venerdì 20 marzo 2020

Lettera a Matteo


Carissimo Matteo,
che il tuo cognome sia Salvini o Renzi poco importa: scrivo a te che rappresenti, in un qualche modo, una delle anime che rappresentano questo nostro paese.
Siamo stanchi, ti/vi assicuro, stanchi e impauriti. Ci sentiamo indifesi, inermi (etimologicamente "senza armi") in questa battaglia contro quel piccolo esserino che ha stravolto le nostre vite.
Ti/vi scrivo da questa terra di lacrime e dolore che è diventata Bergamo in questi giorni, la mia Bergamo, dove anche il dolore della perdita di parenti, amici e conoscenti non conosce il tempo dell'addio, di quell'ultimo percorso doloroso che accompagna al camposanto e che in qualche modo fa percepire la morte non come chiusura definitiva ma tappa di un cammino che tocca tutti e ciascuno.
Ti/vi sento in questi giorni parlare, parlare e parlare ancora. Ognuno di voi due "vende" o "svende" la sua proposta come la migliore, quasi fosse una gara per decidere chi di voi può indossare la veste del salvatore, per decidere chi tra voi ritiene di avere la soluzione al problema.
Ve le siete giocate tutte pur di farvi sentire: prima aprite tutto, poi chiudete tutto. Prima no alla Cina, poi grazie alla Cina. Prima il Governo è inefficiente, poi il Governo funziona se fa quel che diciamo noi. Suvvia, basta.
Non avete compreso ancora che noi oggi abbiamo bisogno di silenzio e di lavoro silenzioso (e parlo di lavoro riferendomi all'uno e di silenzio riferendomi all'altro).
Chi vi scrive impegna la sua esistenza ogni giorno proprio con chi non ha voce e con coloro che voi non avete tempo di ascoltare perché non fanno parte di quelli che entrano in cabina.
Io parlo per chi in questi giorni rischia sanzioni perché non può stare a casa per il semplice fatto che casa non ce l'ha e fa parte di quell'Italia ferita di cui fa parte ciascuno di noi.
Parlo anche a nome di quelle famiglie e persone che stanno lottando per la vita ma anche e soprattutto di coloro che sono alle prese con il dolore della perdita, del lutto "non vissuto" perché non han più visto chi fino a poco prima  stava loro accanto e che  tornerà solamente in una piccola urna da seppellire.
Parlo per tutte e tutti coloro che in questo momento sono stanchi e nauseati delle vostre piccole beghe, delle vostre soluzioni populiste, del vostro ergervi davanti a noi come uomini forti che pensano al posto nostro e conoscono il meglio per noi.
Vi prego: usate la mascherina per stare in silenzio e per lavorare umilmente.
Imparate a rispettare i tempi del silenzio.
Imparate a rispettarci nel dolore che attanaglia le nostre vite.
Abbiamo bisogno di testimoni silenziosi, non di politicanti parolai che concimano il loro orticello con il nostro dolore.
Abbiate pietà di noi: mettete la mascherina e fate silenzio. Farete del bene a voi e anche a noi.
Fraternamente, buona vita.
Don Luciano.

2 commenti:

  1. Dovrebbero stare zitti è il momento del rispetto del dolore.

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  2. Due personaggi allergici sia al silenzio che all'ascolto....questi ce li siamo certamente meritati, il covid19 spero proprio di no

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