martedì 24 marzo 2020

Buongiorno


Buongiorno mondo! Oggi Giovanni nel vangelo ci narra la guarigione dell'uomo che da trentotto anni era infermo. Dopo il fatto, quando incontra Gesù per la seconda volta si sente rivolgere queste parole: "Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio" (Gv 5,1-16). Immagino già i vari "soloni" della teologia da quotidiano (abilmente camuffati da mistici mentre in realtà sono solo mistificatori: ogni riferimento è puramente casuale e non voluto) gridare: "Visto! Avevamo ragione noi! Gesù guarisce quell'uomo e gli chiede di non peccare per non ricadere malato. Quindi se siamo malati è perché siamo castigati per i nostri peccati!". Già, peccato che Gesù avesse chiesto a quell'uomo, guarito in giorno di sabato, di non peccare più intendendo con questo il fatto di non rientrare più nel gioco sporco della religione che opprime e non libera, quella religione che da 38 anno lo teneva immobile (quasi un soprammobile ben in vista per testimoniare quel che succede quando non è si è fedeli a Dio...), quella religione dove il posto di Dio è preso da coloro che dovrebbero facilitare l'incontro con Lui e non impedirlo o seppellirlo sotto tonnellate di leggi, leggine, divieti, prescrizioni, attestati, certificati, timbri, firme, verbali e azzeccagarbugli di vario genere. Gesù chiede a quell'uomo di starsene lontano da tutto questo: una volta incontrato il Dio che libera, che ridona vita, che ripara la dignità offesa, che rende il cuore capace di amare, ebbene, il peccato sta proprio nel tornare dentro il fango della religione costituita e ingabbiare così il cuore del Padre, trasformandolo di nuovo in un dio che chiede incessantemente e non in un Padre che dona senza riserve. 38 anni... una vita. Quanta strada ancora. Un abbraccio a tutte e tutti. Buona vita.

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