martedì 17 marzo 2020

Buongiorno


Buongiorno mondo! "
"In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. (…) Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello»" (Mt 18,21-35).

Pietro, rendendosi conto che seguire questo  Maestro non è poi cosa così scontata, vuol vederci chiaro. È un po' come noi: davanti a una proposta, che so, assicurativa che a prima vista sembra allettante e capace di entusiasmarci, prima di firmare le "carte" ci ripigliamo e andiamo a cercare le famigerate "righe piccole" (quelle che prima o poi ti fregano sempre). Anche Pietro, che comincia appena a mandare giù il fatto che questo Messia non è come se lo immaginava lui (o forse come  lo desiderava) tocca un argomento delicatissimo, per i suoi tempi come per i nostri: il perdono. A chi e quante volte?
A chi? "Se mio fratello"… Pietro ha già lasciato fuori una buona fetta di gente: per esempio gli odiati Romani (e che è? So' fratelli questi? Ma neanche per sogno! Sono invasori. E gli invasori mica li si perdona: per quelli c'è un altro trattamento…). Comunque sia, resta il problema del "quante volte" a chi considero "fratello", cioè uno della mia cerchia, della mia comunità (magari agli altri si pensa dopo…vediamo). La risposta del Maestro è radicale: "Sempre!" (questa è una delle volte in cui avrei voluto esserci per vedere la faccia di Pietro…). Perché così? Perché senza misura alcuna? Perché il perdono è uno stile di vita: non è un vestito che ti metti in un momento e poi lo rimetti nell'armadio. Il perdono è lo stile del Padre, è il suo modo di relazionarci con noi. Ogni istante assume le nostre fragilità e le perdona perché questa è la sua essenza: non può fare né aire altrimenti. Occorre dunque comprendere bene il senso dell'ultima espressione di Gesù perché queste parole determinano, in ultima analisi, il senso del nostro essere discepoli del Maestro stesso. Il perdono che il Padre ci offre non verrà mai a mancare, ma ci è affidato perché attraverso noi raggiunga tutte quelle situazioni e persone che col perdono devono essere risanate, guarite. È inutile "sentirsi perdonati", accogliere il perdono su di noi se poi questo resta in noi. Se lo tratteniamo lo rendiamo sterile, infruttuoso, oserei dire anche inutile. Il perdono che ogni istante ci viene offerto è perché a partire da questo "informiamo", diamo forma alle nostre relazioni personali, come e con Lui.
Io che scrivo queste parole mi rendo conto di quanto ancora sia lontano da uno stile di vita come questo. Ma lo ripeto ogni giorno a me stesso: non vi è altra via per vivere da figlio: assomigliare al Padre per costruire la fraternità di coloro che osano ancora credere al perdono come unica via per diventare pienamente umani. Questo è realizzare quella "somiglianza" originaria che deve essere ricomposta con "l'immagine" che Lui vede ogni volta che ci guarda. In questo modo anche ai nostri "Romani" attuali, a coloro che non consideriamo fratelli,  offriremo l'abbraccio del perdono.
 Un abbraccio a tutte e a tutti. Buona vita, sempre e comunque.

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