Sei distratto dall'imminenza delle feste? Stai andando di corsa per preparare i regali per le feste? Ti avverto: stiamo attendendo Colui che è il guastafeste per antonomasia.
Colui che viene è il volto del Dio "absconditus", del Dio che suscita più domande che risposte (e le risposte troppo facili, quelle preconfezionate, non fanno per Lui).
Allora, almeno per oggi, guarda in faccia i tuoi dubbi, lascia che le domande su di Lui fioriscano senza patemi d'animo! Questo sarà il tuo "kairos", il tempo propizio per purificare la tua relazione con Lui e da Lui lasciarti ammaestrare.
In questo modo sarai beato: non ti scandalizzerai di Lui e della sua proposta di vita.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 15 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Difensore dei poveri


Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».


Gesù ha vissuto dentro una società divisa da barriere di separazione e attraversata da complesse discriminazioni. Vi trovano posto persone "pure" con cui si può trattare e altre "impure" da evitare come la peste. Vi sono "prossimi" che si devono amare e "non prossimi" che si possono abbandonare senza remora alcuna. Troviamo anche persone "sane" benedette da Dio e "malati" maledetti che non hanno accesso al tempio; persone "giuste" accanto a "peccatori e peccatrici".
Il Maestro sceglie di avvicinarsi proprio ai più discriminati: mangia con i peccatori, si lascia toccare da una prostituta, non teme di avvicinarsi ai lebbrosi, tanto da meritarsi il titolo (poco ricordato tra i vari titoli cristologici che gli abbiamo affibbiato, a onor del vero) di "amico dei peccatori". Provocando, continua a ripetere che "gli ultimi saranno primi" e che, lo abbiamo appena ascoltato, "pubblicani e prostitute precedono sacerdoti e scribi nel Regno dei cieli".


A voi indesiderabili, esclusi, messi da parte; a voi, scarti della nostra società. Proprio voi dovete sapere che il Dio che Gesù ci rivela continua ad essere realmente il vostro amico. Quando noi vi evitiamo, Lui vi viene vicino. Quando noi vi umiliamo, Lui vi difende. Quando vi disprezziamo, Lui vi accoglie. Nella vostra notte più oscura non siete soli. Nella vostra umiliazione più profonda, non siete abbandonati. Anche se vi dicono che non c'è posto per voi, anche se vi fanno capire che non avete parte in questa nostra città, sappiate che a Dio importate e Lui si fa Tenda per voi.
Sorella, fratello: vogliamo far udire a queste sorelle e fratelli queste parole con i nostri atteggiamenti concreti? Vogliamo entrare senza paura tra le fila degli ultimi? O siamo solamente preoccupati di far bella figura davanti al Padre, professando i nostri bei "sì" domenicali per poi dedicarci agli affari nostri?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 14 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Un Dio silenzioso

Mt 21,23-27

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».
Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».
Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».



Nella narrazione di Matteo questo testo segue il racconto dell'entrata di Gesù in Gerusalemme ( a cavallo di un'asina… e già questo parla…) e la conseguente purificazione del Tempio: due gesti di sapore messianico. E qui arrivano i rappresentanti del potere, religioso, politico ed economico, messi radicalmente in questione dal Maestro e dalle sue azioni. È il potere stesso che si posiziona davanti a Gesù che ha osato mettere in discussione il dominio sul popolo (già, il potere invoca sempre un non meglio precisato "popolo"… nihil novi…). È un potere incapace di dialogare: a Colui che pone una domanda il potere offre solamente la non-risposta. "Non sappiamo" non è confessione di ignoranza, ma rifiuto di risposta per evitare di compromettersi e perdere faccia e potere stesso.
Davanti a questo rifiuto anche il Maestro resta in silenzio: è il silenzio di Dio rispettoso di se stesso e di noi quando ci rifiutiamo di dare risposta all'eterna domanda: "Dove sei?", perché in fondo di questo si tratta.

Sorella, fratello: il Maestro mette impietosamente a nudo i nostri tentativi, goffi in verità, di fuggire da noi stessi, dalle nostre responsabilità per evitare la chiamata alla conversione. Conversione che è adesione alla sua proposta per sciogliere definitivamente i nostri legami con quel potere che genera ingiustizia, con quel potere che si esprime nel possesso sfrenato di tutto e tutti e vuol salvaguardare la faccia (o la facciata) evitando di mostrare la nuda sterilità che ci accomuna a quel fico che il Maestro ha appena incrociato. Alla nostra menzogna, al nostro "borbottare con noi stessi" il Maestro ci offre solamente il suo silenzio, silenzio che si fa invito: "Rispondimi e io ti darò risposta". Se usiamo della nostra libertà per scansare le nostre responsabilità e connivenze con il male allora Lui tace, in attesa della nostra parola nella quale far risuonare la Sua.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


venerdì 11 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Mt 11,16-19

In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».


Una fotografia come questa solamente il Maestro la poteva indovinare!
Queste parole, pronunciate duemila anni fa', risuonano tremendamente e tragicamente vere anche nel nostro oggi. La generazione di cui parla il Maestro è la nostra, paro paro: siamo noi quelli perennemente scontenti, insoddisfatti.
Pieni di cose cerchiamo ancora spazi per accumulare sempre di più.
Assetati di affetto ci spendiamo per comprare, in mille e mille modi, un po' di attenzione, svendendo a volte la nostra dignità pur di contare qualcosa agli occhi di qualcuno.
Affamati di potere ci nutriamo di indifferenza pur di conquistare il posto migliore. Abbagliati dall'apparire, pur di avere il nostro quarto d'ora di notorietà siamo disposti a sacrificare le nostre e altrui vite (ancor meglio!) sull'altare del Moloch dei social.
Alla fine ci ritroviamo tra le mani la nostra scontentezza, la nostra delusione (che nel caso peggiore diventa rabbia violenta), il vuoto.
E, corso e ricorso continuo, riprendiamo il giro per colmare la nostra insoddisfazione.


Sorella, fratello: se dovessi dare un titolo a questa pericope evangelica, la chiamerei: "La ballata dei rosiconi".
Agli eterni insoddisfatti, a quelli che "Si, ma…", a quelli che "Armiamoci e… partite"…, a tutte e tutti coloro che, per quanto ci si sforzi, non va mai bene nulla, il Maestro dice: "La sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie".
Di che sapienza si tratta?
Della vita stessa del Maestro. Del suo stile di vita che conosce un'unica preoccupazione: il bene dell'altro. Vuoi essere felice? Vuoi davvero sentirti vivo? Vuoi essere padrone della tua esistenza? Paradossalmente, spendila nel dono e nel perdono. Le radici della tua insoddisfazione si seccheranno e tu proverai l'ebbrezza paradossale del Felice annuncio: solamente chi accetta di perdere vince.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 10 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Giovanni, una vita interrotta




Mt 11,11-15

In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell'Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».


Giovanni raccoglie la pesante eredità della predicazione profetica: una voce che spesso, nell'Israele biblico, è caduta nel vuoto, nell'indifferenza che nasce dall'idolatria. Ancora una volta la Parola si è messa alla ricerca di una voce che la potesse far udire, ma ancora una volta quella voce, per quanto grande e carica di verità, si è come strozzata e si è fermata al limite estremo, come Mosé davanti a quella terra tanto cercata, tanto sospirata ma ormai fuori dalla sua portata. 

Giovanni è l'ultimo erede della dinastia dei profeti perché ormai Colui che è il Profeta, rendendosi presente nella storia, dà carne a quella Parola che fin dall'inizio dei tempi è in cerca di un interlocutore capace di accoglierla, mangiarla e donarla sempre nuova all'umanità intera.
La violenza che ha trasformato gli antichi profeti in vite interrotte continua oggi a perseguire il suo fine: silenziare la voce che fin dalla notte dei tempi fa risuonare la domanda: "Dove sei?".
È la voce dell'Amante che cerca l'amato, noi, in ogni luogo e in ogni tempo, dentro il fango di questo uomo che ancora deve apprendere a diventare "pastore della propria animalità".
Giovanni è un grande, ma più grande di lui è chi osa la sfida del Felice Annuncio.

Sorella, fratello: Giovanni è il dito. Tu cerca la luna.
Giovanni, nella sua grandezza, si tira indietro e ci dice che bisogna avere il coraggio di andare oltre, di non fermarsi, di osare la fiducia in quel Figlio dell'Uomo che è la stessa Parola, Gesù, di cui il Battista ha cercato di farsi voce.
Da oggi l'invito è farsi profeti con il Maestro e come il Maestro nei meandri della nostra storia.
Lui ha fatto la sua parte. Quella parte l'ha consegnata a noi. Null'altro. " Chi ha orecchi, ascolti!".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 9 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Un giogo che fa volare

Mt 11,28-30

In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».



Il Maestro volge il suo sguardo su tutte e tutti coloro che sono stanchi di una religione, ossia di una relazione con Dio, che non libera ma che opprime. È la religione che impone il "giogo" di una Legge che prende il posto di Dio, che identifica Dio con il precetto. È la religione che semina, coltiva e fa crescere il senso di colpa attraverso il quale minare la libertà di figli. È la religione che vuole schiavi, non figlii; è la religione che identifica nella perfetta osservanza la radice del merito: se fai così Dio ti ama, se metti tutto in pratica Dio ti dona la sua benedizione e ti rivolge il suo sguardo benevolente.
È questa religione che Gesù denuncia e in risposta alla quale propone il suo "giogo": ci libera da Dio, da questo Dio sovente costruito sui pilastri delle nostre immagini distorte e ci propone il volto di un Padre preoccupato e indaffarato per la nostra felicità

Sorella, fratello: la conversione che Gesù chiede ai suoi riguarda anzitutto proprio la relazione con il Padre. Il Maestro è venuto a liberarci dall'oppressione della presenza di un Dio irrispettoso della nostra libertà, di un Dio che si è divertito a crearci per farci soffrire, di un Dio che si rivela benevolo solamente con coloro che si sottomettono come schiavi a un volere che tutto pare proporre fuorché la nostra felicità. Lo scandalo dell'Incarnazione ci rivela invece il volto di un Padre che si preoccupa del nostro malessere, di un Padre che si propone a noi nella via del dono e del perdono perché impariamo con Lui e come Lui a vivere e a comunicare vita. Gesù è venuto a chiamarci a conversione: da Dio al Padre, il cui volto splende su quello dello stesso Maestro. A noi purificare i nostri desideri di Lui, a noi accogliere o meno questo invito.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 7 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Dio della felicità

Lc 5,17-26

Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire "Ti sono perdonati i tuoi peccati", oppure dire "Àlzati e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».


Al tempo in cui Gesù è vissuto era convinzione diffusa che malattia e peccato fossero l'una conseguenza dell'altro: soffri di tal malattia? Ebbene, Dio in questo modo ti ha punito a causa dei tuoi peccati. Per cui, sei paralizzato? Significa che in un qualche modo non hai camminato nella via della Legge e per questo Dio ti ha punito.
Ecco perché Gesù parla di perdono dei peccati che, secondo la mentalità del tempo, avrebbe causato anche la remissione della malattia.
Secolo dopo secolo questa mentalità si è diffusa e resiste ancora nei nostri cuori: ogni qualvolta succede qualcosa di grave nella nostra vita il retropensiero che Dio ci abbia in qualche modo punito è lì, resiste, si annida in noi, contribuendo così a distorcere ulteriormente l'immagine di Dio che ci siamo fatti o ci hanno trasmesso.

Sorella, fratello: cosa sono le "cose prodigiose" che sono state viste allora se non la distruzione dell'immagine di un Dio giudice imparziale e vendicativo per far posto alla proposta di un Padre che desidera la felicità per i suoi figli? Il Felice Annuncio del Maestro passa attraverso il segno di una guarigione dalla malattia fisica per ridare autenticità al volto di un Dio troppo spesso ridotto a immagine nostra e piegato al nostro desiderio di una giustizia fondata sulla nostra voglia di potere. Con troppa facilità anche oggi ci divertiamo a creare "malati" sui quali scaricare il segno di una maledizione e di un processo di esclusione divini che proviene esclusivamente da noi e dalle nostre distorte immagini di Dio, sempre troppo lontane da quella proposta dal Maestro.

"Alzati e cammina" è un invito rivolto a noi oggi: è l'invito a lasciare cadere queste immagini distorte di Dio, immagini che ricalcano più i nostri desideri che non il suo essere, per camminare dietro al Maestro e imparare un nuovo sguardo su Dio. Un Dio che è ben lontano dall'essere causa della nostra infelicità, un Dio che è capace di offrirsi totalmente in dono perché noi possiamo essere felici anche senza di Lui.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

domenica 6 dicembre 2020

Dio nelle periferie della storia (IV Avvento 2020)



ANNO B, 20 dicembre 2020, IV DOMENICA DI AVVENTO; 2Sam 7,1-5.8b-12.14a-16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38

Se la III domenica del tempo di Avvento ci ha mostrato l’incredulità di coloro che più di altri avrebbero dovuto essere aperti alla fede, quest’ultima tappa del cammino di Avvento ci scaraventa dentro il cuore del paradosso evangelico.

Nella sua opera, nel primo volume, Luca ci narra due annunciazioni: quella a Zaccaria e, oggi quella a Maria.
Quella Parola in cerca di orecchie e cuori aperti si era dapprima rivolta a chi, per professione o scelta, era ritenuto più equipaggiato a raccoglierla. Chi, preparato nei “seminari” dell’epoca, nelle scuole sacerdotali e rabbiniche, non era a conoscenza dei segreti di Dio?
Un sacerdote, nel tempio, mentre officia la solenne liturgia: se quella Parola non passa da lì da dove volete che passi? Stava offrendo l’incenso alla Presenza, alla “Shekinah”: quell’uomo poteva essere lontano da Dio? A quanto pare sì. Possiamo celebrare ma non è detto che Lui sia presente; possiamo dire che c’è ma non si vede, come in una sorta di magia, un gioco di prestigio: il trucco c’è, ma non si vede.

Sappiamo che Luca ci mette del suo nel raccontare l’annunciazione a Zaccaria, però il messaggio è chiaro: il Dio conosciuto e posseduto dalla religione ufficiale non è quello la cui Parola/presenza è arrivata a Zaccaria. È il Dio che ha disturbato il tranquillo svolgersi di una sacra funzione, è il Dio che non rispetta le sacre tradizione dei padri (che razza di nome è Giovanni? Nessuno tra i miei si chiama Giovanni!), ergo: non può essere il nostro Dio, le cui leggi e precetti conosciamo bene da secoli. Per il sacerdote Dio non disturberebbe mai una funzione al tempio: aspetterebbe con calma il suo turno per poi farsi annunciare.

Allora, ecco il paradosso, la Parola vola (si tratta pur sempre di angeli) altrove e arriva su, a nord, in quella terra di cafoni zotici, che non sanno nemmeno parlare in maniera chiara e come si deve; gente che anche a livello religioso lascia a desiderare. Lì, in quel “Ghelil ha-goyim”, in quel distretto fatto di gente mezzo pagana, di gente che è lontana da Gerusalemme e dalla sua religione ufficiale, in quella terra che pareva pure dimenticata da Dio, la Parola sceglie di atterrare proprio lì. Come se da noi, oggi, Dio decidesse di passare per la voce di un senza fissa dimora o del tossico che incrociamo ogni giorno e ci dicesse: Sono io! (Tranquilli, non accade… almeno per il momento… sul fatto poi che Dio bazzichi da quelle parti, beh.. altro discorso…).
Ancora più paradossale, la Parola soffia, zufola dentro gli orecchi e il cuore di una giovane ragazza (una donna! Ossignore Benedetto! Non c’è davvero più religione! Dio che si rivolge a una donna e per di più galilea!, direbbe il dottore della legge di allora e di oggi…). Una donna in attesa di andare finalmente a vivere con il suo sposo dopo aver espletato tutte le pratiche relative riguardanti gli accordi tra le due famiglie (dunque Maria si trovava nell’anno che doveva necessariamente passare tra la stipula del contratto e l’inizio della convivenza more uxorio con il suo promesso).
Ecco dunque quanto proclama oggi la Parola: ci dice chi è il Dio che mostra il suo volto in quel Figlio che questa ragazza darà alla luce.

È il Dio dei paradossi. Non è più solamente il “Dio che sconvolge le vie degli empi”, come cantava il salmista, ma il Dio che ribalta le comode stanze religiose in cui l’abbiamo rinchiuso per potercene servire a nostro piacimento, o per poterlo asservire ai nostri desideri.

È il Dio che passa dentro le periferie della storia, quelle impastate di tanta invisibilità, per renderle visibili con Lui e portarle alla luce con il Felice Annuncio.

È il Dio capace di stupire e di meravigliare perché non si “schifa” della nostra storia, ma si vi si immerge per soffiarvi dentro l’ossigeno della sua Parola e farla così ripartire, aprendo vie di speranza.

È il Dio che, in Gesù, si offre e si apre alla nostra quotidianità, che vive con noi la fatica del mestiere di vivere e ci invita a guardare con lui questo mondo per trasformarlo insieme a Lui, in un Eden dove ciascuno può assaporare il gusto della piena umanità ed è reso custode dell’umanità della sorella e del fratello.

Maria è la prima a comprendere e a vivere la fatica di passare dal professare che Gesù è Dio (la nostra religione) al credere che Dio è Gesù (la bella proposta di fede che emerge dai Vangeli).

venerdì 4 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Sequela quotidiana

Mt 9,27-31

In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».
Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.



Il capitolo 9 di Matteo si apre con la guarigione del paralitico (guarigione/liberazione per camminare dietro al Maestro), prosegue con la chiamata di Matteo (i peccatori non sono esclusi dalla misericordia ma ne sono i primi beneficiari) e la discussione sul digiuno con l'insegnamento sul vino nuovo. Seguono altre quattro guarigioni, di cui le ultime due sono quella dei due ciechi e quella di un muto. Si chiude con un quadro che dipinge Gesù che, preso dalla compassione, invita a pregare perché altri possano arrivare a lavorare nella "messe abbondante". Qui si apre il capitolo 10, quello sull'invio in missione.
Ecco, seguire il Maestro significa accettare di farsi guarire mentre si è inviati a porre i segni di liberazione del Regno dentro l'umanità. Non si possiede alcun potere, ma possiamo guarire mentre siamo noi stessi guariti. E una delle guarigioni più importanti riguarda i nostri occhi, il nostro sguardo spesso malato su Gesù e il suo messaggio. Per rispondere alla domanda: "Credete che io possa fare questo?" occorre essere coscienti di ciò di cui veramente abbiamo bisogno.

Sorella, fratello: interroga il tuo cuore, prepara bene la strada, guarda dentro di te per chiedere a Colui che visita il suo popolo ciò di cui veramente hai bisogno. In primo luogo, come tutti, hai forse bisogno di uno sguardo rinnovato, di un modo nuovo di porti dietro al Maestro. Come i due ciechi anche tu stai "seguendo" il Maestro, o forse ti illudi di seguirlo perché stai facendo tutto quello che altri ti hanno insegnato e detto. Scava il tuo pozzo nella fatica quotidiana: è giunto il tempo di lasciare che Lui apra i tuoi occhi "secondo la tua fede", non secondo le tue pratiche religiose.
Il Maestro non ha bisogno di soldati che annuncino e combattano per il Figlio di Davide, ma di donne e uomini che imparino ad assomigliare al Figlio del Padre. Se non è questo l'annuncio, allora "Badate che nessuno lo sappia", cioè, state zitti per non creare false immagini di Lui e del Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 2 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Il Volto della compassione

Mt 15,29-37

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò.
Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d'Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.



Il Volto di Dio che si manifesta in Gesù di Nazareth è il volto di un Dio che nutre compassione per l'uomo. Nella tradizione biblica l'avere compassione è un attributo tipicamente divino che si manifesta essenzialmente non tanto nel nutrire sentimenti di vicinanza a chi soffre quanto piuttosto nel "darsi da fare" attivamente per eliminare la causa della sofferenza dell'uomo stesso. In Gesù ci viene offerta un'immagine vivida di questo Dio che non sta bene quando l'uomo soffre e che, per questo, si attiva perché vuole vedere i suoi figli felici.
Ma, come nel processo della creazione, egli limita la sua "onnipotenza" legandola alla nostra capacità di condividere con noi quella sua stessa compassione: in Gesù egli ci mostra che la sola via di guarigione per l'umanità passa attraverso la solidarietà e la condivisione. Con Lui e come Lui ci vuole capaci di farci carico delle sofferenze e delle fragilità dell'altro per "venirne fuori" insieme.


Sorella, fratello: stai cercando, con il salmista, il volto di Dio? Lo troverai in ogni donna e ogni uomo che con Lui e come Lui si fanno carico delle sofferenze dell'umanità.
Il Maestro ci ha consegnato l'icona, il volto di un Dio indaffarato a sollevare l'umanità dalla sua sofferenza.
Non ci vuole felici perché siamo al suo servizio, ma ci vuole felici perché con Lui e come Lui ci facciamo servi dell'umanità che è "digiuna" di vita, di gioia, di desiderio di vivere in pienezza.

La domanda è per noi: "quanti pani abbiamo?", cioè quanto siamo disposti a mettere sul tavolo della vita? Lui ha messo tutto. Tu quanto metti?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 1 dicembre 2020

Buongiorno mondo!

Sguardi beati

Lc 10,21-24

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».



"Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete": ma cosa vedono quegli occhi che in tanti prima di loro hanno desiderato vedere e non hanno visto? È la domanda che mi pongo davanti a questo testo. Il Maestro parla ai suoi in disparte, dopo che sono rientrati dalla missione e condiviso un momento di gioia del Maestro stesso. Quegli occhi vedono ciò che è precluso ai "sapienti e ai dotti". Intrappolati nella loro visione di Dio, di quel Dio che hanno inscatolato dentro le loro costruzioni teologiche, dentro le gabbie del loro sapere che è diventato potere, i"sapienti e i dotti" non riescono a percepire, a vedere la presenza di Dio che si rivela in colui che è "l'esegeta del Padre", il rivelatore del volto autentico del Deus absconditus, del Dio "misterioso" dei profeti, del Dio creatore che si rivela ritirandosi per fare spazio all'uomo. Gli occhi dei discepoli sono beati perché possono vedere il Volto senza morire, possono pronunciare il Nome impronunciabile dell'Altissimo.

Sorella, fratello: la beatitudine potrà brillare anche nei nostri occhi quando finalmente compiremo il passaggio che ci conduce a credere e ad affermare che Dio è Gesù. Quando finalmente ci apriremo ad accogliere questo Felice Annuncio, questa splendida notizia che Dio è Gesù allora anche noi entreremo a far parte di quei "piccoli" che si sono fidati del Maestro e della sua vita e che nel suo stile di vita hanno saputo cogliere la presenza di un Dio che sceglie di farsi prossimo ad ognuno di noi. Se il Figlio è Colui che ci rivela il Padre, allora con Lui e come Lui siamo inviati a fare lo stesso: rendere beati gli occhi di coloro che ci incontrano perché percepiscono in noi e nel nostro stile di vita la presenza misericordiosa del Padre.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.