Ascensione del Signore 2025
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Dentro le fatiche della storia
Gv 16,20-23a
(…) “La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. “ (…)
Penso che attraverso queste parole il Maestro ci inviti ad allargare il cuore e lo sguardo. Tutte e tutti sperimentiamo nello scorrere dell’esistenza dei momenti di sofferenza, di dolore, di paura. Ma non siamo fatti per questo. Gesù usa il paragone della partoriente proprio per invitarci ad allargare lo sguardo e mettere le sofferenze che la vita stessa, a volte con estrema durezza, ci fa arrivare addosso dentro il grande processo della creazione ancora in atto.
Il cristianesimo non è una religione che pratica il dolorismo a tutti i costi (o almeno io credo che così dovrebbe essere). Le prove, le fatiche, lo sofferenza ci sono e ci toccano anche facendoci male. Ma è come se Gesù indicasse la via: non fermarti al tuo dolore, alza lo sguardo e allarga il cuore. Sei dentro questo processo della creazione e impara a fare i conti con i tuoi limiti, le tue infermità, la tua incapacità di reggere queste fatiche e impara a condividerle, facendoti carico della dolore altrui. Il nostro pianeta è passato attraverso cinque grandi estinzioni di massa. Proprio in quanto Sapiens, modestamente, gli stiamo dando una generosa mano per arrivare quanto prima alla sesta, forse per il malsano desiderio di qualcuno che starà lì col telefonino per dire :”Io c’ero” (già, un gran Sapiens anche questo). Stiamo dentro un grande parto, che comporta anche dolori e sofferenze: Gesù ci invita a stare dentro questa storia martoriata, complessa e complicata, per imparare a scoprire i significati nascosti dentro le sofferenze e le fatiche quotidiane non subendo , non sopravvivendo, ma vivendo in pienezza il faticoso cammino della creazione, portando i pesi gli uni degli altri.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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La gioia della Via
Gv 16,16-20
(…) In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
I discepoli del Signore non sono delle "vispe terese" che vanno in giro per il mondo con i moscerini sui denti a causa del sorriso perenne stampato in viso! Siamo uomini e donne immersi nelle profondità della vita, nei suoi meandri a volte dolorosi; siamo donne e uomini che credono nella personale fatica quotidiana del crescere; siamo donne e uomini non "a prescindere" ma che guardano al Figlio dell'Uomo come al modello di quella umanità da sempre pensata e voluta da Colui che è Fonte e Culmine della Vita. Siamo donne e uomini che non si accontentano di una fede detta da altri, ma che cercano in profondità, non si accontentano, pongono e si pongono domande, in un travaglio quotidiano per purificare continuamente l'immagine del volto di Dio, per purificarla da storture e deviazioni, da paure e proiezioni magiche. Siamo donne e uomini che scelgono di appoggiare la fede nelle profondità della vita, anzi di appoggiarsi alle profondità della vita per dare spessore a una fede troppo spesso maltrattata, poche volte formata dall'amore. È un "parto" continuo, quotidiano: il parto che genera l'uomo nuovo, colui che davvero può cantare un canto nuovo alla vita, al Signore della Vita, al Dio della vita. Ecco la sorgente della nostra gioia.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Cercatori di verità
Gv 16,12-15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Viviamo immersi in un sistema tale per cui fatichiamo a riconoscere la verità. Ognuno propone la sua, come può, quando può. Se poi questa passa attraverso i differenti media, allora possiamo stare allegri: basta osservare i vari talk show per rendersi conto delle "differenti verità" urlate a destra e a manca, tanto che alla fine uno non sa più se sta seguendo una trasmissione o se si trova catapultato nel bel mezzo di un suk arabo.
Recita il detto: "Quando fuori piove, anche in Chiesa quanto meno pioviggina". Già, anche in casa le cose non sempre vanno per il verso giusto: chi tira di qua, chi spinge di là; chi va in giro sbattendo sulla testa della gente tomi di tradizione secolare da difendere a tutti i costi, chi invece liquida tutto all'insegna del "mi piace, non mi piace" come i bambini.
Io oso solo affermare che a mio avviso la verità è sempre riferita all'uomo, all'umanità, ed è una persona, il Cristo Risorto. Il quale invita ad un approccio "guidato" dallo Spirito, cioè dall'amore, alla verità. Non si tratta quindi di un "blocco marmoreo" di concetti da afferrare e mettersi in tasca, ma di un percorso quotidiano in cui la verità (nel senso etimologico di a-letheia) progressivamente si disvela e mi attira verso di essa. Quindi il cambio di prospettiva è essenziale: non sono io a possedere la verità, ma è lei che possiede me e mi si rivela giorno dopo giorno, in un morbido ma robusto abbraccio che, per l'azione dello Spirito, mi fa avanzare verso la progressiva umanizzazione della mia persona, fino al disvelamento totale, quando assumerò la condizione divina.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Umanizzare l’umanità
Gv 16,5-11
(…) “è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato.
Il dono dello Spirito che ci rende capaci di amare e trasmettere vita come Gesù ha anche il "compito" di aiutare il "mondo" (sistema) a comprendere il male ("circa il peccato") di cui è vittima: non accettare il Figlio, Colui che ci rivela il volto di Dio (in altri termini: Colui che ci mostra come "funziona" Dio). Quello che agli occhi del sistema ha tutte le caratteristiche di un fallimento, per Gesù e coloro che aderiranno a Lui e al suo messaggio diventa invece il segno più alto dell'amore, della passione di Dio per l'umanità.
Quel "circa la giustizia" fa riferimento all'amore fedele e leale del Dio amante e vitale che non viene mai meno, neanche davanti al rifiuto. E la croce, in questo caso, è il segno della glorificazione di tale amore.
"Circa il giudizio" è il giudizio del Dio che non ha mandato il Figlio per condannare il mondo ma per salvarlo, ossia per aprirgli quella strada di bellezza e amore che consente la realizzazione del progetto della creazione: umanizzare l'umanità fino al punto di permettere a ciascuno di raggiungere la condizione divina come il Figlio. È un "giudizio" che mette paura solamente a chi sceglie volontariamente di stare dalla parte delle tenebre e si ritira davanti alla luce di chi sceglie di vivere nell'amore che umanizza e apre spazi alla presenza amorevole di Colui che è Fondamento di ogni essere.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Nel Nome di Dio
Gv 15,26-16,4
(…) “Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me". (…)
La perversione della religione e il rifiuto dell'esodo dalla religione alla fede porta a conseguenze "letali". Lo abbiamo visto nelle nostre Crociate, condotte al grido di "Dio lo vole", così come negli assassinii di donne e uomini non "in linea" con la dottrina della Chiesa al tempo dell'Inquisizione. Lo vediamo oggi nell'efferata violenza di quell'Islam ideologizzato che "in nome di Dio" compie stragi a piè sospinto. Ne avvertiamo gli echi nelle guerre che si stanno consumando sotto i nostri occhi troppe volte velati e dentro i nostri orecchi sordi. La religione è spesso e volentieri fonte di violenza.
Il messaggio, la proposta di Gesù è radicale: occorre cambiare la nostra immagine di Dio. Occorre passare da Dio, in nome del quale si può togliere la vita, al Padre, in nome del quale la vita è sempre e solamente donata. È proprio infatti di ogni potere religioso mantenere viva quell'immagine di Dio che risulta meno "imbarazzante" di quella proposta da Gesù: è l'immagine del Dio che ama "ordine e disciplina" a tutti i costi, del Dio che ama farsi servire e riverire, del Dio che non si occupa e preoccupa della nostra vita perché vergognosamente attento solo alla sua.
Gesù mette in guardia i suoi perché non cadano nella tentazione di costruire la comunità su questa falsa immagine di Dio, ma piuttosto aprano spazi all'immagine del Padre che fa passare il suo amore attraverso il nostro, che spande il suo perdono nel nostro perdono reciproco, che ama senza attendersi nulla in cambio e chiede ai suoi figli e figlie di fare altrettanto.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Un Dio “fuori dalle righe”
Gv 15,12-17
“(…). "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (…)"
Ogni volta che la proposta del Maestro provoca la nostra libertà, apre spazi nuovi, invita ad andare oltre, tocchiamo con mano la nostra paura di libertà e preferiamo rifugiarci nelle rassicuranti braccia della religione che ci indica con esattezza cosa, come e quanto dobbiamo fare. Sembra quasi che le beatitudini siano talmente da visionari che occorre rivederle alla luce dei comandamenti. È la stessa paura di coloro che hanno condannato Gesù: la paura di lasciarci abbracciare dal Padre, di costruire relazioni fondate sull'amore e sul perdono gratuiti. È la paura di quella libertà che nasce dall'amore e prende forma nel servizio. La paura di dover cambiare quel volto di Dio che ci hanno inculcato e col quale, in fondo, stiamo bene: il Dio che esige da noi, che chiede, che obbliga, che impone, che comanda. È il Dio che amiamo definire Onnipotente (salvo poi scaricare su di Lui tutto quanto non va sulla terra, dai lutti improvvisi alle malattie ai terremoti alla pandemia, alla guerra e così via...). È il Dio del “non troppo”: basta il minimo sindacale e sono a posto. È il Dio-mercante che offre protezione e benedizione a patto di avere in cambio rispetto e obbedienza servile; il Dio che gioca con la nostra paura di finire nel nulla assoluto e quindi ci fa balenare davanti agli occhi un paradiso che assume le forme dei bisogni di ciascuno e per questo è bramato come un premio per la presunta buona condotta.
Ecco invece il Dio che ho imparato ad amare seguendo il Maestro: un Dio che non si prende le nostre vite ma ci offre la sua perché siamo "suoi amici". Un Dio che non si serve di noi, ma che si mette al nostro servizio e ci invita ad assomigliare a Lui in questa scelta di dono gratuito e totale. Un Dio che non si vergogna di chiamarci amici anche quando noi scegliamo altrove le nostre amicizie: Lui è sempre lì, fuori casa, che guarda lontano per vederci tornare e fare festa con noi. Un Dio “fuori dalle righe”, “fuori di sé”, che esce da se stesso per correre ad abbracciare noi. Questo è il Dio in cui credo e per il quale mi gioco la vita giorno dopo giorno.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Il dono della gioia, la gioia del dono
Gv 15,9-11
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
L'unico comandamento cui fa riferimento Gesù è quello dell'amore reciproco modellato sul Suo, un amore che si esplicita nel servizio concreto reso ai fratelli, un servizio che non si schiera a favore "di chi fa parte dei nostri", ma un servizio che si china su qualunque uomo o donna feriti dalla vita e dall'ingiustizia perpetrata da chi ha scelto di vivere nelle tenebre. La cosa più bella, a mio avviso, è che la vita donata e vissuta in questo modo produce una gioia che va al di là di ogni aspettativa, la stessa gioia che prova il Maestro e che è dato anche a noi di sperimentare. É la gioia di Dio che esplode nei nostri cuori, è la gioia che comunica la vita e che apre lo spazio alla manifestazione dell'amore di Dio stesso. È il progetto di Dio su ciascuno: fare di noi persone felici. Felici perché amati, felici perché amanti.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Una vite che dona vino nuovo
Gv 15,1-8
"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto (…)“.
Chiariti i ruoli (Gesù è la vite, il Padre il vignaiolo, e noi i tralci), questo testo infonde serenità. I tralci che "non portano frutto" vengono tolti. Da chi? Sempre e solamente dal Padre. Non da Gesù, non da noi, non da altre istanze. È il Padre che si sobbarca questa incombenza. E quelli che portano frutto il Padre, facciamo attenzione, non "li pota" ma "li purifica". Non vedo per qual misterioso motivo qui si traduca con "potare" quel che subito dopo si traduce con purificare ("Voi siete già puri per la parola....). Sono proprio queste parole che mi danno serenità. Ci hanno sempre insegnato a "purificarci", a migliorare, a fare sforzi per cambiare, a perfezionarci, mentre Gesù non ha mai chiesto tutto questo. Infatti quali risultati abbiamo ottenuto? Nulla o quasi. Anzi, più tendiamo a perfezionarci più siamo scornati e frustrati dalla nostra incapacità. Abituati a impietosi esami di coscienza, abbiamo perso di vista il fine della nostra esistenza: portare frutto. Non ci è richiesto di migliorarci agli occhi di Dio. Ci pensa il Padre a purificarci, a togliere dalla nostra vita quelle imperfezioni, quelle impurità che ci impediscono di fare frutto. E non siamo noi a decidere quali sono, ma Lui. È come nella parabola della zizzania e del grano: non sta a noi strappare, ma è il Padre che decide quando e ciò che è grano rispetto a ciò che è zizzania.
E "portare frutto" cosa significa? Significa diffondere la linfa che riceviamo dalla vite, significa accogliere il dono del Pane per farci pane a nostra volta. E colui che non lo fa? E chi si limita ad accogliere il Pane e a tenerlo per sé? Gesù è chiaro: come il legno della vite, l'unico legno inutile, così chi non fa frutto finisce nel nulla. Se "sterilizzi" la forza dell'Eucaristia fermandola a te, sei un tralcio che intralcia, un "parassita" eucaristico che nulla ha da spartire con il Regno.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Una vita per la pace, una pace per la vita
Gv 14,27-31a
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi (…)”.
Non è un augurio irenico di assenza di guerra (e già sarebbe tanto in questo nostro mondo!), ma molto di più. Lo shalom in cui il Risorto ci invita ad entrare è la pienezza della felicità, la pienezza di tutto ciò che porta a realizzare in pienezza la nostra umanità. E tutto questo, proprio perché è il Suo shalom, trova la sua fonte, la sua sorgente, nell'amore che si fa servizio, nell'amore che si inginocchia davanti all'umanità ferita per versarvi "l'olio della compassione e il vino della misericordia". Non è una pace che addormenta, ma uno shalom che tiene ben desti, che non lascia dormire sonni tranquilli fino a quando vi sarà un fratello o una sorella che, al bordo delle nostre trafficatissime vite, dirà: "Io sono solo”.
È lo shalom proprio di chi condivide il farsi pane del Maestro, lo shalom del pastore che reca su di sé l’odore delle pecore, lo shalom di chi dimora nel Padre e nel Figlio per diventare trasparenza di una presenza amorosa che vuole tutte e tutti felici e pieni di vita.
È lo shalom di chi sceglie di vivere la propria esistenza non sotto il segno di un "me ne frego" sempre più invadente, ma all'insegna di un "I care" che si traduce in gesti concreti di solidarietà, di accoglienza, di vita condivisa e offerta.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Amore che genera vita
Gv 14,21-26
"...Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama...".
Ridurre la proposta del Maestro a una semplice continuazione di quanto iniziato da Mosè, cioè un' aggiunta alla Legge mosaica per dare una verniciata di nuovo, significherebbe snaturare e svilire tutto l'annuncio evangelico. I "comandamenti" di cui parla Gesù esulano dal contesto della religione e aprono la via all'esperienza della fede, in cui il "comandamento" non è più una legge esterna cui obbedire, ma l'accoglienza profonda di un amore capace di plasmare e trasformare la mia e l'esistenza altrui. L'esperienza della fede non esige più una pedissequa e impersonale obbedienza -sottomissione (come nel caso della religione), ma propone la categoria della somiglianza come tratto distintivo della persona. In parole povere: non si tratta più di obbedire a una serie di comandi dati da Dio per metterci a suo servizio quanto di accogliere l'amore di un Dio che ci chiede di assomigliare a Lui nel nostro modo di amare concretamente le persone. Dunque amare Gesù non è imitarlo o vivere in un certo modo "perché l'ha detto Lui" (così facendo non avremmo interiorizzato nulla e saremmo ancora persone immature che attendono da altri le indicazioni per vivere), ma accogliere l'amore del Padre che mi invita, nella creatività della fede, a sviluppare, inventare, mettere in atto modi e stili di vita che facciano trasparire la freschezza e la bellezza di tale amore. Ecco "i comandamenti" di Gesù... Per capirli occorre inginocchiarsi con Lui sui piedi dei fratelli e delle sorelle che incontriamo: solo così potremo guardarlo negli occhi e sussurrargli senza vergogna il nostro amore per Lui.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Sorelle e fratelli in cammino
Gv 14,1-6
“(…) Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».“.
Ai suoi inizi, il cristianesimo era chiamato "la Via”: un percorso, uno stile da acquisire che parlasse il linguaggio delle beatitudini. Non era una norma, non era quel complesso di norme e strutture (e sovrastrutture) che poi sarebbe diventato. Anche i nostri vescovi, sui libri della catechesi dei ragazzi hanno scritto "Catechismo per la VITA cristiana", non per la dottrina cristiana.
Ce la giochiamo ancora qui, anche oggi, con il Maestro che si propone come Via, come percorso che avvicina a quella Verità che si disvela progressivamente ad ogni donna e ogni uomo che cercano, lottano e si battono perché davvero la vita sia cosa degna, umana, tanto umana da essere finalmente divina.
Non siamo possessori di verità che escludono, ma umili viandanti che cercano, ascoltano, si fanno compagni di strada per arrivare a generare vita dentro e attorno a se. Osiamo, dunque, Colui che è la Via.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Servi beati
Gv 13,16-20
”…dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: "In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica".
La beatitudine per il Maestro sta non solo nel "sapere”, ma soprattutto nel praticare la via del servizio. Il gesto appena compiuto da Gesù (la lavanda dei piedi) diventa per i suoi discepoli, cioè per noi oggi, fonte di beatitudine. La felicità non sta nel fare qualcosa di buono una tantum, ma nell'essere continuamente a servizio, a fianco del Maestro, chinati sui "piedi" sporchi, stanchi, feriti, dell'umanità di oggi. Coloro che vogliono tornare a ricevere la "santa comunione" in ginocchio hanno confuso forse il messaggio del Maestro: non è davanti a Lui che bisogna inginocchiarsi, ma davanti ai fratelli e sorelle che più rappresentano i "piedi sporchi" dell'umanità. Solo così "saremo davvero beati". Solo in seguito potremo metterci in ginocchio davanti Lui per accogliere il dono della sua stessa vita.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Figli di un Dio felice
Gv 15,9-17
Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. (…)
Tutti siamo in cerca di felicità e di gioia, e tanti ci assicurano ogni giorno, da più parti, di avere la ricetta per questo. Per alcuni la felicità sta nell'avere; per altri, troppi, nel potere; per altri ancora, e sono sempre di più, nell'apparire.
Per me la felicità è nel poter respirare la vita ogni giorno, pur nella fatica del crescere quotidiano; è sapere e sperimentare ogni giorno di essere amato e che questo amore è un riverbero dell'amore di quel Dio che è fondamento della vita, o meglio, dell'amore di Colui che è la Vita stessa; la felicità per me è essere cosciente di far parte di quell'umanità che lotta, cerca, scava ogni giorno affinché ogni uomo e ogni donna possano essere davvero tali; è trovare nello sguardo di ogni persona che incontro ogni giorno il riflesso di un dio che in Gesù mi si è fatto fratello e sorella e che con me ogni giorno cammina e lotta affinché nemmeno uno possa mai dire: "Io non ho nessuno".
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Condividere l’Esserci
Gv 10,22-30
(…) Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola.
Essere coscienti del fatto che siamo immersi in Dio significa vivere consapevoli del suo abbraccio vitale e amante che è la forza stessa da cui scaturisce il processo della creazione sempre in atto. Questa modalità di presenza dinamica e vitale di ciò che chiamiamo Dio, cioè l’ “Esserci”, non solamente l’Essere, ma Esserci, ci aiuta a cambiare la nostra relazione con Lui e, di conseguenza, con gli altri. Non siamo più in presenza di un Dio che ci scruta, ma di uno Sguardo che ci guarda con tenerezza; non siamo più davanti a un Dio che pretende la nostra attenzione e il nostro servizio, bensì siamo nelle mani della Forza della Vita che ci circonda di attenzioni e si mette a nostro servizio. Tanti si diranno: belle parole. Ma come faccio a credere in questa cosa? Beh, per sperimentare questo Dio presente in tal modo c'è un'unica via: smettere di pensare a se stessi e imparare a occuparci e preoccuparci del bene altrui. In questo modo sperimenteremo che quanto più ci prendiamo cura dell'altro, del suo benessere e della sua felicità, tanto più percepiamo come “Dio” si prende cura di noi e sperimenteremo tutto questo nella semplicità del quotidiano. Comprenderemo che davvero "nessuno può strapparci dalla mano del Padre", neanche la morte.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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Osare la soglia
Gv 10,1-10
(…) Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Oggi il Maestro ci ricorda che è venuto perché potessimo avere "la vita e la vita in abbondanza". Non è venuto per rinchiudere il suo gregge di nuovo nel mortificante recinto di una legge che ci rende sempre colpevoli, ma per aprirci la via della pienezza della vita, che affonda le sue radici nel dono di sé. A differenza di lupi e briganti, che si contendono rabbiosi le nostre vite, allettandoci con ogni mezzo, il Maestro ci offre la sua stessa vita, ossia il pascolo dove trovare quell'amore che rende la vita un dono. “Entrare” passando attraverso la “porta”, passare quella “soglia” che è la vita stessa di Gesù, significa condividere con Lui quel processo di umanizzazione che ci condurrà a diventare figli, cioè a realizzare la nostra somiglianza a Colui che è Fondamento della vita.
Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita.
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