Carissimo Matteo,
che il tuo cognome
sia Salvini o Renzi poco importa: scrivo a te che rappresenti, in un qualche
modo, una delle anime che rappresentano questo nostro paese.
Siamo stanchi, ti/vi
assicuro, stanchi e impauriti. Ci sentiamo indifesi, inermi (etimologicamente
"senza armi") in questa battaglia contro quel piccolo esserino che ha
stravolto le nostre vite.
Ti/vi scrivo da
questa terra di lacrime e dolore che è diventata Bergamo in questi giorni, la
mia Bergamo, dove anche il dolore della perdita di parenti, amici e conoscenti
non conosce il tempo dell'addio, di quell'ultimo percorso doloroso che
accompagna al camposanto e che in qualche modo fa percepire la morte non come
chiusura definitiva ma tappa di un cammino che tocca tutti e ciascuno.
Ti/vi sento in
questi giorni parlare, parlare e parlare ancora. Ognuno di voi due
"vende" o "svende" la sua proposta come la migliore, quasi
fosse una gara per decidere chi di voi può indossare la veste del salvatore,
per decidere chi tra voi ritiene di avere la soluzione al problema.
Ve le siete giocate
tutte pur di farvi sentire: prima aprite tutto, poi chiudete tutto. Prima no
alla Cina, poi grazie alla Cina. Prima il Governo è inefficiente, poi il
Governo funziona se fa quel che diciamo noi. Suvvia, basta.
Non avete compreso ancora che noi oggi abbiamo
bisogno di silenzio e di lavoro silenzioso (e parlo di lavoro riferendomi
all'uno e di silenzio riferendomi all'altro).
Chi vi scrive
impegna la sua esistenza ogni giorno proprio con chi non ha voce e con coloro
che voi non avete tempo di ascoltare perché non fanno parte di quelli che
entrano in cabina.
Io parlo per chi in
questi giorni rischia sanzioni perché non può stare a casa per il semplice
fatto che casa non ce l'ha e fa parte di quell'Italia ferita di cui fa parte
ciascuno di noi.
Parlo anche a nome
di quelle famiglie e persone che stanno lottando per la vita ma anche e
soprattutto di coloro che sono alle prese con il dolore della perdita, del
lutto "non vissuto" perché non han più visto chi fino a poco prima stava loro accanto e che tornerà solamente in una piccola urna da
seppellire.
Parlo per tutte e
tutti coloro che in questo momento sono stanchi e nauseati delle vostre piccole
beghe, delle vostre soluzioni populiste, del vostro ergervi davanti a noi come
uomini forti che pensano al posto nostro e conoscono il meglio per noi.
Vi prego: usate la
mascherina per stare in silenzio e per lavorare umilmente.
Imparate a
rispettare i tempi del silenzio.
Imparate a
rispettarci nel dolore che attanaglia le nostre vite.
Abbiamo bisogno di
testimoni silenziosi, non di politicanti parolai che concimano il loro
orticello con il nostro dolore.
Abbiate pietà di
noi: mettete la mascherina e fate silenzio. Farete del bene a voi e anche a
noi.
Fraternamente, buona
vita.
Don Luciano.
Dovrebbero stare zitti è il momento del rispetto del dolore.
RispondiEliminaDue personaggi allergici sia al silenzio che all'ascolto....questi ce li siamo certamente meritati, il covid19 spero proprio di no
RispondiElimina