Abitare un mondo complesso (III)
Abitare la complessità, abitare un mondo complesso significa dunque coltivare la consapevolezza di essere immersi in una dimensione relazionale che riguarda tutti gli aspetti del nostro vivere e grazie al quale il tutto è sempre più della somma delle singole parti: cogliere e accogliere nella nostra esistenza questa dimensione ci permette di avanzare verso un futuro che apre a molteplici possibilità. L'albero della dimensione relazionale può però svilupparsi e crescere solamente su di un terreno che contiene la “diversità” tra i suoi componenti nutritivi. Apprendere a cogliere la diversità, apprendere ad apprezzare e favorire la diversità permette alla dimensione relazionale di svilupparsi e generare così ulteriori “spazi di possibilità” per la crescita del nostro essere umani. Chiudersi alla diversità, rifiutare questa realtà è la strada maestra per sterilizzare la vita.
Vorrei tornare alla narrazione, già citata, della creazione nel libro della Genesi. Ad una lettura attenta notiamo in particolare una delle operazioni messe in atto dal creatore. Questo personaggio, durante il suo “lavoro”, opera delle divisioni: crea dividendo. Divide la luce dalle tenebre, le acque di sopra da quelle di sotto, il mare dalla terra secca e via discorrendo. Qual è il significato di tale operazione? Mi pare chiaro: dividere genera differenze e queste costituiscono il terreno ideale per la crescita della dimensione relazionale. Solamente dentro un processo di accoglienza e di accettazione della differenza può nascere la relazione. Pensiamo, ad esempio, a una madre che partorisce il suo bimbo. Quel rapporto simbiotico che ha mantenuto in vita il bambino, al momento del parto deve rompersi: bisogna tagliare il cordone ombelicale, ciò che rendeva “uno” la madre con il figlio affinché diventino “due” e tra essi si crei una relazione nuova, basata sulla differenza dell'uno rispetto all'altra. In caso contrario, la morte è il solo finale possibile.
Mi sembrava importante, dentro la riflessione sulla complessità, aprire anche una via alla riflessione sulla relazione che passa attraverso l'accoglienza della diversità. In questo modo essa diviene non più uno spazio conflittuale, ma uno spazio di crescita vicendevole nella solidarietà. “L'altro” e “io” possiamo costruire uno “spazio di possibilità” dove la vita possa “brulicare” al di fuori del nostro ossessivo bisogno di controllo e di omogeneizzazione.
Ecco, finalmente, perché sono un po' preoccupato da quel che vedo nel nostro mondo oggi. Tutti i tentativi di omologare, di abbattere le diversità o di sottometterle a una visione unica sono vie di distruzione della dimensione relazione che riguarda tutta la materia che costituisce la vita, in senso largo, che altro non è se non un unico e fecondo grembo relazionale che, nel mio linguaggio spirituale, oserei chiamare Dio.
Mi auguro che possiamo insieme lottare affinché queste derive che stanno inquinando anche il nostro territorio (e a livello politico per chi vuole vedere le cose mi paiono abbastanza chiare) non possano prevalere. Troppi personaggi oggi fanno della diversità un mezzo per creare inutili paure e suscitare così conflitti sociali. Troppi “politici” costruiscono le loro carriere (di cui sinceramente dovrebbero pentirsi) su slogan quali: “l'altro non è bene”, “la diversità è pericolosa”, “qui la pensiamo così”. Non è questo il paese nel quale voglio vivere, non è questa l'idea di umanità che, al seguito del mio maestro Gesù di Nazareth, voglio realizzare. Occorre decisamente cambiare prospettiva e abbandonare questi ciarlatani che ancora credono di possedere la panacea per tutti i mali del mondo. Il secolo scorso ci ha mostrato i mostri che genera il sonno della ragione: non possiamo restare in silenzio. Insieme dobbiamo cambiare noi per primi e cominciare ad adottare stili di vita diversi, stili di vita umani, stili di vita che creino spazi di possibilità alla vita stessa affinché non sia ridotta a mero spazio finanziario, a semplice merce di scambio tra i potenti della terra.
Grazie.
RispondiEliminaPaola