venerdì 31 dicembre 2021

Buon Anno 2022

Buon Anno 2022


In questi giorni è tutto un rincorrersi di auguri di Buon Anno, Felice Anno Nuovo, Buona fine e Miglior Principio. Tutto vero e giusto. Ma… augurare un Buon Anno non basta. Occorre anche che sia un Anno Buono e questo, in larga parte, dipende da noi. Non possiamo controllare i terremoti; possiamo cercare di gestire catastrofi e pandemie che non rientrano nel nostro totale controllo. Ma per il resto, beh… affinché l’Anno sia davvero Buono dobbiamo metterci del nostro. E allora:

Sarà un Anno Buono se nelle nostre famiglie cesseranno le violenze, se le donne saranno rispettate e onorate come persone e non come oggetti, se la parola “femminicidio” sparirà dal nostro dizionario; se nella Chiesa sparirà la categoria del “potere” per essere sostituita da quella del “servizio” e per questo anche la donna non sarà più un soprammobile ma un soggetto cui viene riconosciuta la possibilità di esercitare ogni tipo di servizio e ministero, di qualunque ordine e grado.

Sarà un Anno Buono se non esisteranno più donne e uomini che definiamo “invisibili”, “scarti” della storia, donne e uomini che vivono e sono messi ai margini perché fastidiosi e disturbanti le nostre fin troppo quiete e placide esistenze spesso costruite su sudore e sangue altrui.

Sarà un Anno Buono se finalmente nessuno subirà più alcun tipo di discriminazione, se LGBT* non sarà più un marchio infamante e oggetto di scherno; se la parola “extracomu-nitario” sarà sostituita dalla parola “persona” e se ogni migrante non sarà più considerato un “parassita” ma una sorella e un fratello che cercano di vivere e rifiutano la condanna emessa dai nostri tribunali dell’opulenza a sopravvivere.

Sarà un Anno Buono se spariranno le Commissioni d’Inchiesta sulla tragedia della pedofilia che tocca tanti strati e organizzazioni del nostro tempo, e dolorosamente anche la Chiesa; se non avremo più minori al lavoro e adulti sfruttati da quella legge di mercato che genera il caporalato.

Sarà un Anno Buono se finalmente realizzeremo la somiglianza con il Padre di ogni bontà, di quella bontà che si prende cura, che non si tira indietro; di quella bontà che, a torto, è definita “buonismo” da chi fatica a comprendere che tale bontà è sinonimo di quella misericordia e compassione che ci fanno vivere da figlie e figli amati che vivono come sorelle e fratelli.

Solamente allora, solamente così potremo augurarci senza arrossire: Buon Anno. Questo è quello che sento nel cuore in questo oggi. Non è completo, ma questo è.

Un abbraccio e buona vita a tutte e a tutti. E… Anno buono!

sabato 25 dicembre 2021

Buon Natale

 Natale duemila21

 

N come Neonato.  Il mistero dell'Incarnazione si manifesta nelle sembianze di un neonato. Roba da non credere! L'Altissimo, il Creatore, il Liberatore dalla mano potente e braccio teso, Colui che scuote i monti e usa la terra come sgabello dei suoi piedi, ebbene, proprio Lui si manifesta come bambino inerme e si affida alle mani della nostra umanità in Maria e Giuseppe. Ci hanno insegnato a metterci nelle mani di Dio e qui scopriamo che in primo luogo è Lui a mettersi nelle nostre mani per chiederci di avere cura di Lui. Abbiamo cura di Dio, come qualcuno di fragile, di delicato, da non soffocare nei nostri deliri di possesso. “Ci è stato dato un figlio”, ma un figlio “strano”: è un Figlio che non dobbiamo crescere a nostra immagine ma diventare noi immagine di Lui.


A come Attesa. Oggi le attese, per colui che coltiva l’attesa, sono colmate. Per qualcuno forse sarà una delusione: ma come? Tutto qui? Un semplice piccolo neonato? Dov’è il Dio potente e giusto che spazza via il male, incenerisce i peccatori, riporta le cose in ordine? 

Fratello, sorella: quali attese hai coltivato? Quale Dio ti aspetti? Un Dio che colma i tuoi deliri e i tuoi desideri? Ebbene, la sua risposta sta in quel neonato: Dio cresce con te per insegnarti a coltivare attese “altre”, attese che si sintonizzano sul suo desiderio di farci come Lui, amanti e dispensatori di vita.


T come Terra. Questo neonato è un dono per tutta la terra, per tutti: nessuno è escluso da questo dono, nessuno deve andarsene triste perché “non è per me”. A tutte e a tutti è affidata la grazia di questo regalo inatteso e sorprendente. Nessuno è escluso, anzi, è proprio per chi si sente escluso, per chi non si ritiene degno, per chi è stato allontanato, per chi è stato giudicato peccatore, per chi non si è mai sentito dire un “ti voglio bene”, per chi ha sperimentato la solitudine, l’abbandono, l’emarginazione. Lui è qui non come premio per i giusti, ma come fratello per chi si sente tagliato fuori. In Lui Dio non fa distinzioni: tutti sono ammessi alla sua festa, tutti possono prendere in mano questo neonato.


A come Altro. L’incredibile e imprevedibile apparizione del Dio bambino ci impegna all’alterità. In Gesù che nasce le nostre idee su Dio vengono implacabilmente rase al suolo, tutti i nostri impianti teologici vengono come sospesi e invitati alla ricerca dell’Altro, di Colui che pur scegliendo di mettersi nelle nostre mani, tuttavia rimane sempre inafferrabile, irriducibile ai nostri tentativi di comprensione. Questo neonato ci educa a coltivare la sapienza dell’alterità, a non assoggettare l’altro e l’Altro, a non rinchiuderlo nei nostri schemi predefiniti. Nel neonato Dio ci educa a coltivare “la convivialità delle differenze”.


L come Luce. Non poteva mancare la Luce in questo tentativo di augurio natalizio. Il mistero dell’incarnazione è mistero e festa di Luce. Non è una luce che abbaglia, che acceca, che stordisce. La luce del neonato è una luce soffusa che però penetra gli angoli bui della storia, della nostra storia. Illumina quegli angoli della nostra vita che non ci piacciono per poterli finalmente guardare con occhi altri, i suoi. È una luce che mette in luce per guarire, per sanare, per rimettere in cammino. Non è la luce dell’inquisitore che genera timore: è la luce che se accolta ti rende luce a tua volta. È una luce che ti è regalata perché tu la faccia risplendere nei meandri oscuri della storia, lì dove tanti non osano entrare. Con Lui e come Lui puoi essere luce.


E come Eccomi. L’abbiamo tanto invocato, l’abbiamo cercato in tanti momenti tristi e bui della nostra vita, l’abbiamo magari bestemmiato perché ritenuto assente. Il nostro neonato pronuncia la sua prima parola: “Hinnèni”, “Eccomi”. Lui è uno che c’è, sempre e comunque. Ogni volta che siamo presi dall’angoscia, dalla paura, dal tremore della solitudine e dell’abbandono, Lui ha solo quella parola, che nella sua lingua è quasi un sussurro: “Eccomi”, che significa più un “sono pronto”, “ci sono”, “sono qui”. Il neonato di questa Santa Notte ci rivela il Dio dell’Eccomi che ci insegna a fare di questa semplice e umile parola il nostro stile di vita: siamo donne e uomini dell’Eccomi, sempre, comunque e dovunque.


A tutte e a tutti, di cuore, Buon Natale.




venerdì 24 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Sguardi profetici


Lc 1,67-79

"In quel tempo, Zaccarìa, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: (…)".


Zaccaria prima era muto, era muto perché non aveva creduto alla Parola; se non ascolti la Parola, non puoi rispondere e resti muto alla promessa di Dio. Quando la Parola si realizza e vedi che la promessa è vera, allora ti si riapre la bocca, come a Zaccaria. E Zaccaria fu pieno di Spirito Santo. Il Vangelo di Luca è il Vangelo dello Spirito, del Figlio. Il Figlio è venuto a darci lo Spirito, la vita del Padre. Quando si parla di Spirito Santo si intende la vita di Dio, Dio che è Amore tra Padre e Figlio. E Zaccaria è già pieno di questo Spirito, della vita di Dio, dell’Amore, e quindi profetò.

La profezia in Israele non consiste nel dire il futuro, e a chi pretende di predire il futuro non credetegli mai. La profezia è semplicemente la capacità di leggere il presente con lo sguardo di Dio, che è ben diverso. Non è vedere cose che non ci sono o addirittura il futuro. È vedere il presente come il luogo in cui la promessa di Dio si realizza.

Anzi, per noi cristiani, la profezia è ricordo: ricordo di ciò che è capitato a Gesù mentre, giorno dopo giorno, capisci cosa è capitato a Gesù, capisci la tua vita e ciò che capita a te e al mondo. Quindi la nostra profezia è ricordo, così come tutta la nostra vita è martirio, è testimonianza, è ricordo di ciò che Gesù ha fatto e ha detto, di quella novità assoluta che Lui ha portato.
Ha portato all’uomo quella novità che da Adamo in poi ci eravamo dimenticati, che siamo Figli di Dio e che Dio ci è Padre. E la profezia è saper leggere la storia con quest’occhio. Se non leggo la storia con quest’occhio, che Dio ci è Padre, noi siamo Figli e Fratelli, la leggiamo con occhi che trasformano gli altri in nemici da sterminare. Per questo cominciamo ad uccidere e viviamo la storia come antistoria, come storia di violenza, di morte, di prepotenza. Come storia della crocifissione del Cristo, e di tutti i poveri cristi. Se la leggiamo con lo sguardo di Dio, la vediamo invece come il luogo dove il Padre nel suo Amore per il Figlio e il Figlio nel suo Amore per i Fratelli, realizza la solidarietà, la vita.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 23 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Figli di?


Lc 1,57-66

"(…) Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa (…)".


Storia di che nome dare al bimbo… storie di tante coppie che si confrontano, a volte si scontrano…. Storie di famiglie che intervengono, di tradizioni che si debbono tramandare… problema umano, molto umano. E come tutti i problemi umani, anche questo entra in quella che chiamiamo storia della salvezza, la storia della nostra faticosa a volte, liberante altre volte, relazione con ciò che chiamiamo Dio, il Mistero della Vita.

Il nome ce lo dicono sempre gli altri. Nessuno si è nominato da sé. Abbiamo ricevuto la vita, per certo, dalla madre: se nessuna madre ci accoglieva (in adozione, in affido, o in provetta, oggi ci sono molti modi) non saremmo esistiti. Così non esisteremmo se non ci fosse qualcuno che ci chiama per nome. Il nome è la nostra identità. Siamo noi. E chi siamo noi? Siamo come gli altri ci chiamano. E come ci chiamano gli altri? Sovente secondo i nomi che ci sono nella nostra famiglia. Volevano chiamare il Battista col nome di suo padre Zaccaria. Ognuno tende a ripetere la storia che ha dietro le spalle e tutti noi abbiamo un nome ereditato, che fa parte di altre storie.

C’è un nome nascosto, che è la nostra identità, che non è quello che ci danno gli altri. È un nome più profondo. È il nome che dice l’altro, soprattutto l’Altro.

Qual è il mio nome davanti a Dio, la mia identità? La storia di Adamo ci insegna che in un certo modo siamo figli del serpente per il fatto che uno diventa figlio della parola che ascolta. Adamo aveva la possibilità di scegliere quale parola ascoltare. Se ascolti la parola che dipinge un Dio irato diventi figlio dell'ira, o figlio della colpa, o figlio della paura, o figlio del terrore, o figlio della morte: tutto quel che vogliamo.

Zaccaria ed Elisabetta, ci spingono a cercare il nostro vero nome, il nome da figli.

Se non conosco e riconosco di chi sono figlio, quale fraterna umanità può nascere?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 22 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Canto alla magnanimità


Lc 1,46-55

"In quel tempo, Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva (…)".




Riporto solamente l'incipit del cantico di Maria anche perché mi è comunque impossibile commentare tutto il testo in questo breve spazio.

Maria inizia il suo canto con l'espressione "magnifica l'anima mia il Signore" (o anche "gratifica"). Magnificare significa "fare grande". Noi siamo abituati a fare Dio piccolo, meschino, invidioso, giudice, geloso, tremendo; facciamo Dio a nostra immagine e somiglianza. Rimpicciolire Dio vuol dire rimpicciolire sé stessi, perché noi siamo a sua immagine. Maria, al contrario, fa Dio grande.
E più fai grande Dio più sei grande tu che sei a sua immagine e somiglianza. Il far grande Lui dilata tutte le tue possibilità.

Ma perché Maria fa Dio grande? "Perché guardò giù alla bassezza della sua serva", in traduzione piuttosto letterale. "Bassezza" che abbiamo reso con "umiltà", in greco c'è la parola "tapeinos", ossia "la tapinità, l'essere tapini", proprio quelli più in basso: la polvere dell'umanità.
Ecco, Dio volge il suo sguardo proprio su questa "polvere", su ciò che i nostri occhi non degnerebbero nemmeno di un piccolo sguardo, magari annoiato: nemmeno quello.

Ebbene, ecco il Felice Annuncio: tutta questa "polvere", che siamo noi, è oggetto dello sguardo, dell'amore, del cuore della vita di Dio.
Maria canta che Dio non ci guarda per scansarci, ma per fondersi con noi, per farsi "polvere" con noi e regalarci il suo soffio vitale.
Ecco perché la gioia: perché lui guarda qui, guarda a me e io sono il punto di arrivo del suo occhio, del suo cuore, del suo amore. È quell’occhio che mi fa vivere. E tutti noi abbiamo bisogno di essere visti perché, in fondo, siamo come siamo visti: figli di uno sguardo pieno di compassione e misericordia.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 21 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Parola di carne


Lc 1,39-45

"(…) A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (…)".


Questa semplice affermazione richiama Davide (2Sam 6) quando vide arrivare l’arca e si mise a danzare gridando a gran voce.

Maria è presentata qui come Arca dell’Alleanza, Arca della Nuova Alleanza, portatrice di vita e di gioia. L’Arca dell’Alleanza era nel santuario, nel “santo dei santi”. In quest’Arca c’era la presenza di Dio. E la presenza in che cosa consisteva? Nell’assenza. Non c’era niente. C’era solo la Parola, le Dieci Parole. La Parola cos’è? È niente la Parola. Solamente se ascoltata la Parola diventa presenza e vita.

E Maria è la nuova arca dell’Alleanza, dove la Parola è ascoltata, diventa carne; e diventa la Madre del Signore.

La visita del Signore ci arriva sempre attraverso chi l’ha ascoltato e gli dà carne e l’annuncia a noi e la porta a noi, perché anche noi l’ascoltiamo e diventi carne in noi e per noi. E quindi questa Arca dell’alleanza è un po’ l’immagine di ciascuno di noi che diventiamo poi il tempio dello Spirito.

Nella misura in cui ascoltiamo la Parola, diamo carne alla Parola e diventiamo la presenza di Dio nel mondo, perché siamo vivificati dal Suo Spirito: siamo il nuovo santuario, non fatto da mani d’uomo.

Con Lui e come Lui, e Maria ne è la prova, possiamo essere grembi silenziosi ma gioiosi che generano parole di vita.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 20 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Un Dio in cerca di compagnia


Lc 1,26-38

"(…) La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (…)".



In questo brano, notissimo e stra-commentato, mi impressionano due cose.

La prima è quella che potremmo definire una bellissima definizione di Dio. La più bella definizione di Dio è un complemento di compagnia: Dio è "con", è davvero quello che Matteo definisce "Emmanuele". Mi pare di ritrovare qui il nome che fu consegnato a Mosè e che noi ci siamo limitati a comprendere in maniera filosofica: "Dio è Colui che è", mentre in realtà quel "Io sono" è da intendersi come Io-ci-sono, sono qui con te, ti accompagno, mi faccio compagno di strada e di storia. Ancor più questo avviene nella storia di Maria che, con la sua disponibilità, apre questa possibilità anche a noi tutti.

La seconda cosa mi arriva dal fatto che Maria è giovanissima e a lei viene chiesto di diventare madre di Dio, cioè che Dio sia suo figlio, si metta nelle sue mani.
Dio si mette nelle nostre mani, dipende da noi, vive della cura che noi abbiamo. Tutto il creato vive dell’amore e della cura di Dio e Dio, sulla terra, vive della cura che ha l’uomo. Se l’uomo ama è nella gioia e tutto il mondo diventa vivo della vita di Dio, dello Spirito. Se l’uomo non risponde a questa attesa di Dio, allora tutto rischia di trasformarsi in ingiustizia e in paura ed è la tragedia. Il sapiente narratore del Genesi ce lo ha già raccontato.
Ma Lui non si arrende: continua a venire a cercare la sua immagine in noi per costruire un mondo finalmente fatto a misura d'uomo.

Insomma, il mistero dell'Incarnazione è l'incontro tra due attese: la Sua e la nostra. Basta farle incontrare.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 17 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Aperture


Mt 1,1-17

"Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo (…)".


Eccoci alla primissima pagina dell'opera di Matteo che, tradotta letteralmente, suona così: "Libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo". Tradotto così rende anche meglio, a mio avviso, l'idea di Matteo: con Gesù Cristo assistiamo alla "genesi" di un mondo nuovo che non sterilizza e vanifica il "vecchio" ma lo assume portando tutta la storia in sé stesso.

Questa storia comincia con Abramo del quale non si dice di chi è figlio. Si dice sempre: Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda…

Abramo chi lo generò? Così dell’ultimo non si dice che Giuseppe "generò". Cioè Matteo compone una genealogia aperta in alto e in basso: la storia umana si presenta come un'apertura all'origine e alla fine. È una storia il cui inizio è immerso nel mistero e che in Giuseppe ha un fine ancora da svelare.

Inoltre Matteo apre la sua opera con la parola "Libro", non con "genealogia e subito specifica "della genesi". Credo che il rimando sia sufficientemente chiaro.

Matteo è cosciente di scrivere quel libro che indica la Genesi nuova, del mondo nuovo. E qual è il libro della genesi del mondo nuovo? È il vangelo, cioè la vita di Gesù; il racconto della vita di Gesù è la nuova genesi del mondo, è la nuova creazione del mondo. Ma questo Gesù non è semplicemente qualcosa di nuovo che spiazza tutti. La genesi, quindi tutto il resto, il precedente è cancellato? È distrutto il mondo vecchio? No.

In questa storia umana Dio, in Gesù, ci propone il suo progetto: vivere da figli. Il progetto di Dio non si fa contro la storia, non si fa al di là della storia, si fa dentro la storia, dentro gli avvenimenti quotidiani: nella trasmissione della vita, dei valori, dell’affetto, della famiglia. E questo in generale. È lì che Gesù incarna e realizza la promessa di Dio.

Stare dentro la storia come figli vuol dire vivere in modo da rendere visibile il mistero che fin dall'inizio ha dato avvio alla vita stessa. Il tutto "nome per nome", "casa per casa", "storia per storia".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 16 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Peccatori giusti e giusti peccatori


Lc 7,24-30

"(…) anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro".



Tra il popolo che ascoltava il Battista ci sono due categorie di persone. La prima è quella della gente normale comprensiva della categoria dei peccatori (e lo siamo tutti); questi dissero che Dio è giusto e riconobbero la giustizia di Dio, perché si fecero battezzare; la giustizia di Dio consiste nel fatto che noi riconosciamo il nostro peccato e riconosciamo il suo perdono: questa è la giustizia di Dio.

Invece i farisei, che sono quelli che fanno benissimo tutto, e gli scribi, che sono quelli che sanno benissimo tutto, questi trasgredirono la volontà di Dio perché non accettarono il battesimo.

Chi non accetta di convertirsi dalle proprie opinioni, chi non vuol cambiare, per quanto pensi di essere perfetto certamente è fuori del regno di Dio. Non rende giustizia a Dio.
Vediamo che c’è una divisione tra il popolo in due fasce: i peccatori ed i giusti però letta in modo capovolto.

I giusti sono i peccatori, perché riconoscono di avere bisogno della misericordia e a loro questo Dio va bene.

I peccatori, invece, sono quelli che si ritengono giusti, perché riconoscono che questo Dio ha misericordia e a loro non va bene, non accettano questa misericordia e questo perdono.

Noi da che parte stiamo?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 15 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Coltivare un'attesa "altra"


Lc7,19-23

"(…) “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: (…)".




Giovanni ha dato voce all'attesa… l'attesa del "Veniente" che "purificherà" dal male il popolo di Dio. Davanti a quanto opera Gesù anche l'attesa del Battista è chiamata a cambiare, anche Giovanni è chiamato a "convertirsi", a cambiare "attesa".

Già, perché la questione fondamentale è: che Cristo, che Messia attendo? Che Cristo abbiamo in mente noi? Quello delle crociate, degli integrismi, degli integralismi, dei fanatismi, dei settarismi, di tutti gli “ismi” che soggiacciono ai tanti messianismi? Un Cristo che abbia in mano il mondo, che regga la storia, che guardi con benevolenza a noi e fulmini tutti gli altri?

La risposta di Gesù, in opere prima e in parole poi, lascia senza fiato, allora e oggi. Infatti Lui riempie l'attesa in maniera "altra": lui non fa un mondo diverso, non costruisce un mondo migliore bensì in questo mondo, così com’è, con tutta la sua miseria e la sua cattiveria, lui si prende cura di tutti: dei malati, dei poveri, anche dei peccatori. Si prende cura di tutti e di ogni male dell’uomo, portandolo su di sé.

Questo è il suo modo di agire nella storia. Gesù non liquida la storia, non ci toglie la libertà, non rifà il mondo perché è uscito sbagliato, non lo distrugge, no. Sta in questo mondo così com’è, con la sua miseria, con le sue contraddizioni. Non quell’altro mondo che pensiamo sempre di fare, ma questo mondo è quel luogo, quell’ora, quel momento in cui vive la compassione e la misericordia verso ogni miseria, verso ogni empietà e situazione negativa. Qui e ora, Gesù si fa vicino.

Dio non conosce altro modo di operare perché non vuole distruggere il mondo e farne un altro, ma vuole salvare questo mondo che è perduto, con la sua storia reale, non con una storia migliore. Vuole salvare noi e ciò che siamo, facendo di ciò che siamo, anche del nostro negativo, il luogo dell’amore e della misericordia, il luogo della comunione.

Per oggi la Parola ci chiama a coltivare attese "altre".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 14 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Figli!

                Oggi!


Mt 21,28-32

"(…) «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?» (…)".



Questa piccola perla parabolica è rivolta a quelli che nel testo di ieri si erano rifiutati di prendere posizione. Allora Gesù usa il suo gioco linguistico preferito: attiva la trappola della parabola per tirare il quadro quegli interlocutori rimasti muti perché sordi alla Parola.

Mi limito a sottolineare solamente questo: "Figlio", "oggi" e "va' a lavorare nella vigna".

Figlio: è l'indizio principale perché indica la vocazione essenziale, unica e ultima di ogni donna e uomo. Essere e vivere da figlio costituisce la mia identità più profonda. E per conoscerla devo rivolgere il mio sguardo al Padre, perché se mi faccio un'idea sbagliata di Lui mando a ramengo anche la mia identità. Nel caso avessi dubbi sulla figura del Padre, allora: guardare dritti in direzione di Gesù, il Figlio amato che ci dice come è il Padre.

Oggi: La vita è oggi! Oggi è ogni giorno, non domani, non ieri, oggi! Hic et nunc, nella situazione storica che stai vivendo, ogni minuto, ogni secondo.

"Va' a lavorare nella vigna!": la vigna è il popolo di Dio, cioè l'umanità intera. Il lavoro nella vigna è far si che essa produca frutto e il frutto della vigna è l’amore dei fratelli. Se mi scopro figlio vengo mandato verso i fratelli. È la missione di ogni figlio: amare i fratelli.

Ora, non resta che dare la nostra risposta circa la domanda che Gesù ha posto.

E se avessimo dei dubbi circa i pubblicani e le prostitute, beh, essi ci passano avanti perché sanno di aver sbagliato, rispetto a noi che troppo spesso ci riteniamo giusti non bisognosi di misericordia né di perdono. Fare il pubblicano o la prostituta non è bene. Sentirsi giusto e per questo ritenere di non aver bisogno della misericordia del Padre è peggio!

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 13 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Domande e risposte


Mt 21,23-27

"In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» (…)".


Ben quattro volte risuona la parola "potere" in questi pochi versetti. È lo scontro tra il potere costituito dell'autorità religiosa e politica e il potere "dell'asinello", quello che Gesù ha manifestato entrando in Gerusalemme. Dunque di questo si tratta: lo scontro tra il servizio al potere e il potere del servizio. Questo scontro è messo in evidenza dall'atteggiamento dei capi: pongono domande ma non vogliono risposte. Come sovente succede anche a noi.

Si può anche interrogare la realtà per averla in mano, per manipolarla, così come per le persone. In realtà sei davvero disposto a cambiare parere, a cambiare posizione, a lasciarti interrogare? Se non sei disposto a cambiare parere a lasciarti interrogare, a cambiare modo di agire, tu metterai in questione tutto, ma non ti metterei mai in questione e non capirai mai la verità. Capire la verità vuol dire mettersi in questione.

Tante volte, dietro le nostre domande a Dio vi è solo il cercare di smontarlo; moltiplichiamo le domande perché non vogliamo rispondere, cioè non vogliamo cambiare parere.
Possiamo capire il potere di Gesù, il potere dell'asinello, solo se siamo disposti a cambiare. Se non siamo disposti lui non ci dice nulla, c'è il silenzio di Dio.

Per chi preferisce la propria certezza alla verità, c'è il silenzio della verità.

Per chi preferisce il proprio interesse alla giustizia, c'è il silenzio della giustizia.

Per chi preferisce stare chiuso in sé stesso, l'altro non ha più nulla da dire.

Oggi è il tempo di accogliere le domande che la Parola ci pone.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 10 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Fiutare la vita


Mt 11,16-19

"In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie»".


Parole rivolte a "questa generazione", cioè a tutte le generazioni che la ascoltano, quindi a noi oggi, bambini dispettosi che non si accontentano mai di nulla perché spesso e volentieri scambiano il male per bene e viceversa.

A questa nostra generazione è chiesto di imparare l'arte sopraffina del discernimento per apprendere a "fiutare" le tracce del Regno nella storia, le briciole di bene che ci indicano la strada del ritorno, della conversione quotidiana al progetto della creazione.

Il discernimento è dunque questione di fiuto, saper fiutare per riconoscere la puzza della morte dal profumo della vita.
Occorre fare attenzione perché il nostro odorato è facile da anestetizzare, da abituare a un certo odore. Se accettiamo di vivere dentro l'odore del male difficilmente sapremo distinguere il buon profumo del bene e della vita.

La guarigione del nostro fiuto è lenta, ma dobbiamo continuare a inebriarci del profumo del Regno se vogliamo far cessare tutto ciò che infetta le nostre vite con il profumo del male e della morte.

Abbiamo un ottimo Maestro "profumiere": fidiamoci!

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 9 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

La violenza dei miti


Mt 11,11-15

" (…) Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono (…)".


Queste parole di Matteo sono state al centro di molte attenzioni e tanti commenti. Segno che nessuna spiegazione in particolare è stata ritenuta soddisfacente o risolutiva. Anche la mia quindi entra nel numero di queste, senza pretesa alcuna di verità e di esaustività.

Da Giovanni a Gesù, senza dimenticare la storia passata, soprattutto quella dei profeti, il Regno subisce la violenza del male, in diversi modi.
A volte per il tramite della violenza fisica becera e animalesca che genera vere e proprie persecuzioni (è successo anche a noi, nella Chiesa di essere, di essere stati perseguitati ma anche persecutori).
A volte attraverso alleanze improbabili col potente di turno al fine di salvaguardare spazi e privilegi a discapito di altri in nome di "valori non negoziabili".
Altre volte il male si manifesta nel segno di un rosario sventolato mentre si accusa di essere "buonista" e non "patriottico" chi cerca di salvare vite denunciando un sistema che sfrutta e truffa i più poveri e indifesi.
Il Regno è sottoposto a questa violenza, palese o subdola e viscida, ma pur sempre violenza. Giovanni prima e Gesù poi ne faranno le spese, come tanti altri prima di loro.

Ma che significa "i violenti se ne impadroniscono" in questo contesto?

Credo che una chiave di lettura ci venga offerta dal cosiddetto paradosso evangelico. Nel nostro caso la violenza dei figli del Regno è tutta nella loro mitezza: la "violenza" evangelica è nel rispondere al male con il bene. È evangelicamente "violento" dire all'altro: "Il male che tu mi fai non sarà mai più forte del bene che io ti voglio".
Questa è la "mite violenza" della Croce. Questa è la "violenza" del Regno. E noi siamo "violenti" così!

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.



mercoledì 8 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Immacolata Concezione


Lc 1,26-38

" (…) Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (…)".


I testi evangelici sono abbastanza avari circa la figura di Maria: ci dicono qualcosa, ma non molto. Paolo, addirittura, non ne fa mai menzione se non parlando di Gesù come di "nato da donna".

Noi, come d'abitudine, siamo andati oltre e abbiamo detto, scritto, cantato, celebrato in mille e mille modi diversi questa pur eccezionale figura di donna.

Oggi la Chiesa la festeggia con il titolo di "Immacolata Concezione", cioè concepita senza il peccato originale. Anche qui, le domande superano di gran lunga le risposte: se dovessimo "rivedere" questa teoria del "peccato originale" così come è concepita oggi, che succederebbe? Già … spesso parliamo di cose che ci superano con una "sfrontatezza" teologica che fa rabbrividire!

Ad ogni modo il mio sguardo su Maria è uno sguardo di profonda ammirazione per una donna che ha fatto tutto il suo bel percorso, la sua bella fatica per diventare essa stessa discepola di quel Figlio che è andato al di là di tutte le legittime e possibili attese. Al contrario dei discepoli (almeno secondo le testimonianze evangeliche e qui mi pare si possa dar loro ragione) Lei è stata presente all'inizio e alla fine.

All'inizio perché si è fatta grembo per una Parola che aveva voglia, desiderava dirsi e darsi fin nelle profondità più intime della nostra storia. Solo facendosi "carne" la Parola avrebbe potuto essere ascoltata, compresa e accolta. Solo umanizzandosi la Parola avrebbe potuto indicare la strada all'umanità per umanizzarsi, perché ciascuno potesse finalmente apprendere a diventare "pastore della propria animalità" e realizzare la somiglianza all'immagine.

Maria c'era anche alla fine, cioè al momento del dono totale, quando la "Parola fatta carne" mostra senza ritegno tutta la sua debolezza e fragilità che chiede di essere accolta e amata. Lei c'era, con altre donne, altre madri che ci consegnano la loro femminile maternità e ci chiedono di osare l'avventura di generare ancora oggi l'unica Parola capace di chiamare alla vita.

Grazie, Maria, per il tuo coraggio.

Grazie perché il tuo silenzio silenzia le troppe, vacue e inutili nostre parole che nascondono il fascino dell'unica Parola di vita, il tuo figlio Gesù, nostro fratello.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 7 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

L'infinito che cerca il finito


Mt 18,12-14


"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?
In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda»".




Gesù parla di cose che tutti conoscono perché fanno parte del quotidiano. Questa parabola era già nota nell'ambiente giudaico, ma con una variante. Se un pastore aveva un gregge e una delle pecore partiva per la tangente, metteva le altre nel recinto, le affidava a un custode momentaneo e partiva alla ricerca della smarrita. Se la trovava le spezzava una gamba in modo che non potesse più allontanarsi e poi la riportava nel recinto.

Gesù invece non spezza nulla a nessuno. Anzi, pare quasi che l'uomo del racconto evangelico si senta responsabile dell'accaduto. Come se dicesse: "La pecora si è smarrita, ma la responsabilità è mia: non ho fatto abbastanza".

Il luogo dello "smarrimento" diventa così lo spazio di cura e ricerca.

Gesù ci mostra il volto di un Dio che non sta in pace fino a quando noi non siamo al sicuro, fino a quando noi non stiamo bene. Ci cerca non per "spezzarci" le gambe, per sottometterci a Lui, ma perché ci vuole bene e desidera che noi stiamo bene, fuori dai pericoli, con "acqua e erba" in abbondanza perché ci chiama a vivere e non a sopravvivere.

Personalmente per un Dio così ci metto la firma. Non so voi …

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 6 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Fratelli di un "bestemmiatore"


Lc 5,17-26

"(…) Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?» (…)".


Al centro del testo c’è la bestemmia. Gesù è accusato di bestemmia. Il nostro Dio è uno che fin dal suo primo apparire alle persone religiose e qualificate “che se ne intendono” – scribi e farisei che per la prima volta ragionano riguardo a Gesù – dicono che bestemmia.
Questa bestemmia è il centro del cristianesimo, il centro della fede cristiana. E qui inizia la prima polemica tra la legge e il Vangelo. Noi siamo abituati a pensare Dio che è giusto, quindi innanzitutto fa delle leggi giuste: è legislatore.
Secondo: lo pensiamo come giudice giusto. Quindi legislatore e anche giudice.
Terzo: se sbagli è anche il giustiziere giusto: ti punisce.

E Dio cosa fa, invece?
È questa la bestemmia.
Dio non è giudice, tanto meno giustiziere: sarà giudicato, sarà giustiziato portando su di sé i nostri mali, le nostre lebbre, il nostro peccato, perché Dio è semplicemente amore e perdono. E il giudizio di Dio è la croce. Non è, quindi, un Dio che avalla la legge come la intendiamo noi. La sua giustizia non è la giustizia della legge – seppur la legge è giusta, se è giusta –, ma del perdono e solo Dio può perdonare.

Dio sta dall’altra parte dello steccato che delimita il recinto dei “giusti”. Dove c’è il peccato e la miseria, Dio è lì, con la sua misericordia.

E noi dove stiamo?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 3 dicembre 2021

Buongiorno mondo!

Ciechi che credono di vedere

Mt 9,27-31

"In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!» (…)".


"Due ciechi lo seguivano…": ma come? Sono ciechi e come possono seguire? Forse da un certo punto di vista non parrebbe possibile, ma dal punto di vista evangelico sì, oh sì!

Sono in due perché uno, probabilmente, fa parte del racconto originario, ma il secondo sono io, sei tu, siamo noi: ciechi, convinti però di vederci bene, che seguono "il Signore".
In effetti siamo già in strada, dietro il Maestro, ma non vediamo ancora bene, siamo ancora confusi, non sappiamo bene dove stiamo andando e quindi aspettiamo di vedere come andrà a finire per poi fare la nostra scelta.
Abbiamo un'idea del Maestro, ma stiamo a vedere se il suo modo di essere e di fare soddisfa le nostre attese: se non lo fa, beh, grazie e arrivederci.

Allora, che insegnamento trarre da questo racconto evangelico?
Siamo sulla strada del Maestro, ma ancora troppe perplessità, dubbi, incertezze, paure "limitano" il nostro sguardo: vediamo ma siamo tanto miopi. E quel che peggiora la nostra situazione è che siamo convinti di vedere bene. Siamo tutti preda della presunzione di conoscere Gesù: lo abbiamo incasellato nel nostro schema e ci siamo eletti a suoi possessori ufficiali.

Come quei due abbiamo bisogno di essere guariti, di essere guariti da quella cecità mentale e spirituale che ci impedisce di riconoscere la nostra vera cecità nei confronti del Maestro.
Solamente quando riconosceremo questo potremo essere guariti e "diffondere la notizia" lì dove viviamo ogni giorno.

Un abbraccio a tutte e a tutti.
Buona vita.

giovedì 2 dicembre 2021

Precisazione

 Qualcuno mi ha chiesto perché in alcuni commenti compare il nome dell'autore mentre altri restano anonimi.

Ve la faccio semplice.

Quando il sig. Google ti offre in concessione gratuita uno spazio sul web, in questo caso il nostro blog (blog è la contrazione di web-log, ossia "diario in rete") per prima cosa vuol sapere chi sei, cosa fai, quante volte vai al bagno, quando sei nato e menate varie. Per questo devi possedere quel che si chiama un account Google, cioè l'accesso ai servizi in rete di Google. Se non hai un account Google, questo signore ti lascia scrivere comunque ma siccome tu non gli hai detto prima chi sei, cioè non ti sei fatto un account in gergo, per lui sei semplicemente anonimo.

Non è necessario, se volete dire chi siete nel commento, che vi creiate un account. Basta aggiungere alla fine del commento il vostro nome (e anche il cognome per chi volesse così ci si capisce, perché se mi trovo commentato da tre Marie e quattro Giuseppe, secondo il protocollo di comunicazione interna ormai ritirato dalla UE, difficilmente riesco a comprendere con chi parlo). Il tutto comunque nella massima libertà.

Nel caso, ma lo trovate anche sulla pagina, il mio indirizzo mail è: donlucianolocatelli@gmail.com (e anche questo è un figlio del sig. Google).

Abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

Buongiorno mondo!

Fare per vivere, vivere per fare


Mt 7,21.24-27

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (…).


In poche parole: il "fare" la parola di Gesù che è il Figlio significa diventare figli. Questo è ciò che noi chiamiamo "salvezza". Siamo abituati a "spostare" la "salvezza" in un qualche aldilà… ma la salvezza è questa: vivere come figli e quindi tradurre questo in fraternità. Possiamo anche "fare" tutte le altre parole migliori del mondo, ma se non "facciamo" la sua Parola, non siamo figli, quindi non viviamo la fraternità.

Per entrare nel regno dei cieli non bastano né la fede né la preghiera corretta. Bisogna fare la volontà del Padre che è nei cieli. Lo diciamo nel Padre nostro: "Sia fatta la tua volontà". E la volontà del Padre è l'amore dei fratelli. E questo amore si esprime attraverso il cuore che ama e le mani che operano secondo il cuore. È un fare sempre, l'amore. È un sentimento che poi detta la tua vita concreta e si esprime nella mano, nel fare.
Credo non vi sia molto altro da dire.
Un abbraccio a tutte e a tutti.
Buona vita!

mercoledì 1 dicembre 2021

Che ne pensate?

Ho pensato di offrivi qui un estratto di un testo di un prete italiano da 40anni in Canada, Bruno Mori. Il libro di cui vi offro l'estratto non è ancora tradotto in italiano (io l'ho letto in francese)... riflessioni interessanti... forti ma interessanti...


Estratto libro Bruno Mori



Buongiorno mondo!

La forza della compassione


Mt 15,29-37

"(…) Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. (…)".


La compassione è l’attributo fondamentale di Dio. Compatire vuol dire patire con, è un sentire l’altro come parte di te e Dio che ci ama, ci sente come l’altra parte di se stesso, sente tutti i nostri bisogni, le nostre fami e anche le nostre gioie.

Gesù incarna il volto di un Dio simpatico: compassione vuol dire simpatia, ancora una volta "patire con". In Gesù Dio esterna tutta la sua passione per noi.

Siccome il nostro desiderio di potere è sfrenato ci siamo costruiti l'immagine di Dio come dell'Onnipotente. Gesù, al contrario, ci offre l'immagine di un Dio con-patente, e questo ci mette in crisi. È più semplice brandire e proporre l'immagine di un Dio onnipotente: quando e se va bene, interviene a risolvere le nostre magagne (salvo poi deludere le nostre attese e allora sprofondiamo nella depressione perché Dio non risponde, Dio fa silenzio, ma che razza di Dio è questo qui che lascia morire i bambini e via dicendo…).

Il Dio di Gesù è un Dio strano: è con-patente. Egli sceglie di con-patire la sofferenza dell'altro, di ciascuno di noi e, in Gesù, ci invita a fare altrettanto.

Siamo figli di un Dio che accoglie i nostri limiti e li trasforma in spazi di solidarietà e compassione.
Come sovente accade davanti a una parola evangelica, a noi la scelta: figli di questo Dio o di altro?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 30 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Un Dio che stravede per noi


Mt 4,18-22

"In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, (…) Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, (…)".


La prima cosa che Gesù fa è "vedere" (che richiama il primo sguardo, quello della creazione: Dio vide ...). Come avrà guardato Gesù questi qui?
Come ci vede, ci valuta, ci considera Dio? È questo il nostro esistere.

Io sono come Dio mi vede. Il mio essere è lo sguardo di Dio su di me: quello è il mio nome, quello è ciò che realizzo nella vita.
E come ci vede Dio? "Dio ha tanto amato il mondo…": Dio non solo ci vede, ma "stravede" per noi!
Il Padre vede ciascuno di noi con lo stesso occhio col quale vede il Figlio unigenito, cioè mi vede, mi ama di amore unico, totale, irripetibile.

Quindi se i primi, e dopo loro tanti altri, e anche noi dopo duemila anni seguiamo il Signore, non è perché siamo fanatici. È perché abbiamo intuito qualcosa di questo, ossia che siamo l'amore infinito che Dio nutre per noi, siamo la sua "passione": lì sta la nostra verità. In ebraico pupilla si potrebbe rendere con "figlia dell’omino" perché se tu guardi nell’occhio dell’altro vedi te stesso. Sono quel che sono nell’occhio dell’altro e la nostra fortuna e identità sta tutta nell'occhio di Dio, nel suo sguardo, in Lui che ci vede. Scoprire questo è trovare la nostra vocazione, il nostro nome.
Lasciamo che Lui ci veda e ci guardi: nel suo sguardo vedremo noi stessi chi siamo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 29 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Lasciare Dio a bocca aperta


Mt 8,5-11

"(…) Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! (…)".


Certo che un Dio che "si meraviglia"… "Togooo!" direbbe Silvano di Camera café!

Possiamo dare varie letture dei miracoli.
La prima lettura superficiale, ma da non gettare con troppa facilità, è che il miracolo è un prodigio, qualcosa di insolito, qualcosa di non naturale, cioè è l’irrompere di Dio nella natura, per cui si rimane sorpresi. Questo è un primo senso del miracolo, più elementare e in genere tendiamo a fermarci lì.

C'è un altro livello di comprensione. Il miracolo è segno del mondo nuovo. Gesù guarisce il nostro corpo dalla morte e guarisce il nostro spirito dalla paura della morte. Quindi possiamo diventare uomini nuovi che hanno i piedi che vanno sui suoi sentieri, orecchi che ascoltano la sua Parola, occhi che lo vedono, bocche che lo proclamano, mani che lo toccano. Quindi veniamo guariti per entrare in comunione con lui.

Un terzo livello più profondo. I miracoli non interessano più come miracoli, interessa invece l'origine, cioè sono segno della grazia di Dio, ossia del suo amore. Questo è un livello molto più profondo. Dio ci vuole portare a questo. Ogni miracolo è segno dell'amore di Dio per me.

Poi vi è un livello ancora più profondo. Dio manifesta sempre il suo amore per me. Il miracolo avviene quando c'è la fede, cioè la fede è ciò che mi permette di accogliere questo amore. Quindi la sorgente di tutti i miracoli è la mia fede, la mia fiducia filiale che mi mette in comunione col Padre e mi fa figlio. È quanto accade a questo pagano.

Siamo tutti "pagani". Tutte e tutti possiamo "meravigliare" Dio. A noi scegliere se farlo o no.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

 

venerdì 26 novembre 2021

Buongiorno mondo!

"Parole" che non passano


Lc 21,29-33

" (…) In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (…)".



Questa generazione è ogni generazione: la sua, la mia, la tua. In ogni generazione avvengono sempre tutte queste cose, come in ogni vita, cioè che il male vien fuori nitido, lo si vede, lo si tocca con mano ogni giorno: è davanti ai nostri occhi, spesso indorato per nasconderlo, ma esiste in ogni rifiuto, in ogni esclusione, in ogni emarginazione. È nelle nostre complicità con le scelte fatte solo in nome dell'efficienza, della salvaguardia della finanza; è nelle nostre indolenze, nel nostro piegarci davanti al male stesso quando diciamo che "noi non si può nulla, è più grande di noi" e accettiamo di piegarci davanti ad esso rassegnati ma con la pancia sempre piena.

Io mi chiedo sempre come facciamo a vedere il volto del Figlio dell’Uomo, il volto del Cristo in ogni uomo: questo è il problema della nostra generazione come di tutte le altre.
Non è solo credere che Gesù è il messia, che Gesù è il figlio di Dio, il problema è un altro: è riconoscerlo nell’ultimo degli uomini. È lì il problema della fede e della testimonianza cioè riconoscere il Figlio dell’Uomo in ogni figlio di uomo, cominciando dagli ultimi: se scarto uno condanno Dio e lo metto in croce. C'è il male anche nella storia di noi cristiani quando facciamo alleanza con i produttori e sfruttatori di male il cui prodotto sono i milioni di crocifissi della nostra storia.

Quando vedremo il volto del Figlio dell’Uomo in ogni uomo, allora Dio sarà tutto in tutti. Quando vivremo da fratelli perché ciascuno riconoscerà di essere figlio di quel Mistero che ognuno pretende di possedere ma che, in verità, possiede ciascuno di noi, allora tutto sarà compiuto e le Sue parole saranno davvero "passate" dentro la nostra storia.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 25 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Alzare il capo


Lc 21,20-28

" (…) Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".



Han chiesto a Gesù: "quand’è che avviene questo e quali sono i segni?" e Gesù ha cominciato dicendo quali sono i segni e non ha fatto altro che la cronaca di quel che è capitato e che capita sempre: guerre, carestie, terremoti, uccisioni, violenze. Quindi qual è il segno del Regno di Dio?

Il segno è che proprio in questo mondo di male, si può vincere il male con il bene: questo è il segno. Quindi il male stesso è segno che bisogna cambiare (metanoéite, convertitevi): non dobbiamo attendere altri segni, non occorre aspettare che il mondo funzioni meglio. La conversione da effettuare, il cambiamento è radicale: smettere di guardare la realtà attraverso il filtro delle nostre paure. La realtà è che l'altro è mio fratello, è figlio di Dio come me, e che il mondo non è oggetto da possedere, usare e abusare fino a distruggerlo, no, il mondo è un dono molto bello per vivere da figli e da fratelli, per cui nelle cose stesse cose concrete si media l’amore fraterno e l’amore filiale Quindi non aspettiamo un altro mondo ma un altro modo di vederlo e di viverlo, qui e ora.

Ecco perché la nostra libertà ha bisogno di essere continuamente liberata. Per questo occorre "alzare il capo": è la prospettiva dell'uomo libero che si identifica nel Figlio dell'Uomo, cioè in Dio stesso il quale, a sua volta, si identifica nell'ultimo, in colui che continua a rappresentare oggi il crocifisso. Se in ogni persona vediamo l’uomo, se nell’emigrato, nel carcerato vediamo l’uomo, se nell’oppresso vediamo l’uomo, se nel malato, nel nudo vediamo l’uomo, vediamo il nostro fratello, perché siamo tutti umani. Se non vediamo l’uomo siamo bestiali noi. Quindi non è che il discorso religioso sia qualcosa di vago, di vedere chissà chi o chissà cosa: vedere l’uomo, il Figlio dell’Uomo. E Gesù stesso dice “ciò che avete fatto ad ognuno di questi ultimi, lo avete fatto a me”. Si identifica il Signore con l’ultimo degli uomini. Quindi il problema è vedere: i segni sono questi e non ve ne sono altri.

Quando tutto questo avviene? Queste cose avvengono sempre. Erano già avvenute a Gesù, erano già avvenute alla storia di Israele, è quel che avviene nella storia, quindi, sempre. Qui e ora possiamo e dobbiamo vivere secondo lo stile di vita del Figlio dell'Uomo. Qui e ora. Niente altro.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 24 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Vite donate


Lc 21,12-19

"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza (…)".



Quello che ha passato Gesù, quello che sta vivendo la Chiesa al tempo degli Atti, quello che vivono le comunità cristiane ancor oggi, è questo il quadro che Luca dipinge. E lo fa per ricordare che il Maestro non ha esitato a far dono della sua anche nella morte più violenta e infame che si potesse riservare a un uomo all'epoca.

Per questo Luca ricorda alla sua comunità, a noi oggi, che sì, possiamo anche essere uccisi ma nulla si perde di noi. “Perché nella vostra pazienza salverete la vostra vita”, perché la vita ce l’hai se la sai dare. La vita non è qualcosa da trattenere. È come il respiro: se lo trattieni muori. La vita è un dono e bisogna saperla donare per ciò che val la pena, cioè per l’amore, per la fraternità, per la giustizia. Allora l’hai salvata.

“Chi vorrà salvare la propria vita la perderà”: diventa egoista e vive già la morte eterna, il fatto di girare su se stesso per sempre, destinato a essere solo con se stesso per sempre.

Chi invece sa perdere la sua vita la salva, vive già ora l’amore, la testimonianza della fraternità che rende visibile il Regno, cioè lo stare di Dio in mezzo a noi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 23 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Storie di tutti i giorni


Lc 21,5-11

"In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (…)".



Il discorso escatologico che ci apprestiamo a leggere in Luca, come ogni discorso apocalittico, non ha per fine quello di creare un sacro terrore al fine di ottenere sottomissione e conversione. Questo linguaggio, particolarmente in Luca, vuol offrire indicazioni circa un modo nuovo e diverso di leggere la storia.
Qui Gesù parla della distruzione del tempio di Gerusalemme. Ricordiamo che i fatti sono già avvenuti, rispetto allo scritto: l'imperatore Tito (chiamato "delizia delle genti") ha già svolto la sua missione ed è rimasto in piedi solamente quello che oggi è noto come "il Muro del Pianto".
In ogni caso, parlando del tempio, o "del luogo" come era detto ai tempi (rispetto al quale il resto è "non-luogo), Gesù indica non solamente la distruzione fisica del tempio, ma anche di tutte le immagini di Dio presenti in ciascuno. Di questo fatto noi non siamo molto coscienti.

Nella morte di Gesù è distrutto il tempio; si squarcerà il velo del tempio e potremo assistere, si dice nel vangelo, alla teoria (è l’unica volta di questa parola nel Nuovo Testamento), che significa spettacolo, ma anche visione: sulla croce vediamo chi è Dio. È quell’uomo lì e nel suo corpo conosciamo Dio. Entriamo nella grande rivelazione (apocalissi) di Dio che si mostra così come è. Per questo distrugge ogni immagine di Dio che abbiamo.
E il nuovo tempio è la carne del Figlio dell’uomo e di ogni figlio di uomo, cominciando dagli ultimi.

Noi tutti, uniti alla pietra scartata che è Gesù (che è la prima pietra, inizia lui), ognuno così com’è (il nuovo tempio è di "pietre vive" non di mattoni, tutti uguali, ma di pietre diverse e variegate), entrando in comunione con gli altri nella sua identità e nella sua differenza costruisce il vero tempio  che è l’umanità fatta di persone che si considerano fratelli dove ognuno accoglie l’altro, ognuno è casa dell’altro e in questo modo nasce davvero il regno di Dio sulla terra, il mondo nuovo. È questo il nuovo tempio. È questo il Regno.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 22 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Sguardi "altri"


Lc 21,1-4

In quel tempo, Gesù alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».



Trovo interessante il fatto che nella tradizione sinottica la vita pubblica di Gesù si apra con una donna (la suocera di Pietro) e trovi il suo termine con un'altra donna, la vedova del nostro testo. E questa diventa anche l'ultima lezione che il Maestro consegna ai suoi, a noi oggi.

Immaginate per un istante di essere lì, con Gesù e i suoi. Davanti al tempio c'erano tredici casse, di cui 12 per intenzione specifica (nulla di nuovo … nelle nostre chiese ne troviamo ancor oggi di vario tipo…) in cui gettare le proprie offerte (in questo brano "gettare" appare cinque volte!). Non era strano che fosse presente chi annunciava, magari accompagnato da uno squillo di tromba, il valore dell'offerta fatta (quando era consistente, beninteso!). Riuscite a sentire il tintinnio delle monete d'argento che vengono gettate? È uno scroscio continuo. Uno scroscio che nasconde il piccolissimo rumore prodotto dalle due misere monetine di rame gettate dalla vedova.

In mezzo a tutto questo Gesù, "levati gli occhi" (Gesù è strano, eh: noi alziamo gli occhi al cielo, Lui, dal suo essere servo, li alza verso di noi …) vede solamente quella vedova. Come dire: in mezzo a una foresta di alberi grandiosi e pieni di fronde, Lui punta lo sguardo sul granello di senape e dice ai suoi: "Guardate lì, accorgetevi di quella vedova", perché, e questa è l'ultima lezione, io sono così. Così come, Maestro? Non "getto" il superfluo, quello che trabocca da una coppa già abbondantemente piena ma "getto" la mia vita, offro la mia vita. E, badate bene, non lo faccio perché Dio ne ha bisogno, ma perché Lui, come me, fa così: non offre qualcosa, ma offre solamente la sua vita, cioè se stesso.

Ecco perché Gesù chiede ai suoi di allenare lo sguardo per sapere vedere il granellino di senape e non il cedro del Libano: questo lo sanno fare tutti. Ma cogliere quel Dio che si offre al posto di chiedere offerte, quel Dio che serve e non chiede di essere servito, beh, questo è solamente per chi sa leggere e ascoltare il Vangelo, cioè lo stile di vita del Maestro.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 19 novembre 2021

Buongiorno mondo!

"Edificati" dalla Parola


Lc 19,45-48

"In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: "La mia casa sarà casa di preghiera". Voi invece ne avete fatto un covo di ladri» (...)".


La casa è il luogo dove uno abita e uno abita dove è amato; per questo noi tutti siamo di casa in Dio, è lui la nostra casa.
Abitiamo in Dio ma non lo sappiamo. Siccome Dio è amore, Dio abita dove è amato: ecco la sua autentica casa. Se noi amiamo il padre e i fratelli, noi diventiamo il nuovo tempio. Questa è la chiesa, il nuovo tempio, non quello fatto di mura. Potremmo anche demolire tutte le chiese invece di restaurarle! È vero, ci servono , oltre che per ripararci dai reumatismi, ma non sono necessarie, in fondo, secondo quanto dice Gesù.

Più che i templi occorre costruire i cristiani che è tutt'altra storia. I discepoli, o cristiani che dir si voglia, sono semplicemente donne e uomini che ascoltano la parola di Dio e che finalmente scoprono che si può vivere nell’amore e nella fraternità. Si può vivere nell’amore e nella fraternità e non invece di tante norme e regole, leggine e ragioni insensate.

Il nuovo tempio è lo spazio dove risuona la Parola che è Lui e noi che l’ascoltiamo. Ricordiamo che la parola esiste quando è ascoltata. Se noi ascoltiamo, come amiamo fare, altre parole di leggi, di norme, di progetti imperialistici o di potere, non ascoltiamo le parole di Dio, ma esattamente il contrario e il peggio è che mascheriamo tutto questo sotto il titolo pomposo di "Parola di Dio". Solamente l'ascolto della Parola ci apre la via per diventare quel che ascoltiamo. E per noi l'unica parola di vita è la vita stessa del Figlio che apre quella via capace di ridarci la nostra dignità di figli amati che vivono in fraternità.

Se i nuovi templi che costruiamo non saranno pieni di uomini nuovi, come dice il profeta, il Signore "li avrà in abominio".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 18 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Figli di un Dio minore



Lc 19,41-44

“In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! (…) “.



La seconda parte del vangelo secondo Luca, nel cap 9, inizia col volto indurito di Gesù che va a Gerusalemme e il tema di tutta la seconda parte del vangelo è appunto il volto. Emerge nella trasfigurazione che il volto di Gesù diviene altro. È il volto stesso di Dio, un volto di luce, che è il volto indurito nella misericordia per andare a Gerusalemme.

Ogni brano del seguito non è che una pennellata al volto del figlio di Dio. E qui abbiamo la pennellata definitiva. Questo volto che è stato dipinto a tempera si scioglie in lacrime e vien fuori l’unico colore che è il colore di Dio, la sua passione per l'uomo, le sue lacrime per noi, un Dio che piange: è il volto definitivo di Dio.

Questo pianto è su tutto il mondo, è il dolore di Dio per il male del mondo. Il pianto di Gesù ci rivela il pianto del Padre, ecco perché “Dio è Gesù”. Il Padre è Colui che piange sul male dell’uomo e il pianto, se vogliamo, è segno di un’impotenza assoluta davanti al male. Questa impotenza è la potenza massima di Dio, la sua compassione, sente il nostro male, non ci abbandona nel nostro male, è con noi nel nostro male, muore lui del nostro male. La Passione chiude il cerchio: la sua potenza ci ha creato, la sua debolezza ci ha salvato. È la forza dell’amore la debolezza, perché l’amore è estremamente debole, perde tutto, anche sé stesso.

Tutto questo per noi, per me, per te.

Discepolo è chi raccoglie la sfida del piangere davanti al male e donarsi come e con il Creatore per portare a salvezza la creazione intera. Cosa è la salvezza? Costruire insieme la casa comune dove tutte e tutti possono sentirsi figli e vivere in fraternità.
Siamo figli un Dio che sa piangere davanti al male, così Gesù di Nazareth ce lo svela.

È ancora il nostro Dio?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 17 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Attese operose


Lc 19,11-28

"In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro (…)".


La traduzione liturgica del testo lo impoverisce. Dovremmo rendere con : " Ora, mentre essi ascoltavano queste cose, continuando disse una parabola, perché egli era vicino a Gerusalemme e pareva loro che all’istante stesse per manifestarsi il regno di Dio".

Quali cose ascoltavano? Quello che Gesù stava dicendo in casa di Zaccheo: "Oggi la salvezza per questa casa è avvenuta… il Figlio dell'Uomo è venuto a cercare e a salvare la cosa perduta".
La salvezza è il Regno e mentre quelli continuano a brontolare il Regno si manifesta.

È questo il regno di Dio. Noi pensiamo che il regno di Dio sia qualcosa di chissà che. No! È una cosa molto semplice e molto quotidiana: è ciò che verrà raccontato nella parabola. Il regno di Dio ha sempre le caratteristiche che ha detto Gesù: del lievito che è nascosto, del seme che è piccolo e gettato. Il regno di Dio è sempre qualcosa che noi trascuriamo; esso non ha nulla a che fare col potere e con la gloria che è l’anti-Dio, è il principio di ogni male, di ogni ingiustizia, di ogni sopraffazione che ci divide da Dio e ci divide dai fratelli. Il regno di Dio è invece esattamente il contrario: povero, piccolo, umile, modesto, gettato, come l’amore.

Pensiamo di essere noi i costruttori del Regno? Nulla di più falso! Il regno è un dono da accogliere. Non c’è da far nulla per il regno di Dio. Non lo fanno le nostre battaglie, il regno Dio! Lo fa la nostra conversione a lui, la mia, la tua, la sua; lo fa la sua misericordia, il suo amore, il suo rispetto per gli altri, la sua umiltà, il suo non esercitar potere, dominio, oppressione, il suo non accusare, il suo andare in cerca di ciò che è perduto se è perduto, non andare in cerca dei principi propri da affermare.

Il tempo che ci è dato è il tempo della misericordia perché noi ci convertiamo a lui. E convertirsi vuol dire semplicemente vivere da figli e da fratelli, nient’altro. Come ha fatto Zaccheo: non facendo chissà quali grandi basiliche, grandi chiese, grandi dogmi, grandi costruzioni. Non resterà pietra su pietra ... Ma semplicemente convertendoci alla sua presenza.

Lui tornerà. Quando? Domanda che rivela il nostro desiderio di possesso, anche quello del tempo.
Dio sta alla porta e bussa, sempre, qui e ora. Quando noi gli apriamo Lui torna, anzi Dio sta sempre qui; quando noi andiamo e ci voltiamo verso di lui è già tornato. Ormai torna coi nostri piedi, con le nostre mani che fanno come lui ha fatto. Tutto qui.

Restiamo a brontolare o cambiamo cuore?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 16 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Incroci di sguardi


Lc 19,1-10

"In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura (…)".



Luca è pittore, si dice, e il suo vangelo è tutto per dipingere questo volto di Dio che si contempla in Gesù e direi che questo testo è come una tavolozza. Tutti i colori che ha usato nel resto del vangelo li troviamo in questo brano. Ogni parola qui è in un episodio chiave del vangelo e vengono fuori tutte. Purtroppo lo spazio che abbiamo non ci permette di dilungarci nell'offrire piste per contemplare questo stupendo affresco.

Zaccheo (il cui nome è abbreviazione di Zaccaria che significa "Dio si ricorda"… e non è un caso…) fa parte, anzi è il capo, del gruppo di persone tra le più odiate in Israele: egli appartiene al quel gruppo di traditori infami che lavorano per i Romani come esattore delle tasse. E lui in particolare ne è il capo: arciesattore, e quindi "arcipeccatore", tra i primi che il Messia avrebbe polverizzato fin dal suo apparire.

Quest'uomo, piccolo in tutti i sensi, che tutti scansano, proprio lui cerca di vedere chi è Gesù. Non è un semplice guardare: è voler vedere chi è. Tutta la seconda parte del vangelo secondo Luca vuol portare a vedere chi è Gesù (ricordate ieri il cieco?). Anzi, alla fin fine, chi è Dio, che è il nostro autentico problema: vedere chi è nostro padre per vedere chi siamo noi.
E in Gesù questo Dio si rivela come Colui entra nel riposo dimorando da Zaccheo, la quintessenza dell'impurità. Oh, che Dio è mai questo? Che Dio è questo che entra nello sabbat dimorando presso la casa e la vita di un tal peccatore, di ognuno di noi?

Ecco il Dio che Gesù mostra a "chi sa vedere": Colui che viene a farci scendere da quell'albero primordiale sul quale ci siamo nascosti perché preda delle nostre paure che nascono dalle nostre immagini distorte di lui. Il Dio di Gesù è sconvolgente perché sceglie di fare per sua dimora la nostra impurità, la nostra piccolezza che nascondiamo dietro i nostri desideri e manie di potenza e grandezza.
Il Dio di Gesù riposa dentro le nostre impurità per insegnarci ad alzare lo sguardo e a non temere: la sua passione per noi, mostrata paradossalmente nella croce, è l'unica forza capace di guarirci e "farci diventare grandi".

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 15 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Seduti, fuori strada e ciechi


Lc 18,35-43

"(…) Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato» (…)".


Ci vorrebbero pagine per commentare il testo di Luca, ma un post come questo impone uno spazio ristretto.
Siamo dentro un testo ricchissimo, pieno di risonanze pasquali. La tentazione di semplificarlo come un semplice miracolo di guarigione ne farebbe una lettura distorta e poverissima.

Nei versetti precedenti Luca ci ha raccontato che all'annuncio della passione di Gesù i Dodici non comprendono nulla; restano, per l'appunto, ciechi. Come quest'uomo di Gerico (quante risonanze anche qui…), anche i Dodici sono "seduti" (il Vangelo è tutto un cammino), "al di là della strada", cioè fuori strada, stanno seguendo un percorso sbagliato, e "ciechi", incapaci di vedere, segnati da quella cecità tipica del fariseo che non si rende conto di essere cieco perché convinto di vedere bene ed esclusivamente bene (il fariseo ha l'unica "visione" giusta").

Torna il tema della miseria personale come unico titolo della misericordia, il tema della preghiera che si fa grido, non preghierina o giaculatoria, ma grido che nasce dall'aver compreso di essere ciechi, o lebbrosi, o paralizzati…

Mi limito a una sola cosa. La traduzione della risposta del cieco alla domanda di Gesù è quanto meno avvilente e svilisce il testo. Il cieco non dice semplicemente "che io veda di nuovo", bensì il verbo greco (anablepo) dovrebbe essere reso con "che io guardi in alto", "che io alzi bene gli occhi". Perché? Per poter vedere la Théoria del Golgota, la visione della Croce che mette la nudità di Dio e della sua passione per noi in bella vista. Solo chi ha seguito le orme del Nazareno può contemplare in quell'uomo nudo sulla croce la ferita bellezza che manifesta tutta la misericordia di Colui che ascolta il "grido" dei suoi figli. Per vedere questo Dio occorre alzare gli occhi non al cielo ma alla croce (che riassume lo stile di vita di Gesù), unico strumento in grado di cancellare le visioni distorte che ci siamo costruiti su Dio. Occorre uscire da questa cecità che ci rende dei visionari, per accogliere la guarigione che ci permette di contemplare la Théoria della Croce. Solamente così sapremo camminare dietro il Maestro, cioè ritroveremo la strada e non resteremo seduti.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

venerdì 12 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Hic et nunc


Lc 17,26-37

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti (…)”.


Cosa fa Noè? Come tutti gli altri, mangia, beve, si sposa, si marita. Cosa fanno al tempo di Lot? Mangiano, bevono, comprano, vendono, piantano, edificano. È la vita quotidiana.

Come sarà quel giorno? Sarà come è stata la vita quotidiana, com’è stato con Noè, com’è stato con Lot. Noè non ha fatto cose strane o diverse; ha fatto le stesse cose di tutti! Il punto è che ha fatto quelle cose con un altro spirito, con lo spirito di obbedienza alla Parola, con lo spirito del Figlio, non con lo spirito della violenza, dell'egoismo, ma con lo stesso spirito presente nel caos iniziale, Ruah Elohim, il vento violento che pone un limite alla propria onnipotenza e si trasforma in soffio di vita.

Quindi il problema della fine del mondo è come viviamo ora.
Noi possiamo vivere questo mondo, anche l’economia, tutte le nostre relazioni in modo da ammazzarci gli uni gli altri e distruggere tutto (abbiamo sviluppato ottime competenze in questo!), o possiamo vivere in modo opposto di solidarietà, di condivisione, di amore, di fraternità, in modo da costruire la salvezza in questo mondo, in questa quotidianità, non in un altro mondo.

La tentazione che ci portiamo dentro è di pensare che la salvezza stia in un altro mondo, invece Luca dice che la salvezza sta in questo mondo qui, nel modo, nello stile di vita filiale. Luca è tremendo contro l’alienazione religiosa, come tutti i vangeli. La vita spirituale è come vivi le cose materiali, non è una cosa volatile, far preghiere sollevandoci da terra o cose simili. È come vivi le cose materiali la vita spirituale, le tue relazioni con le cose e con le persone. E il Maestro, con il suo stile di vita e le sue scelte, ci fa intravedere una possibilità diversa. Come sempre, a noi resta la scelta.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 11 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Il Regno: quando o come?


Lc 17,20-25
“In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!» (…)”.



I farisei pensavano, come tutti noi, che Dio deve pur farsi vedere una volta o l’altra e pensavano che sarebbe venuto a premiare i buoni e a punire i cattivi e in questo modo, finalmente, inizierà il Regno di Dio dove noi buoni trionferemo, ammazzeremo tutti i cattivi e allora tutto il mondo sarà bello perché avremo ammazzato tutti i cattivi.
Questo il desiderio inconscio.

Circa il quando: ne siamo sempre preoccupati (basta considerare i discorsi e le preoccupazioni circa la salvaguardia del pianeta …), perché sappiamo che siamo a scadenza, quindi il quando è importante.

Gesù, al suo solito, non soddisfa i desideri dei “venditori del quando” che affollano anche la nostra epoca. Lui attira la nostra attenzione sul come: non quando, ma il fatto che il Regno, nella sua modalità precisa, è in noi, in mezzo a noi. 
E il punto è proprio questo.

Realmente il Regno di Dio è in mezzo a noi, in Gesù Cristo che lo vive, nel figlio che ama i fratelli; è lui che testimonia l’amore del Padre, quindi Dio (o come lo si voglia chiamare) è già dentro un cuore che vive l’amore la gioia, la pace. È in questa gente che è tra noi (anche se sovente la giudichiamo “non dei nostri”), e quando noi siamo tra questa gente, allora è anche in noi. Quindi il Regno di Dio non è qualcosa di esterno, di visibile, no, è un cuore che conosce l’amore del Padre e vive l’amore dei fratelli.
Questo è il Regno di Dio. Non è questione né di cibo, di bevande, di date, né di potere, né di gloria, né di splendore; non è sorretto o nascosto da segreti mariani che saranno svelati tra poco. È nel cuore dell’uomo che vive l’amore: è l’uomo nuovo.
Sta a noi deciderci.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


mercoledì 10 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Un Maestro che risana


Lc 17,11-19

“Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (…)”.



Sembra quasi che dal villaggio venga fuori tutta la lebbra. Per sé non debbono uscire dal villaggio, ma devono stare fuori nei deserti. L’immagine vuol dire che in fondo, in ogni villaggio, in ogni luogo dove abitano gli uomini, c’è sempre gente scartata. Alla fine, poi, siamo tutti scartati.

Tant’è vero che il cimitero è sempre fuori. E il lebbroso è simbolo della morte vivente. È il morto civile, è il morto religioso e lo si vede nella sua carne; non è tenuto a nessuna legge, se non alla legge dell’esclusione, per cui è quello che non ha più alcun diritto né umano né religioso.

E i lebbrosi che gli vanno incontro sono dieci. Dieci è il numero per far la comunità nella sinagoga, ma sono anche le dita delle mani.
E questo è proprio ciò che manca ai lebbrosi: le dita delle mani. L’uomo per sé senza mano non può fare azione umana, non può lavorare. La mano indica la possibilità, il potere che ha; senza mano non ha alcun potere.
Quindi 10 indica sia la totalità degli uomini, sia la nostra azione, la possibilità di agire in un senso o in un altro, per fare il bene o per fare il male.

Quei “dieci” siamo noi. Se e quando ci renderemo conto che il nostro titolo alla misericordia è la nostra miseria, quando vivremo finalmente quella relazione liberante con il Maestro che guarisce dalla lebbra dell’esclusione, allora saremo capaci di trasformare i nostri “villaggi” in giardini di vita e non più in deserti di esclusione. Sapremo anche noi essere come la mano del Creatore: una mano che crea vita, risana e custodisce.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

martedì 9 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Dedicazione Basilica Lateranense


Gv 2,13-22

"Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!» (…)".



Non mi pare un caso che il vangelo secondo Giovanni ponga all’inizio, al contrario della tradizione sinottica, la cosiddetta purificazione del tempio.

Gesù comincia la sua attività con la frusta nel tempio per disinfestare la nostra immagine di Dio e di uomo e dunque il modo di vivere questa immagine. Infatti, cosa c’era nel tempio? Buoi, pecore e colombe, oltre che monete in quantità. Dunque il tempio, alla stregua di un mercato, diventa sorgente di quell’economia che uccide, che soffoca la vita, che mercanteggia e crede di comprare ogni cosa, anche Dio e la sua presenza.

E quest’ultima è la realtà peggiore: con i nostri sacrifici, le nostre offerte crediamo di comprare l’amore di Dio. C’è molto di male in questo perché Dio è amore e comprare l’amore si chiama prostituzione; il peccato peggiore che ci possa essere è trattare Dio da prostituta. Nella nostra religiosità immancabilmente c’è un rapporto mercantile con Dio che va contro l’essenza di Dio. Ed è questo il senso più profondo della purificazione del tempio. Dio è amore e non ha bisogno di star lì ad essere ringraziato, corrotto dalle nostre preghiere per poterci offrire la sua presenza totalmente gratuita. Con molta pietà e devozione siamo capaci di consumare la più grande empietà: cercare di comprare Dio e averlo in tasca come un talismano di salvezza; invece Dio è un’altra cosa.

Cosa? Beh, basta guardare e seguire colui che ce lo rivela … Restiamo pure nel nostro “Gesù è Dio” e fabbricheremo il nostro tempio con annesso mercato. Passiamo al "Dio è Gesù" e solo allora potremo balbettare il suo Nome da figli e non da mercanti.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

lunedì 8 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Chi scandalizza chi?


Lc 17,1-6

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! ». (…)”.


Gesù ha scandalizzato tranquillamente i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani, cioè tutte le persone potenti, gli intelligenti e sapienti: li ha scandalizzati tutti. Ma buona parte del popolo no, perché il popolo capiva, pur restando a volte inerte, a volte invece pronto a schierarsi dalla parte del più forte (è sempre così: dipende dal “panem et circenses” che ci viene offerto).

Noi invece, spesso e volentieri, scandalizziamo i piccoli per non scandalizzare i potenti in genere, per non disturbarli troppo. Perché il perbenismo, soprattutto quello di stampo religioso, esige di non scandalizzare il potente ed è per questo che i suoi han detto a Gesù: “Ma tu sei pazzo! Mettiti d'accordo con quelli lì e poi vedrai che le cose ci vanno meglio”.

E invece no, Gesù non ha scandalizzato i piccoli, ma gli altri, quelli che senza paura dicono: “Dio è con noi”, “Gott mit uns”. Non a caso fu ucciso dai sommi sacerdoti che rappresentano il potere politico e religioso, dagli anziani che sono il potere economico mafioso e dagli scribi che rappresentano il potere culturale a servizio degli altri tre. È Vangelo eh, ragassi, è Vangelo!

I piccoli sono i destinatari del Vangelo, ossia quelli per cui Dio si è fatto Felice Annuncio. Sono gli emigrati, i nudi, i carcerati, quelli che non contano, quelli che ci giriamo dall'altra parte, quelli che non vogliamo, quelli che “fuori di qui, via dalla nostra città che con la vostra presenza ce la sporcate!”. Son gli altri, sempre gli altri, quelli che non rientrano nei nostri criteri di brave personcine. Ma … Gli altri sono l'Altro, sono Cristo. “Ciò che avete fatto a uno degli ultimi lo avete fatto a me”.

Se vuoi essere suo discepolo allora stai dalla parte di questi qui: sarai “scandaloso”, ma dello stesso scandalo del Dio di Gesù che ha scelto chi non conta per dirsi e darsi.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 4 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Tutti chi?



Lc 15,1-10

"In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»(…)".


Gesù ha appena detto che "nessuno può essere mio discepolo se…" (rileggete il testo di ieri) e tutti, sottolineato "tutti", si avvicinano a lui. Chi si avvicina a Gesù nel momento decisivo? Tutti. Tutti chi? "Pubblicani e peccatori". I pubblicani sono i peccatori peggiori perché son quelli che tutti indicano come peccatori (qui si gioca facile: Agenzia delle Entrate...). Erano quelli che esigevano le tasse per conto dei romani, truppe di occupazione, quindi detestabilissimi; poi frequentavano sempre i pagani, guadagnando molto disonestamente perché appunto facevano il mestiere in modo che rendesse il più possibile; angariavano il popolo, lo opprimevano. Sono i detestabili per antonomasia, indifendibili da tutti i punti di vista. I peccatori, accanto a loro, son tutti gli altri. Praticamente tutti gli esclusi s'avvicinano a lui, tutti.

È bello il contrasto fra questi tutti che vengono, in greco il verbo indica l'avvicinarsi, e il brontolare degli altri: mentre quelli vanno lì gli altri bollono come pentole di fagioli. Gli scribi son quelli che sanno le cose giuste, i farisei son quelli che le fanno. E dicono: costui è tutto proteso per accogliere i peccatori e con-mangia con loro. Perché si comporta così?. Fosse peccatore come loro si capirebbe, ma è il giusto, è il Messia, non è previsto che faccia così e… con-mangia con loro.

Mangiare insieme vuol dire avere la stessa vita, esser della stessa famiglia: quelli lì sono la sua famiglia. Ed è proprio per i giusti che Gesù dice questa parabola, per noi, che fatichiamo a con-mangiare con questi qui che rompono, che non stanno alle regole, che non seguono la "retta via" (che noi buoni abbiamo tracciato).

Ecco perché non è così facile dire che "Dio è Gesù". Un Dio che rompe e esce fuori dai nostri schemi religiosi è inaccettabile.

Ma questa è la via se vogliamo essere suoi discepoli: rinunciare alle nostre care e belle immagini di Dio per poter dire, con fatica, che "Dio è Gesù". Siamo tra quei tutti?

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

mercoledì 3 novembre 2021

Buongiorno mondo!

Figli del dono

Lc 14,25-33

"In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (…)".



Parole ardue, difficili che compongono un testo radicale, pieno di quella radicalità evangelica che sovente proclamiamo e chiediamo agli altri ma che noi evitiamo con cura.
La chiave interpretativa delle parole di Gesù è posto nelle ultime parole: "non può essere mio discepolo". Ed è terribilmente vero! Nessuno può essere suo discepolo perché l'essere suoi discepoli non è una conquista, non è un premio dato per le fatiche spirituali o meno fatte.

L'essere suo discepolo è un dono gratuito che chiede solamente di essere accolto. Essere discepolo è un dono come l'essere figlio: non è una realtà che acquisti, che paghi e fai tua. È un dono che non viene dal fatto che facciamo certe cose, magari anche bene: è totalmente gratuito. E se accetti il dono ti metti nella stessa prospettiva e agisci e vivi con lo stesso stile del Dio incarnato in Gesù: nella più pura e semplice gratuità. Il prezzo del dono è la gratuità. È il prezzo più alto perché è più facile contraccambiare il dono e pagarlo che vivere nella gratuità. Vuol dire accettare l'amore, la gratuità e l'amore: il prezzo del dono è l'amore. Noi siamo discepoli nella misura in cui accogliamo l'amore per poi vivere questo amore.

Questa è la croce: odiare la propria vita. Strano? No, evangelico. Infatti l'egoista, l'egocentrico è colui che ama talmente la propria vita da non poter accogliere nessun altro: in lui non vi è spazio per altri. Che è l'esatto contrario di Dio.

Ecco. Ora sappiamo chi è il discepolo. Non ci resta che scegliere.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.

giovedì 28 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Preghiera di Dio


Lc 6,12-19

“In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, (…)”.



Una traduzione più letterale è possibile: “Ora avvenne in questi giorni: egli uscì verso il monte a pregare e stava a passare la notte nella preghiera di Dio (…)”. Gesù che esce - richiama l’Esodo – ma da dove esce? Dove va?

Sul monte, che è il luogo dove Mosè andò per ricevere la Legge, per ricevere la Parola di Dio. Come Mosè discese portando la Parola di Dio così anche Gesù scende portando la nuova Parola, la seconda legge, la nuova alleanza, l’alleanza della misericordia e del perdono, che ci dà il cuore nuovo (Cf. Ger 31). Gesù esce e va verso questo monte.

Luca ce lo dipinge che “stava a pernottare nella preghiera di Dio”. La notte di Gesù in preghiera è l’alba della Chiesa, cioè noi nasciamo dalla notte di Gesù. La notte vuol dire la morte e ricordiamo che avevano deciso, nel brano precedente, di eliminarlo. Per Lui, però, la morte non è la morte, ma è un uscire e un salire sul monte nell’intimità con Dio e pregare: la comunione con Dio.
Cosa significa pernottare nella preghiera? Nel testo greco c’è scritto “nella preghiera di Dio”, perché ci sono preghiere che non sono di Dio; normalmente noi preghiamo i nostri idoli, le nostre fantasie, non Dio. La preghiera è quello stare davanti a Dio che ti fa essere te stesso, perché siamo fatti a Sua immagine e somiglianza. Questo avviene di notte, ossia nel momento dove tutto scompare, il momento del vuoto, del nulla. La preghiera è già vivere ora quella comunione definitiva con Dio che vive la morte: in particolare la morte di tante sue immagini distorte in cui, fino a “questi giorni”, avevamo creduto e nelle quali avevamo posto la nostra fiducia.

Mi piace pensare all’espressione “preghiera di Dio” in questo modo: Gesù si sintonizza con il Padre; non cerca risposte ma, nella sintonia con il Padre, l’uomo Gesù è in grado di produrre una scelta che è secondo Dio, nei confronti degli uomini con cui vive, i discepoli e gli apostoli. Ecco, sintonizzarsi con Dio, non strappare a Lui qualcosa o strappare chissà che.

Abbiamo ancora strada da fare.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.


P.S. Causa impegni, la rubrica riprenderà a partire dal 3/11.

mercoledì 27 ottobre 2021

Buongiorno mondo!

Operatori di iniquità?


Lc 13,22-30

“(…) Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia! (…)”.


Quel “non so di dove siete” significa: dove stai di casa? Quale è la tua casa? Sei mai stato “di casa” in “casa” mia, nella casa della misericordia, dice Gesù? Queste terribili parole le sento rivolte a me, alla mia vita ancora fin troppo comoda, ai miei spazi sacri e intoccabili, alle mie personali esigenze che non devono essere sacrificate.
Pensavo di essere “dentro”, al sicuro, al calduccio con il Maestro; pensavo di far parte della sua cerchia, il giro dei buoni, degli eletti, di quelli che alla fine di ogni giornata esclamano soddisfatti: “Anche questa è a posto. La mia parte l’ho fatta: ora tocca ad altri”.

Pensavo che l’aver “mangiato e bevuto con Lui”, cioè l’aver celebrato con serietà l’Eucaristia quotidiana, l’aver spezzato il pane con i bravi e buoni fosse “cosa buona e giusta”. Come mai mi ritrovo fuori? Perché la porta è chiusa e io non ho il Jesus-pass per accedere?

No, scusa eh, ma come “operatore di iniquità”? Se celebro l'Eucaristia, se ascolto la parola, se sono devoto e bravo; come faccio ad essere considerato “operatore di iniquità?”.

C'è una grossa iniquità, che è quella che credere che la salvezza sia l'appannaggio di anime elette e non sapere invece che la salvezza è la misericordia e l'amore che il Padre ha per noi, che il Figlio ci ha dato morendo in croce e che in questo modo noi dobbiamo amare e accogliere tutti alla stessa maniera come fratelli, come il Padre ha accolto noi, che impariamo a vivere di grazia. Se non viviamo ogni giorno da “graziati”, siamo nella disgrazia, siamo fuori dalla casa.

Rispetto a tutta una religiosità che è di celebrazioni, di mangiare e bere al cospetto di Dio, di ascolto della parola, ma che non entra nella misericordia ricevuta e accordata, che è il ritornello di tutto il Vangelo, non vi conosco.

A questo punto, ricomincio. Io per primo.

Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.